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Fabio Massaccesi, Francesco Arcangeli nell'officina bolognese di Longhi.


domenica 09 giugno 2013 legge Paolo Cova
 Per il ciclo
Saggio chi legge
alla libreria Coop Zanichelli
Il testo di partenza:
Fabio Massaccesi, Francesco Arcangeli nell'officina bolognese di Longhi. La tesi su Jacopo di Paolo, 1937, Silvana, Cinisello Balsamo 2011  

La scuola filologica di Roberto Longhi ha rivoluzionato lo studio della storia dell’arte, nella cui produzione specialistica le sue pubblicazioni rappresentano uno spartiacque. Francesco Arcangeli fu il miglior discepolo di Longhi e insieme ad altri straordinari studenti (Graziani, Bertolucci, Bassani, Raimondi, ecc.) costituì la base per una prima vera e propria officina storiografica, che si affermò nei suoi anni bolognesi.
Il libro di Massaccesi è strutturato in tre parti. La prima è dedicata alla pubblicazione della tesi che Francesco Arcangeli scrisse nel 1937 in costante dialogo col maestro, a tutt’oggi di indubbio valore scientifico e in gran parte inedita: Iacopo di Paolo nello svolgimento della pittura bolognese. La seconda parte è dedicata alle riflessioni sul rapporto tra Longhi e Arcangeli, ricostruito attraverso il loro straordinario carteggio, che vuole rileggere, in controluce con la nostra contemporaneità, la congiuntura storica e il contesto bolognese ove nacque l'officina. La terza parte è invece quella più schiettamente scientifica, dove l'autore, a seguito di un lungo lavoro di ricerca, sulla scorta di Arcangeli e degli studi seguenti, aggiorna il corpus di opere e le vicende relative all'attività artistica di Jacopo di Paolo. Massaccesi riesce infatti non solo a dipanare con sapienza i nodi della ricerca storico-artistica di quegli anni, ma al contempo suggerisce la necessità di affermare l'attualità, anche politica, dell'insegnamento longhiano.
Dalle pagine del libro di Massaccesi quella grande generazione di intellettuali torna a ribadire la necessità – oggi valida più che mai – che la storia dell’arte riesca a incidere e modificare la cultura e la società, trovando nuove vie che, anche di là dal saggio monografico, riescano a far funzionare all’unisono, come voleva Longhi, «filologia, critica, alta divulgazione, letteratura personale».

La scomparsa dell'Italia industriale di Luciano Gallino

domenica 12 maggio 2013 legge Davide Conte 
                                           Per il ciclo 
                                     Saggio chi legge
                         alla libreria Coop Zanichelli
Il testo di partenza:  
Luciano Gallino La scomparsa dell'Italia industriale, Einaudi 1998

Luciano Gallino (1927) è stato definito da Edmondo Berselli “un contestatore puntiglioso della dogmatica economica vigente”. In particolare “è rimasto nella memoria di molti un suo saggio del 1998, Se tre milioni vi sembran pochi, che affrontava con spregiudicatezza il tema della disoccupazione, smontando numerosi feticci della retorica neoliberista. E anche La scomparsa dell’Italia industriale e L’impresa irresponsabile (entrambi Einaudi) toccano alcuni punti nodali dello sviluppo dell’economia del nostro tempo”.
Nel 2003 l’autore scriveva: “in quarant'anni l'Italia ha perso quasi per intero la propria capacità industriale, che sarebbe azzerata se dovesse cadere anche l'industria dell'automobile. Se non troverà modo d'inventare una politica industriale adeguata, sarà presto collocata nel novero dei paesi semi-periferici del sistema mondo. Anche se dovesse mantenere in loco qualche stabilimento di produzione, tutte le decisioni in merito all'occupazione, alle retribuzioni, a cosa si produce e a quali prezzi, ai prodotti che entrano nelle nostre case e conformano la nostra vita, saranno prese altrove.” Ma ci può essere una nuova rivoluzione industriale in Italia? E come si può favorire?
  

G. Didi-Huberman - La conoscenza accidentale




domenica 14 aprile 2013 legge Vito Bonito
Per il ciclo
Saggio chi legge
alla libreria Coop Zanichelli
il testo di partenza:
Georges Didi-Huberman, La conoscenza accidentale. Apparizione e sparizione delle immagini, Bollati  Boringhieri

La forza del visibile vive di apparizioni e di evanescenze, di affioramenti e di sparizioni. Attraverso i fasmidi, insetti mimetici, o gli Arma Christi, iconografie della passione e delle ferite di Cristo, Didi-Huberman sperimenta uno sguardo che sa cogliere ciò che ci viene incontro adattandosi al regime incostante, ambiguo ed enigmatico dell’immagine. Il dettaglio apparentemente insignificante e il capolavoro sono entrambi immagini aperte che interpellano la nostra visione e la possibilità di ricostruire paesaggi e forme non sempre addomesticati.

La cultura delle città-Lewis Mumford




domenica 10 marzo 2013 legge Vito Colavitti
Per il ciclo
Saggio chi legge
alla libreria Coop Zanichelli
Il testo di partenza:

Lewis Mumford, La cultura delle città, a cura di Michela Rosso e Paolo Scrivano, Edizioni di Comunità, Torino 1999.
Testo dal tono volutamente polemico, assertivo, ma scritto anche con evidenti finalità didascaliche, La cultura delle città, un classico degli studi urbani, si propone ancora oggi come uno straordinario progetto di comunicazione divulgativa dedicato ai temi della città e del territorio. Esso offre una profonda riflessione sui valori della cultura usando come chiave narrativa l'evoluzione della città occidentale dal Medioevo all'epoca contemporanea, mantenendo numerosi elementi di interesse anche in relazione alle tematiche urbanistiche. La fortuna della Cultura delle città, dovuta anche al talento narrativo di Mumford, si riassume nella difficoltà di darne una precisa collocazione disciplinare. Dal 1938, anno della pubblicazione negli Stati Uniti, questo libro ha continuato ad appassionare un pubblico assai eterogeneo, trovando tra i suoi lettori sociologi come letterati, storici come architetti e urbanisti.
“La città, quale si rivela nella storia, è il punto di massima concentrazione dell’energia e della cultura di una comunità”. (Lewis Mumford)

Diario clinico di S. Ferenczi





domenica 10 febbraio 2013 legge   Maria Cecilia Bertolani
Per il ciclo
Saggio chi legge
alla libreria Coop Zanichelli
Il testo di partenza:
Sandor Ferenczi (1932). Diario clinico. Milano: Cortina, 1988.
Partendo dagli appunti privati dello psicoanalista Sandor Ferenczi, ossia dal suo Diario clinico, esploreremo la concezione che egli ebbe del trauma e delle possibili vie di cura. Emergerà anche quell'indissolubile intreccio tra vita privata, clinica e ricerca che ha fruttato alla psicoanalisi contemporanea alcune delle principali innovazioni teoriche e cliniche.

R. Kennedy - Sogno cose che non sono state mai. Discorsi 1964-1968




domenica 13 gennaio 2013 legge Luigi Spina
Per il ciclo
Saggio chi legge
alla libreria Coop Zanichelli
Il testo di partenza:
Robert F. Kennedy, Sogno cose che non sono state mai. Discorsi 1964-1968, a cura di Giovanni Borgognone, prefaz. di Kerry Kennedy, Einaudi Torino 2012.
Dalla recente raccolta dei discorsi di Bob Kennedy, leggeremo quello per la morte di Martin Luther King, che contiene una citazione dell’Agamennone di Eschilo. Partendo dall’uso dei classici e dei modelli politici greci e romani nell’era dei Kennedy, faremo il punto sul valore della retorica come dialogo fra le culture e sul rapporto tra discorso e potere.

L’ imitazione della rosa - Clarice Lispector




lunedì 04 giugno 2012 introducono Mila Vanzini, Lucia Palladino e Cristina Renzetti   
“L'imitazione della rosa” è un racconto della scrittrice brasiliana Clarice Lispector, tratto dalla raccolta Legami familiari, uscita in Brasile nel 1960.
E' un racconto con una storia semplice, minuscola. Una donna aspetta in casa il rientro del marito dal lavoro, isolata nel suo mondo casalingo, nel tentativo di imitare e identificarsi con un mazzo di rose di cui poi si sentirà obbligata a disfarsi, regalandole a un'amica.
Nella prosa della Lispector, questi personaggi quotidiani (e il loro piccolo mondo interiore) diventano, come scrive Tabucchi, “esseri angelici che hanno compiuto un infimo miracolo del quale raccontano il banale e sovversivo segreto”.
Il racconto verrà presentato alla Bottega dell'Elefante sotto forma di narrazione polifonica condotta da un’attrice, una cantante e una danzatrice. È il primo esperimento di un progetto più ampio dal titolo “Racconto da camera”.

I monologhi da Medea


lunedì 28 maggio 2012 Introduce Margaret Collina insieme a Rita Galbucci, Paola Padovani, Alessandro Dall’Olio   

“Un uomo, quando è stanco di starsene in famiglia, esce, evade dalla noia, si ritrova con amici e coetanei; noi donne, invece, siamo costrette ad avere sotto gli occhi sempre un’unica persona. Si blatera che conduciamo una vita priva di rischi, tra le mura domestiche, mentre i maschi vanno a battersi in guerra. Che assurdità!
Preferirei cento volte combattere che partorire una volta sola.”

La scuola della signorina Spezzindue - da R. Dahl, R. L. Stevenson, G. Biffi





lunedì 21 maggio 2012 legge Elena  Massi
Lo scrittore inglese Roald Dahl è diventato estremamente popolare tra insegnanti e bibliotecari per i particolari macabri, ironici e grotteschi delle sue storie. Dopo anni di letterale caccia alle streghe per espurgare i romanzi per bambini di brutture e paure, pochi adulti si sono schierati contro l'autore inglese, nonostante i suoi romanzi brulichino di schifosi sporcelli che si maltrattano a vicenda o diano allure a figure ambigue come quella Willy Wonka nella misteriosa fabbrica di cioccolato o rappresentino attività illegali per evocare momenti memorabili del rapporto padre-figlio, come quello di Danny che, grazie a suo padre, diventa campione del mondo di caccia da frodo. È la fine di un'epoca? Che ruolo hanno oggi i casi esemplari: le storie di formazione alla Pinocchio, che dopo innumerevoli avventure smette di essere un monello 'cattivo' per diventare un bambino buono? Che tipo di esperienza pedagogica porta al lettore chi propone di divertirsi con la cattiveria, di godere della bruttezza o di condividere malinconia? Insomma come spiegare il fascino della scuola della signorina Spezzindue, la terribile direttrice scolastica, della piccola Matilde?

‘Ala al-ASwani La rivoluzione egiziana e da vari autori de i Diari della Rivoluzione


Lunedì 14 maggio 2012 leggono Azzurra Meringolo e Giulia Piccinini
Fino al 25 gennaio 2011, l’Egitto veniva considerato in Occidente una colonna portante e stabile dello scacchiere geopolitico mediorientale, ma non tutti la pensavano così. Tra i più accorti che sapevano che il regime non era che un gigante dai piedi di argilla c’era il giornalista e scrittore ‘Ala al-Aswani, che dalle pagine dei pochi giornali d’opposizione non ha mai cessato di raccontare nei suoi articoli un Egitto fatto di un popolo stanco e insofferente, ma pronto a cogliere l’occasione per far sentire la sua voce chiedendo libertà e dignità. Una raccolta di questi articoli è contenuta in La rivoluzione egiziana, un vademecum per orientarsi nella complessa fase di transizione che sta vivendo l’Egitto nell’era post Mubarak. A raccontare in presa diretta i diciotto giorni di quella lotta che, supportata e diffusa dalla rete, si è combattuta in strada, sono invece sette attivisti e blogger che raccolgono le loro testimonianze nei Diari della Rivoluzione.

Europeana - Patrik Ourednik





lunedì 07 maggio 2012 legge Mario Giorgi
Pubblicato nel 2001, Europeana - Breve storia del XX secolo di Patrik Ourednik ha la bizzarra ambizione di stilare, in poco più di cento pagine, un bilancio dei cento anni appena trascorsi, e lo fa eludendo sistematicamente le più elementari regole contabili. Ne viene fuori una sequenza di insensate congruenze, un rendiconto in partita celibe, dove arbitrarietà e impertinenza regnano sovrane. Ma lo humour, a tratti addirittura sconcertante, con cui Ourednik “scheda” il Novecento europeo, genera nel lettore un sentimento strano, quasi una tenerezza per la follia di cui ognuno è parte.
Patrik Ourednik (Praga 1957), scrittore eclettico, traduttore, linguista, redattore di enciclopedie, ha lasciato la Cecoslovacchia nel 1983 per stabilirsi a Parigi, dove vive e lavora.
«Europeana», nella traduzione di Elena Paul, è stato pubblicato in italiano da :duepunti edizioni, Palermo 2005 (nuova edizione 2011).
Con ogni probabilità dal libro di Ourednik ha preso il nome la grande biblioteca digitale dell’Unione Europea (
http://www.europeana.eu/) attiva dal dicembre 2008.

Il volo dei giorni (e alcune poesie inedite)





lunedì 23 aprile 2012 legge Vittorio Franceschi
Dalla poesia fatta di oggetti, gesti e ricordi di Vittorio Franceschi emerge la rabbia garbata di un artista che, dopo mille deragliamenti del senso, infinite giravolte dei significati, voglia provare a ripristinare un connubio tra le parole e le cose, almeno tra le proprie parole e proprie cose. «Dopo le esperienze degli ultimi decenni, che hanno visto la frantumazione di tutti i linguaggi, credo che si debba ritornare a compitare, a “fare le aste” del senso e della verità, perché sotto il tappeto degli sperimentalismi, insieme alla polvere, il più delle volte c’è il bluff». A qualche anno dall’amara invettiva Stramba Bologna sghemba (2004), dedicata alla alla sua amata-odiata città, Franceschi sperimenta la lirica, in un dialogo serrato con chi non c’è più (la moglie Alessandra Galante Garrone), coinvolgendo il lettore in un percorso che conduce, con svolte improvvise – come sanno fare i veri poeti – dalle quisquilie alle domande universali. È come se Vittorio – ha scritto Gian Mario Anselmi nella sua Prefazione al volume – quasi in una sorta di mimesi dantesca (o pascoliana se volessimo), si ponesse dal punto di vista di chi non è più e da lì, da quella condizione di assoluta lontananza, aprisse invece lo spartito del dialogo e dell’assoluta vicinanza».

“Santi e vampiri”


lunedì 16 aprile 2012 legge Carlo Dogheria 
In tutte le culture troviamo la figura del morto che ritorna tra i viventi, in forma corporea o fantasmatica, spesso con cattive intenzioni. Di questa schiera di revenants, il vampiro è il rappresentante più celebre e più rappresentato dalla letteratura e dal cinema, ma spesso in modi che tradiscono la realtà del “vero” vampiro.
Meno nota e prevedibile è la cattiveria dei santi, che nei loro miracoli postumi si dimostrano spesso frivoli, vanitosi, suscettibili e pronti all’ingiustizia e alla crudeltà pur di soddisfare i propri voleri.

La primavera araba. Quali rivoluzioni nel Mediterraneo?




lunedì 02 aprile 2012 legge Augusto Valeriani
La "primavera araba" che, a partire dal dicembre tunisino del 2010 ha in pochi mesi messo in discussione molti dei paradigmi consolidati rispetto agli equilibri politici e sociali della regione MENA, ha molto a che vedere con la rete e con il web 2.0. Questo non perché i sollevamenti contro i regimi autoritari, che stanno ancora oggi infiammando il mondo arabo, siano stati "causati" dai social media e neppure perché l'apice della loro onda d'urto destabilizzante sia nell'attività online. Le rivoluzioni, anche nell'era di Facebook, si fanno in piazza, così come il loro motore è la frustrazione politica, economica e sociale che cresce fino ad esplodere e non semplicemente una conversazione su Twitter. Il fattore davvero rilevante nelle forme dei movimenti sociali che hanno caratterizzato la Primavera Araba non è, infatti, tanto -o soltanto- nell'utilizzo indistinto degli strumenti di internet da parte dei manifestanti durante i giorni caldi delle proteste. L'elemento realmente innovativo, 2.0, di queste "rivoluzioni" va cercato ancora prima nell'appropriazione della "cultura" e della "struttura relazionale" della rete da parte di un'élite regionale di connectors, un soggetto collettivo che potremmo definire "intellettuali tecnologici".

Sul colonialismo in Congo - Aimé Césaire, Adam Hochschild e Roger Casement

Introduce Anna Maria Gentili   
lunedì 26 marzo 2012
Il Rapporto sul Congo di Roger Casement, redatto dopo un viaggio di 3 mesi e 10 giorni in alcune regioni del Congo per conto del governo inglese e reso pubblico solo nel febbraio 1904, contribuì grandemente a rafforzare la campagna contro le violazioni dei più elementari diritti umani delle popolazioni sottoposte al dominio dello Stato libero del Congo, vera e propria proprietà privata del re Leopoldo del Belgio. Di Roger Casement si può leggere una biografia romanzata dello scrittore Mario Vargas Llosa, Il sogno del celta, pubblicato in italiano nel 2011, che ci restituisce un personaggio complesso che l'esperienza congolese cambierà profondamente. Quattro anni prima del Rapporto di Casement era stato pubblicato quello che diventerà il più celebre e il più tradotto romanzo breve della letteratura inglese, Cuore di tenebra di Joseph Conrad, che aveva dato voce alla campagna del movimento per la riforma del Congo, che vide attiva attorno a E.D. Morel (The Black man burden, Red rubber) tutta una serie di filantropi, intellettuali giornalisti inglesi e americani, da Arthur Conan Doyle, a Mark Twain, a George Washington Williams, a William Sheppard, a Hezekiah Andrew Shanu. Queste testimonianze rimangono vive e attuali nel senso di essere ispirazione alla vigilanza per la difesa dei diritti delle popolazioni più vulnerabili, dell'Africa in particolare, la cui tragica storia di oppressione e sfruttamento é costellata di silenzi e negazioni.

Leviatano -Thomas Hobbes





lunedì 19 marzo 2012 legge Carlo Galli
La tesi di fondo del Leviatano è che l’intera struttura di una ordinata vita associata è resa possibile solo dalla politica, e non dalla morale tradizionale, né dalle teologie, e neppure dalla nascente economia. Da una politica assoluta è autonoma, scientificamente atteggiata, che ha in sé la forza di lasciarsi investire dalle questioni e dalle ragioni della morale e della teologia, e di reinterpretarle, che le assume in sé, che non se ne lascia fondare. Certo, Hobbes è l’eponimo di una politica categorialmente diversa e opposta rispetto a quella di Machiavelli, di una politica che segna di sé, istituzionalmente, la fase centrale e matura della modernità, l’età dello Stato – mentre quella dell’italiano è una politica laterale, centrata sul dinamismo delle contese più che sulla loro neutralizzazione, e più sul potere che sulla ragione, e come tale pur di enorme importanza nella storia del pensiero politico moderno, non è del tutto a suo agio nella dimensione della statualità e della cittadinanza, che ha la propria matrice nel razionalismo politico hobbesiano e nel suo disegno di neutralizzare giuridicamente il conflitto.
(dal saggio introduttivo di Carlo Galli al Leviatano di Thomas Hobbes, edizioni BUR-Rizzoli ottobre 2011 )

Discorso sulla servitù volontaria - Etienne de La Boétie





lunedì 12 marzo 2012 legge Raffaele Laudani
Che un testo del Cinquecento ci aiuti a pensare il presente non deve stupire. Un classico è tale perché parla travalicando le epoche, perché, con il linguaggio della propria, avanza la domanda radicale cui il futuro – che noi siamo – non ha fornito risposta. La critica della tirannia formulata mezzo millennio fa si dimostra viatico straordinario per pensare la servitù volontaria nelle odierne democrazie.
(…………………)
..La servitù volontaria passa oggi soprattutto attraverso i media. Non solo la disinformazione ma l’infotainment, e l’etica comune modellata attraverso reality e trasmissioni di evasione. Inventare e imporre istituzioni per l’informazione imparziale, oltre che plurale, allora, e per un dibattito nell’agorà televisiva – unica ormai esistente – che costringa ad argomentare anziché esprimere. Tecnicamente è possibile, basta volerlo, basta considerarlo vitale per la democrazia. Senza complessi di apparire elitari, insomma: la lotta contro la servitù volontaria deve mirare ad ogni misura che favorisca un illuminismo di massa. ( dalla prefazione “Perché oggi” di Paolo Flores d’Arcais al “Discorso sulla servitù volontaria”, Chiare lettere 2011)


Due discorsi dic.2011 - gen. 2012 - Barack Obama





lunedì 05 marzo 2012 legge Mario Del Pero
Dopo la sconfitta alle elezioni di mid-term del 2010 e con una condizione di governo diviso, che vedeva i repubblicani controllare la Camera dei Rappresentanti, Barack Obama ha cercato di moderare la sua linea politica e di cercare un accordo con l'opposizione. Questo tentativo ha però portato pochi risultati. Da un lato le posizioni troppo distanti delle due parti si sono rivelate inconciliabili. Dall'altro, la rigidità e il radicalismo dei rappresentanti repubblicani non ha offerto interlocutori credibili e affidabili alle proposte di compromesso di Obama. Dopo alcuni eclatanti fallimenti, in particolare in occasione del discussione sul tetto del debito federale, e all'approssimarsi della scadenza elettorale del 2012, il Presidente ha deciso di cambiare rotta, incoraggiato da un'opinione pubblica critica nei confronti del dogmatismo repubblicano e maggiormente sensibile ai temi della diseguaglianza e delle sperequazioni sociali. Nei due discorsi di Osawatomie e sullo stato dell'Unione, Obama ha riproposto un lessico politico dai forti contenuti sociali: una retorica delle opportunità e dei diritti in cui si rivendica con forza il ruolo del governo federale e si affronta un problema quello dei bassi livelli di tassazione e degli immensi squilibri nella distribuzione del reddito e della ricchezza da troppo tempo ai margini del dibattito pubblico e politico negli Stati Uniti.

Ricerca, potere, impegno civile. La memoria multiforme della strage di Ustica





lunedì 27 febbraio 2012 leggono Lorenza Iannacci, Salvatore Alongi, Maria Visconti, Jessy Simonini   
Il tema della memoria di un evento tragico e ancora profondamente dibattuto come la strage di Ustica si presta a diverse interpretazioni e approcci differenti. la memoria come mezzo per la ricerca della verità; la manipolazione della memoria come strumento del potere; o ancora la memoria come impegno civile, volto alla sopravvivenza e alla storicizzazione dell’evento. Questo il fil rouge che lega i diversi testi presentati, che tentato di rendere in maniera esplicita le diverse modalità di trattazione della memoria della strage.
In particolare ne La repubblica del dolore, lo storico Giovanni De Luna affronta il complesso problema della formazione di una “memoria ufficiale” in un momento storico di forte disgregazione sociale e di progressiva perdita di potere da parte delle istituzioni. Nell’intervista condotta dal giornalista Giovanni Fasanella al giudice Rosario Priore in Intrigo internazionale, i tanti depistaggi che hanno compromesso l’inchiesta giudiziaria vengono letti attraverso la lente della “ragione di stato” e della realpolitik. Infine Daniele Del Giudice racconta nel suo Unreported inbound Palermo la ricostruzione del volo dell’I-Tigi la notte del 27 giugno 1980 e la storia del ritrovamento e della riaggregazione dei frammenti scomposti dell’aereo, in una sorta di viaggio circolare che idealmente si chiude attorno alla sagoma del relitto ricostruito, unico vero “testimone muto” di quell’evento.

Italia





ANTEFATTO: Dal 29 novembre 2011 al 29 gennaio 2012, negli spazi della Collezione Permanente del MAMbo (Museo d'Arte Moderna di Bologna), si è svolta l'azione Italia ideata da Mili Romano. Il lavoro ha preso spunto da una citazione di Giacomo Leopardi tratta dal "Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani" e si è articolato nella proiezione di un'opera-video e in un'azione-performance. Nel video, Mili Romano ha proposto una ricognizione personale delle vicende della Repubblica italiana, in cui ricordi autobiografici si intrecciano con vicende emblematiche della storia nazionale. Contemporaneamente, l'artista, ogni giorno, seduta su una sedia appartenuta ai nonni, ha letto alcune pagine a lei care della letteratura italiana dall'Ottocento ad oggi. Lo stesso hanno fatto tutti coloro che hanno voluto partecipare spontaneamente all'iniziativa. Ognuno ha lasciato traccia del proprio passaggio, deponendo il libro scelto ai lati della sedia, per poi ritirarlo durante la serata finale del progetto, nella quale si è svolta una intensa maratona di lettura.

Mili Romano ripropone qui il 20 febbraio alle 21.00 la proiezione del video da lei realizzato e alcuni tra i passi più significativi letti durante l'iniziativa, e INVITA tutti gli amici della Nuova Bottega dell'Elefante a portare con sé un breve brano sugli usi e costumi degli italiani da leggere durante la serata.

Mili Romano (Siracusa, 1953) è artista, curatrice e traduttrice. Insegna Antropologia culturale all'Accademia delle Belle Arti di Bologna. Si occupa di antropologia urbana e di arte negli spazi pubblici. Tra i progetti da lei curati ricordiamo "Accademia in stazione" (dal 1997 al 2005, all'interno delle manifestazioni "Per non dimenticare" organizzate dall'Associazione dei familiari delle vittime del 2 agosto); "Container. Osservatorio/laboratorio mobile di arte pubblica"; il video-poema "Il Rumore del tempo" (montato con immagini girate nel 1977 a Bologna dall'allora nascente etichetta discografica Harpo's Bazar insieme a Gianni Celati) e "Cuore di pietra" (progetto di public art che dal 2005 coinvolge la comunità di Pianoro nella riappropriazione della propria storia e dei propri spazi, attraverso la presenza di numerosi artisti, chiamati a lavorare con e per gli abitanti del paese). Tra i suoi scritti: Città della letteratura. Immagini e percorsi; aRITMIe. Ultime visioni metropolitane, e la traduzione di Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare (Einaudi), che resta, come racconta lei stessa, uno dei libri ispiratori della sua poetica e pratica artistica.

lunedì 20 febbraio 2012 legge Mili Romano

La penombra che abbiamo attraversato- Lalla Romano





lunedì 13 febbraio 2012 legge Magda Indiveri
E se la memoria fosse un luogo? un grande “vano” diviso in stanze e corridoi da percorrere ed attraversare, per far aderire la mappa del tempo di ieri al proprio presente? Forse è questa una chiave di lettura del romanzo di Lalla Romano, il cui titolo riprende una dichiarazione dal Tempo ritrovato di Marcel Proust: 
«Ci appartiene veramente soltanto ciò che noi stessi portiamo alla luce estraendolo dall’oscurità che abbiamo dentro di noi… Intorno alle verità che siamo riusciti a trovare in noi stessi spira un’aura poetica, una dolcezza e un mistero, i quali non sono altro se non la penombra che abbiamo attraversato». 
La scrittrice piemontese, una delle grandi voci del nostro novecento, torna al suo paese di nascita e cerca nelle strade, nella casa d’infanzia e sulle montagne, secondo un percorso topologico fatto di avvicinamenti e di distanze, di visioni, di odori e di fotografie, la propria “persistenza”.

Lunedì 30 gennaio 2012 - Che fine faranno i libri? - Francesco Cataluccio





lunedì 30 gennaio 2012 legge Marco Serra
Dal foglio di carta allo schermo digitale: il libro si evolve ancora, affrontando una nuova mutazione tecnica che lo porterà a una profonda mutazione strutturale. Francesco Cataluccio, nel saggio Che fine faranno i libri?, ipotizza il futuro dell’editoria; lettori, autori, editori e librai mutano insieme al testo scritto in un processo spesso difficile e sempre più veloce. A partire dalla recente nascita dell’e-book digitale, i libri futuri saranno sempre più simili alle pagine web e sempre più smaterializzati; la fisicità dell’oggetto (libro) scomparirà a favore del mezzo (schermo) e le parole si troveranno a lottare con le immagini per non diventarne un contorno di lusso. In questo panorama da brivido futuribile, l’autore ci invita a non avere paura di questo nuovo tipo di testo che diventa ipertesto.

Incesto - Anais Nin





lunedì 19 dicembre 2011 legge Cristina Zavalloni
Nel 2010 ho debuttato nel ruolo di Anaïs Nin nell’opera omonima dell’olandese Louis Andriessen. Un pomeriggio di diversi anni prima, accompagnandomi in macchina all’aeroporto di Amsterdam, Andriessen mi chiese: “vorrei trattare un soggetto scabroso e che la protagonista fossi tu ma prima dimmi: te la senti di affrontare in scena il tema dell’incesto?”. Ho risposto subito di sì: non c’è nulla che consideri tabù, rifiuto solo la volgarità ma conoscevo Andriessen già abbastanza bene per sapere che se ne sarebbe tenuto alla larga. La notizia dell’opera è stata accolta nel mondo musicale con prevenzione: perchè scegliere proprio la Nin, scrittrice franco-americana dal dubbio talento letterario, distintasi perlopiù per racconti erotici e amanti altisonanti?

Lavorando a lungo insieme al compositore e immergendomi nella lettura integrale del testo da cui è tratto il libretto, ho capito che la Nin aveva fornito coi sui diari un contributo di rara onestà intellettuale ed un ottimo pretesto per il lavoro di Andriessen: ciò che ero chiamata a mettere in scena era infatti il dramma della solitudine. Dar vita a questo personaggio femminile mi ha costretta a sospendere il giudizio sulla persona e sull’artista e mi ha portato ad immedesimazioni anche dolorose, per via dell’eterno filo sottile tra arte e finzione.

Desidero proporvi stralci dal diario di Anaïs e condividere alcune riflessioni con cui mi son dovuta confrontare lavorando a quest’opera.

L'affaire Moro - Leonardo Sciascia





lunedì 12 dicembre 2011 legge Carlo Varotti
L'affaire Moro uscì a distanza di pochi mesi dal rapimento e la morte di Aldo Moro. Letto da subito come un pamphlet, un''accesa denuncia del ''sistema'democristiano, il libro diede avvio a dibattiti e polemiche: come non poteva non essere di fronte a un fatto che non solo aprì una ferita non rimarginabile nella coscienza del paese, ma che rimane tutt''ora uno dei misteri (quantunque non il solo, ahinoi) più oscuri della nostra storia repubblicana. Ma l''affaire è altro e molto di più. Innanzi tutto una riflessione straordinariamente profonda sul rapporto tra individuo e potere, sulle ragioni del singolo e quelle della società. Lo scrittore pone al centro della sua riflessione la tragedia di un uomo schiacciato tra due ''Ragioni'(quella di Stato e quella dell''eversione) egualmente astratte e dis-umane (il "disconoscimento dell''uomo" – dirà Sciascia qualche mese dopo, è ciò che mi ha indignato e spinto a scrivere il libro). E lo fa con gli strumenti di una letteratura che pretende di essere restituita alla dignità che le compete: una letteratura che può divenire intuizione quasi profetica della verità e ricomporre in un disegno di senso i frammenti esplosi della realtà (e non a caso il libro si apre con una lunga citazione di Pasolini - omaggio al poeta morto tre anni prima - e con un richiamo all''amatissimo Borges). E sono le parole (quelle delle lettere di Moro, dei comunicati delle BR, dei giornali) ad essere dilatate, pesate e anatomizzate. Parole che diventano pesantissime e che svelano sensi possibili: e che sono una luce nel buio. Una povera luce. Ma la sola possibile. 

Templari e la Sindone - Storia di un falso - Andrea Nicolotti





lunedì 05 dicembre 2011 legge Paolo Cova
Ne I Templari e la Sindone. Storia di un Falso Andrea Nicolotti analizza il fenomeno della “sindonologia”, ovvero delle vicende del presunto sudario di Cristo, delle false reliquie e dei Templari. Proprio i Templari a causa della loro fine terribile e delle motivazioni politiche ed economiche ad essa sottese, sono spesso stati utilizzati come una sorta di collante universale per relazionare all’Ordine qualunque fatto misterioso, o comunque di difficile definizione. Infatti, negli studi di alcuni storici che si sono occupati della Sindone di Torino, i Templari sono serviti per spiegare la provenienza dell’icona del Cristo. In particolare Barbara Frale negli ultimi anni, attraverso la controversa lettura di alcuni documenti del processo ai cavalieri del 1307, ha ritenuto di aver trovato la prova definitiva del legame tra il lino e l’Ordine, rendendo a suo parere un po’ meno oscura la storia precedente alla prima ostensione, avvenuta diversi decenni dopo la fine del Tempio. La querelle sorta tra gli storici diventa allora l’occasione per riflettere sulle falsificazioni della storia, sulle letture distorte, per fini religiosi, politici, economici, ecc., dei documenti e delle testimonianze materiali, e in particolare anche delle opere d’arte. 

Buio a mezzogiorno - Arthur Koestler





lunedì 28 novembre 2011 legge Riccardo Stella
«Il sottoscritto N. S. Rubasciov, già membro del Comitato centrale del Partito, già commissario del Popolo, già comandante della II Divisione dell'Esercito Rivoluzionario, insignito dell'Ordine della Rivoluzione per Impavidità dinanzi al Nemico del Popolo, ha deciso, in considerazione dei motivi suddetti, di abbandonare definitivamente ogni atteggiamento d'opposizione e denunciare pubblicamente i suoi errori» «Mi riconosco colpevole di avere seguito impulsi sentimentali e, così facendo, d'essere incorso in contraddizioni con la necessità storica. Ho prestato orecchio ai lamenti dei sacrificati, rendendomi sordo agli argomenti comprovanti la necessità del loro sacrificio. Mi riconosco colpevole di avere posto il problema della colpevolezza e dell'innocenza più in alto di quello dell'utilità e del danno. Infine, mi riconosco colpevole d'avere preposto l'idea dell'uomo a quella dell'umanità...»

Dall'osteria al fast food-Collodi, Serao, Soldati, Gadda, Benni





lunedì 21 novembre 2011 legge Andrea Grillini
I centocinquanta anni di vita unitaria sono stati contraddistinti da imponenti trasformazioni delle strutture economiche, politiche e sociali e anche, ovviamente, del costume e delle abitudini alimentari della popolazione. L’Italia agricola, sottoalimentata e priva di una cucina nazionale, si è gradualmente trasformata in un paese moderno, liberato dalla fame grazie all’abbondanza di cibo prodotto, confezionato e distribuito in modo industriale, progressivamente unificato a tavola, anche se legato a tradizioni regionali ricchissime e preziose. La scelta che si propone alla lettura intende documentare, attraverso pagine letterarie dell’Ottocento e del Novecento, alcuni aspetti di questo processo ampio e complesso, privilegiando la trasformazione dei luoghi adibiti al consumo degli alimenti e la sensibilità con cui si è guardato al significato e al valore dei cibi popolari e tradizionali.

A tavola con gli antichi. Petronio, Apicio, Orazio, Anonimo





lunedì 14 novembre 2011 legge Sandro degli Esposti
"Cibo” e “cultura”: due concetti strettamente collegati. Non soltanto le scelte alimentari e le conseguenze dietetiche giocano un ruolo determinante sugli equilibri vitali dell'essere umano e dunque costituiscono la premessa ad ogni successiva sua forma espressiva; ma la individuazione degli alimenti, la loro preparazione, il loro consumo rivelano all'origine opzioni significative sul piano dei valori simbolici.

Non stupisce, perciò, di ritrovare anche presso i classici latini indicazioni estremamente interessanti relative ai comportamenti alimentari. Al di là della semplice curiosità documentaria, infatti, è possibile ricavare dai testi orientamenti e allusioni a modelli di vita, o addirittura a sistemi di valori che attraversano la società del tempo e si riflettono anche nel campo dei gusti e della scelta del cibo.


Ricette di Risorgimento - La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene-Pellegrino Artusi





lunedì 07 novembre 2011 legge Raffaele Riccio
Si potrebbe sostenere, paradossalmente, che La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi abbia contribuito all’unificazione italiana almeno quanto alcune battaglie dell’epoca risorgimentale. In effetti, prima della pubblicazione di questo libro (1891), e della consapevole prefazione che lo illustra, non esisteva neppure il concetto di gastronomia nazionale. Ogni regione presentava ed esaltava le sue specialità come uniche. L’Artusi, raccogliendo ed unificando le varie ricette locali, ha creato in Italia il codice dell’Unità gastronomica. Scorrendo il suo libro, scritto finalmente in un italiano per l’epoca comprensibile e privo di francesismi esasperati, ci si imbatte non solo nella cucina, ma nel Risorgimento. Molte ricette sono introdotte da note storiche, da aneddoti, da descrizioni di fatti e personaggi che noi poi abbiamo incontrato nei manuali e che Artusi, a Firenze o a Bologna, aveva personalmente conosciuto. Inoltre come De Amicis ha creato, tramite i racconti mensili di Cuore (chi non si ricorda del Tamburino sardo, di Sangue romagnolo, della piccola vedetta lombarda?) un modello nazionale per gli scolari italiani, così Artusi, ponendo sullo stesso piano ricette milanesi, campane, siciliane ed emiliane ha gettato le basi per l’italian food che, pur non ignorandoli, travalica i regionalismi ed i neo-leghismi alimentari.

Poesie in dialetto bolognese di Stefano Rovinetti Brazzi





lunedì 06 giugno 2011 legge Luigi Lepri
“Le lingue sono creazione e ricordo. Anche l’umile dialetto della bassa bolognese, per secoli lingua esclusivamente orale, conserva la dignità degli uomini che l’hanno parlato. Per questo il dialetto merita di essere usato come lingua letteraria, lingua del passato e del futuro, lingua anche di Dio che abita in noi e chiede di essere ascoltato perché non lasciamo morire la sua voce” (Stefano Rovinetti Brazzi).
Si chiude l’ anno delle letture con le nostre radici: poesia, dialetto, musica, un po’ di festa.

Francesco Petrarca, Come i tempi vadano cambiando- Pierangelo Sapegno, Il lungo inverno di Bologna





lunedì 30 maggio 2011 legge Andrea Severi
Che Bologna viva una fase di crisi, o perlomeno di stallo, è fatto difficilmente negabile. Spesso, però, ad un’analisi della crisi si preferisce la retorica della crisi – anche da parte di quell’élite culturale che sarebbe deputata a capire i fenomeni che stanno accadendo – attingendo quando più, quando meno consapevolmente, a topoi letterari consolidati, se non a veri e propri generi letterari (la satira): quel che ne esce è una consolatoria “narrazione”, che permette di adagiarsi sull’antimitologia dell’“autunno”, del “come eravamo”, del “mala tempora currunt”, specularmente opposta alla retorica ottocentesca delle “magnifiche sorti e progressive”, ma ugualmente inefficace a comprendere la direzione della storia. È un vizio di lunga durata per un paese come l’Italia, la cui classe intellettuale ha tentato di rado, e senza successo, di tenere insieme filologia e retorica, antiquaria e storiografia. E forse non è un caso che l’occasione per questa lettura ce la fornisca proprio il padre dell’Umanesimo italiano, Francesco Petrarca, con una pagina nostalgica sulla sua giovinezza da fuorisede a Bologna, la quale reagirà – quanto legittimamente, lo stabiliremo – con una pagina del quotidiano “La Stampa” di qualche mese fa.

Inno a Satana (e reazioni) - Giosue Carducci





lunedì 23 maggio 2011 legge Marco Veglia
Enotrio Romano fu non solo il nome e la maschera più celebre calzata da Carducci sul finire degli anni Sessanta dell'Ottocento (il poeta si firmava anche, nei suoi interventi politici, Anarkos, Anti-Cesare), ma il simbolo di una cultura universitaria progressista che, dal 1868, sarebbe entrata in Consiglio comunale, col risultato di mutare, via via, sino all'apice dell'VIII Centenario dell'Università del 1888, il volto di Bologna. Dal 1860 all'estate del 1868, invece, la situazione fu assai diversa. E, per quanto alcuni docenti progressisti fossero riusciti ad affermare alcune loro posizioni, la città restava assestata su forme di dura conservazione (onde la minaccia di trasferimento a Napoli subita da Carducci nel 1867 e, nella primavera del 1868, la sospensione dall'insegnamento). Bologna, invece, cominciò a mutare e, nell'Università degli anni Ottanta, si formarono le punte più avanzate del socialismo non solo cittadinio: Pascoli, Andrea Costa, Enrico Ferri, Filippo Turati, Bissolati, Prampolini. In quella Bologna liberalsocialista si formò anche Bartolo Nigrisoli, l'unico dei docenti ordinari bolognesi che, nel 1931, non avrebbe firmato il giuramento fascista. Uno sguardo alla vicenda di Enotrio Romano aiuta perciò a cogliere alcune delle forme di resistenza intellettuale che avrebbero condotto all'antifascismo militante.

Don Chisciotte della Mancia - Miguel Cervantes





lunedì 09 maggio 2011 legge don Domenico Benin
Se rileggere un testo, letto ed amato in periodi diversi della vita, può farci ritrovare lo stesso piacere e meraviglia, può anche stupirci nel ritrovare aspetti che non avevamo colto o compreso fino in fondo.
Nella recente rilettura di don Chisciotte ho piacevolmente riscoperto lo stesso filo conduttore di utopie e sogni che hanno popolato la mia adolescenza.
La dicotomia costante tra realtà e sogno che caratterizza le avventure del romanzo mi ha portato a riflettere come ciò che appare eroico nel romanzo, appaia risibile nella realtà.
Così nei due protagonisti, don Chisciotte e Sancio Panza, l’apparente contrapposizione viene superata dal forte legame che c’è tra i due, e come accade nelle reali relazioni di autentica amicizia, l’uno è “l’alter ego” dell’altro, permettendoci di comprendere entrambi proprio attraverso la loro relazione.
Nel romanzo la funzione della pazzia di don Chisciotte più che ridicola, appare gioiosa, eroica e ideale; pur cedendo il posto alla saggezza e all’umanità, tutto diventa un girotondo allegro, confuso e divertente.
La “pazzia” si contrappone all’Istituzione, che opprime ed è al servizio solo di se stessa, diventa leggerezza di vivere: una gioia “universale” che si estende a tutta la società, libera finalmente da critiche e problemi e al servizio davvero dell’uomo.

Ildefonso Cerdà - Teoria generale dell’urbanizzazione





lunedì 02 maggio 2011 legge Antonio Alberto Clemente
Il concetto di città finisce con questa frase: «l’urbe è un nodo nella viabilità universale». Era il 1867 quando Ildefonso Cerdà capì che era necessaria una nuova parola «per indicare quell’insieme di fatti diversi ed eterogenei chiamato città». Si chiudeva un’epoca e se ne apriva un’altra.. La città si è radicalmente trasformata con il passaggio della scala urbana da circoscritta a smisurata. Da tempo, ormai, le caratteristiche del fenomeno urbano non sono più concentrazione e continuità, ma dispersione e frammentazione. Il territorio appare come un raggruppamento di multiformi espressioni costruttive; di trame filamentose che si addensano ora in piccoli grumi edilizi, ora in estensioni senza fine: «la città va verso un altro essere o un’ altra essenza» e «un giorno dimenticherà persino di chiamarsi “città”» (Jean-Luc Nancy 1999). È un processo che inizia con l’incipit della Teoria generale dell’urbanizzazione di Cerdà: «inizierò il lettore allo studio di una materia completamente nuova, intatta, vergine. Poiché tutto era nuovo, ho dovuto cercare e inventare parole nuove per esprimere idee nuove, la cui spiegazione non si trovava in alcun lessico».