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Il volo dei giorni (e alcune poesie inedite)





lunedì 23 aprile 2012 legge Vittorio Franceschi
Dalla poesia fatta di oggetti, gesti e ricordi di Vittorio Franceschi emerge la rabbia garbata di un artista che, dopo mille deragliamenti del senso, infinite giravolte dei significati, voglia provare a ripristinare un connubio tra le parole e le cose, almeno tra le proprie parole e proprie cose. «Dopo le esperienze degli ultimi decenni, che hanno visto la frantumazione di tutti i linguaggi, credo che si debba ritornare a compitare, a “fare le aste” del senso e della verità, perché sotto il tappeto degli sperimentalismi, insieme alla polvere, il più delle volte c’è il bluff». A qualche anno dall’amara invettiva Stramba Bologna sghemba (2004), dedicata alla alla sua amata-odiata città, Franceschi sperimenta la lirica, in un dialogo serrato con chi non c’è più (la moglie Alessandra Galante Garrone), coinvolgendo il lettore in un percorso che conduce, con svolte improvvise – come sanno fare i veri poeti – dalle quisquilie alle domande universali. È come se Vittorio – ha scritto Gian Mario Anselmi nella sua Prefazione al volume – quasi in una sorta di mimesi dantesca (o pascoliana se volessimo), si ponesse dal punto di vista di chi non è più e da lì, da quella condizione di assoluta lontananza, aprisse invece lo spartito del dialogo e dell’assoluta vicinanza».