logo dell'associazione

logo dell'associazione

Terra di confine. La frontera- Gloria Anzaldùa





lunedì 26 aprile 2010 legge Viki Nellas
La frontera è una terra di incontro per tutti coloro che prendono coscienza del fatto che la sfida ed il lavoro del nostro tempo consiste nel portare insieme culture differenti. Lo spazio fronterizo è luogo di passaggio, di contraddizioni e di conflitti, un luogo che è altro da tutto e altro ancora. Gloria Anzaldùa coglie questa dimensione anche e soprattutto attraverso il suo stile di scrittura, che mescola storia e mito, spagnolo e inglese, esperienze personali e poesia. L’autrice è riuscita a dare voce a tutti coloro che vivono l’esperienza del confine, entrando in contatto con la propria verità e con quella di tutti i diversi e gli emarginati dalla e della storia dell’emigrazione tra il Messico e gli Stati Uniti, da discriminazione di razza e di genere. Superare tali confini apre uno spazio nuovo, dove la coscienza della mestiza si fa strada.


Gloria Anzaldùa, Terre di confine. La frontera.
Traduzione a cura di Paola Zaccaria, Bari, Palomar Edizioni, 2000
La patria, Aztlàn
El otro México que acà hemos construido el espacio es lo que ha sido territorio nacional.
Esté el esfuerzo de todos nuestros hermanos y latinoamericanos que han sabido progressar.

"Gli Aztecas del norte ... costituiscono il gruppo etnico o la popolazione più numerosa di Anishinabeg (indios) che vive oggi in territorio statunitense ... Alcuni di loro si definiscono Chicanos e considerano la propria patria Aztlàn [il Sud-Ovest degli Stati Uniti]" .
Il vento strattona la mia camicia
i piedi affondano nella sabbia
Sto sul limite, dove la terra tocca l'oceano
dove terra e acqua s'incontrano
a volte si confondono delicatamente
a volte e altrove si scontrano furiosamente.
Sul confine in Messico
severi profili di case distrutte dalle onde,
scogli che precipitano in mare,
onde d'argento marmo rizzate di spuma
scavano un buco sotto la recinzione del confine.
Miro el mar atacar
la cerca en Border Field Park
con sus buchones de agua,
una resurrezione pasquale
del vino scuro nelle mie vene.
Oigo el llorido del mar; el respiro del aire
il cuore si gonfia al ritmo del mare.
Nella grigia foschia del sole
i gabbiani affamati lanciano grida stridule
mentre m'invade il pungente odore del mare.
Passo attraverso il buco nella rete
e arrivo dall'altra parte
Sotto le dita sento i resistenti fili metallici
arrugginiti da 139 anni
di salato respiro marino.
Sotto il cielo di ferro
bambini messicani tirano calci al pallone,
lo rincorrono, entrano negli U.S.
Schiaccio i palmi contro la cortina di acciaio –
una rete di catene sormontata da filo spinato-
che ondeggia sul mare dove Tijuana tocca San Diego
e si dispiega per montagne
e pianure
e deserti,
questa "Cortina Tortilla" che si trasforma nel rìo Grande
scorrendo giù per le pianure
della Magic Valley del Texas del Sud
e svuotando la sua bocca nel Golfo.
Una ferita aperta lunga 1.950 miglia
che divide un pueblo, una cultura,
scorre lungo il mio corpo,
pianta pali di recinzione nella mia carne,
mi lacera mi lacera
me raja me raja
Questa è la mia casa
questa sottile linea di
filo spinato.
Ma la pelle della terra non ha cuciture.
Il mare non può essere chiuso in un recinto,
el mar non si ferma ai confini.
Per mostrare all'uomo bianco cosa pensava della sua
arroganza
Yemaya ha rovesciato con un soffio la rete metallica.
Questa terra un tempo era messicana,
è stata india sempre
e lo è ancora.
E lo sarà di nuovo.
Yo soy un puente tendido
del mundo gabacho al del mojado,
lo pasado me estirà pa' 'tràs
y lo presente pa' 'delante.
Que la Virgen de Guadalupe me cuide
Ay ay ay, soy mexicana de este lado.
Il confine tra Stati Uniti e Messico es una herida abierta dove il Terzo Mondo si scontra con il primo e sanguina. E prima che si formi una cicatrice, la ferita torna a sanguinare, e dal sangue di due mondi nasce un terzo paese - una cultura di confine. I confini sono stabiliti per definire quali posti sono sicuri e quali non lo sono, per separare noi da loro. Un confine è una linea divisoria, una striscia sottile lungo un margine ripido. Una terra di confine è un luogo vago e indefinito creato dal residuo emotivo di un limite innaturale. È in un costante stato di transizione. Suoi abitanti sono dò che è proibito e ciò che è vietato. Qui vivono los atravesados: i maligni, i perversi, gli omosessuali, i seccatori, i bastardi, i mulatti, i mezzosangue, i mezzo morti; insomma, quelli che attraversano, oltrepassano, superano i confini della "normalità". I gringos del Sud-Ovest considerano gli abitanti della frontiera trasgressori, alieni - che posseggano o meno documenti, che siano Chicanos, indios o neri. Non entrate, chi sconfinerà sarà violentato, mutilato, strangolato, soffocato, fucilato. Gli unici abitanti "legittimi" sono i potenti, i bianchi e quanti si schierano dalla parte dei bianchi. La tensione dilaga tra gli abitanti del confine come un virus. Qui regnano l'ambivalenza e l'inquietudine, e la morte non è straniera.

La traversìa. Per molti mexicanos del otro lado, la scelta si pone tra restare in Messico e morire di fame o emigrare al nord e sopravvivere. Dicen que cada mexicano sicmpre suna de la conquista en los brazos de cuatro gringas rubias, la conquista del pais poderoso del norte, los Estados Unidos. En cada Chicano y mexicano vive el mito del tesoro territorial perdido. I Nord Americani chiamano questo ritorno in patria l'invasione silenziosa.
“A la cueva volerà”
- EI Puma en la cancion Amalia".
A sud del confine, che i Chicanos chiamano la pattumiera del Nord America, i mexicanos si riuniscono nelle piazze per discutere sulla strada migliore per passare dall' altra parte. Contrabbandieri, coyotes, pasadores, enganchadores avvicinano queste persone o, viceversa, ne sono avvicinati. "Qué dicen muchachos a echarsela de mojado?".
"Adesso mi trovo tra gli dei stranieri
munito di armi magiche".
- Canzone Navajo, che si cantava andando in battaglia per invocare protezione.
Abbiamo una tradizione di emigrazione, una tradizione di lunghi cammini. Oggi stiamo assistendo alla migracìon de los pueblos mcxicanos, l'odissea del ritorno alla storica/mitologica Aztlan. Stavolta, il flusso è diretto da sud a nord.
EI retorno alla terra promessa ebbe inizio con gli indios delle zone interne del Messico e i mestizos che si spostarono al seguito dei conquistadores nel 1500. L'immigrazione continuò nei tre secoli successivi ed è proseguita nel Novecento con i braceros che hanno costruito le nostre strade e hanno raccolto la nostra frutta. Oggi migliaia di messicani attraversano la frontiera legalmente o illegalmente; dieci milioni di persone senza documenti hanno fatto ritorno nel Sud-Ovest.
Senza volto, senza nome, invisibili, scherniti con l'appellativo di "cucaracho" (scarafaggio). Tremanti di paura, eppure armati di coraggio, un coraggio che nasce dalla disperazione. Scalzi e ignoranti, i messicani, con le mani dure come suole di stivali, di notte si riuniscono al fiume, dove due culture convergono creando quella che Reagan chiamava una linea di frontiera, una zona di guerra. La convergenza ha creato una cultura dello scontro, una cultura di confine, un terzo paese, un paese chiuso.
Senza i ponti, i "mojados" (schiene bagnate) attraversano le acque del rio Grande su canotti gonfiabili, passano a guado o attraversano il fiume a nuoto, nudi, tenendo gli abiti in cima alla testa. Afferrandosi all'erba, avanzano lungo gli argini con una preghiera alla Virgen de Guadalupe sulle labbra: Ay virgencita morena, mi madrecita, dame tu bendicìon.
La truppa che pattuglia il confine è appostata dietro il McDonalds alla periferia di Brownsville, Texas, o di qualche altra cittadina di frontiera. Hanno messo delle trappole nei pressi del fiume, sotto il ponte ". I cacciatori in uniforme verde cercano e seguono le tracce di questi profughi mal ridotti con i loro potenti apparecchi elettronici piantati nel terreno o montati sui furgoni. Bloccati da fari accecanti, perquisiti con le braccia alte sulla testa, los mojados vengono ammanettati, chiusi nelle jeep e rispediti al di là del confine.
Uno su tre viene preso. Qualcuno prova a passare il confine persino tre volte al giorno. Tra quelli che ce la fanno senza essere scoperti alcuni cadono preda di ladri messicani come quelli del Canyon dei Contrabbandieri sul versante statunitense del confine, vicino Tijuana. Come profughi in una patria che non li vuole, molti non trovano ad accoglierli altro che sofferenza, dolore e una morte indegna.
Quelli che riescono a passare i posti di blocco delle truppe di sorveglianza si ritrovano vittime di un razzismo che dura da 150 anni nei barrios chicani del Sud-Ovest e nelle metropoli de1 nord. Vivendo in una terra di nessuno, stretti tra l'essere trattati come criminali e la possibilità di sfamarsi, tra resistenza e deportazione, i profughi clandestini sono tra le persone più misere e sfruttate negli Stati Uniti. Per i messicani è illegale lavorare senza visto. Ma alle grandi aziende agricole, ai proprietari delle fattorie e ai contrabbandieri che li portano oltre confine conviene far lavorare i "culi bagnati" - non devono pagare lo stipendio minimo federale, né assicurare condizioni abitative e sanitarie decenti.
Soprattutto la donna messicana è a rischio. Spesso il coyote (contrabbandiere) non le dà da mangiare o non la lascia andare in bagno per giorni. Spesso la violenta o la fa prostituire. Lei non può fare appello ad aiuti sanitari o economici comunali o statali perché non parla l'inglese e teme di essere deportata. Per i suoi datori di lavoro statunitensi è molto facile avvantaggiarsi della sua situazione di impotenza. Non può andare a casa. Ha venduto la sua casa, i mobili, ha chiesto soldi in prestito agli amici per pagare il coyote che le ha chiesto quattro o cinquemila dollari per farla entrare clandestinamente a Chicago. In alcuni casi lavora come domestica in casa di un bianco, un Chicano o un Latino per poco più di 15 dollari a settimana. Oppure lavora in una fabbrica di confezioni o come cameriera d'albergo. Sola e preoccupata per la sua famiglia rimasta a casa, timorosa di essere scoperta e deportata, ammassata in una stanza con altre quindici persone, la mexicana soffre gravi problemi di salute. Se enferma de los nervios, de alta presìon.
La mojada, la mujer indocumentada, è doppiamente minacciata negli Stati Uniti. Non soltanto deve difendersi dalla violenza sessuale ma, come tutte le donne, è preda di una sensazione di impotenza fisica. Come profuga, lascia la terra familiare e sicura per avventurarsi su un territorio sconosciuto e probabilmente pericoloso.
Questa è la sua casa
questa sottile linea
di filo spinato.

Come addomesticare una lingua ribelle
"Stiamo per mettere sotto controllo la tua lingua" dice il dentista, tirando fuori il mctal10 dalla mia bocca. Pezzi argentei si staccano e tintinnano nel lavandino. La mia bocca è un filone minerario.
Il dentista sta pulendo le mie radici. Prendendo respiro mi arriva un'ondata di puzza. "Non sono ancora riuscito a tappare quel dente, sta ancora colando liquido", dice.
"Dobbiamo fare qualcosa per questa lingua", sento la rabbia salire nel1a sua voce. La lingua continua a sputare fuori i batuffoli di cotone, a respingere il trapano, i lunghi aghi sottili. "Non ho mai visto niente di più forte e testardo", dice. E io penso, come si fa ad addomesticare una lingua selvaggia, come ]e si insegna a stare buona, come si fa a metterle briglia e sella? Come si fa a tenerla giù?
"Chi ha detto che derubare un popolo
della sua lingua è un'azione meno vio1enta della guerra?"
-Ray Gwyn Smith.
Ricordo che una volta durante l'intervallo a scuola fui scoperta a parlare spagnolo - e punita con tre colpi di bacchetta sulle nocche. Ricordo di essere stata mandata in punizione per aver "risposto" all'insegnante anglo quando tutto ciò che stavo facendo era dirgli come si pronuncia il mio nome. "Se vuoi essere americana, parla americano. Se non ti piace, tornatene in Messico da dove vieni".
"Voglio che parli inglese. Pa' ballar buen trabajo tienes que saber hablar el inglés bien. Qué vale toda tu educaci6n si todavia hablas inglés con un 'accento' '', diceva mia madre, imbarazzata dal fatto che parlavo inglese come una messicana. Alla Pan American University tutti noi studenti chicani dovevamo frequentare due corsi di lingua. Il fine: cancellare il nostro accento.
Gli attacchi alla forma espressiva di qualcuno con l’intento di censura costituiscono una violazione del Primo Emendamento. El Anglo con cara de inocente nos arrancò la lengua. Non si possono addomesticare le lingue selvagge, si può solo tagliarle.

Superare la tradizione del silenzio
Ahogadas, escupimos el oscuro.
Peleando con nuestra propia sombra
el silencio nos sepulta
En boca cerrada no entran moscas. "In una bocca chiusa non entrano le mosche" è un detto che sentivo spesso da bambina. Ser habladora significava essere pettegoli e bugiardi, parlare troppo. Muchachitas bien criadas, le ragazze ben educate non rispondono mai. Es una falta de respeto rispondere alla propria madre o al proprio padre. Ricordo uno dei peccati che elencavo al prete nel confessionale, in una delle mie rare confessioni: rispondere a mia madre, hablar pa' 'tras, repelar. Hocicona, repelona, chismosa, parlare troppo, fare domande, raccontare storie sono tutti segni di essere mal criada. Nella mia cultura sono tutte parole denigratorie se riferite a una donna - non le ho mai sentite riferite agli uomini.
La prima volta che sentii due donne, una portoricana e una cubana, pronunciare la parola "nosotras" rimasi scioccata. Fino ad allora non sapevo che questa parola esistesse. Le Chicanas usano nosotros che siano maschi o femmine. Siamo derubate del nostro essere femminile dal plurale maschile. La lingua è un discorso maschile.
E le nostre lingue si sono
seccate il deserto ha
seccato le nostre lingue e
abbiamo dimenticato il discorso.
- Irena Klepfisz
Anche la nostra gente, gli altri che parlano spagnolo nos quieren poner candados en la boca. Ci vorrebbero tenere a distanza con il loro bagaglio di reglas de academia

Oyé como ladra: el lenguaje de la frontera
Quien tene boca se equivoca.
- Detto messicano
"Pocho, traditore della cultura, parlando inglese stai parlando la lingua dell'oppressore, stai rovinando la lingua spagnola", questa è l'accusa che mi è stata rivolta da molti Latinos e Latinas. Lo spagnolo chic ano è considerato dai puristi e dalla maggior parte dei Latinos una forma monca, mutilata, di spagnolo.
Ma lo spagnolo chicano è una lingua di frontiera che si è sviluppata in modo spontaneo. Cambiamenti, evolucìon, enriquecimiento de palabras nuevas por invencìon o adopcìon hanno creato varianti dello spagnolo chicano, un nuevo lenguaje. Un lenguaje que corresponde a un modo de vivir. Lo spagnolo chicano non è scorretto, è una lingua viva.
Per un popolo che non è spagnolo né vive in un paese in cui lo spagnolo è la prima lingua; per un popolo che non è anglo ma che vive in un paese in cui la lingua ufficiale è l'inglese; per un popolo che non può identificarsi interamente né con lo spagnolo ufficiale (formale, castigliano), né con l'inglese ufficiale, cosa resta da fare se non creare una propria lingua? Una lingua in cui possa riconoscere la propria identità, in grado di comunicare le realtà e i valori considerati importanti - una lingua i cui termini non siano né espaniol ni inglés, ma tutt'e due insieme. Parliamo un patois, una lingua che si biforca, una variazione di due lingue.
Lo spagnolo chicano nacque dal bisogno dei Chicanos di riconoscersi come popolo a sé. Avevamo bisogno di una lingua con cui comunicare con noi stessi, una lingua segreta. Per alcuni di noi la lingua è una patria più importante del Sud-Ovest - infatti molti Chicanos oggi vivono nel Midwest e nell'Est. E poiché siamo un popolo complesso, eterogeneo, parliamo molte lingue. Alcune di queste sono:
1. Inglese standard
2. Inglese parlato dalla gente comune e gergale
3. Spagnolo standard
4. Spagnolo messicano standard
5. Dialetto spagnolo del Messico del Nord
6. Spagnolo chicano (in Texas, New Mexico, Arizona e California ci sono varianti regionali)
7. Tex-Mex
8. Pachuco (detto calo)
Le lingue di casa mia sono le lingue che parlo con mia sorella e i miei fratelli, con i miei amici. Sono le ultime cinque della lista, e la sesta e la settima in particolare sono quelle a cui sono piÙ legata. Dalla scuola, dai media e dai luoghi in cui ho lavorato ho appreso l'inglese standard e quello parlato dalla gente comune. Da Mamagrande Locha e dai libri di letteratura spagnola e messicana ho imparato lo spagnolo ufficiale e lo spagnolo messicano ufficiale. Dai recién llegaos, gli immigranti messicani, e i braceros, ho imparato il dialetto del l\1essico settentrionale. Con i messicani cerco di parlare sia lo spagnolo messicano standard che il dialetto del Messico settentrionale. Dai miei genitori e dai Chicanos che vivono nella Valle ho imparato lo spagnolo chicano texano, che parlo con mia madre, mio fratello pù giovane (che ha sposato una messicana e che di rado mischia lo spagnolo con !'inglese), con le mie zie e altri parenti più anziani.
Con le Chicanas del Nuevo México o dell'Arizona parlo un po' di spagnolo, ma spesso non capiscono ciò che dico. Con la maggior parte delle Chicanas della California parlo soltanto in inglese (a meno che non me ne dimentichi). I primi tempi dopo il mio trasferimento a San Francisco, parlavo velocemente in spagnolo, mettendole, senza volerlo, in imbarazzo. Spesso posso parlare liberamente soltanto con un' altra chicana tejana.

Quindi, se vuoi davvero ferirmi, parla male della mia lingua. L'identità etnica è gemella della identità linguistica - io sono la mia lingua. Fino a che non sarò orgogliosa della mia lingua, non lo sarò neppure di me stessa. Fino a che non potrò accettare come legittimo lo spagnolo chicano texano, il Tex-Mex e le altre lingue che parlo, non potrò accettare me stessa come legittima. Fino a che non sarò libera di scrivere una scrittura bilingue e di passare da un codice all' altro senza dovere sempre tradurre, fino a quando sarò costretta a parlare inglese o spagnolo quando preferirei parlare spanglese, e fino a quando dovrò adattarmi a chi parla inglese piuttosto che aspettare che loro si adattino a me, la mia lingua sarà illegittima.
Non lascerò più che mi si faccia vergognare della mia esistenza. Avrò la mia voce: india, spagnola, bianca. Avrò la mia lingua di serpente - la mia voce di donna, la mia voce sensuale, la mia voce di poeta. Supererò la tradizione di silenzio.
Le mie dita
si muovono maliziose contro il tuo palmo
come fanno le donne ovunque, parliamo in codice ...
- Melanie Kaye/Kantrowitz

La coscienza de la mestizia / Verso una nuova coscienza
Por la mujer de mi raza
hablara el espiritu
Il filosofo messicano José Vasconcelos immaginava una raza mestiza, una mezcla de razas afinenes, una raza de color - la primera raza sintesis del globo. La chiamava la raza cosmica, una quinta razza che abbracciava le quattro grandi razze del mondo. Contro la teoria della pura razza ariana e la politica di purezza razziale praticata dall'America bianca, la sua è una teoria dell'inclusione. Alla confluenza di due o più correnti genetiche, dove i cromosomi continuamente passano da una parte all'altra, questa miscela di razze, lungi dal generare esseri inferiori, offre una progenie ibrida, una specie mutevole, più malleabile, con una ricca riserva genetica. Da questa impollinazione razzialmente, ideologicamente, culturalmente e biologicamente incrociata scaturisce oggi una coscienza "aliena" - una nuova coscienza mestiza, una conciencia de mujer. È la coscienza delle Borderlands, delle terre di confine.

Una lucha de Eronteras / Una lotta ai confini
Perché io, mestiza
non faccio che uscire da una cultura
ed entrare in un' altra,
perché io sono in tutte le culture nello stesso tempo,
alma entre dos mundos, tres, cuatro,
me zumba la cabeza con lo contradictorio.
Estoy norteada por todas las voces que me hablan
simultaneamente.
L'ambivalenza di questo scontro di voci produce stati di perplessità mentale ed emotiva. Il conflitto interiore produce insicurezza e incertezza. La personalità duplice o molteplice della mestiza è affetta dall'irrequietudine psichica.
Nel suo stato mentale di nepantilismo (una parola azteca che vuol dire lacerata fra vie diverse), la mestiza è un prodotto del trasferimento dei valori spirituali e culturali di un gruppo ad un altro. Poiché è triculturale, monolingue, bilingue o multilingue, o parla un patois, ed è in uno stato di transizione perpetua, la mestiza vive il dilemma della specie mista: a quale collettività presta ascolto la figlia di una madre dalla pelle scura?
EI choque de un alma atrapado entre el mundo del espiritu y el mundo de la técnica a veces la deja entullada. Cresciuta in una cultura intramezzata fra due culture, collocata a cavallo di tutte e tre le culture e dei loro sistemi di valori, la mestiza patisce una battaglia della carne, una battaglia di confini, una guerra interiore. Come tutti, noi percepiamo la visione della realtà che la nostra cultura ci comunica. Come altri che possiedono o vivono più di una cultura, anche noi riceviamo messaggi multipli, spesso opposti. La confluenza di due quadri di riferimento' coerenti ma spesso incompatibili causa un choque, una collisione culturale.
Dentro di noi e dentro la cultura chicana, le credenze condivise della cultura bianca aggrediscono le credenze condivise della cultura messicana, e tutte e due aggrediscono le credenze condivise della cultura indigena. Il nostro subconscio percepisce questo come un attacco contro di noi e contro le nostre credenze, come una minaccia, e per questo cerchiamo di resistervi con una presa di posizione antagonista.
Ma posizionarsi sulla riva opposta, gridare domande, sfidare le convenzioni bianche e patriarcali, non è sufficiente. Una posizione antagonista ti inchioda ad un duello fra oppresso ed oppressore; incatenati in una battaglia mortale come il poliziotto e il criminale, l'una e l'altro sono ridotti al comune denominatore della violenza. La posizione antagonista è una sfida orgogliosa alle idee e alle credenze della cultura dominante, ma, come ogni reazione, è limitata e subordinata a ciò contro cui reagisce. La posizione antagonista scaturisce da un'insofferenza dell' autorità esteriore e interiore e costituisce un passo avanti verso la liberazione dal dominio culturale, ma non è un modo di vita. Viene un momento, nella creazione di una nuova coscienza, in cui dobbiamo allontanarci dalla riva opposta, risanare in qualche modo la scissione che separa i due combattenti, per riuscire a collocarci nello stesso tempo su entrambe le rive ed a vedere contemporaneamente con gli occhi del serpente e con gli occhi dell' aquila. Oppure possiamo decidere di sganciarci dalla cultura dominante, cancellarla come causa persa una volta per tutte, e attraversare il confine per entrare in un territorio completamente nuovo e separato. O possiamo prendere un'altra strada ancora. Le possibilità sono molte, una volta che decidiamo di agire anziché reagire.

Tollerare l'ambiguità
Tutte queste possibilità lasciano la mestiza dibattersi in mari inesplorati. A causa delle informazioni e dei punti di vista contraddittori che percepisce i suoi confini psicologici vengono inondati. Ha scoperto che non può trattenere concetti o idee in confini rigidi. I confini e i muri che dovrebbero tener fuori le idee indesiderate sono solo schemi radicati di comportamento, abitudini e modelli che diventano il nemico interno. Rigidità significa morte. Solo restando flessibili, la mestiza può estendere la psiche orizzontalmente e verticalmente. Ella deve continuamente spostarsi dentro e fuori dagli abiti mentali; dalla modalità occidentale del pensiero convergente - il ragionare analitico che tende ad usare la razionalità per puntare ad un singolo fine - deve muoversi verso un pensiero divergente che si allontana da modelli e fini costituiti per cercare una prospettiva più ampia, che include anziché escludere .
La nuova mestiza sopravvive sviluppando la tolleranza per le contraddizioni, la tolleranza per l'ambiguità. Impara ad essere indiana nella cultura messicana, messicana dal punto di vista anglo. Impara a fare giochi di destrezza con le culture. Ha una personalità plurale, opera secondo modalità pluralistiche niente è respinto, il buono, il cattivo e il brutto, niente rifiutato, niente abbandonato. Oltre a sostenere le contraddizioni, sa trasformare 1'ambivalenza in un' altra cosa.
A volte un evento emotivo intenso, spesso doloroso, la strappa dall' ambivalenza rovesciandola o sciogliendola. Non so in che modo questo avvenga; è un lavoro che si svolge sotterraneamente - nel subconscio. È un lavoro svolto dall' anima. Il fuoco, il fulcro, la congiunzione dove si colloca la mestiza, è il luogo in cui i fenomeni tendono a collidere, è il luogo dove è possibile unire ciò che è separato. Non si tratta di assemblaggio in cui ci si limita a mettere insieme pezzi distinti o separati, né di una bilancia di poteri contrapposti. Piuttosto, cercando di elaborare una sintesi, l'io aggiunge un terzo elemento che è maggiore della somma delle sue parti separate. Questo terzo elemento è una nuova coscienza - una coscienza mestiza - e, sebbene sia fonte di intenso dolore, trae energia da un moto creativo costante in cui gli aspetti unitari di ogni nuovo paradigma sono sottoposti a continua frammentazione.
En unas pocas centurias, il futuro apparterrà alla mestiza. Poiché il futuro dipende dalla frantumazione dei paradigmi, dipende dalla capacità di stare a cavallo fra due o più culture. Creando un nuovo mythos - cambiando il modo di percepire la realtà, di vedere noi stesse, di agire e di comportarci -la mestiza crea una nuova coscienza.
Il lavoro della mestiza consiste nel far saltare il dualismo soggetto-oggetto che la imprigiona e nel rivelarne il trascendimento nella sua carne e nelle immagini del suo lavoro. La risposta alle tensioni fra la razza bianca e quelle di colore, tra maschi e femmine, sta nella nostra capacità di risanare la scissione che sta alle fondazioni delle nostre vite, della nostra cultura, dei nostri linguaggi, dei nostri pensieri. Uno sradicamento profondo del pensiero dualistico nella coscienza individuale e collettiva è l'inizio di una lunga lotta che tuttavia potrebbe - almeno, lo speriamo - porre fine allo stupro, alla violenza, alla guerra.

La encrucijada / L'incrocio
Stanno sacrificando un pollo
a un incrocio, un mucchietto di terra
un sacrario di fango per Eshu,
divinità Yoruba dell'indeterminatezza,
che benedice la sua scelta di via.
E lei comincia il viaggio.
Su cuerpo es una bocacalle. La mestiza si è trasformata dal capro espiatorio del sacrificio nella sacerdotessa officiante all'incrocio delle strade.
In quanto mestiza, non ho paese, la mia patria mi ha esclusa; eppure tutti i paesi mi appartengono, perché di ogni donna sono la sorella o l'amante potenziale (in quanto lesbica non ho razza, il mio stesso popolo non mi riconosce; ma sono tutte le razze, perché in ogni razza c'è il diverso in me). Sono senza una cultura perché, in quanto femminista, sfido le credenze collettive culturali religiose di origine maschile tanto degli indo-ispanici quanto degli anglos; eppure sono piena di cultura perché partecipo alla creazione di una cultura ulteriore, di una nuova storia che spieghi il mondo e la nostra presenza in esso, di un nuovo sistema di valori le cui immagini e simboli ci connettono le une alle altre ed al pianeta. Soy un amasamiento, sono l'atto di impastare, di unire e di mettere insieme, da cui ha preso forma una creatura che appartiene sia al buio, sia alla luce, ma anche una creatura che mette in discussione la definizione di luce e di buio e ne cambia il significato.
Noi siamo il popolo che balza nel buio, noi siamo il popolo che sta sulle ginocchia delle divinità. Nella nostra carne, la ri/evoluzione risolve l'impatto fra le culture. Ci rende folli per sempre, ma se il centro tiene allora vuol dire che abbiamo fatto un passo avanti nell'evoluzione. Nuestra alma el trabajo, l'opus, la grande opera alchemica; il mestizaje spirituale, una "morfogenesi" " uno svolgimento inevitabile. Siamo diventati il movimento rapido del serpente.
Indigena come il mais, come il mais la mestiza è il prodotto di un incrocio, progettata per durare sotto ogni genere di condizioni. Come una pannocchia di mais - organo femminile seminale - la mestiza è tenace, avvolta stretta nel cartoccio della sua cultura. Come i grani si aggrappa alla pannocchia; con gambi spessi e forti radici di sostegno si tiene stretta alla terra – sopravviverà all'incrocio.
Lavando y remojando el maiz en agua de cal, despojando el pellejo. Moliendo, mixteando, amasando, haciendo tortillas de masa. Immerge nella calce viva il mais, che si gonfia, si ammorbidisce. Con rullo di pietra su metate lo macina, poi macina ancora, impasta e forma, spiana le sfere rotonde di pasta in tortillas.
Siamo la roccia porosa nel metate di pietra
accovacciato a terra.
Siamo il mattarello, cl maiz y agua,
la masa harina. Somos el amasijo.
Somos lo molido en el metate.
Siamo il comal fumante, la tortilla calda, la bocca affamata.
Siamo la ruvida roccia.
Siamo il movimento che macina,
la bevanda mista, somos el moleajete.
Siamo il pestello, il comino, ajo, piemienta,
siamo il chile colorado,
il germoglio verde che rompe la pietra.
Resteremo.

El camino de la mestiza/ Il viaggio della mestiza
“Presa fra la contrazione improvvisa, il respiro risucchiato e lo spazio infinito, la donna scura è immobile, guarda il cielo, Decide di scendere nella profondità, scavandosi la strada lungo le radici degli alberi, Setacciando fra le ossa, le scuote per vedere se ancora contengono del midollo. Poi, portandosi la terra alla fronte, alla lingua, ne prende alcune, lascia le altre nel luogo di sepoltura.
Riesamina il suo fardello, conserva il diario e il libro degli indirizzi, getta via le mappe del metro. Le monete pesano, e sono le prossime ad andare, poi i biglietti di banca svolazzanti per l'aria. Tiene il coltello, l'apriscatole e la matita per le ciglia. Mette nello zaino ossa, pezzi di corteccia, hierbas, piuma d'aquila, pelle di serpente, registratore, sonaglio e tamburo, e si avvia a diventare una vera tolteca”
Per prima cosa, fa l'inventario. Despojando, desgranando, quitando paja. Che cos'è, esattamente, che ha ereditato dagli antenati? Il peso che porta - qual è il bagaglio della madre indiana, qual è il bagaglio del padre ispanico, qual è il bagaglio che ha ricevuto dagli anglos?
Pero es dificil distinguere fra lo heredado, lo adquirido, lo impuesto. Passa la storia al setaccio, vaglia le menzogne, guarda le forze cui noi come razza, noi come donne, siamo state parte. Luego bota lo que no vale, los desmientos, los desencuentos, el embrutecimiento. Aguarda el juicio, hondo y enraizado de la gente antigua. È una rottura consapevole con le tradizioni oppressive di tutte le culture e tutte le religioni. Comunica questa rottura, documenta questa lotta. Reinterpreta la storia e, usando simboli nuovi, dà forma a nuovi miti. Adotta nuove prospettive verso la gente di pelle scura, le donne, i diversi. Rinforza in sé la tolleranza (e l'intolleranza) per l'ambiguità. È disposta a condividere, a rendersi vulnerabile a modi stranieri di vedere e di pensare. Abbandona ogni idea di sicurezza, di familiarità. Decostruire, costruire. Diventa una nahual, che sa trasformarsi in albero, in coyote, in un' altra persona. Impara a trasformare il piccolo "me" nell'Io totale. Se hace moldeadora de su alma. Segun la concepcìon que tiene de si misma, asi sera.
 vicky_nellas2.jpg










(foto di Carla Christiany)