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La voce in canto - Il gruppo Calicante diretto da Barbara Valentino




lunedì 14 dicembre 2009 Introduce Il gruppo Calicante  
Canti tradizionali che appartengono al repertorio italiano, alla polifonia esteuropea, alla poliritmia africana, sudamericana e asiatica, arricchiti da arrangiamenti personali del gruppo “Calicante”. Riflettono la passione, la gioia e la libertà di chi racconta storie d’amore o di dolore, ninne nanne, canti di lotta, di lavoro, di festa. Essi tramandano la tradizione della memoria orale, e sono un omaggio a tutte le persone che, con il loro prezioso contributo, stanno trasformando la nostra società in un mondo multiculturale.



1. Canzone popolare e canto sociale in Italia
Scriveva Roberto Leydi nei lontani anni ’70:

…“Affrontare la riesecuzione di un canto popolare significa, per chi non vuol far ciò per assecondare una moda o per soddisfare personali esigenze emotive od estetiche, approfondire la conoscenza non solo di quel canto ma di tutto quanto quel canto manifesta e quel canto motiva; e significa inseguire una identificazione culturale, emotiva, ideologica, persino sentimentale con il momento di vita di cui quel dato canto è funzione espressiva. Il rischio è quello della soluzione accademica, della ripetizione fedele ma insensata di qualcosa che già esiste. La difesa può essere nel collocare sempre il controllo accurato delle tecniche esecutive, desunte dall’insegnamento dei vari cantori e musicisti popolari, nel contesto della società che quelle tecniche ha espresso, vista come fenomeno dinamico, quindi culturale e storico”… (I canti popolari italiani, Mondadori,1973, p.12)



SENTO IL FISCHIO DEL VAPORE
Sento il fischio del vapore è il mio amore che va via e l’è partito per l’Albania chissà quando ritornerà…
Ritornerà di primavera con la spada insanguinata e se mi trova già maritata ohi che pena ohi che dolor…
Ohi che pena ohi che dolor Che brutta bestia è mai l’amore Starò piuttosto senza mangiare Ma l’amore lo voglio far…
Lo voglio far mattina e sera finchè vien la primavera la primavera è già arrivata ma il mio amore non è tornà…



O CARA MOGLIE di Ivan Della Mea - 1969
O cara moglie stasera ti prego
dì a mio figlio che vada a dormire
perché le cose che io ho da dire
non sono cose che deve sentir.
Proprio stamane là sul lavoro
con il sorriso del caposezione
mi è arrivata la liquidazione
m’han licenziato senza pietà.
E la ragione è perché ho scioperato
per la difesa dei nostri diritti,
per la difesa del mio sindacato
del mio lavoro e della libertà.
Quando la lotta è di tutti per tutti
Il tuo padrone, lo sai, cederà
se invece vince è perché i crumiri
gli dan la forza che lui non ha.
Questo si è visto davanti ai cancelli
noi si chiamava i compagni alla lotta
ecco il padrone fa un cenno, una mossa
un dopo l’altro cominciano a entrar.
O cara moglie dovevi vederli
venir avanti curvati e piegati
e noi gridare”crumiri venduti”
e loro dritti senza guardar.
Quei poveretti facevano pena
ma dietro a loro là sul portone
rideva allegro il porco padrone
li ho maledetti senza pietà.

O cara moglie io prima ho sbagliato
dì a mio figlio che venga a sentire
che ha da capire che cosa vuol dire
lottare per la libertà.
O cara moglie io prima ho sbagliato
dì a mio figlio che venga a sentire
che ha da capire che cosa vuol dire
lottare per la libertà…
che ha da capire che cosa vuol dire
lottare per la libertà.


NINNA NANNA

Don don din don
don din don din don nani.
E la mi mama l’è ‘na bona dona
e ‘nca mè son la so fiola
la m’ha cumprè una vistina nova
qualched’un la pagherà.
Don don din don
don dindon din nani
E la mi mama l’è ‘na bona dona
e ‘nca mè son la so fiola
la m’ha ciamè per sempre la so fiola
e per sempre lo sarò.
Don don din don
don din don din nani.


PIZZICA

ADDO’ TE PIZZICO’ LA ZAMARA, 2V.
MENZU’ LU CANALETTU,
NA MENZU’ LU CANALETTU
NA MENZU’ LU CANALETTU
DELLE MÈNNE
ENNINI’ NA NANNA NINA NANNA NINA
NINANNA
NINA’ NINA NINA’ NAI NANNANINA
APRIME BELLU MIU CA PORTU COSE 2
PORTU NU PAGNIERINU
NA PORTU NU PAGNIERINU
NA PORTU NU PAGNIERINU
DE CIRASE

ALL’AUTCHA MANU
CI PORTU 3 COSE, 2 v.
NA NIEDDU, NA CATENA
NA NIEDDU, NA CATENA
NA NIEDDU, NA CATENA
E’LLE GRANATE

L’AGGIO A PORTARE A DONNA CATERINA 2v.
LA SE MMARITA NA’NANA
LA SE MMARITA NA’NANA
LA SE MMARITA LU MESE CITRASE.

IDDA STA SE MARITA E JEU M’ENZURU, 2v.
NA IDDA’ COGLIE LA MENTA
NA IDDA’ COGLIE LA MENTA
NA IDDA’ COGLIE LA MENTA
E JEU LU FIURU.


N.B: Nelle canzoni che seguono spesso la scrittura aderisce ai suoni percepiti nell’ascolto diretto, o di registrazioni, o tramandati da esperti musicali.

2. Canzoni dell’area balcanica

JOVANO

UMPA’PPA UMPA UMPA 4 V.
JOOVAAANO, IOVAAANKE
.
CRAI VARDAROT SEEDISH
MORI BELO PLATNO BEELISH
SENNA GORE CLEIS DASDUSHO
SERZE MOJE JOVAAANO.
JOOVAAANO, JOVAAANKE
TVOJATA MAAAJKE’
MORI TEBE NETE DAAAVA’
KAIMENADAAA DOIS DASDUSHO
SERZE MOJE JOVAAANO.
jOOVAAANO, JOOVAAANKE
JAS TE DOMA CEEEKAM
MORI’DOMA DAMI DOOOIDES
TIMINEEE DOIS DASDUSHO
SERZE MOJE JOVAAANO


TASTORNIE

TAS MI VOIMA
MO O JE, PRA CO OOO
DATAIETA MIVOIMA
MOODA IEETA

3. Canzoni dell’Africa : Congo - Zimbawe

O LE’ LE’, O LE’ LE’ MOLIBA MAKASSI’
O le lè o le lè
Moliba makassì
O le lè o le lè
moliba makassì
M’boka nayè m’boka nayè
’boka m’boka kassayì
M’boka nayè m’boka nayè
.M’boka m’boka kassayì
O le lè o le lè moliba makassì
o le lè o le lè moliba makassì.
E E OOOO E E E E O O O O O
Benghelà’ aoyaa
benghelà’ aoyaa yakara aoyaa
Bonghizà aoyaa (2 volte)
O le lè o le lè moliba marassi

SHO SHO LOSA (Zimbawe)

SHO SHO LOSA
KU LE HE
SHO SHO LOSA
KU LE HE
WENU UYAH LEKA
KU LE HE
WENU UYA BALEKA
KU LE HE

4. Canzoni dell’area sudamericana: Argentina - Amazzonia brasiliana - Brasile

MI BUENOS AIRES QUE RIDO

Mi Buenos Aires que rido
cuando jo te vuelva aver
no habra mas pena ni olvido.
El farolito de la calle en que na ci
fue el centinela de mis promesas de amor,
bajo su inquieta luce cita jo la vi
a mi peseta luminosa como un sol.
Hoi que la su erte quiete que te vuelva aver,
ciudad portena de mi unico quere,
digo la queja de un bandoneon,
dentro del pecho pide rienda el corazon.
Mi Buenos Aires, terra solida
donde mi vida terminare,
bajo tu amparo no hay desenganos,
vuela los anos, se olvida el dolor.

En caravana los recuerdos pasan
Como una estela dulce de emocion,
quiero que sepas que al evocarte
se van las penas del corason.

CANTO DEGLI INDIOS DELL’AMAZZONIA

MOIA CECCIUA LAKANGARAIA
ACCAPPAUA’ NGARAIA

ACCAPPAUA’ NGARAIA
ACCAPPAUA’ NGARAIA
ACCAPPAUA’
ACCAPPAUA’ ACCAPPAUA’

OLO OLO SO’ CALATO MANGA’ N
OLO OLO SO’ CALATO MANGA’ N
TUPPI MOIE IA NUPANIMEIE
MOIA CECCIUA LAKANGARAIA
ACCAPPUA’ NGARAIA

CANTO DEL CARNEVALE DI BAHIA

TODO MENINO DU PELU’
SABE TOCAR TAMBU’
TODO MENINO DU PELU’
SABE TOCAR TAMBU’
SABE TOCAR, SABE TOCAR
SABE TOCAR TAMBU’ - 2 V.

EU KERU VER
AI MENINO SUBENDO ALADEIRA
CON PASIENSIA /2°- CON VIOLENSIA
CON TODAS SABE DORESA
FAISENDO BUMBA’ BUMBA’
FAISENDO BUMBA’ BUMBA’

5. India del Nord
Namita Devidayal, La stanza della musica, Neri Pozza Editore, 2009, traduzione di Federica Oddera

“ L’iniziazione di una giovane donna alla vita, agli amori e all’antica arte della musica tradizionale indiana”.


Cap.2 - p.21 …Cominciai dalla prima nota, il sa. Quel giorno, con mio disappunto, Dhondutai mi fece cantare solo la nota di base, il pilastro tonale della musica indiana, che rimane immutato, costante, affidabile e stoicamente alieno dai capricci e dalle bizzarrie delle altre note. E’ la pietra angolare, la nota di partenza e di arrivo, il punto dove il cerchio inizia e si chiude. Entro i confini del sa si può dar voce all’intera gamma di tragedie e di stati d’animo della vita. Ma ogni volta che lo si ripete, si avverte un senso di conclusione, come quando si torna a casa dopo un viaggio lungo ed emozionante.
“Sforzati di fondere il suono del tuo sa con quello del tànpura, finchè non diventano una cosa sola e non riesci più a distinguerli” mi diceva Dhoundutai. “Il sa racchiude tutte le note, proprio come la pura luce bianca contiene tutti i colori dell’iride.”…
p.24…Letteralmente, swara significa nota, ma la parola ha un senso più ampio rispetto al termine occidentale: non è solo una specifica frequenza musicale riproducibile premendo il tasto corretto di un pianoforte o pizzicando una corda in un certo modo. Non è un suono meccanico, ma piuttosto un’espressione che proviene dal profondo del corpo umano.
La grammatica di base della musica indiana e di quella occidentale si articola sulle medesime sette note (la successione di sa, re, ga, ma, pa, dha, ni dell’India corrisponde alla scala eptatonica europea di do, re, mi, fa, sol, la, si), però appena si comincia a esaminare queste note e ad analizzare le melodie che creano, emergono forti differenze tra i due sistemi. Differenze che rispecchiano i processi di pensiero opposti che regolano la vita in Oriente e in Occidente.
L’antica concezione occidentale vede nella musica un insieme di sequenze sonore i cui intervalli melodici regolari riflettono i semplici rapporti matematici sui quali è costruito il mondo e grazie ai quali il mondo stesso risulta comprensibile ai nostri organi percettivi. Perciò la teoria dell’Occidente si fonda su principi razionali e accessibili ai nostri sensi, principi che la mente umana è in grado di cogliere, riconoscere e dimostrare.
La musica indiana affonda le sue radici in un presupposto fondamentalmente diverso: l’idea che esista una realtà continua, invisibile e in perenne mutamento a costituire lo sfondo di qualsiasi azione e percezione dell’uomo. …
p.25 …Le antiche scritture si sono conservate grazie alla tradizione orale, in cui ogni frase e ogni espressione venivano memorizzate mediante un complesso insieme di mnemotecniche e poi recitate con grande enfasi al momento di tramandarle, in modo che le future generazioni le ricevessero nella forma più corretta…
...La musica classica indiana ha fatto affidamento su un analoga trasmissione orale, in cui l’insegnante gioca un ruolo chiave e gode dello stesso rispetto tributato a un monaco o a un sacerdote.
Ma non è possibile insegnare tutto. Alla fine spetta all’allievo penetrare i segreti degli swara…
…I musicisti indù hanno una loro teoria sulle origini della musica. Credono che il primo elemento a emergere, in una fase assai anteriore alla diffusione della vita nel cosmo, sia stato il suono om, nel quale si compendia lo spirito universale che alcuni chiamano Dio. Forse per questo la sensazione provata sia dall’interprete, sia dall’intenditore, quando un artista enuncia uno swara nella sua forma più perfetta e definitiva, è assai simile allo stato d’animo vissuto da chi siede in un tempio, in una chiesa o in un mausoleo pieni di pace e sperimenta un’improvvisa epifania.