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Corpo di donna – amato, offeso


 
lunedì 08 giugno 2009 legge Alessandra Lazzari

Letture scelte da un progetto editoriale a cura dell’associazione ANNASSÎM raccolte da Lella di Marco e da Alessandra Lazzari
Abbiamo raccolto frammenti di storie che donne immigrate a Bologna ci hanno raccontato -  in pomeriggi invernali passati a cucire, in percorsi di scrittura creativa, e anche durante un  laboratorio poli-sensoriale sull’identità in transito. Confessioni, sfoghi, condivisioni, che a nostra volta vi regaliamo, un po’ filtrate dal nostro italiano di madre-lingua, un po’ arricchite dalle emozioni che abbiamo fatto nostre, un po’ sublimate dal legame ontologico che ci lega alle "altre", alle sorelle di ogni luogo del mondo. I racconti delle donne immigrate sul proprio vissuto sono un privilegio che loro ci concedono in un rapporto di fiducia - condizione indispensabile per un lavoro assieme. Storie vere di donne reali, storie che danno voce alla condizione di questa metà del mondo più fragile, più forte, più misconosciuta, più idealizzate. Storie di tutte…. Perché  se  togliamo il riferimento ai Paesi e a qualche nota di costume tipica di quel territorio, diventano le storie delle donne di  QUALSIASI paese del mondo. Tutte uguali – tutte diverse…. Tutte che partono dal loro corpo di donna "tanto amato tanto offeso". 


CORPO DI DONNA – AMATO, OFFESO
Donne in transito
Progetto editoriale a cura dell’Associazione ANNASSÎM – Donne native e Migranti delle due sponde del Mediterraneo

1. Nawal

Mio marito mi ha sempre amata moltissimo – fin dalla prima volta che mi ha vista al mio paese.
Io avevo 13 anni e lui quaranta.
Lui italiano musulmano, venuto in Egitto per lavoro.
Io ero molto innamorata di lui – ci siamo sposati che avevo 16 anni.
Per me sposare lui – biondo con gli occhi azzurri –  e uscire dalla  povertà della mia famiglia, venendo  in Italia,  era un meraviglioso sogno per me – lui era un mito – un amico – un fratello – un padre – oltre che un marito.
Lui continuava ad amarmi infinitamente – giurandomi che sarei stata la sua unica donna, la sua bimba – sposa.
Io dipendevo in tutto da lui… ma ero felice. Pensavo fosse la condizione normale.
A dire il vero mi faceva fare la signora.
Ma un bel giorno – sempre amandomi infinitamente (così andava sostenendo) ha pensato bene di innamorarsi di un’altra donna.
Come da tradizione musulmana, mi ha chiesto il permesso di sposarla e di portarla a vivere nella nostra casa con noi e i nostri 2 figli…
Mi sono sentita offesa – tradita – umiliata – annullata.
Io non avrei dato mai il consenso ad un altro matrimonio – piuttosto ero disposta a separarmi da lui e a rimanere sola con i figli….
Ho vissuto lunghi abbandoni… Il disagio dei bambini – i commenti non belli di chi ci conosce.. il suo pentimento, le sue lacrime...

Viviamo ancora assieme –
Lui cerca di essere gentile con me, e la situazione è più tranquilla, ma dentro di me si è rotto qualcosa che non so se riuscirò mai a ricomporre
In un certo senso però mi sento più forte – come se fosse venuta fuori la mia parte migliore senza offendere la mia dignità – mi sento cresciuta improvvisamente.
Ho cercato un lavoro.
Adesso esco da casa al mattino presto per andare a lavorare e incontro molta gente.
Ho scoperto che avere i soldi miei e stare con le altre donne dà più forza e sicurezza.

2. Kadija

Mi diceva che era innamorato di me – che mi amava e che in Italia ci sarebbe stata ad aspettarmi una bella casa  e tante tante altre comodità.
Anche lui mi piaceva – mi sembrava un uomo sincero,  per questo ho acconsentito alle nozze, anche se la mia famiglia non era molto d’accordo –
Pensavo che l’amore mi avrebbe riparata da ogni pericolo.

Ha cominciato a picchiarmi da subito – appena arrivati in Italia in uno sperduto paesino dell’Appennino bolognese.
Ero sola – senza amici né vicini di casa
Sola tutto il giorno e quando lui tornava dal lavoro mi picchiava
Mi picchiava per ogni cosa che dicevo, che facevo.
Il cibo che preparavo non era mai buono per lui.
Volevo ritornare al mio paese… ma la mia famiglia di origine non era disposta a riprendermi.
E lui continuava a picchiarmi – senza alcun timore di Allah.
Non avevo con chi parlare, non conoscevo la lingua italiana… ero sola tutto il giorno…
Lui ritornava dal lavoro e mi picchiava come fossi io, la causa di tutti i mali.
Dei giorni non bastavano le botte – c’era anche la volontà di umiliarmi, di farmi morire.
Quando trascinandomi per i capelli mi costringeva a baciargli i piedi o a lavarglieli.
Come facevano suo padre e ancora prima di suo padre – suo nonno… in Palestina.
Dopo le botte – ad accompagnare me sanguinante – al pronto soccorso –
era lui stesso.
Lui – medico venuto in Italia per laurearsi in medicina e potere servire meglio la nostra amata terra.
Io ai medici non dicevo mai la verità –  inventavo che ero caduta dalle scale o che avevo sbattuto contro un mobile.
Non ho mai sporto denuncia… lo coprivo perché lui era il padre dei miei figli…
Poi siamo venuti a Bologna
Lui continuava a picchiarmi – a rifiutare la figlia femmina – a fare lunghe assenze da casa – e quando ritornava  anche ubriaco riprendeva a picchiarmi. Un giorno è venuto a letto con un coltello.
Vivevo nel terrore
Un bel giorno è andato via da casa definitamene – senza spiegazione.
Ha chiesto la separazione senza neppure informarmi.
Adesso siamo divorziati – è scomparso del tutto, non pensa ai figli, non manda i soldi stabiliti dal tribunale per gli alimenti.
Io sono sola con i miei figli. Ho difficoltà materiali ma almeno non vivo più nel terrore.
Però è come se avessi un vuoto dentro.
QUELL ’UOMO MI HA UCCISA LASCIANDOMI VIVA
Abbiamo scritto la mia storia così:
Per le continue botte senza motivo
Quando spariva per lunghi periodi
Quando tornava a casa ubriaco trattando male anche i bambini
Quando mi impediva di ritornare in Tunisia per rivedere i miei…
MI HA UCCISA LASCIANDOMI VIVA
Quando ha venduto la nostra casa in Tunisia senza dirmi nulla.
Quando ha chiesto la separazione in Tunisia senza informarmi.
Quando spariva lasciandomi per cercare altre donne.
Quando non voleva darmi i soldi per la spesa.
MI HA UCCISA LASCIANDOMI VIVA
Avendomi portata in Italia con la promessa di una vita migliore.
MI HA UCCISA LASCIANDOMI VIVA
Quando al pronto soccorso dichiaravo
che ero scivolata dalle scale
che ero inciampata contro un mobile
che non avevo visto il tavolo
… MI HA UCCISA LASCIANDOMI VIVA
Quando è sparito lasciandomi senza soldi e con i bambini da curare
Sola
In un paese straniero

3. Zorha

Siamo arrivati da qualche anno in Italia.  Io sedicenne – i miei tre fratelli adulti e mio padre.
Mia madre è rimasta in Tunisia con i bambini piccoli.
Mio padre, ad un certo punto, ha cominciato ad avere premure particolari per me… di notte mi raggiungeva nel mio letto.
Mi ha costretta ad avere  rapporti con lui…. Violando il mio corpo adolescente, anche con la promessa che avrebbe chiamato un ragazzo dalla Tunisia e che adoperandoci noi a fargli
avere il permesso di soggiorno – lui mi avrebbe sposata e tutto si sarebbe messo a posto.
Ero disperata.
I miei fratelli fingevano di non vedere – e di non sentire – ne ho parlato con il mio ragazzo, siciliano, ma – forse per paura – mi ha lasciata subito.
Ero disperata e sempre più sola.

Finalmente ho trovato la forza di parlarne con un’assistente sociale che mi ha accompagnata a sporgere la denuncia.
Mi sentivo anche in colpa Allora ho cercato appoggio in mia madre.
Le ho telefonato e le ho raccontato tutto – per tutta risposta lei mi ha detto di ritirare la denuncia, chiedere scusa a mio padre, e che se lui fosse stato arrestato lei e i bambini sarebbero morti di fame senza altra fonte di sostentamento.

I servizi sociali mi hanno allontanata da mio padre –
adesso vivo in una comunità dove qualcuno si occupa di me –
Studio e frequento una borsa lavoro.

Nessuno abusa di me ma non sono serena.
Sento delle macerie dentro di me – come se fossi segnata per sempre. Il futuro mi spaventa.
Riaffiorano vagamente – anche ricordi della mia infanzia … in Tunisia
Storie di uomini che abusavano delle figlie e che arrestati venivano condotti in prigioni particolari… in sotterranei – isolati dagli altri detenuti perché si erano macchiati delle azioni più terribili: distruggere la vita dei propri figli.

4. Ighes

Non avevo scelta: o fare morire di fame i miei tre figli o venire in Italia.
La vita in Eritrea è difficilissima: la guerra, la miseria.
Io ero infermiera nell’esercito regolare. A tutti gli effetti sono stata una militare, a volte ho anche impugnato le armi.

In Italia faccio la badante – e nel giorno libero per guadagnare un altro poco di soldi vado a stirare in casa di una signora.
Mando tutto il mio guadagno in Eritrea riuscendo a sfamare la mia famiglia, mio padre, le mie sorelle e altri parenti.
In pratica vivo murata nella case italiane.
Lontana dai figli che stanno crescendo senza di me, deprivata da ogni affettività.
Mio marito mi chiede soldi in continuazione.
Lui pensa che se mando 1000 € al mese – alla famiglia io ne guadagno molti ma molti di più –
Io pensando di fare stare meglio i miei figli, mandavo in Eritrea tutto quello che guadagnavo  – privando me stessa di ogni cosa.

Mio marito?
Non solo non si preoccupa della mia solitudine e  della mia sofferenza.
Si permette di farmi scene di gelosia per telefono e di… chiedermi sempre più soldi. Mi sento   una mucca da mungere.

Adesso ho saputo che con i miei soldi si diverte con altre donne. 
Avrei dovuto immaginarlo.
Sono avvilita.
Del resto anche in Italia i miei paesani cercano le donne eritree solo per i soldi che queste guadagnano.
Io penso, sinceramente, che gli uomini siano inaffidabili in tutte le parti del mondo.

5. Fouzia

Non avevo ancora dodici anni quando le famiglie decisero che avrei dovuto sposare un uomo  che mi avrebbe fatto vivere una vita migliore a Casablanca
Io giocavo ancora con le caprette, aiutavo la mia mamma e le mie sorelle a raccogliere i frutti della terra, a fare il pane, a tessere i tappeti …
Per me tutto era un gioco. Coccolata dall’amore dei miei.
Non sapevo cosa mi sarebbe successo sposandomi. 
Sentivo che se avessi lasciato la mia casa, la mia famiglia, i miei animali sarei potuta morire
Avevo molta, ma molta paura.

Si fecero le nozze ugualmente e mi condussero nella casa del mio "sposo" .
Piangevo – ero atterrita
E in quella prima notte di notte mi consolai portandomi a letto un grosso coltello da cucina con il quale minacciavo mio marito. Se si fosse avvicinato a me e mi avesse toccata l’avrei accoltellato.
Così , tutte le notti, per una settimana –  nello strazio della mia angoscia ... lui fu paziente, sorrideva – mi disse soltanto che se volevo così,  mi avrebbe ricondotta dalla mia famiglia
Sapevo quale vergogna sarebbe stata  per me e per tutto il mio villaggio – essere  "ri-consegnata" alla famiglia di origine.
Non volevo che la mia famiglia soffrisse per me. Rimasi con il mio sposo – io bimba di 12 anni che voleva ancora giocare….
Ho cinque figlie femmine, un figlio maschio ed una nipotina che sono tutta la mia vita 
Sono felice che le mie figlie abbiano un destino diverso dal mio.

6. Mariam 

Evoco ricordi, sensazioni: la mia adolescenza e la mia giovinezza, la mia casa con i suoi odori, il senso di sicurezza che mi infondeva.
La mia nonna e la mia mamma. Bellissime. La loro femminilità nella loro bellezza.
Senza artifizi. Spontanea.
La ricerca della luminosità, della morbidezza, l’henne la pianta del paradiso, come alimentare la bellezza delle donne in modo naturale e poi il matrimonio i preparativi sul mio corpo … Il giorno più bello della mia vita. Anche se mi sono sposata per volere dei miei genitori.

La mia giovinezza: nostalgia e tenerezza – mancanza di libertà e divieti.
Rimproveri regole rigide e poi morbidezza luminosità, pelle morbida, mani decorate con l’henna, amiche, amore, affetti e spensieratezza …
Sono una ragazza che vuole correre, divertirsi, ho la mente libera, non ho pensieri.
Divieti si. Come vestirmi – come camminare – cosa non fare .
Cerco il ritmo per la mia vita. 
Non so ancora come possa trovarlo.
Devo stare attenta a non lasciarmi schiacciare, a non fare indigestione di sollecitazioni.
Rischio di vivere nel turbine.
Devo trovare il ritmo.
Voglio essere bella come la mia mamma
Non ci riuscirò mai, lei è bellissima, elegantissima, raffinatissima.
Sento che non potrò mai eguagliarla.
Ma le mie figlie no – loro devono avere il potere sul loro corpo – Non negarsi la bellezza
Se lo smalto colorato è un loro desiderio a loro compro smalti di dieci colori diversi, uno per ogni unghia delle mani. I divieti che ho avuto io non devono ricadere anche su di loro.

Io sento che alcune parole ormai mi appartengono: libertà, amicizia, amore, felicità, possibilità di scegliere.
Le mie radici sono anche quelle delle mie figlie ma le loro si intrecciano con la mia trasformazione.
Io sono tutto quello che ho vissuto e lo porgo loro perché siano più consapevoli, più ricche, come persone e più felici di me. Anche a loro appartengono: la morbidezza, la tenerezza – delle mamme, delle nonne, delle amiche, il piacere dell’hammam, l’hennè naturale, strumento della tradizione o lo smalto per unghie ritrovato moderno, i canti, i suoni, i sapori che sono stati miei e
prima ancora di me, della mia mamma.
E ancora prima di lei della mia nonna….
Le radici non si recidono – sono il nostro passato e senza passato non ci può essere futuro.
Cerco il ritmo, il senso di appartenenza…posso non avere la mamma vicina, la nonna o le sorelle e i fratelli. Posso ri-collocarmi,  trovare un altro senso di appartenenza , altri scopi nella vita
Ma forte rimane sempre in me il bisogno di "comunità includente" di cui essere parte attiva
                       
Il tempo passa … io cerco il ritmo.


7. Karima

Il nostro cammino migratorio è un po’ difficile, come quello di tutti gli immigrati, a cominciare dal fatto che in Italia la mia laurea non viene riconosciuta e così tutti i miei studi sono azzerati ed io non riesco a trovare lavoro.
Però nonostante le difficoltà, penso di essere fortunata. Ho una splendida famiglia – un marito che mi capisce e mi sostiene anche in questa impresa dell’associazione e due bambini bellissimi, invece prima in Marocco tante mie amiche le facevano sempre visitare perché non si sposavano, e ci sentivamo in trappola.
Anni fa ho conosciuto delle donne italiane che sono diventate mie amiche e assieme abbiamo deciso di costituire una associazione di donne native e migranti – appunto ANNASSÎM che in arabo significa ARIA FRESCA DEL MATTINO.
Questo nome l’abbiamo pensato perché vogliamo una ventata di aria fresca e pulita per ri-cominciare la mia nuova vita in Italia e per la vita di tutte le donne della nostra associazione che si impegnano contro l’ignoranza e l’esclusione sociale delle donne migranti. Questo in Marocco sarebbe molto difficile. Nel tempo libero ho scritto delle poesie, le mie amiche italiane mi hanno aiutato a pubblicarle e leggerle, ero tutta contenta e le ho mandate ai miei fratelli in Marocco, con la mia foto che hanno pubblicato sul giornale mentre leggevo. Mio fratello mi ha chiamato e mi ha detto: "Tu non sei mica andata in Italia per leggere le poesie"….

Il mio corpo non è stato violato, ma la mia anima non riesce mai a volare.

8. Afef

Mio marito mi telefona quando torna dal lavoro, fa i turni, a volte alle 10 di mattina finisce, a volte alle 5 di pomeriggio. Se non ci sono, in casa, mi telefona. Stiamo in 7 nel bilocale del Comune, ho 5 figli, e lui mi telefona e mi dice di tornare. Se è mattina ho solo i due figli piccoli, due maschi, se no il pomeriggio li ho tutti quanti – ma magari qualcuno se lo prende una vicina, perché sono tutti alle elementari e me li portano a casa per aiutarmi. Quando lui chiama, so cosa devo fare. Lui mi vuole a casa perché ha le sue esigenze di uomo e ha voglia e allora mettiamo i bambini davanti alla tv e andiamo nell’altra stanza o anche nel bagno e lui mi fa quello che deve fare e poi io sono libera e vado avanti con la giornata. In Italia sto bene perché c’è sempre da mangiare. Non so leggere e non so scrivere ma parlo abbastanza bene perché non vado solo ai negozi islamici ma anche un po’ a delle scuole gratis di italiano dove si può stare anche coi bambini, come Annassim. Le italiane sono strane, mi fanno un po’ ridere e un po’ paura, a mio marito non piacciono e non vuole proprio sempre che le incontri, a volte non vuole e sto a casa. Mio marito non vuole che prenda la pillola.


QUALCHE ESEMPIO DELLA PRODUZIONE POETICA DELLE DONNE

Fatiha Morchid


40 anni, nata a Casablanca – dove ha conseguito la laurea in legge – da otto anni vive in Italia con il marito e due bambini. Presidente di Annassim.

Palestina prigioniera

Mi hanno chiesto il mio nome
Ho risposto – PALESTINA PRIGIONIERA
Mi hanno chiesto: – qual è la tua colpa?
Ho risposto – pretendere la dignità della terra perduta
Mi hanno chiesto – come è il tuo carcere?
Ho risposto – una gabbia di ferro
Mi hanno chiesto – chi sono i tuoi aguzzini?
Ho risposto – gente crudele anche con la natura e gli animali
Mi hanno chiesto – quale il tuo sentimento?
Ho risposto – che altro oltre il mio profondo dolore?
Mi hanno chiesto – quali i tuoi desideri?
Ho risposto – essere libera
Mi hanno chiesto – qual è la tua data di nascita?
Ho risposto-nascerò quando sarò libera dalle catene
Mi hanno ri-chiesto – qual è la tua data di nascita?
Ho risposto – nascerò quando tutto il mio corpo sarà libero dalle catene




Songul

Songul è nata in Iraq – rifugiata politica in Italia – laureata in ingegneria – madre di tre figli 

La patria perduta

E’ inutile continuare una ricerca affannosa
Non è neppure chiaro dove cercare
Cercare una cosa preziosa è estenuante 
Rimbalza come un continuo borbottio nel mio corpo
Ma è tanto preziosa per essermi stremata nella ricerca?
E’ un tesoro così grande per avere messo tutto sotto sopra in poco tempo?
E’ così preziosa che al solo pensiero mi sciolgo in lacrime e rimango priva di parole
La cerco ancora, ma tra me e lei la distanza è infinita
La ricerca è affannosa come costruire un puzzle
Perché io cerco una cosa che non ha prezzo e che non si trova in nessun mercato
So bene che cosa ho perduto: una patria che non somiglierà mai ad un’altra patria 


Amore bugiardo

La bugia non è mia
Ho paura di pronunciare il tuo nome
Non sogno di incontrarti
Se non alla fine dei tempi
Al tempo della giustizia

Hai posseduto tutto il mio cuore
Mi hai sottomesso, e dio mi ha creato libero
Hai segregato la mia mente con le catene dell’amore
Mi sono inginocchiato davanti a te
Ti ho trovata amica,
ti ho trovata parte di me, luogo dal quale provengo e sono al mondo

Non ti arrendere a ciò che dicono, e lasciali dire
Perché l’amore ci ha uniti nella sua gloria

Chi, Chi è colui che potrà farci arretrare…?
Lasciali dire che L’amore è bugiardo…


Cuore ferito

I luoghi da te abbandonati…li ha riempiti la ferita del cuore!
I fantasmi dei ricordi vi vagano dentro!
Le parole sono impotenti, mute – Capisco solo che non mi bastano…
Le parole … sono finite… pietre!!
Lentamente… la vita... cala il suo velo nero davanti ai miei occhi!
Le palpebre… si riempiono di lacrime!
Una palla di fuoco – precipita nel mio cuore, Bruciando... in ogni direzione!
Fuggo… per le strade
Ora è il lato oscuro della vita che mi guida:
Scoppio d’ira
Grido
Mi stanco!
Sfinita, pronuncio il tuo nome nella notte e nel giorno
Ovunque mi volgo, vedo le mie tristezze:
non trovano via di fuga
E la ferita nel cuore… rimane!!!!

Al mio amore

Salàm, un saluto pieno di pace che ti protegga
Salàm, un saluto rivolto a te dal mio sguardo che ti vede in ogni luogo
Salàm, un saluto dai miei padiglioni auricolari che vogliono sempre udire la tua voce
Salàm, un saluto dal mio cuore che ansima per te
Salàm, un saluto da un fiore perché anche esso vuole sentire il tuo odore
Salàm, un saluto dal sole che tu illumini con la tua luce
Salàm, un saluto dalla luna che dall’alto vede il tuo splendore 
Salàm, un saluto dalla mia terra dalle fiamme sempre accese 
alimentate dal mio amore dalle mie parole e dalla mia poesia
Salàm, un saluto dalla tua amante che nella lunga attesa ha perduto la vista e la salute
e ti cerca come balsamo per i suoi occhi e nutrimento per la sua anima


L'attesa

Ho un forte desiderio di rivederti
i miei occhi sono rivolti continuamente verso l’uscio di casa ma ancora non ho perduto la calma
attendo di sentire, da un momento all’altro, il suono della tua voce e il rumore dei tuoi passi

L’attesa mi confonde ma la speranza di rivederti è incrollabile
L’attesa mi disgrega ma non mi abbatte
L’attesa mi annienta ma sono piena di vitalità
L’attesa mi distrugge ma sono integra

Ma a chi è rivolta la mia attesa e chi attende me?

Sei arrivato: la quiete improvvisa di tutto tranne del mio amore
Oggi siamo insieme e domani?
Oggi siamo felici e domani?
Le nostre vite torneranno a dividersi e rimarrà soltanto il ricordo delle parole, delle carezze, dei baci…
Ma a cosa servono i ricordi senza il battito del cuore?

Marli

E’ nata a Barra Bonita, in Brasile – dove si è laureata in Comunicazione Sociale – Relazione Pubbliche e conseguito una specializzazione in Amministrazione e Marketing.

Apre gli occhi

Sente la stanchezza nelle ossa
Cerca le forze nel fondo della sua anima
Il corpo obbedisce alla saggezza della conduttrice
fa il suo mestiere
E lo fa bene,
Anche se la testa le scoppia
Per la moltitudine di preoccupazioni
Che fanno ormai parte della sua natura

I pensieri vanno ai figli, ai sogni
Ai genitori ormai bisognosi di cure
Ai desideri di uguaglianza, di rispetto, di comprensione
Ai desideri di donna e di un mondo più giusto

Disegna nella memoria (attraverso la sua infinità di doni)
Le strade ancora da percorrere nella giornata,
Il domani, l’anno prossimo, il futuro
che riguarda sia lei che chi le sta intorno.

I pensieri cambiano le facce
Ora Si rivolgono al passato di lotta
Alle tante donne, che tanti anni fa,
Sono state bruciate chiuse in una fabbrica in America
Sente il dolore della discriminazione e della disumanità

Nonostante la fatica dei tanti carichi
Non si lamenta e neanche perde la femminilità
E si arrende ai pensieri degli orgasmi che non ha avuto
Perché c’erano i figli, il lavoro, gli studi
Forse perché c’era un uomo indegno

Nella sua molteplicità di atteggiamenti
Torna alla realtà, apparentemente equilibrata (disseminata come parità)
Ma che in fondo è superficiale
Allora riflette su tutto quello
Che dovrà ancora fare, disfare e rifare
Per trovare il suo vero posto nel mondo.

E nella sua ansia di conquiste
Certamente riuscirà
Perché è forte e creativa
Perché è intuitiva
Perché è donna.

Maria Luigia
Nata in Italia ed emigrata poi in Grecia, dove ha vissuto 20 anni, è tornata in Italia da qualche anno. Di se stessa dice: " sono figlia del mare, mi sento Cassandra, spesso piango come Ariadni abbandonata, ho tessuto la mia tela come Penelope, ho camminato sull’Olimpo come le Dee per poter capire, dall’alto, che l’avventura della vita va vissuta fino in fondo, col sorriso delle contraddizioni, con la tenerezza del sogno e la discrezione di chi si vela il capo perché l’anima non venga penetrata da sguardi".


DONNE DI GRECIA


Vi ho viste
arse
al sole
brucare
la vostra tela
come capre.
Pelle color d’oliva
curve
a chieder perdono
zolle da calpestare
occhi di terra
che sgretolano sguardi
gonfi di misteri,
donne di Grecia.
Nere come una preghiera
detta a dio con il cuore amaro
scolpite dalla lama di un coltello
affilato e sapiente
mute come le antiche statue
che ironizzano la vita
e ti chiudono in bocca ogni domanda.


ESULE

Solitario scherzi
con il pianto
della chitarra
occhi immensi
silenziosi
prati
nell’orizzonte della sera
lamento di marinaio.

Conosce l’inganno
la pena dell’esule
eternamente sconfitto.

Col naufragio di Itaca
il sogno si perde nel mare salato.
PENELOPE

Penelope,
ti hanno mai detto
l’inganno vissuto
le lacrime inutili
spese
tessendo una tela
per chi non voleva tornare.

Ti hanno parlato di Circe
delle mille sirene
immobili
bionde
su scogli spumosi
al sole
vergini nude
del mare salato.

Aspettare
era un sogno
quel tuo figlio
t’ha dato coraggio

Ma ancora aspetti vent’anni.