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Usher II - Ray Bradbury



lunedì 29 gennaio 2007 legge Giovanni Chessa
Un breve racconto, scritto nel primo dopoguerra e impostato come la pagina di un diario – ipotetico - della colonizzazione di Marte da parte dei terrestri in un lontanissimo futuro: i nostri giorni.
Nel trarre lo spunto da uno dei più celebri racconti di Edgar Allan Poe, emerge un tema mai estinto: la sopravvivenza di una cultura di fronte ad un potere imperante ed il perenne desiderio di ribellione che ne consegue. Moderno maestro di letteratura fantastica, Bradbury, autore del più celebre Fahrenheit 451, già nei racconti si fa portavoce del concetto di sacralità del libro.

Un ricordo personale di un socio dell’Elefante che in gioventù ebbe il piacere di scoprire questo testo in una lettura, fatta a casa degli amici di allora e che, dopo quarant’anni, è stato preso dal desiderio di condividerlo con gli amici di oggi.


Aprile 2005

USHER II

“ Per tutta una tediosa, cupa e silente giornata di autunno, in quella parte dell’anno quando le nuvole incombono basse e opprimenti nel cielo, avevo viaggiato solitario, a cavallo, per un tratto di campagna singolarmente selvaggio, fino a ritrovarmi, al primo addensarsi delle ombre crepuscolari, in vista della malinconica Casa degli Usher..”

William Stendahl s’interruppe nella sua citazione. Là, su di una balza nera e bassa, s’ergeva la casa sul muro maestro della quale era l’epigrafe : 2005 A.D.
Il signor Bigellow, l’architetto, disse:
“E’ completa ora. Eccole la chiave, signor Stendhal.”
I due uomini stavano ritti in silenzio nel tranquillo crepuscolo d’autunno. Piante e disegni frusciavano ai loro piedi nell’erba.
“La casa degli Usher” disse Stendahl con soddisfazione.”Studiata, costruita, comperata, pagata.Poe non ne sarebbe felice?”
L’architetto signor Bigelow lo fissò socchiudendo le palpebre.
“C’è tutto quello che lei voleva, signor Stendhal?”
“Si.”
“La tinta è quella giusta? E’ desolata e terribile?”
“Incredibilmente desolata e terribile!”
“Le mura sono… tetre?”
“In modo stupefacente”
“E i giunchi… li abbiamo tinti , capisce…sono della giusta sfumatura grigio ed ebano”
“Impressionante!”
L’architetto studiò i suoi disegni e i suoi appunti citandone una parte:
“L’intero edificio ispira un gelo, una stretta al cuore, uno squallor della mente?..E la Casa, lo stagno, la landa circostante, signor Stendhal?”
Ingegnere, valgono sino all’ultimo soldo che sono costati…è meraviglioso!”
“Grazie. Io ho dovuto lavorare nella più assoluta clandestinità .Fortuna che lei aveva i suoi razzi privati, diversamente non mi sarebbe stato possibile portare fin qua la maggior parte dei materiali. Osservi come quì sia sempre crepuscolo, come su questa landa sia sempre l’ottobre, nudo, sterile, desolato. Mi sono preso personalmente cura di certi particolari. Abbiamo sterminato ogni cosa viva.
Diecimila tonnellate di DDT. Non un solo serpentello o una mosca marziana rimasti vivi! E.. il crepuscolo perenne, signor Stendhal; le confesso che sono fiero dell’opera mia . Vi sono macchine, segrete, nascoste, che celano la luce del sole. Tutto qui è sempre doverosamente funebre.”
Stendhal se la beveva quella tetraggine, quell’oppressione, li respirava beato i fetidi miasmi, tutta quell’atmosfera con tanta grazia evocata e posta in atto. E la casa ! Quell’orrore in rovina, quello stagno infame, le muffe, la putredine diffusa! Plastica o altro, chi avrebbe potuto indovinare?
Levò gli occhi al cielo autunnale. Chi sa dove, sopra i vapori stagnanti, c’era il sole. Altrove era l’aprile sul pianeta Marte, un mese color di croco sotto un cielo azzurro. Bene in alto, al di sopra della caligine, i razzi scendevano sulla scia dei loro scoppi a incivilire un pianeta nobilmente morto
L’urlo acuto del loro passaggio era soffocato da questo mondo oscuro, ovattato, da questo antico mondo autunnale.

“Ora che la mia fatica è compiuta” disse l’architetto Bigelow, a disagio”mi permetto di chiederle che cosa conta di fare con tutto ciò”
“Con la casa degli Usher? Ma come non ha ancora indovinato?
“No”
“Il nome Usher non le dice nulla?”
“Nulla”
“E questo nome, Edgard Allan Poe?”
L’architetto scosse il capo.
“Capisco.” Stendhal alitò delicatamente dalle nari un breve soffio, miscuglio signorile di costernazione e disprezzo.
“Non era il caso di sperare che lei conoscesse il nome benedetto di Poe. Morì molto, molto tempo fa, prima di Lincoln. E tutti i suoi libri furono bruciati nel Grande Rogo…parlo di trent’anni fa, nel 1975.
“Ah” fece l’architetto, “uno di quelli, eh?”
“Si, uno di quelli, signor Bigelow. Lui, e Lovecraft, Hawthorn e tutti i racconti di terrore, fantasia, orrore, si , i racconti avveniristici sono stati bruciati a furor di popolo, Bigelow, ..spietatamente. Era stata approvata una certa legge. Oh l’inizio era stato quasi inavvertito. Tra il 1950 e il 1960, poco più d’un granello di sabbia. Si cominciò col passare sotto censura i libri di vignette umoristiche, poi i romanzi gialli e, naturalmente, i film, questa o quella tendenza, questo o quel gruppo, ideologie politiche, pregiudizi di carattere religioso, pressioni sindacali; c’era sempre una minoranza, che aveva paura di qualche cosa, e una maggioranza , che aveva paura del buio, paura del passato, paura del futuro, paura del presente, paura di sé e della propria ombra per giunta.”
“Già.”
“Paura della parola politica (che alla fine divenne sinonimo di comunismo tra gli elementi più reazionari, e a quanto ne so poteva costarle la pelle pronunciarla, architetto) e da’ un colpo di vite qui, uno strattone là, una schiacciatina laggiù, l’arte e la letteratura finirono in breve per essere due lunghezze di corda molto lusinghiera che ti giravano intorno, e annodate a treccia e strette in nodi non avevano più né elasticità né sapore.(….) Perfino la parola evasione era diventata sovversiva, mi creda. Ogni uomo, si disse, doveva avere il coraggio riguardare negli occhi il Qui e il Momento attuale! Tutto quello che non rientrava in questa norma doveva sparire. Tutte le stupende illusioni letterarie, gli infingimenti e i voli della fantasia dovevano esser presi a fucilate a mezz’aria! Per cui li misero in fila con le spalle al muro di una biblioteca, una domenica mattina di trent’anni fa, li misero al muro, il Cavaliere Senza Testa, Biancaneve, Pinocchio (Dio i gemiti!) e li fucilarono tutti quanti, e arsero i castelli di carta e le ranocchie fatate (…..) e Pierino Porcospino fu strangolato con una lunghezza di quella fettuccia rossa, onde sono legate le pratiche ministeriali.La Bella addormentata si risvegliò al bacio di un metereologo e spirò al contatto fatale della siringa di un biologo(…) e allo Specchio Magico dettero una tal martellata da frantumarlo e con lui far sparire per sempre il Re Rosso e l’Ostrica!”
Strinse i pugni. Dio, come tutto ciò era presente! La sua faccia era paonazza e il suo petto ansimava, anelante.
Quanto a Bigelow, l’architetto, era rimasto sbalordito da quell’interminabile esplosione. Batté le palpebre, perplesso, e alla fine disse:
“ Mi perdoni, ma non so di cosa lei parli. Per me, non sono che nomi. Da quello che ho sentito dire il Rogo fu una cosa giusta”
“Via!” urlò Stendahl. “Via di qua! Ora che hai fatto il tuo lavoro, lasciami in pace, idiota!”
Il signor Bigelow, chiamati a raccolta i suoi carpentieri, filò via.
Stendahl rimase solo dinanzi alla sua casa.
“E ora state bene a sentire” disse agli invisibili razzi.”Io sono venuto su Marte per fuggire Voi, Signori Benpensanti, ma voi arrivate qui ogni giorno più numerosi, come su una carogna. E io intendo darvi una lezione esemplare per quello che avete fatto a Poe sulla Terra.(….) La casa degli Usher è aperta allo scopo.

Il razzo toccò il suolo. Ne scese un uomo con passo vivace. L’uomo lanciò un’occhiata alla casa e nei suoi occhi grigi apparve un’espressione di avvilita contrarietà. Attraversò il fossato che circondava la dimora e si trovò davanti al piccolo uomo che sembrava attenderlo sulla soglia.
“Lei si chiama Sthendahl?”
“Si.”
“Sono Garrett, Ispettore dei climi morali”
“Così siete arrivati anche su Marte, voi altri dei climi morali, eh? Mi stavo appunto domandando quando vi sareste fatti vedere.”
“Siamo qui da una settimana e contiamo di creare una situazione limpida e ordinata come sulla terra.” L’uomo agitò con aria irritata una carta di identità verso la Casa.
“E non ha nulla da dirmi di quella casa, Stendahl?”
“E’ un castello incantato, col suo permesso.”
“No, non lo ha il mio permesso, Stendahl, non lo ha affatto! Il suono soltanto di questa parola, incantato!”
“Eppure la cosa è semplice. In quest’anno di nostro Signore 2005 ho eretto un rifugio meccanico, dove pipistrelli di rame volano su fasci di onde elettroniche, sorci di bronzo scorrazzano furtivi in cantine di sostanza plastica, scheletri-automi danzano macabri e altri automi in forma di vampiri, tutti prodotti della chimica e dell’ingegnosità umane, abitano questa dimora.”
“Proprio ciò che temevo “ disse Garrett, con un sorriso furbesco.”Temo che dovremo abbattere questa casa.”
“Ed io sapevo che sarebbe venuto appena fosse stato messo al corrente della situazione.”
“Sarei venuto anche prima, ma noi dei Climi Morali volevamo essere sicuri delle sue intenzioni, prima di muoverci. Possiamo avere qui le squadre Guastatori e Incendiarie per l’ora di cena. A mezzanotte la sua Casa sarà rasa fino alle cantine. Signor Stendahl, sappia che io la considero un pazzo, creda. Spendere una enorme quantità di danaro per una simile assurdità (…)”
“Vede Garrett, ereditai in gioventù, e posso permettermi di spendere. Certo però è un gran peccato avere la casa finita da un’ora soltanto e vedere già lei arrivare in fretta e furia con i suoi Guastatori! Non potrebbe davvero lasciarmi baloccare col mio trastullo per sole, diciamo, ventiquattrore?”
“Lei conosce la legge. Bisogna attenersi rigorosamente alla lettera. Non un libro, non una cosa, nulla si può creare che direttamente o indirettamente tenda ad evocare fantasmi, vampiri, streghe o qualunque altra creatura immaginaria. Inoltre Lei ci ha procurato molte noie, signor Stendahl. E’ tutto in archivio. Vent’anni fa, sulla terra. Lei e la sua Biblioteca!”
“ Si , io e la mia biblioteca! E qualche altro come me! Oh, Poe è dimenticato ormai da molti anni. Ma io avevo il mio piccolo nascondiglio. Avevamo le nostre biblioteche, pochi privati cittadini quali eravamo, fino a quando voi altri mandaste le vostre squadre armate di fiaccole e inceneritori a squarciare i miei cinquantamila volumi e a bruciarli.(…) e ora su Marte, anche qui.. la realtà e il momento presente, maledetti!.
“ Non serve a nulla prendersela a questo modo.”
“Lei signor Garrett ,dovrà fare un rapporto completo, non è vero?”
“Si.”
“Allora , se non altro per curiosità, perché non entra a dare un’occhiata? Occorrerà soltanto un minuto”(…)
La porta della casa degli Usher si spalancò con un lungo cigolio. Una folata di vento umido ne scaturì all’istante. S’udì un immenso sospiro lamentoso, come di un mantice sotterraneo che ansimasse fra catacombe sconosciute.
Un topo corse via rapido sulle lastre del pavimento. Garrett, con un grido, gli vibrò un calcio, che andò a segno; il topo rotolò su se stesso e dal mantello di nylon che lo ricopriva sciamò via un’orda sconfinata di pulci metalliche.
Una vecchia strega era seduta in una nicchia, le tremule mani di cera su un mazzo di tarocchi gialli e blu. Con un guizzo del capo, guardò Garrett e si mise a battere le sue carte unte.
“Proprio il genere di cose che più avverso” disse Garrett. “Semplicemente deplorevole!”
“Le permetterò di bruciare quella strega personalmente.”
“Dice sul serio?” Garrett sembrava compiaciuto. Poi si accigliò. “Debbo riconoscere che lei si rassegna alla sua disdetta molto bene!”
“A me basta aver potuto creare questa Casa. Mi basta di poter dire: Sono statolo. Io ho creato un atmosfera medievale in un mondo scettico e moderno.”
“Confesso che nutro una certa qual riluttante ammirazione per la sua genialità, signor Stendahl.”
E Garret fissò lo sguardo in una nube caliginosa che in quel momento gli passava vicino, sussurrando e frusciando,.(…)Uno scimmione apparve dal nulla. Garrett impallidì.
“Non abbia paura” disse Stendahl, battendo la mano sul nero petto villoso dell’animale.”E’ un automa. Scheletro di rame e tutto il resto, esattamente come la strega. Vede?” Accarezzò il pelame, frugandovi dentro con la punta delle dita e mettendo in mostra, sotto, tutta una serie di minuscoli tubi metallici.
Garrett allungò pavidamente una mano per accarezzare il fantoccio.”Ma perché, signor Stendahl, perché tutto questo? Che cosa la ossessiona?”
“La burocrazia, Garrett. Ma non ho tempo di spiegarle. Il Governo scoprirà presto tutto quanto.” Accennò col mento allo scimmione. “Avanti, dunque; ora!”
Il mostro uccise il signor Garrett.

“ Siamo pronti, Pikes?”
Pikes alzò lo sguardo dalla tavola:
“Si, signor Stendahl,”
“Hai fatto un lavoro magnifico.”
“Sono pagato per questo lavoro, signor Stendahl” disse dolcemente Pikes ,sollevando la palpebra di sostanza plastica dell’automa per inserire il globo oculare di vetro e agganciarlo delicatamente al muscolo di gomma sintetica.”Ecco fatto.”
“L’immagine perfetta di Garret.”
“E ora di quello che ne facciamo? “ domandò Pikes, indicando col mento la lastra di pietra su cui giaceva il cadavere del vero Garrett.
“Sarà meglio bruciarlo. Non vedo perché dovrebbero esserci due Garrett, non ti pare?”
Pikes spinse il tavolino a rotelle verso il forno crematorio:
“Buon viaggio.” E spinto dentro il cadavere di Garrett, richiuse lo sportello con un colpo secco.
Stendahl andò a porsi davanti all’automa:
“Ricordi bene gli ordini ricevuti, Garrett?”
“Sì, signore; devo tornare alla sede dei Climi Morali, dove stenderò un rapporto supplementare. Ritardare qualunque intervento per almeno quarantotto ore. Devo ultimare indagini più approfondite..”
“Bene, Garrett. Arrivederci.”
L’automa si allontanò a passo rapido verso il razzo, vi salì, e volò via.
Stendahl si voltò.
“Ora, Pikes, dobbiamo diramare il resto degli inviti per questa sera. Credo che avremo da divertirci, che ne dici?”
“Tenuto conto che abbiamo atteso vent’anni per questo momento, direi di sì, che avremo molto da divertirci!”

Le sette di sera. Stendahl consultò l’orologio. Era quasi l’ora. Fece girare il, bicchiere di sherry tra le dita. Era seduto tranquillamente in una poltrona. Sul suo capo, fra le travi di quercia, i pipistrelli, coi delicati corpi di rame nascosti sotto la carne di gomma plastica, lo guardavano ammiccando e stridendo. Si abbandonò contro la spalliera della poltrona, chiuse gli occhi e riflettè sull’intera faccenda. Come avrebbe goduto della sua rivincita ora, sulle soglie della vecchiezza! Questo ripagare l’antisettico governo dei suoi terrori letterari, delle sue arsioni artistiche ! Oh come l’ira e l’odio erano ingigantiti in lui in tutti quegli anni! E come il piano era lentamente maturato nella sua mente obnubilata fino al giorno in cui, tre anni prima , aveva conosciuto Pikes!(….)
Si , Pikes che aveva un’amarezza così profonda nel segreto del suo essere, un rancore così intenso come un oscuro pozzo calcinato dal verde liquido corrosivo che lo colmava. Chi era Pikes? L’uomo dai diecimila volti, l’uomo che era un furore, un fumo, una nebbia azzurrastra, un mascherone gotico, un mostro, questo era Pikes. Ed ora Pikes era un uomo privato delle sue fantasie, castrato nei suoi sogni, non aveva più dove andare sulla Terra, nessuno per cui allestire uno dei suoi famosi spettacoli. Gli era stato proibito perfino di recitare per se stesso davanti allo specchio.
Che cosa doveva aver provato, povero Pikes, la notte in cui gli avevano agguantato tutte le sue pellicole, gliele avevano portate via, come budella dalla macchina da presa, intestini strappati dal suo stesso ventre e, ammonticchiatele in rotoli e pacchi, le avevano gettate in un forno? Era così lancinante come vedersi cinquantamila volumi gettati alle fiamme? Si, si. Stendahl si sentì le mani raggelate da un’ira irragionevole,dissennata. Così che cosa c’era di più naturale del fatto che i due uomini cominciassero un giorno a parlare e da quel giorno, quotidianamente, bevendo innumerevoli tazze di caffè e parlando fino alle ore piccole, per moltissimo tempo, non fossero giunti, attraverso tante parole amare e tante tazze d’amaro caffè…alla Casa degli Usher?
Una grande campana come di chiesa cominciò a suonare lunghi rintocchi solenni. Stavano arrivando gli invitati.
Sorridendo, Stendahl si alzò per andare a riceverli.

Divenuti adulti senza ricordi, gli automi attendevano. In verdeggianti e seriche stoffe color degli stagni nel profondo della foresta, in sete color delle rane e delle felci, attendevano. Con bionde chiome color del sole e della sabbia attendevano. Battezzati, ma senza nome, e con in prestito dall’umanità ogni cosa, meno l’umanità, gli automi fissavano i coperchi sigillati delle loro casse su cui era la scritta “Franco di porto”, in una morte che non era nemmeno morte, perché non c’era mai stata una vita. Ed ora si udì un vasto stridore di tavole che si schiodavano.(….) Uno scoprirsi di bare. Diecimila coperchi si sollevarono. La notte era ormai tutta stregata.

Una calda brezza alitò sopra la landa. I razzi degli invitati giungevano bruciando il cielo e tramutando la stagione dall’autunno all’estate.
Gli uomini ne uscivano in abito da sera e le donne dopo di loro, le chiome architettonicamente erette in complicate eleganze.
“Questa è dunque la famosa Casa Usher!”
“Ma dov’è la porta?”
In quel momento apparve Stendahl e alzò una mano per avere silenzio.
Dall’alto Rapunzel, una bellissima damigella, affacciandosi alla finestra notturna, lasciò cadere i suoi splendidi capelli d’oro. E i capelli, attorcendosi e gonfiandosi, divennero una solida scala sulla quale gli ospiti poterono arrampicarsi, ridendo, ed entrare nella dimora.
Che illustri sociologi! Che acuti psicologi! Che uomini politici straordinariamente importanti, che profondi batteriologi e quali straordinari neurologi! Tutti là, ritti, presso le pareti stillanti di umidità.
Quanta gente tra uomini e donne! E tutta gente illustre, membri della Società per la lotta contro la fantasia, fautori dell’abolizione delle Feste di Ognissanti, uccisori di pipistrelli, bruciatori di libri, portatori di fiaccole incendiarie; tutti perfetti cittadini, onesti e delicati personaggi che avevano atteso che uomini rudi fossero venuti su Marte a seppellirvi i marziani, spianar le antiche città, costruirne di nuove, riparare le strade e rendere tutto sicuro e allora, quando tutto era già bene avviato verso la Sicurezza, i Guastafeste, i Castigamatti, coloro che avevano permanganato nelle vene e occhi color tintura di iodio vennero anche su Marte a stabilire i loro Climi Morali e a distribuir porzioni di bene a tutti. E quelli erano i suoi amici! Sì, con estrema cautela, con la massima prudenza, era riuscito ad avvicinarli a uno a uno, sulla Terra, e a diventarne amico, in quell’ultimo anno.
“Salute, Stendahl, che è tutto questo?”
“Oh, vedrete, vedrete! E ora, spogliatevi tutti! Ci sono degli spogliatoi, là, su quel lato. Cambiatevi e indossate i costumi che troverete nei camerini.”
Gli ospiti stavano a guardarlo, indecisi.
“Non credo che si debba restare” disse una signorina Pope. “Non mi piace il tono di tutta questa festa. Mi sembra che sfiori….la bestemmia.”
“Sciocchezze! Un ballo in maschera!”
“A me sembra piuttosto illegale!” E una signorina Steffens fiutò l’aria intorno.
“Su, fate presto!” disse Stendahl ridendo. “Divertitevi. Domani tutto sarà in rovina. Correte negli spogliatoi.”
La Casa in breve rifulse tutta di colori smaglianti, di allegria e di vita; arlecchini andavano e venivano squillanti nei mille sonagli che avevano in testa mentre topi bianchi danzavano quadriglie in miniatura alla musica di gnomi, che battevano gli archetti minuscoli su violini minuscoli. (…)
Un ruscello scorreva attraverso le sette sale del ballo in maschera. Gli ospiti vollero assaggiarlo e si avvidero che era di sherry. Altri uscivano dagli spogliatoi bruscamente passando da un’epoca all’altra, i volti celati da mascherine: rivelando nel solo gesto di mettere la maschera il rigetto di ogni intenzione di odiare il grottesco e il fantasioso. E sulle pareti si vedevano passare ombre che nessun corpo gettava e ogni tanto si trovavano specchi che non riflettevano nessuna immagine.
“Siamo tutti vampiri!” rise il professor Fletcher. “Morti!”
C’erano sette sale, ognuna di colore diverso e la settima tutta parata di velluto nero. E nella sala nera si vedeva un orologio d’ebano che batteva le ore rumorosamente. E gli ospiti correvano per queste sale, finalmente ubriachi, tra le fantasie degli automi, e sotto i loro piedi danzanti il pavimento emetteva i battiti possenti di un nascosto cuore rivelatore.
“Signor Stendahl!”
Un sussurro. Un mostro con la faccia della morte gli stava a fianco. Era Pikes.
“Signor Stendahl devo parlarle da solo a solo.”
“Che cosa è successo?”
”Ecco qua.” E Pikes tese una mano, nella quale si vedevano, parzialmente fuse dal calore, delle rotelline, grosse viti, bulloni, minuscole sbarre.
Stendahl le guardò a lungo, infine trasse Pikes in un corridoio:
“Garrett?” disse in un soffio. Pikes annui.
“Aveva mandato un automa in vece sua. Nel ripulire poco fa il forno crematorio ho trovato questi residui.” Entrambi fissarono i fatali resti per alcuni istanti.
“Ciò significa che la polizia sarà qui tra pochi minuti” riprese Pikes “e tutto il nostro piano è rovinato.”
“Non so” rispose Stendahl. Garrett ci ha mandato qui un automa e noi gliene abbiamo rimandato un altro; e ameno che non faccia controlli accuratissimi non si accorgerà subito del cambio.”
“Verissimo!”
“Però può arrivare da un momento all’altro di persona. Altro vino, Pikes!”
La grande campana fece udire i suoi rintocchi.
“.. Eccolo, ci scommetto. Corri a introdurre il signor Garrett.”
Rapunzel sciolse le sue trecce d’oro alla finestra.
“Il signor Stendahl?”
”Il signor Garrett? Il vero signor Garrett?”
“In persona.” Garrett guardò le pareti che trasudavano umidità e i vortici delle danze. “Ho creduto opportuno venire personalmente. Non si può contare sugli automi. Soprattutto sugli automi degli altri. Ho anche avuto cura di chiamare i Guastatori. Saranno qui fra un’ora a minare dalle fondamenta questa orrenda dimora.”
Stendahl si inchinò.
“Grazie per avermelo detto. In attesa, potrebbe anche cercare di divertirsi. Un po’ di vino?”
“No, grazie. Che cos’è questa mascherata? Quanto in basso può scendere un uomo?”
“Può constatare coi suoi stessi occhi, signor Garrett.”
Una donna lanciò un urlo e si vide accorrere la signorina Pope, il volto pallido come cacio.
“E’ accaduta una cosa orrenda! Ho visto la signorina Blunt strangolata da uno scimmione, e il suo corpo è stato spinto a viva forza entro la cappa di un camino!”
Andarono a vedere, e infatti i lunghi capelli biondi della donna pendevano giù dalla cappa. Garrett lanciò un grido d’orrore.
“Spaventevole!” singultò la signorina Pope, ma a un tratto cessò di piangere, battè più volte le palpebre ed esclamò: “signorina Blunt!”.
“Sì?” disse la signorina Blunt ritta al suo fianco.
“Ma se l’ho vista or ora mentre veniva ficcata su per la cappa del camino!”
“Oh, no” rise la signorina Blunt “quello era un mio automa. Un perfetto fac-simile!”
“Ma, ma…”
“La prego, non pianga, cara, io sono qui, in perfette condizioni! Mi lasci dare un’occhiata. Oh, eccomi lassù, dunque! Cacciata a viva forza su per il camino! Come aveva detto lei: che buffo, non è vero?”
La signorina Blunt si allontanò ridendo a crepapelle.
“Non vuole bere qualcosa, signor Garrett?”
”Certo che bevo qualcosa! Quello spettacolo mi ha snervato. Mio Dio, che razza di casa! Se questa casa non merita di essere abbattuta…! Per un attimo, ho proprio creduto…”
Garrett bevve avidamente.
Echeggiò un altro urlo. Il professor Steffens, portato sulle spalle di quattro conigli bianchi, stava scendendo una rampa di scale magicamente apertisi nel pavimento. Il professor Steffens era finito ora in fondo a un pozzo dove, imbavagliato e legato, si trovava a dover affrontare il tagliente acciaio di un gran pendolo che si avvicinava, nella sua discesa sempre più al suo corpo offeso.
“Sono io quello laggiù?” domando il professor Steffens, comparendo accanto a Garrett. Si chinò sull’orlo del pozzo.
“Che cosa strana, bizzarra assistere alla propria morte!”
Il pendolo inferse il suo colpo di grazia.
“Molto realistico” disse Steffens, allontanandosi.
“Un altro bicchiere, signor Garrett? Non dovrà aspettare, del resto. I Guastatori stanno per arrivare.”
E alla fine un terzo urlo.
“E’ la mia volta” disse la signorina Drummond. “Guardi.”
Una seconda signorina Drummond veniva inchiodata in una bara, strillando come un’aquila,e infine sepolta nella terra battuta sotto il pavimento.
“Oh, questo me lo ricordo” ansimò l’ispettore dei climi morali. “E’ tolto dai vecchi libri proibiti. Esequie Precoci. E gli altri racconti. Il Pozzo, il Pendolo, lo scimmione, il camino! Sì, un libro che io stesso detti alle fiamme.”
S’interruppero, per vederne morire altri cinque, uno tra le fauci di un drago, gli altri dopo essere stati gettati nella pece, sprofondando e scomparendo in quel vischio nero.
“Le piacerebbe vedere quello che le è stato riservato?” domandò Stendahl.
“Certo” rispose Garrett. “Tanto, che importa? Faremo saltare in aria lo stesso questo covo di streghe. Lei è un essere deleterio, caro signore.”
“Venga con me, allora. Di qua.” E guidò Garrett da basso, in fondo a numerosi corridoi e infine lungo scalette a chiocciola nelle viscere del sottosuolo, tra le catacombe.
“Che diavolo vuol mostrarmi qua sotto?” disse Garrett.
“Il suo assassinio.”
“Un’imitazione?”
”Sì e anche un’altra cosa.”
“E cioè?”
”Il barile di Amontillado” rispose Stendahl, precedendolo con una lanterna accesa ben in alto sulla sua testa.
“Il barile di che?”
”Non ha mai sentito nominare l’Amontillado?”
“No!”
“E questa non la riconosce?” continuò Stendalh indicando una nicchia.
“E perché dovrei riconoscerla?”
”Nemmeno questa, dunque?” e Stendahl trasse una cazzuola da sotto la cappa, sorridendo.
Entrarono nella nicchia. Nell’ombra Stendahl attaccò le catene alla cintura dell’uomo semiebbro.
“Per l’amor di Dio, che cosa sta facendo?” urlò Garrett, facendo tintinnar le catene.
“Sto facendo dell’ironia. Non interrompa, la prego, un uomo mentre sta facendo dell’ironia, non è cortese. Ecco qua!”
“Ma lei mi ha incatenato!”
“Appunto.”
“Che cosa intende fare?”
”Lasciarla qui.”
”Lei scherza!”
”Uno scherzo divertente.”
“Dov’è il mio automa? Non dovevamo assistere al suo assassinio?”
”Non c’è nessun duplicato suo.”
”Ma, e gli altri?”
“Gli altri sono morti. Quelli che lei ha visto morire assassinati erano gli originali. Erano i duplicati, gli automi, quelli che assistevano.”
Garrett non disse nulla.
“Ora, lei dovrebbe dire: per l’amor di Dio montresor!” disse Stendahl. “ed io dovrei rispondere:
Sì per l’amor di Dio. Non vuol dunque dire la sua battuta? Su, la dica!”
”Pazzo che non è altro!”
“Debbo forse adularla, carezzarla? Avanti, lo dica. Dica: per l’amor di Dio Montresor!”
“Ma neanche per sogno, idiota che non è altro! Mi tolga subito di qua!” Non era più ubriaco ora.
“Ecco qua. Si metta questo” e Stendahl gli gettò un berretto con dei campanelli.
Garrett obbedì. I campanellini tintinnarono.
“Non ha per caso l’impressione che tutto ciò sia già accaduto una volta?” domando Stendahl, mettendosi al lavoro con cazzuola, calcina e mattoni.
“Che cosa fa?”
“La sto murando vivo. Ecco fatta una fila di mattoni. Eccone un’altra.”
”Ma lei è veramente pazzo!”
“Non voglio parlare di questo.”
”La farò arrestare!”
Battè con la cazzuola su di un mattone e lo depose sulla calcina fresca, canticchiando.
E allora cominciò a venire un rumor di catene e un batter di pugni e un implorare dalla cella che si veniva oscurando.
“Un po’ più di rumore, prego” disse Stendahl.”La regia deve essere perfetta.”
“Voglio uscire di qua! Voglio uscire!”
Non restava ora che un mattone a compir l’opera. L’urlio del condannato era continuo.
“Garrett?” chiamò Stendahl dolcemente. Garrett tacque di colpo. “Garrett, sa perché le ho fatto una cosa simile? Perché lei ha bruciato i libri di Poe senza averli realmente letti. Lei si è accontentato del parere di altri per darli alle fiamme. Diversamente, si sarebbe accorto di quello che le stavo preparando, pochi minuti fa, scendendo qui sotto. L’ignoranza è fatale, signor Garrett.”
Garrett non rispose.
“Voglio che tutto ciò sia perfetto” riprese Stendahl, tenendo alta la lanterna, onde la luce cadesse sulla figura accosciata nel recesso. “Su, faccia tintinnare dolcemente i suoi campanellini.” I campanellini risuonarono appena. “Ora, se avesse la cortesia di dire: per l’amor di Dio, Montresor,
io, potrei ridarle la libertà.”
Il volto dell’uomo si fece sotto la luce. Ci fu un attimo d’esitazione; poi, grottescamente, l’uomo disse:
“Per l’amor di Dio Montresor.”
“Ah” disse Stendahl, a occhi chiusi, e preso l’ultimo mattone lo inserì delicatamente al suo posto, sigillandovelo con molta calce. “Requiescat in pace, mio caro amico.”
E si affrettò a uscire dalla catacomba.
Nelle sette sale i rintocchi di un orologio che suonava la mezzanotte indussero ogni cosa a fermarsi.
La Morte Rossa apparve.
Stendahl sostò per un attimo sulla soglia a guardare. E infine corse via dalla grande Casa, al di là del fossato, là dove un elicottero era in attesa.
“Tutto a posto, Pikes?”
“Tutto.”
“Andiamo allora!”
Guardarono la grande Casa, sorridendo. Cominciava a frangersi nel mezzo, come per un terremoto, e mentre ammirava lo spettacolo superbo Stendahl udì Pikes recitare alle sue spalle con voce bassa, cadenzata:
”…la vertigine mi colse quando vidi le possenti muraglie spaccarsi ruinose; si udì un lungo rombo tumultuante come la voce di mille cascate d’acqua; e lo stagno cupo e profondo ai miei piedi si chiuse ad un tratto, silenziosamente, sulle rovine della Casa degli Usher.”

L’elicottero si alzò e volò in direzione di ponente.