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Persuasione - Jane Austen



lunedì 04 febbraio 2008 legge Letizia Bianchi
Jane Austen, (Steventon 1777-Winchester 1817) è per Virginia Woolf “la più perfetta delle artiste, l’autrice i cui libri sono immortali” (The Common Reader).
Nei suoi romanzi, Austen parla solo di ciò che conosce e di quanto la circonda: un ballo in una cittadina di provincia, alcune coppie che si incontrano in una sala pubblica, una passeggiata, la visita ad una amica o di una zia, e da questo materiale “trae una commedia umana limitata nell’estensione ma non nella profondità” ( Attilio Bertolucci).
Il brano proposto alla lettura è tratto dal suo ultimo lavoro completo, uscito postumo nel 1818, Persuasione. E’ la storia di Anne Elliot che, come dice la sua autrice, “forzata ad essere prudente in gioventù, imparò ad essere romantica crescendo – il seguito naturale di un innaturale inizio”.
E’ un romanzo in cui molti hanno visto il profilarsi di uno sviluppo ulteriore dell’arte della Austen, sviluppo troncato dalla sua morte a soli quarantadue anni.


Jane Austen, Persuasione, Edizione italiana Garzanti, collana i Grandi Libri, traduzione di Luciana Pozzi

estratti dai cap.XXIII e XXIV
(…) Mrs. Musgrove stava ragguagliando Mrs. Croft sul fidanzamento della figlia maggiore e parlava proprio con quel fastidioso tono di voce che pretende di essere sussurrato e che risulta invece perfettamente audibile.(…) Mrs. Croft ascoltava con affabile bonomia, e quando a volte interveniva, lo faceva con grande assennatezza. Anna sperava che i due signori fossero troppo assorti e occupati per seguire il dialogo.
“E così signora, considerate tutte queste cose “, disse Mrs. Musgrove col suo poderoso sussurro, “anche se, è vero, potevamo desiderare che le cose fossero andate diversamente, abbiamo pensato che, tutto sommato, non era giusto tirarla ancora in lungo, perché Charles Hayter dava i numeri, e Henrietta era ridotta più o meno come lui; e così, abbiamo ritenuto meglio che si sposassero subito e se la cavassero alla meno peggio, come hanno fatto tanti altri prima di loro.Ad ogni modo, ho detto io, sarà sempre meglio di un lungo fidanzamento”.
“Proprio quello che stavo per osservare”, esclamò Mrs. Croft. “E’ meglio, secondo me, che i giovani si sistemino all’inizio contando su entrate modeste e affrontando insieme qualche difficoltà che essere legati da un lungo fidanzamento. Penso sempre che nessuno scambievole…”:
“Oh! Cara Mrs. Croft, esclamò Mrs. Musgrove, incapace di lasciarle finire il discorso, “non c’è niente che io abomini di più di un lungo fidanzamento tra due giovani. Mi ci sono sempre opposta nel caso dei miei figli. Che i giovani si fidanzino va benissimo, ma a patto che siano certi di potersi sposare di lì a sei mesi, o anche dodici. Ma un fidanzamento lungo …ah, no!”
“Giustissimo, mia cara signora”, disse Mrs. Croft, “ e nemmeno un fidanzamento di incerta durata; un fidanzamento che potrebbe essere anche lungo. Cominciare senza sapere che ad una data epoca si disporrà dei mezzi per unirsi in matrimonio è, a mio modo di vedere, molto pericoloso e imprudente;una cosa, penso, che tutti i genitori dovrebbero impedire il più risolutamente possibile”.
Era un punto, questo, che Anna trovò inaspettatamente interessante. Sentì che la riguardava personalmente, e fu scossa da un fremito; e nell’attimo in cui, con moto istintivo, i suoi occhi si volsero verso il tavolo appartato, notò che la penna del capitano Wentworth si era fermata, e che egli, sollevata la testa, se ne stava immobile, in ascolto.Un altro attimo, e si voltò lanciandole una sola occhiata, rapida e penetrante.(…)
Il capitano Harville, che per la verità non aveva udito una sola parola di tutto quanto si era detto, ora lasciò la sua seggiola e si accostò ad una finestra; e Anne, apparentemente intenta ad osservarlo, anche se la sua mente era volta altrove, si rese gradevolmente conto che egli la invitava a raggiungerlo là dove si trovava: la guardava sorridendo e con un leggero cenno del capo che significava “Venga qui, ho qualcosa da dire”, e i suoi modi semplici, la sua spontanea gentilezza che denotavano i sentimenti di un amico di più vecchia data di quanto egli non fosse in effetti, resero più esplicito l’invito. Anne si alzò e andò da lui.La finestra davanti alla quale se ne stava in piedi si trovava, rispetto al punto dove sedevano le due signore, all’estremità opposta della stanza: vicino – ma non troppo – al tavolo del capitano Wentworth. Quando Anne gli fu accanto, riapparve, sul volto del capitano Harville, quell’espressione seria e pensosa che sembrava riflettere il suo carattere.
“Guardi qui”, disse, aprendo un pacchetto che teneva in mano, e traendone una piccola miniatura, ”lo riconosce?”.
“ Certo, è il capitano Benwick”.
“Sì , e può ben immaginare a chi è dedicato il ritratto. Ma” ( e la voce gli si incrinò), “non fu eseguito per lei. Ricorda, Miss Elliot, quella nostra passeggiata a Lyme, e quanto ci affliggemmo per lui? Ero lungi da pensare allora…ma lasciamo perdere. La miniatura fu dipinta al Capo di Buona Speranza. Fu lì che Benwick incontrò un giovane e valente pittore tedesco e, per esaudire una promessa fatta alla mia povera sorella, posò per un ritratto: questo. Lo stava riportando in patria, per lei. E ora tocca a me farlo montare come si deve per un’altra! Si, io ne sono espressamente incaricato! E del resto, chi altri mai poteva occuparsene? Posso ben farlo, spero. D’altra parte non mi dispiace affidare la cosa ad un altro”. Diede un’occhiata al capitano Wentworth: ”E’ lui che pensa a tutto, vede; ora sta scrivendo in proposito”: E con le labbra che gli tremavano, concluse aggiungendo: “Povera Fanny! Lei non l’avrebbe dimenticato così presto!”.
“No”, replicò Anne, con voce fievole, commossa.”Lo credo senz’altro”.
“Non era nella sua natura. Lo adorava”.
“Non sarebbe nella natura di nessuna donna veramente innamorata”.
Il capitano Harville sorrise, come a dire: “E questo, secondo lei, vale per tutte le rappresentanti del sesso femminile?”. Anne colse la domanda sottintesa e rispose, anch’essa sorridendo: “Sì. Certo non vi dimentichiamo così presto come voi ci dimenticate. E’ forse il nostro fato più che il nostro merito. Non possiamo farne a meno. Viviamo in case, quiete, recluse, e i nostri sentimenti ci assalgono, ci consumano. Voi siete portati per forza all’azione. Avete sempre una professione, interessi, affari di vario genere che vi riportano immediatamente nel mondo, e la continua attività, il continuo cambiamento fanno sì che presto le impressioni si attenuino”:
“Pure ammettendo la veridicità della sua asserzione, che cioè il mondo faccia tutto questo per gli uomini, e così presto (cosa che comunque non credo di poter ammettere), essa non è applicabile a Berwick. Lui non è stato portato per forza a nessuna azione. Proprio in quel momento la pace l’ha ricondotto sulla terraferma, e da allora è vissuto con noi, nella nostra piccola cerchia familiare”.
“Vero”, disse Anne, “verissimo; non lo ricordavo; ma ora che diremo, capitano Harville? Se il mutamento non dipende da circostanze esteriori, deve per forza dipendere da una causa interiore; deve essere la natura , la natura dell’uomo, che ha prodotto tutto questo nel capitano Benwick”.
“No, no, non è la natura dell’uomo. Mi rifiuto di credere che sia proprio della natura dell’uomo, più che della donna, essere incostanti e dimenticare quelli che si amano, o si sono amati. Anzi , sono convinto del contrario. Sono convinto che sussista un’autentica analogia tra le nostre costituzioni, fisiche e mentali, e che come i corpi di noi uomini sono più forti, così sono i nostri sentimenti: capaci di sopportare i colpi più duri e di affrontare le più violente tempeste”.
“ Può darsi che i vostri sentimenti siano più forti”, replicò Anne, “ ma questo stesso concetto di analogia mi autorizzerà ad asserire che i nostri sono più teneri. L’uomo è più robusto della donna, ma non destinato a vivere più a lungo; e questo spiega con esattezza il mio punto di vista sulla natura dei suoi sentimenti. Voi avete già abbastanza difficoltà, e privazioni, e pericoli contro cui lottare. Faticate e tribolate sempre, esposti ad ogni rischio ed avversità. La vostra casa, la patria, gli amici…tutto siete costretti ad abbandonare. Non c’è nulla che vi appartenga veramente: né il tempo, né la salute, né la vita. Sì, sarebbe davvero troppo dura per voi” ( e la sua voce ebbe un tremito), “ se a ciò dovessero aggiungersi i sentimenti di una donna”.
“Su questo problema non ci metteremo mai d’accordo”, iniziò a dire il capitano Harville, quando un leggero rumore fece sì che entrambi si volgessero verso la parte della stanza, fino allora perfettamente silenziosa, dove sedeva il capitano Wentworth. Niente di particolare: solo la penna che gli era caduta a terra; ma Anne trasalì nel trovarselo più vicino di quanto avesse pensato e fu quasi propensa a supporre che la penna era caduta solo perché tutta la sua attenzione era rivolta a loro due, perché si sforzava di afferrare quelle parole che lei, Anne, non aveva immaginato potessero arrivargli.
“Hai finito la lettera?”, disse il capitano Harville.
“Non del tutto: mancano poche righe. Ancora cinque minuti e avrò terminato”.
“Non che io abbia premura…Sarò pronto quando lo sarai tu…Mi sono trovato un ottimo ancoraggio, qui” ( e sorrise ad Anne), “ben rifornito, e non ho bisogno di niente…Non è il caso di affrettarsi a dare il segnale di partenza…Bene, Miss Elliot” ( rivolgendolesi a voce più bassa), “come stavo dicendo, su questo problema non ci metteremo mai d’accordo.Nessun uomo e nessuna donna ci riuscirebbero, probabilmente..Ma mi permetta di osservare che tutte le leggende, tutte le storie, in prosa e in versi, sono contro di lei. Se avessi una memoria come quella di Benwick, potrei sciorinarle in un attimo cinquanta citazioni, tutte a sostegno della mia tesi; non solo, ma non credo di aver mai aperto un libro in vita mia in cui non si dicesse qualcosa sull’incostanza delle donne. Canzoni e proverbi parlano tutti quanto della volubilità femminile. Ma forse, dirà lei, furono tutti scritti da uomini”.
“ Forse lo dirò…Sì, se non le spiace, non riferiamoci agli esempi che si trovano nei libri. Gli uomini hanno avuto ogni vantaggio su di noi nel raccontare la propria storia. Hanno beneficiato dell’educazione in grado tanto più alto; sono le loro mani che hanno usato la penna. No, non ammetto che i libri provino qualcosa”.
“Ma come proveremo qualcosa, allora?”.
“ Non la proveremo mai. Non possiamo aspettarci di dare una qualsiasi prova su un punto come questo. E’ la differenza di opinione che non lo consente. Ciascuno di noi parte probabilmente da una leggera parzialità nei confronti del proprio sesso, e fonda su questa parzialità ogni circostanza in suo favore che si sia verificata entro la propria cerchia; ma molte di queste circostanze ( forse i casi che più ci colpiscono) possono essere precisamente di tal natura da non poter attirare su di sé l’attenzione senza tradire un segreto o, sotto qualche aspetto, senza dire ciò che non dovrebbe esser detto”.
“Ah!”, esclamò il capitano Harville con patetico slancio, “se solo potessi farle capire quello che soffre un uomo quando volge un ultimo sguardo a sua moglie e ai suoi figlioletti e vede la scialuppa su cui li ha imbarcati staccarsi dalla nave: la fissa finché essa è in vista, e poi volta la testa e dice: “Dio sa quando mai ci incontreremo ancora!”. E se potessi trasmettere l’ardore dell’animo suo quando li rivede; quando di ritorno dopo forse un anno di assenza e costretto a sostare in un altro porto, egli calcola come sia possibile far sì che essi lo raggiungano al più presto, fingendo di illudersi e dicendo a se stesso: “Non potranno essere qui prima del tal giorno”, e intanto spera, incessantemente, che anticipino di dodici ore, e poi alfine li vede arrivare, come se il Cielo avesse dato loro le ali, addirittura molte ore prima! Se io potessi spiegarle tutto questo, e tutto ciò che un uomo può patire e fare nell’interesse di questi tesori della sua esistenza! Parlo, lei mi intende, solo di quegli uomini che hanno un cuore!”. E commosso si portò la mano al petto.
“Oh!”, esclamò Anne con fervore, “spero di render piena giustizia a tutti i suoi sentimenti e a quelli chi è simile a lei. Dio non voglia che io sottovaluti i moti di tenerezza, di fedeltà di qualunque mio simile. Meriterei il più assoluto disprezzo se osassi supporre che solo la donna conosce l’amore vero, la vera costanza. No, sono convinta che nella vita coniugale voi uomini siate capaci di tutto quanto è grande e buono. Sono convinta che abbiate la forza di affrontare ogni prova importante e ogni sacrificio domestico finché…se posso usare quest’espressione, finché avete un obiettivo. In altre parole finché la donna che amate vive, e vive per voi. Tutto il privilegio che rivendico per il mio sesso (non si tratta di un privilegio molto invidiabile, non occorre che lo agognate) è quello di amare più a lungo, quando l’esistenza è giunta al fine o quando la speranza è svanita per sempre”.
Le sarebbe stato impossibile, al momento, pronunciare un’altra frase; aveva il cuore troppo gonfio, il respiro che le veniva meno.
“Lei è troppo buona”, disse il capitano Harville, e con gesto affettuoso le posò la mano sul braccio. “Impossibile litigare con lei…E quando penso a Benwick eccomi costretto al silenzio”.
La loro attenzione fu richiamata dagli altri: Mrs. Croft stava per prendere congedo.
“Ora, credo, tu ed io ci separiamo, Frederick”, disse. “Io me ne vado a casa, e tu hai un impegno con il tuo amico. Stasera avremo il piacere di ritrovarci tutti al suo ricevimento”, proseguì rivolta ad Anne. “Ieri abbiamo ricevuto l’invito di sua sorella, e anche Frederick, ho sentito, ha avuto il suo biglietto. Non ho avuto modo di vederlo, ma…sarai libero al pari di noi, Frederick, non è vero?”.
Il capitano Wentworth stava ripiegando in gran fretta una lettera e non poté o non volle dare una risposta completa.
“Sì”, disse, “è esatto; ora ci separiamo, ma Harville ed io ti raggiungeremo tra poco. Sempre che tu sia pronto, Harville: io lo sarò in mezzo minuto. So che non ti dispiacerà andartene. In mezzo minuto sarò a tua disposizione”.
Mrs. Croft li lasciò, e il capitano Wentworth, dopo aver sigillato la lettera con grande rapidità, era effettivamente pronto; aveva un’aria frettolosa ed eccitata che denotava la sua impazienza di essere fuori di lì. Anna non sapeva come interpretare la cos. Si sentì rivolgere dal capitano Harville un saluto affettuoso e gentile: “Buongiorno. Dio la benedica”. Ma da lui non ebbe una parola, non un’occhiata; attraversò la stanza e ne uscì senza uno sguardo!
Fece solo in tempo, comunque, ad accostarsi un poco di più al tavolo dove egli era stato intento a scrivere, quando si udirono dei passi di qualcuno che rientrava nella stanza; la porta si aprì: era lui, lui in persona. Chiese scusa ai presenti, ma aveva dimenticato i guanti; e, riattraversato rapidamente la stanza, raggiunse quello che era stato il suo scrittoio e, volgendo le spalle a Mrs. Musgrove, estrasse una lettera di sotto i fogli sparsi qua e là, la pose davanti ad Anne fissandola per un istante con occhi ardenti e supplichevoli; poi, raccolti frettolosamente i guanti, uscì di nuovo dalla stanza, quasi prima che Mrs. Musgrove si accorgesse che vi si trovava: tutto in un istante!

(Nella lettera Wentworth scrive che le parole di Anna al capitano Harville lo fanno sperare che i suoi sentimenti non siano mutati e quanto a lui non ha mai amato nessun altra. Turbata e stordita adduce un mal di testa per ritornare a casa. Sta ritornando verso i suoi alloggi, accompagnata dal cognato, quando il capitano si unisce a loro…)

Erano in Union-street, quando alle loro spalle un passo più rapido, dal suono familiare, le permise di prepararsi, con due attimi di anticipo, alla comparsa del capitano Wentworth. Ed egli li raggiunse; ma, come irresoluto se unirsi a loroo proseguire, non disse nulla; si limitò a guardarli. Anne riuscì a controllarsi al punto di ricevere quello sguardo, e non freddamente. Le guance che prima erano state pallide, ora avvamparono, e i movimenti prima esitanti, divennero decisi. Si avvicinò ad Anne e prese a camminare al suo fianco. Subito, colpito da un’idea improvvisa, Charles disse:
“Dove è diretto capitano Wentworth? Solo in Gay-street o oltre, nella città alta?”.
“Ma, non saprei”, rispose sorpreso il capitano Wentworth.
“Sale fino a Belmont?Oppure nei paraggi di Camden-place? Perché in tal caso, non mi farò scrupolo di chiederle di prendere il mio posto e di dare il braccio ad Anne accompagnandola fino a casa sua. E’ piuttosto giù stamattina e non deve andare tanto lontano senza aiuto.(…).
Non potevano esservi, né vi furono, obiezioni: solo, apparenti e manifeste, la più corretta sollecitudine, la più cortese disponibilità; e sorrisi contenuti e il cuore che danzava d’estasi segreta. Di lì a mezzo minuto, Charles era di nuovo all’imbocco di Union-street, e gli altri due procedevano insieme scambiandosi brevi parole: sufficienti, comunque ad avviarsi decisi verso il viale ghiaioso, relativamente silenzioso ed appartato, dove la possibilità di conversare liberamente avrebbe mutato il presente in un’ora di così perfetta beatitudine da farne per sempre il preludio delle più felici memorie che in futuro la vita avrebbe loro concesso. E percorrendo il viale, si scambiarono di nuovo quei sentimenti e quelle promesse che una volta, in passato, erano parsi garantire ogni cosa, ma che erano stati seguiti da tanti, tanti anni di separazione e di distacco. E tornarono al passato squisitamente più felici, forse, della loro riunione, che al tempo in cui era stata progettata per la prima volta; più teneri, più fidi, più immutabili nella conoscenza del reciproco carattere, della sincerità e dell’affetto; più consoni nell’agire, più giustificati nell’azione. Mentre lentamente risalivano il lieve pendio, senza curarsi dei vari gruppi all’intorno, senza vedere né i politici a zonzo, le domestiche indaffarate, le ragazze civettuole, né le bambinaie e i bimbi, potevano dedicarsi a quelle retrospezioni e constatazioni, e soprattutto a quelle spiegazioni così pregnanti, così incessantemente colme di interesse, di ciò che aveva preceduto l’attimo presente.(…)
Anna non lo aveva frainteso. La gelosia per Mr. Elliot era stata l’impedimento, il dubbio, il tormento.E la gelosia aveva cominciato a produrre i suoi effetti nell’ora stessa in cui egli l’aveva incontrata a Bath per la prima volta; si era rifatta viva, dopo un breve intervallo, per rovinargli il concerto; infine aveva influito su di lui, in tutto ciò che aveva detto e fatto, o omesso di dire e di fare, nelle ultime ventiquattro ore. Aveva gradualmente ceduto alle più liete speranze che gli sguardi, o le parole, o gli atteggiamenti di lei occasionalmente incoraggiavano;ed era stata soggiogata per sempre da quei sentimenti e quegli accenti che era riuscito a cogliere mentre Anne parlava col capitano Harville: e che con la loro forza irresistibile l’avevano indotto a prendere un foglio di carta, e a effondervi tutti i suoi sentimenti.
Di tutto ciò che aveva scritto allora, nulla doveva essere ritrattato o moderato. Ripeté insistentemente che non aveva amato mai altri che lei. Nessuna aveva preso il suo posto. Anzi, egli non credeva nemmeno di aver mai visto una che la uguagliasse. Pure fu costretto ad ammettere questo: che le era stato costante inconsciamente, addirittura involontariamente; che si era proposto di dimenticarla, ed era convinto di averla dimenticata. Aveva immaginato di essere indifferente quando invece era solo adirato; e non aveva reso giustizia ai suoi meriti perché a causa di essi aveva sofferto. Ora nella sua mente il carattere di lei si era “cristallizzato”: era l’essenza stessa della perfezione, la via di mezzo, costante e armoniosa, tra grazie e fermezza; tuttavia fu costretto a riconoscere che solo ad Uppercross aveva imparato a renderle giustizia, e solo a Lyme aveva cominciato a comprendere se stesso (...).
Sul loro primo incontro in Milson-street Wentworth aveva molto da dire; sul concerto ancora di più. Per lui quella serata era sta un succedersi di momenti squisiti. Il momento in cui, nella Sala Ottagonale, Anne gli era venuta incontro per parlargli, quello in cui era comparso Mr. Erlliot e l’aveva trascinata via, e poi ancora uno o due momenti di rinata speranza o di rinnovato sconforto: di tutto ciò egli parlò a lungo con ardore.
“Vederti in mezzo a coloro che non potevano essere ben disposti nei miei confronti”, esclamò, “vedere tuo cugino che ti sedeva accanto, conversando e sorridendo,e rendermi conto dentro di me di tutti gli odiosi vantaggi, delle conseguenze di un vostro matrimonio! Considerare che esso rispondeva senz’ombra di dubbio ai desideri di chi poteva sperare di influenzarti! E ancora, se pure i tuoi sentimenti erano riluttanti o indifferenti, considerare di quale autorevole appoggio egli avrebbe goduto!Non bastava forse a farmi comportare da quell’idiota che ho dato da vedere di essere? Come potevo restare a guardare senza tormentarmi? La sola vista dell’amica che sedeva dietro di te, il ricordo di ciò che era stato, la consapevolezza della sua influenza, l’impressione incancellabile, inobliabile di ciò che la persuasione aveva fatto una volta – tutto questo non era forse contro di me?”.
“Avresti dovuto distinguere”, replicò Anne, “non avresti dovuto sospettarmi, ora. Un caso tanto diverso, la mia età tanto diversa. Se ho avuto torto di cedere alla persuasione una volta, ricorda che tale persuasione fu esercitata per la mia salvaguardia, non per amore del rischio.
Quando cedetti pensai di farlo per un senso del dovere; ma qui non si poteva invocare il senso del dovere. Se avessi sposato un uomo che mi è indifferente, sarei incorsa in rischi di ogni genere e avrei violato ogni dovere”.
“ Forse avrei dovuto ragionare così”, disse lui, “ma non potevo trarre profitto della mia tardiva scoperta del tuo vero carattere. Non potevo collegarla alla realtà: era soprafatta, sepolta, perduta in quei sentimenti del passato che anno dopo anno mi avevano torturato, potevo vedere in te solo colei che aveva ceduto, che aveva rinunciato a me, che si era lasciata influenzare da tutti, me escluso. Ti vedevo proprio accanto alla persona che ti aveva fatto da guida in quell’anno di sofferenza. Non avevo alcun motivo per credere che ora la sua autorità fosse minore…E ad essa andava aggiunta la forza dell’abitudine”.
“Pensavo”, disse Anne, “che il mio atteggiamento nei tuoi confronti ti avrebbe risparmiato tutto questo: se non tutto, almeno in gran parte”.
“No,no! Il tuo atteggiamento poteva essere solo l’effetto della disinvolta sicurezza che ti veniva dall’essere fidanzata con un altro. Ti ho lasciata convinto di questo; eppure…ero fermamente deciso a rivederti. La mattina dopo ero più su di morale, e sentii che avevo ancora un motivo per restare”.
Infine Anne fece ritorno a casa, più felice di quel che nessuno fra quanti vi abitavano avrebbe potuto immaginare. Il colloquio con Wenthworth aveva fatto sparire tutto: sorpresa, suspence, ogni altro episodio penoso della mattinata. Rientrò in casa in uno stato di così intensa felicità che fu costretta a cercare qualcosa che la temperasse, nel timore, momentaneo eppure inquietante, che tutto ciò non potesse durare. Un intervallo di seria, grata meditazione fu il miglior correttivo di quanto poteva esserci di pericolo in tale stato di esaltazione, e Anne si ritirò in camera sua, dove, nella gratitudine di una gioia più pacata, ritrovò poco a poco tutto il suo equilibrio e coraggio.
E venne la “serata”, i salotti risplendettero di luci, giunsero gli invitati. Non si trattava che di un party per giocare a carte, di una male assortita riunione di persone che non si erano mai incontrate prima o che si erano incontrate troppo spesso: una riunione banale, troppo affollata per consentire un’intimità di rapporti, troppo ristretta per offrire una qualche varietà, eppure ad Anne parve che mai una serata fosse così breve. Incantevole, raggiante di felicità e tenerezza, da tutti ammirata più di quanto pensasse o le importasse, provava per tutti quelli che le erano intorno sentimenti di cordiale simpatia o di indulgenza. Mr. Elliot era lì, e Anne lo evitò ma poté avere compassione di lui. C’erano i Wallis, e riuscì a comprenderli, non senza intimo divertimento. Lady Dalrympole e Miss Carteret? Presto sarebbero state per lei solo due innocue cugine: Mrs. Clay le era indifferente, e non vi era nel contegno in pubblico del padre e di Elisabeth, nulla che la facesse arrossire. E ci furono le chiacchiere che, disinvolta e felice, scambiò con i Musgrove; il colloquio aperto e affettuoso, quale può darsi tra fratello e sorella, con il capitano Harville; i tentativi di conversare con Lady Russell, troncati da un dolce senso di imbarazzo; il fervido interesse e il riguardo tutto particolare che l’ispiravano l’ammiraglio e Mrs. Croft, e che quello stesso senso di imbarazzo si sforzava di nascondere; infine le frequenti occasioni di comunicare, sia pure per un momento, con il capitano Wentworth e, sempre, la speranza che quei momenti durassero più a lungo e la consapevolezza, sempre, della presenza di lui.
Fu durante uno di questi brevi incontri, mentre entrambi erano apparentemente intenti ad ammirare l’elegante disposizione di certe piante ornamentali che Anne disse:
“Ho ripensato al passato e ho cercato di distinguere obiettivamente ragione e torto.Per ciò che riguarda me intendo; e non posso fare a meno di credere, fermamente, di aver avuto ragione, per quanto ciò mi abbia fatto soffrire, a farmi guidare dall’amica cui vorrai bene più di quanto non gliene voglia ora. Per me era come una madre. Comunque, non fraintendermi. Non sto dicendo che essa non abbia errato nel darmi quel consiglio. Si è trattato, forse, di uno di quei casi in cui sono solo gli eventi a decidere se un consiglio è buono o cattivo; io , personalmente, non darei mai, in nessuna circostanza, un consiglio del genere in casi anche solo in parte simili a questo, ne sono certa. Ciò che intendo dire è che ho avuto ragione a sottomettermi a lei, e che se avessi agito diversamente avrei sofferto di più a continuare il fidanzamento di quanto …sì, di quanto ho sofferto nel rinunciarvi, perché avrei sofferto dentro di me, nella mia coscienza. Ora, nella misura in cui tale sentimento è conciliabile con la natura umana, non ho nulla da rimproverarmi; e, se non vado errata, un forte senso del dovere non è una componente riprovevole del carattere femminile”.
Lui la guardò, guardò Lady Russell e poi, fissando di nuovo Anne, replicò, quasi con fredda deliberazione: ”No, non ancora: Ma nutro qualche speranza di perdonarla, col tempo. Confido che i nostri rapporti diventino presto passabilmente amichevoli.Ma anch’io ho ripensato al passato e mi sono chiesto – così, senza volerlo – se qualcun altro non mi sia stato nemico più di quella signora. Sì, io sono stato il nemico di me stesso. Dimmi: quando tornai in Inghilterra nel 1808, con qualche migliaio di sterline e il comando della Laconia, se io ti avessi scritto, avresti risposto alla mia lettera? In breve, avresti riallacciato il fidanzamento, allora?”.
“Se l’avrei fatto?”, disse lei per tutta risposta, ma con accento sufficientemente rivelatore.
“Mio Dio!”, esclamò lui, “l’avresti fatto! Non è che non ci pensassi o non lo desiderassi, che non vedessi in ciò la sola cosa che poteva coronare tutti gli altri miei successi. Ma ero orgoglioso, troppo orgoglioso per chiedere ancora. Non ti capivo. Chiudevo gli occhi, e non volevo capirti o renderti giustizia. E’ un ricordo, questo, che dovrebbe portarmi a perdonare tutti prima di perdonare me stesso. Mi sarebbero stati risparmiati sei anni di separazione e di sofferenza. E ciò che provo è anche un senso di pena affatto nuovo per me. Ero avvezzo a sentirmi gratificato dalla convinzione di meritare ogni successo di cui godevo. Ho valutato me stesso sulla base di onorevoli sforzi e giuste ricompense. Come altri grandi uomini in disgrazia”, aggiunse con un sorriso,”devo sforzarmi di sottomettere la mia mente a quella che è la mia sorte.Devo imparare a sopportare l’idea d’essere più felice di quanto io non meriti”.