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Letture da un diario partigiano, da una intervista al suo estensore mezzo secolo dopo


lunedì 18 febbraio 2008 legge Luca Alessandrini
La Resistenza italiana è stata occasione, nel corso dei decenni del dopoguerra, di stagioni di oblio come di celebrazioni rituali, e ancora di riletture critiche e di ciò che è stato definito conflitto delle memorie. Pare opportuno, e interessante, e significativo, oggi tornare alle fonti, alla freschezza e, perché no, all’ingenuità dei documenti di allora, prodotti a caldo, nel vivo delle passioni, delle riflessioni e dei turbamenti. Fonti che testimoniano della costruzione di una identità politica, tanto di parte quanto nazionale, nei giovani e nei meno giovani partigiani. In particolare della formazione di una appartenenza politica comunista, di quel particolare comunismo che prese consistenza in Italia a metà anni Quaranta del secolo XX.
Le letture sono tratte da un diario tenuto da un resistente comunista per documentare l’attività della formazione partigiana di cui faceva parte redatto nei primi mesi della Resistenza armata; da una lunga intervista rilasciata dallo stesso partigiano nel dicembre 1993, a ridosso della fine del mondo sovietico e nel pieno manifestarsi della crisi italiana della prima fase della storia repubblicana, il disgregarsi di quella che è stata definita la “repubblica dei partiti”; infine da un commento al diario stilato recentemente dal suo estensore. 


TESTI

GIORGIO VICCHI, Diario partigiano. 31 marzo 1944 – 24 giugno 1944
Archivio dell’Istituto Storico Parri Emilia-Romagna, Sezione I, sottosezione II, Fondo Giorgio Vicchi.
Pubblicazione integrale nel sito dell’Università di Padova: http://venetobserver.scipol.unipd.it/

31 marzo 1944
Il nostro distaccamento subisce nella giornata il primo rastrellamento diretto, dalla data della sua costituzione.
Dalle nostre posizioni sul Cansiglio (Casello Candaglia), il nemico viene avvistato verso le ore 10.
I tedeschi forti di circa 500-600 uomini, autotrasportati e muniti di autoblinde, carri armati, cannoncini e mitragliere, aprono in un primo tempo il fuoco contro la nostra vecchia posizione di Vallorch e contro alcuni nostri uomini, scesi in Pian di Cansiglio per corvè.
Il Comandante ordina che il Distaccamento, composto dalle Compagnie Mameli, Bandiera, Pisacane, si appresti ad una prima difesa appoggiandosi al bosco. Alla Compagnia Mazzini, in posto avanzato all’Albergo Buffalo Bill, viene ordinato di ripiegare su Casello Candaglia.
In un secondo tempo, avendo gli uomini scesi in Pian di Cansiglio raggiunto incolumi le nostre forze, viene ordinato il ripiegamento; alla Compagnia Mazzini viene affidato il compito della copertura.
Si inizia così una dura e faticosa marcia, nella direttrice di Barcis. Su Pian del Cavallo, dove arriviamo verso le ore 1 del mattino, dopo 13 ore di marcia, ci coglie una violenta bufera di acqua e neve.
La notte è passata in una malga.
1 aprile 1944
Verso le ore 11 il Distaccamento si porta dalla malga al Rifugio alpino di Pian del Cavallo con una breve marcia di 1 ora. Sosta al Rifugio fino alle ore 17, ora in cui si riprende la marcia, che si protrae, lunga e faticosa per tutta la notte.
2 aprile 1944
Alle prime luci dell’alba il Distaccamento raggiunge l’imbocco di Val Ferron e di là passa nella vecchia posizione di Val Vajont, attraverso il Posto di Blocco n°33, bruciato dai tedeschi nel rastrellamento effettuato il giorno 1 Aprile.
Il pomeriggio e la notte seguente vengono dedicati al riposo degli uomini
3 aprile 1944
Nella serata il Distaccamento si trasferisce in Val Mesazzo con una marcia protrattasi fino all’alba.
4 aprile 1944
In numerose riunioni tenute dagli elementi responsabili in Casera Mesazzo, che vide il sorgere del “Distaccamento Tino Ferdiani”, vengono prese importanti decisioni da cui: un rimaneggiamento del Distaccamento, il quale, eliminati alcuni elementi non atti fisicamente o moralmente alla vita partigiana, si scinde in 3: Battaglioni: Mameli, Mazzini e Pisacane.
Questi Battaglioni, di cui vengono decisi i quadri, raggiungeranno il numero prescritto di effettivi attraverso eventuali reclutamenti nelle zone rispettivamente soggette, nel futuro, alla loro azione.
Vengono pertanto studiate e decise, in riunione, i delicati problemi del trasferimento dei Btg., i quali, pur agendo in zone diverse saranno sempre collegati tra di loro e con il Comando.
Nella formazione dei quadri di Battaglione, gli effettivi della Compagnia Bandiera, disciolta, vengono assorbiti dai tre nuovi Battaglioni.
6 aprile 1944
10 elementi di un gruppo locale raggiungono le nostre posizioni per essere incorporati nelle file dei nuovi Battaglioni. Verso le ore 17 il Btg. “Mazzini” parte verso la zona assegnatagli. Circa 3 ore dopo partono pure il Comando e i Btg. Pisacane e Mameli , i quali eseguiranno uniti la prima fase del trasferimento.
Nella notte viene effettuato il passaggio del Piave, all’altezza di Faé, e raggiunto l’imbocco di Val Desedan che viene percorsa, in lunghe ore di marcia, sino all’altezza di Casera Pian delle Stelle, dove alle prime luci dell’alba avviene la sosta. Nella giornata vengono prese, in riunioni, importanti decisioni circa il proseguimento del viaggio e la tappa in Pian delle Stelle. Vengono pertanto decise alcune corvé e un’azione abbinata in Val di Piave per assicurare il vettovagliamento dei Battaglioni durante la tappa.
A tale scopo, nella notte tra il 6 e il 7 Aprile, il Btg. Mameli, con alcuni elementi del Btg. Pisacane, scende a valle e dopo aver brillantemente effettuato il passaggio della Strada Nazionale, eludendo il pattugliamento nemico, porta a termine, a poca distanza da questa, una doppia azione di requisizione nella proprietà di un noto capitalista locale. Vengono requisite circa 200 galline, un bue, 40 Kg. di salame e formaggio, vettovaglie destinate sicuramente alle truppe tedesche. Il ritorno è effettuato unitamente agli uomini che avevano preceduto in corvè.
7 aprile 1944
Giorno di riposo per gli uomini dei Battaglioni.
Si lavora intensamente da parte dei cucinieri per la preparazione dei ranci, notevolmente migliorati, grazie alla brillante azione del Btg. “Mameli”.
8 aprile 1944
Nelle prime ore del pomeriggio, i quattro prigionieri tedeschi, che seguivano la nostra formazione fin dall’azione su Puos d’Alpago, eludendo la vigilanza delle sentinelle, fuggono prendendo la via dei boschi.
Numerose pattuglie vengono lanciate sulle loro tracce mentre viene formato un posto di blocco più a valle.
9 aprile 1944
In mattinata rientra l’ultima pattuglia lanciata alla ricerca dei fuggitivi. Questa pattuglia, dopo aver seguito per lungo tempo le tracce dei prigionieri, rientra dopo un’intera notte di assenza, purtroppo senza risultato.
Nella notte stessa è stata effettuata una corvé di vettovagliamento in Val di Piave.
Durante la giornata si decide, in riunione, di abbandonare la posizione il giorno seguente all’alba.
I Battaglioni Mameli e Pisacane si divideranno per raggiungere le rispettive zone loro assegnate. Il Comando resta per ora aggregato al Battaglione Mameli.
Nel pomeriggio avviene la distribuzione dei viveri di riserva per i giorni di marcia che seguiranno.
Avviene pure una ricca distribuzione di tabacco e sigarette requisite nella giornata.
10 aprile 1944
Alle ore 1 del mattino, sveglia su allarme del campo.
Elementi locali informano che truppe tedesche hanno bloccato la Val Desedan e si concentrano per un eventuale rastrellamento. Viene deciso di giocare ancora una volta il nemico arrogante.
Decisa la partenza immediata, i Btg. Pisacane e Mameli si adunano al completo di effettivi ed armamento. Pochi minuti dopo i Battaglioni partono, prendendo diverse direzioni.
Diario del “Battaglione Mameli”
Il btg. inizia la marcia alle ore 13,30 raggiungendo verso le ore 7 forcella Tenzon (1700 m.). La marcia dura e faticosa ha avuto momenti molto difficili. Il bosco, e la neve alta in certi punti un metro e mezzo hanno impedito il riconoscimento del sentiero da seguire. Nonostante ciò e nonostante il forte carico di ogni garibaldino, i partigiani del Btg. “Mameli” hanno raggiunto forcella Tenzon, esausti, intirizziti, cantando le loro canzoni di guerra.
Dopo un meritato riposo, alle ore 11,30 viene ripresa la marcia; discendendo la Val dell’Arda il Btg. raggiunge verso le ore 15 il fondovalle.
Viene deciso il riposo fino alle ore 20, in cui si riprenderà la marcia .
Il Comandante la Brigata e il medico proseguono verso lo sbocco della valle per avere informazioni e studiare il terreno.
Al loro ritorno, data la completa calma della zona e l’esaurimento dei garibaldini, fiaccati dalle lunghe marce, viene deciso di pernottare in una vicina casera e di ripartire la sera del giorno 11, con una guida locale.
Tale decisione è rafforzata dal fatto che nel frattempo è scoppiato un forte temporale che si protrae per tutta la notte.
Il dottore Condotti e Fredric, del Comando, raggiungono un vicino paese, per assumere durante la notte eventuali informazioni e comunicarcele e per accompagnare in luogo sicuro un compagno, che non può, causa malattia alle articolazioni, continuare la vita del Btg.
11 aprile 1944
La giornata è passata con calma, nel riposo.
In mattinata giungono gruppi di boscaioli che lavorano in questa valle. A questi giovani i nostri elementi politici rivolgono parole di insegnamento e di guida.
Nel pomeriggio ci raggiungono il medico e Fredric, con la notizia della più completa calma nella zona.
Essi portano del pane, comperato in un vicino paese, pane che viene distribuito ai garibaldini.
In riunione viene decisa la partenza per le ore 20,30 circa; la marcia avverrà attraverso montagna; all’altezza di Tisoi una sosta permetterà a una squadra di compiere un’azione di requisizione nelle locali Cooperativa e Ammasso Latte.
La partenza avviene regolarmente. Alle prime case si unisce a noi la guida che dovrà accompagnarci attraverso la montagna.
Nella stessa casa incontriamo il compagno che deve abbandonare il Btg. causa il male al ginocchio e che provvisoriamente è in riposo nella casa di un compagno locale; nella stessa casa si ferma un altro giovane compagno che non può continuare causa i postumi di una grave malattia già contratta.
I due compagni che ci hanno lasciato sono Leo e Scheggia.
La marcia continua regolare fino all’altezza di Tisoi.
La squadra già designata scende, al comando di Paolo, in paese e compie brillantemente l’azione di requisizione.
Sono requisiti Kg. 44 di burro, Kg. 40 di formaggio, Kg. 8 di zucchero, Kg. 10 di marmellata, Kg. 7 di pane.
Quattro elementi del Comando che erano uniti al nostro Btg., partono da Tisoi con una guida locale per raggiungere un punto di collegamento.
Dopo l’azione la marcia continua fino all’alba.
12 aprile 1944
All’alba, nell’impossibilità di continuare in terreno scoperto, si fa tappa in un vallone. Due capanne accolgono gli uomini per il riposo che dura tutta la giornata.
La partenza avviene verso le ore 20,30, con la stessa guida locale.
13 aprile 1944
Per tutta la notte fino alle ore 8 del mattino continua la marcia.
Il passaggio della strada provinciale e del Cordevole avviene senza incidenti. Anche la Valle del Mis viene risalita per circa 14 Km., incontrando il collegamento con un locale gruppo di partigiani che mettono a nostra disposizione una baita per il riposo.
Questa tappa è stata massacrante. Già fiaccati dalle lunghe precedenti marce, i garibaldini sono giunti veramente esauriti.
L’errore della guida che, data la nulla visibilità, ha impiegato nella discesa verso Peron tre ore e mezzo invece di una, percorrendo sentieri difficili e pericolosi, e sopratutto i lunghi Km. di strada, rispetto ai quali era avvenuto un errore di valutazione, hanno generato nei garibaldini un forte nervosismo ed aspre critiche verso il Comandante Bruno.
Resosi interprete di questo malcontento il Commissario di battaglione, Bestione, ha criticato l’operato del Comandante Bruno in una forma che, in un primo momento, come poi lo stesso compagno ha riconosciuto, soprattutto per l’eccitazione fisica e le risposte del Comandante, non era la più giusta.
In riunione tenutasi dopo l’arrivo, si è ripresa la discussione con la critica, a nome dei compagni, del garibaldino Gracco.
Il Comandante, riconosciuto in parte gli errori imputatigli, si è giustificato. La riunione è terminata nel riconoscimento unanime di un certo tempo di riposo per il Btg., e nell’impossibilità di più fare, in tempi di non emergenza, marce così pesanti e previo studio del terreno e tenuta considerazione dello stato fisico degli uomini.
Prima di sera Bruno, Bestione e Cimatti lasciano il Btg. per raggiungere la sede provvisoria del Comando di Brigata.
14 aprile 1944
La giornata trascorre calma e in riposo per gli uomini.
Partono 3 pattuglie: una in esplorazione del terreno e le altre in corvé di vettovaglie.
La gente del posto, come anche meglio si dimostrerà negli altri giorni, ci è favorevole e ci guarda con simpatia.
Sono raccolte uova in abbondanza. Una latteria locale ci fornisce latte e burro.
In giornata avvengono collegamenti con elementi dell’altro gruppo, presso il quale il nostro cuciniere si reca per la nostra cucina.
I nostri rapporti con il gruppo locale subiscono però alcune incrinature; infatti il loro Commissario si lamenta presso i responsabili del nostro Btg, di avere noi parlato delle nostre azioni, tacciando il gruppo locale di attendista.
E’ pacifico però che alcuni elementi di questo gruppo, conosciuto il nostro sistema di lotta, si sono lamentati presso i loro responsabili.
Nel pomeriggio un inglese, mandato dal gruppo locale, ci avverte di tenerci in stato di allarme, perché voci non meglio controllate, avrebbero diffuso la notizia della presenza in valli vicine di tre btg. di tedeschi, mentre un auto con alcuni ufficiali avrebbe, dall’altezza di Gosaldo, percorso un tratto di strada per esplorare la zona.
Il nostro Comandante, subito recatosi al campo del gruppo locale, conferisce in merito con il loro Comandante.
Parte una nostra esplorazione per studiare l’unica via di ripiegamento in caso di attacco nemico.
15 aprile 1944
Circa le ore 1 del mattino, la nostra guardia avverte il Comandante che sulla strada di California si notano fari d’auto e passaggio di uomini.
Sveglia su allarme. Mentre il nostro Btg. si porta nel vicino bosco, una pattuglia, composta di un nostro elemento e di un elemento dell’altro gruppo, subito da noi avvisato, scende in California per accertarsi dell’eventuale presenza di nemici. Poco dopo la pattuglia ritorna portandoci la notizia che si tratta di un falso allarme. Una squadra del gruppo locale uscita in azione di vettovagliamento, è rientrata in camion senza previo avviso al nostro Btg.; questo errore ha causato l’allarme.
Durante la giornata, come nella giornata precedente avviene la raccolta, nei vicini villaggi, di uova e di latte.
Il nostro Segretario politico si reca a Gosaldo per informazioni. Il locale panificio gli procura circa 200 panini.
16 aprile 1944
La giornata trascorre regolarmente.
In mattinata rientra il nostro Commissario portandoci notizie dal Comando di Brigata, notizie che riguardano gli altri Btg. e che ci riempiono di gioia.
Egli ci porta pure sigarette e tabacco, alcune paia di pantaloni e di calzini. Le scarpe invece non ci sono state ancora fornite.
In giornata le regolari corvé; nel pomeriggio avvengono acquisti presso la locale Cooperativa e Merceria.
Ovunque dove i nostri garibaldini di corvé passano, sono accolti con sincera simpatia dalla popolazione, veramente antifascista e antitedesca.
Nel pomeriggio ha luogo l’ora politica, la quale, oltre a problemi interni, verte principalmente sui nostri rapporti col gruppo locale, rapporti che possono considerarsi di partito.
E’ decisa la partenza per la sera alle ore 11.
A questa ora avviene la sveglia, ma la partenza è rimandata causa maltempo.
17 aprile 1944
Nostri uomini usciti in corvé hanno la notizia che nel villaggio di California, ha avuto luogo una distribuzione di formaggio da parte del Btg. del Partito d’Azione.
Si tratta del formaggio requisito ieri notte; questo fatto sembra debba attribuirsi al fatto che il Gruppo locale, preoccupato della nostra propaganda e della simpatia della popolazione verso di noi, voglia acattivarsi sempre più la simpatia che vedono scemare nei loro riguardi.
Ciò è avvalorato dal comportamento del Comandante e del Commissario, i quali hanno consigliato in varie forme la nostra partenza.
Nel pomeriggio avviene uno scambio di discorsi ai Btg. dei Commissari per l’eventuale passaggio di elementi dall’uno all’altro Btg.
Nessun passaggio avviene. Alcuni elementi però che avevano nei giorni precedenti esternato il desiderio di passare nelle nostre file, sono partiti ieri per trasferimento. Il loro Commissario ha detto: “alcuni elementi si dicono comunisti dopo aver bevuto due bicchieri di vino.”
Verso le ore 19, al ritorno del nostro Segretario Politico che ha procurato ancora 200 panini, avviene la partenza.
La marcia prosegue lenta, a causa dell’oscurità, ma regolare per circa 6 ore.
Il garibaldino Ico è rimasto ad un nostro posto di recapito per guidare, al loro arrivo, alcuni elementi che debbono raggiungere il nostro Btg.
18 aprile 1944
Alle ore 1 del mattino, il nostro Btg. raggiunge la malga nella quale dobbiamo passare il resto della notte ed il giorno seguente.
Nella malga si trovavano due montanari del luogo che rimangono fino al mattino. Dopo il riposo, in riunione, i responsabili del Btg. studiano le azioni prossime, mentre due pattuglie di recano nelle più vicine borgate per raccogliere vettovaglie e utensili di cucina.
Parte anche una esplorazione per studiare la nostra eventuale via di ripiegamento.
19 aprile 1944
La giornata trascorre regolarmente nel riposo. Il tempo, pessimo, impedisce ogni attività.
In mattinata parte una esplorazione su Frassené., dove è stata decisa un’azione alimentare nella notte. L’azione dovrà essere effettuata in camion. A questo scopo il nostro Segretario Politico si reca a Gosaldo per requisire la locale corriera.
Verso le 21 si parte, lasciando nella malga 5 uomini di guardia, due dei quali scenderanno poi lungo la strada per aspettare il nostro ritorno. Al posto convenuto incontriamo la corriera sulla quale già si trovano gli uomini partiti in esplorazione e il Segretario Politico.
Il Comandante unisce a ciascuna delle pattuglie già predisposte per l’esplorazione un esploratore.
L’azione avviene regolarmente. Con l’automezzo, guidato dall’autista della Società di trasporti locali, sono percorsi i 15 Km. circa che ci separano da Frassené. Prima di entrare in paese, la corriera si ferma.
Le pattuglie subito ordinate partono in quest’ordine: una prima composta dal posto di blocco verso Agordo, da uomini incaricati di interrompere le comunicazioni telefoniche e da cinque incaricati di bloccare la caserma della milizia forestale, con il Comandante, prende subito le rispettive posizioni. Subito dopo partono le due pattuglie al comando del Commissario e del Segretario Politico, una incaricata della requisizione della locale latteria, l’altra nella Cooperativa.
Al posto di blocco verso Gosaldo rimangono due uomini con l’autista e la corriera.
Tutto avviene nel massimo ordine e con la più completa disciplina.
La divisione dei compiti, già predisposta, impedisce ogni confusione o ritardo. Sono stati requisiti: Kg.60 di zucchero, Kg.50 di riso, Kg.35 di marmellata, Kg.70 di pasta, circa 1000 panini, 6 bottiglie di liquori, Kg. 7 ½ di burro e due formaggi; nel ritorno sono stati requisiti a Gosaldo 400 panini. Siamo rientrati verso le ore 4 del mattino.
Ci aspettava, assieme alle guardie lasciate, un elemento locale che desiderava arruolarsi nel nostro battaglione.
Si tratta di un individuo di cui già avevamo sentito parlare: ricercato dai carabinieri, è alla macchia da circa due anni. E’ stato reclutato col nome di Magnabosco.
21 aprile 1944
La partenza di trasferimento, disposta per le ore 4, è rimandata causa il maltempo.
In mattinata giunge nel nostro campo per conferire col nostro Comandante e Commissario un conte che abita nell’albergo di passo Cereda. Questo individuo, di cui si era già a conoscenza, porta alcune informazioni, dichiarandosi nostro simpatizzante. Afferma di essersi rifugiato in montagna per non adempiere gli obblighi militari.
Nel pomeriggio giunge a Passo Cereda con un camion requisito il nostro Segretario Politico, andato a prelevare a un posto di recapito merce giuntaci da Belluno. Lo accompagna Ico.
Mentre alcuni uomini scendono a prelevare la merce, indumenti, viveri e scarpe, una pattuglia con il Comandante prende posto sull’automezzo per compiere un’azione di requisizione nella latteria di Mis, azione di cui il nostro Segretario Politico ci porta le informazioni.
L’azione effettuata in pieno giorno avviene regolarmente tra la simpatia della popolazione, alla quale sono distribuiti 20 dei 30 Kg. di burro requisiti.
Il ritorno avviene sempre in automezzo. Il segretario politico e i partigiani Ico e Cino rimangono fuori in servizio.
La sera, dopo la decisione di partire l’indomani all’alba, vengono distribuiti gli indumenti e le scarpe.
Verso le ore 22 giungono il Segretario Politico e i partigiani Ico e Cino i quali ci portano notizia di voci diffuse su un rastrellamento imminente. I tedeschi avrebbero secondo queste voci requisiti tutti gli automezzi della zona di Agordo.
Viene decisa la immediata partenza, che avviene verso le ore 4,30.
22 aprile 1944
La marcia continua fino all’alba; la sosta avviene in una casera disabitata.
(…)
14 maggio 1944
In mattinata il Garibaldino Gatto parte in ricognizione per studiare la nuova posizione, facendo ritorno verso il mezzogiorno. Una pattuglia partita in cerca di cibo, permette che a mezzogiorno la carne bollita sia seguita da un poco di polenta. Verso le ore 14 mentre il Btg. si preparava per partire, il Garibaldino Garibaldi di guardia avvista due uomini sulla mulattiera che conduce alla nostra malga ove ci eravamo accampati. Trattasi di due soldati tedeschi ospiti dei convalescenziari di S.Martino di Castrozza, i quali vengono subito fatti prigionieri. Ad uno di essi armato di pistola viene disarmato e i due orologi che portano vengono messi in dotazione al Btg.; si raduna subito il Btg. per giudicare i due prigionieri, poiché si tratta di due ammalati; il comandante, il vicecomandante e l’elemento politico declinano in modo avverso al commissario politico: il commissario propose la votazione per decidere in merito, vista la maggioranza un po’ riluttante la si rifece; pur diminuendosi vi rimase una maggioranza; poiché trattasi di convalescenti e vista l’opposizione dei due responsabili militari e il politico, il commissario assunse la responsabilità di fronte alla Brigata Garibaldi Veneta Emiliana, accordandosi col comandante però che nei giorni appresso si impegnasse a distaccare una pattuglia di dieci uomini per compiere un’azione militare; egli si impegna gradevolmente, ma come si riscontra ciò fu fatto molto tempo dopo e di soli 6 uomini.
I partigiani Gatto, Mangiaboschi (i.e Magnaboschi), Orazio e Tito, che con il capo di bestiame avevano fatto una diversa strada, si portano in una malga più alta dove doveva avvenire la tappa. Nel subito pomeriggio anche il commissario politico con alcuni garibaldini, parte verso la malga per macellare la vacca e preparare un po’ di cibo. Il grosso del Btg. parte invece verso le ore 19 e raggiunge la malga verso le ore 21, dove si trova pronta per merito del commissario politico una calda minestra, e ben gradita, poiché nelle 24 ore unico ristoro era stata la scatoletta di carne. La vacca nel frattempo macellata, permette di mangiare anche carne semi cruda ed insipida, ma carne e brodo caldo: malgrado che diversi garibaldini soffrissero di dissenteria gustarono ugualmente la calda carne “causa della ripresa dissenteria”.
La placida notte passa nel meritato riposo. Dopo che i due prigionieri sono stati rilasciati, si inizia la marcia di trasferimento, che conduce nella nuova posizione, il Rifugio forestale di Valsorda, al quale arriviamo verso le ore 22.
15-16-17 maggio 1944
Durante questi giorni di permanenza nel rifugio di Valsorda nulla di particolare avviene.
Il giorno 15, una pattuglia torna in esplorazione alla malga dove sono stati catturati i tedeschi, per verificare l’eventuale presenza di truppe nemiche.
L’esplorazione, al ritorno, comunica che la malga è stata bruciata. In relazione a ciò, nell’ora politica della sera, si discute l’interessante problema; il comandante e il commissario riconoscono il loro errore, dettato in parte dalla mancanza di direttiva nel caso particolare presentatosi; assicurano pertanto i garibaldini che avevano avuto contraria l’intenzione che l’errore non si ripeterà ed anzi ciò servirà di esperienza.
Durante lo stesso giorno e nei giorni seguenti, oltre alle pattuglie di sicurezza che ogni mattina sono formate, altre pattuglie raccolgono nelle baite dei boscaioli, il necessario per il sostentamento del gruppo; in questi giorni infatti, esaurita anche la scorta di carne, le condizioni alimentari sono assai precarie.
Lavoro politico è svolto in un vicino cantiere, ove lavorano operai del luogo. La popolazione in generale è favorevole; un milite forestale, chiesto colloquio coi nostri dirigenti, promette ampia collaborazione.
Durante questi giorni continua il maltempo, che impedisce il trasferimento in altra zona, esplorata dal partigiano Gatto; questo trasferimento è di grande importanza poiché deve permettere che dalla nuova base si compia l’azione alimentare tanto necessaria ormai al gruppo.
Il giorno 16 è compiuta una prova di allarme.
Il giorno 17 alle ore 16 circa inizia la marcia che ci porta alla nuova posizione dove arriviamo alle ore 21.
(…)
30 maggio 1944
All’alba parte un’altra pattuglia composta dal compagno Brando e dai partigiani Nello, Roccia, Iac, Righi, Ramarro e Sceriffo per prendere i pochi viveri rimasti alla vecchia posizione e per scendere al cantiere di Valzanca a requisire pane e ad assumere più precise informazioni. Il compagno Brando ha anche un abboccamento con le guardie di finanza per informazioni ed economico (vedi relazione a parte).
Al campo il servizio di guardia, triplice ora, data la posizione e le continue puntate nemiche, funziona regolarmente. I partigiani Giovanni e Bill partono in esplorazione, rientrando la sera.
Nel pomeriggio è tenuta l’ora politica, nella quale il Comandante palesa i motivi per i quali ha preferito sganciarsi dal nemico anziché attaccarlo, come in un primo tempo alcuni partigiani avevano proposto.
Tutti i garibaldini presenti riconoscono la giustezza di ciò. Il Comandante, però, si riserva ancora più fondate informazioni e dati tecnici, per annullare la critica in un primo tempo mossagli.
31 maggio 1944
La giornata trascorre regolarmente. Il servizio triplice di guardia continua. Nulla di notevole da segnalare. Nell’ora politica si legge e si commenta un opuscolo “Chi sono i comunisti” con speciale riguardo verso le reclute.
1 giugno 1944
Giornata calma regolare. L’ora politica continua il commento del sopraddetto libretto.
2 giugno 1944
All’alba una pattuglia di tre uomini compie un servizio di sicurezza e di esplorazione, verso la parte della valle dalla quale debbono rientrare i garibaldini assenti.
Verso le ore 3 rientrano gli uomini partiti tre giorni fa in corvé e per lavoro politico col compagno Brando, esclusi i partigiani Righi e Ramarro, rimasti al cantiere di Valzanca dal quale debbono rientrare con nuove reclute.
Gli uomini che rientrano portano con sé un capo di bestiame ed un mulo requisiti, oltre i viveri (v.r.p.).
Rientra contemporaneamente a questi la pattuglia partita 8 giorni fa per azione militare, al comando del vice-comandante Franco. (v.r.p.).
Si tiene riunione dei responsabili nella quale, dopo la relazione del vice-comandante, si studiano le questioni militari del gruppo e le direttive da tenere nel futuro.
3 giugno 1944
Verso le ore 1 rientra al campo il garibaldino Righi, il quale riferisce quanto segue: rimasto in Valzanca per aspettare reclute, si portava con il compagno Ramarro sulla montagna per passare la notte. Trovavano a tale scopo ricovero in un vecchio rifugio della passata guerra, sul limitare del bosco. Verso le 8,30 del mattino, mentre da poco svegli, ancora giacevano a riposare, venivano improvvisamente attaccati da una pattuglia di circa 30 tedeschi, i quali, intravistili, dalle fenditure della baracca urlavano loro il chi va là, iniziando contemporaneamente il fuoco da pochi metri. Il partigiano Righi, malgrado fosse scalzo, si buttava decisamente fuori impugnando la sua pistola automatica, e consigliando il compagno di fare preciso. Ma mentre il primo raggiungeva incolume, pur tra le raffiche, il bosco dopo aver sparato anche un colpo contro i nemici, il compagno Ramarro, forse meno deciso, veniva colpito da raffiche di mitra e ucciso. Il partigiano Righi, sempre in bosco, raggiungeva il fondovalle, poi risaliva la montagna dalla parte opposta; sempre seguito dalle raffiche dei nemici, i quali sparavano a caso nel bosco.
Di là, scendeva di nuovo lungo la strada, per compiere, al ritorno dei Tedeschi azione di esplorazione e, se possibile, di vendetta per il compagno caduto. Ciò gli era impossibile, causa il terreno scoperto lungo la strada. Passati i tedeschi risaliva ancora alla baracca, che trovava bruciata. Davanti alla baracca vi era il cadavere del compagno, che i tedeschi avevano tentato di bruciare. Di là, con molte ore di marcia, delle quali solo le ultime faceva calzato, si portava al nostro campo, dove giungeva esausto.
Per la sua decisione e per l’azione di esplorazione svolta in condizioni tanto difficili, egli è stato, nell’ora politica della sera, encomiato e proposto per il passaggio da candidato a membro del P., questo in relazione anche al suo comportamento. Verso le ore 4, come da direttive prese nella riunione dei responsabili di ieri, parte una nuova pattuglia composta dal comandante di compagnia Spartaco e dai partigiani Garibaldi, Orazio, Magrini e Agresti, per azione militare a largo raggio.
Partono per azione informativa i partigiani Gracco, Gatto e Libero.
Nella mattinata è tenuta una riunione di partito, nella quale vengono discussi, oltre a problemi di carattere interno politico, le questioni militari ed esterne del gruppo. Nel pomeriggio è tenuta riunione del Btg., nella quale i garibaldini vengono informati di quanto discusso e approvato nelle riunioni precedenti.
Si tiene poi un’altra riunione, per una grave questione di ordine interno (v.r.p.).
A questa riunione partecipano il Comandante, il Commissario, il Direttivo e, per testimonianza, i compagni Ico, Giacomo ed il vice-comandante Franco.
Nell’ora politica della sera, è portato a conoscenza di tutti il contenuto dell’ultima riunione.
(…)
13 giugno 1944
Lavoro di pattuglie per esplorazioni e vettovagliamento. Ritorno di Brando con pattuglia di altri sei uomini cap.sq. Nangi, con viveri, qualche paio di scarpe ed indumenti ricevuto dal M. (personaggio che sembrerebbe prestarsi a collaborare con noi sia per il servizio informazioni, sia materialmente con indumenti e anche denaro). Ciò sarebbe il risultato di un abboccamento avvenuto il giorno 10 giugno, preparato nella spedizione precedente da Gracco, Gatto, Libero. Il compagno Brando riferisce di aver preparato una bara perché degnamente sia collocata nel cimitero di Caoria il nostro glorioso caduto Ramarro. La giornata si chiude regolarmente con la lettura di Russia in fiamme. Volume letto ad alta voce ogni sera nell’ora politica e che ha destato il più vivo interesse. Il comp. Brando ha arruolato un nuovo giovane, Guerra.
14 giugno 1944
Nulla da rilevare nella mattinata, se non l’arrivo di un giovane inglese (Roberto) volontario telegrafista dell’ottava armata, che dice di cercarci da lungo tempo e di essere un democratico. Il nostro commissario non ha ritardato a dirgli che noi siamo fra i simpatizzanti C e CC. tutti comunisti. Nel pomeriggio importante riunione di partito, ripresa e delucidazioni e conclusione definitiva della riunione precedente dove si era lasciato qualche cosa in sospeso. Riunione terminata con viva soddisfazione e approvazione di tutti.
La proposta e la decisione avvenuta in riunione dei responsabili, che fa seguito alla precedente, è addirittura accolta da ovazioni. E’ la partenza della mitraglia con 8 uomini più la guida.
15 giugno 1944
Istruzione alle armi in particolare alle reclute e lezione di come comportarsi nelle azioni di massa. Verifica delle armi.
Nel pomeriggio preparativi e partenza della squadra mitraglieri, comandata da v.c Franco, elemento politico e di P . Giorgio, guida Giovanni e i partigiani Garibaldi, Giuliani, Iac, Spinello, Aquila e Remo.
Poche ore prima era partita una pattuglia per una corvé guidata da Cino, composta dai partigiani Agresti, Libero, Gianni, Roccia e Magnaboschi. Mentre la squadra di Franco dovrebbe rimanere fuori per l’azione di mitragliamento 10 giorni, gli uomini col partigiano Cino non dovrebbero ritardare il ritorno più di 5 giorni.
Partenza per altre due corvé, una con Brando ed altri 8 partigiani e la mula. Dei nove partigiani partiti fanno pure parte il p. Nello e la recluta Guerra che si distaccheranno per altra funzione. La seconda corvé è composta dai partigiani Mas e Ico, questa corvé è di carattere requisizionistico alimentare. All’atto di partenza manca l’inglese. Scomparso! Mistero? No è un inglese. Hanno già fatto così gli altri tre che già conosciamo. Altrettanto doveva fare Roberto. Ma ora basta coi volontari inglesi!

Intervista a Giorgio Vicchi
condotta da Fausto Schiavetto a Bologna il 16 dicembre 1993.
La traccia sonora dell’intervista è conservata presso l’Università di Padova, la deregistrazione nell’archivio dell’Istituto regionale Ferruccio Parri

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… per il tutto il ’44 noi, sotto il profilo della vestizione, fummo una banda. Io cominciai ad avere un minimo di parvenza di divisa nell’autunno del 1944. Fumo in divisa perfetta o quasi soltanto nel gennaio del 1945, quando cominciammo a ricevere i lanci con regolarità. Negli ultimimesi di guerra infatti, gli inglesi ci buttarono giù anche i panni militari.
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I gradi non li avemmo per tutto un lungo periodo. Essi vennero messi in funzione nell’agosto del 1944 in Pian Cansiglio, quando si formò la Divisione “Nannetti”. Mi ricordo che, in quella sede, ci furono delle grandi discussioni, perché c’era anche chi non gradiva; si veniva tutti da una certa scuola. Ma i gradi erano solo quel triangolino che veniva portato sul petto , non c’erano altri gradi, mostrine e così via. Ricordo, a proposito dei gradi, un particolare della nostra primissima esperienza di partigiani, in Val Mesazzo. C’era una lunga discussione col Cln (non sempre fu tutto pacifico in seno alla Resistenza). Era necessario dare delle assicurazioni anche sul piano politico. La discussione era forte tra Cln e formazione e in seno ai distaccamenti stessi, ci fu una battaglia politica sul modo di concepire la guerra di liberazione, sul modo di combattere. Nel bel mezzo di questa dialettica, a noi che eravamo una trentina, il Cln mandò su da Belluno o da qualche altra parte dei pastrani grigioverde dell’Esercito italiano colle mostrine tricolori. Durarono pochi giorni perché, o per un problema di comodità o per altro ci fu chi tagliava da una parte e chi dall’altra. Quei pastrani con le mostrine li portammo integri per pochissimo tempo
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Andai in montagna con idee molto vaghe, con un forte sentimento antitedesco e antifascista, ma abbastanza generico. Non avevo idee politiche precise, solo una grande simpatia per i comunisti Quello che mi colpì furono i comunisti che avevano fatto la guerra di Spagna e un mucchio di anni di galera e, invece di farsi una bella riposata a casa, cosa della quale avrebbero avuto tutti i diritti, sono ancora lassù. Loro erano naturalmente preparati, parlavano, ci insegnavano. Questo mi colpì molto, tant’è vero che io chiesi subito di entrare. Allora sui chiedeva di far parte del Partito comunista italiano. Malgrado fossi già con un fucile sulle spalle, mi fecero fare la candidatura e io venni accettato formalmente nel Partito comunista italiano solo il primo maggio del 1944. De Luca e Luisari vennero a fare l’ispezione presso il battaglione “Mameli” e ci iscrissero in una decina. Eravamo finiti nel Trentino, eravamo accampati sopra una casera, nella zona di Fiera di Primero, quando mi iscrissero al Partito comunista.
Un’altra annotazione di quei tempi: nel distaccamento moltissimi erano gli operai, io sono uno dei pochi studenti. Fisicamente ero un ragazzino, una faccia da bambino molto delicato, pallido, magro. Mi ricordo che si diceva che bisognava proletarizzarmi. C’erano questi modi di fare che oggi guardiamo con distacco, ma io guardo ancora con simpatia, perché allora avevano un senso. Per maturarmi, per farmi conoscere le durezze della vita, mi ricordo che, nel primo periodo, mi fecero fare delle cose pesanti della vita del campo. Capii che me lo facevano fare volutamente, perché mi mettevano alla prova non tanto il fisico, quanto lo spirito e la capacità di adattamento. Non c’è dubbio che questo venne fatto e me ne resi conto. Però non durò molto, l’apprendistato ebbe un tempo breve. Fu un apprendistato che durò un paio di mesi e poi venni accettato a pieno titolo in questa comunità e quindi non ci fu più nessuna volontà di mettermi alla prova in una qualche maniera. La vita era molto dura e questo fu veramente un impatto. Però c’era anche questa vita di comunità. In questa situazione terribile, quando il cibo e la sopravvivenza erano l’esigenza di ogni minuto, si trovava il tempo per discutere. Io l’ho scritto da qualche parte, lo ricordo e lo dico sempre, avevamo istituzionalizzato questo tempo per discutere, si facevano le cosiddette ore politiche. Magari dopo una giornata terribile, ma la sera, attorno al fuoco, c’era sempre qualcuno che parlava. Un argomento, un dibattito o un vecchio che ne sapeva di più e raccontava le cose e i giovani che ponevano delle domande e loro rispondevano e quindi c’era formazione.
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Si parlava in più occasioni, l’ora politica era il momento istituzionalizzato; ma durante la giornata, qualunque fosse l’occasione, si parlava molto. I più anziani ci parlavano delle loro esperienze. Era un’esperienza da uomo a uomo ed era molto efficace.
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[Ildebrando Bilacchi - Brando] Lui ovunque incontrassimo una casa isolata di contadini, un gruppo di pastori, un gruppo di boscaioli (Brando aveva questa enorme capacità), si fermava e parlava. Cominciava a parlare di un qualsiasi argomento e aveva la capacità di trarne un insegnamento politico, anche se non se ne rendevano conto quelli che accettavano di parlare con lui. Per questo era formidabile e per noi è stato molto importante. I garibaldini di Spagna ci hanno insegnato i rudimenti militari, ma questi uomini ci hanno insegnato a ragionare sulle cose, ad abituarsi a parlare di politica e quindi questo è stato uno degli elementi fondanti della mia esperienza partigiana.
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Questo dibattito politico avveniva con molta libertà di espressione. Un’altra cosa voglio aggiungere a questo riguardo: c’era in tutti (e io penso, per primo, alla mia esperienza personale) molta, molta rozzezza. La preparazione era quella che era. La mia preparazione era avvenuta mentre si marciava mentre si sparava. Si parlava di politica certo; ma non avevo avuto il tempo di leggere i libri o di ascoltare delle lezioni vere e proprie. Quindi sul piano politico c’erano degli aspetti che oggi, a posteriori, posso giudicare settari. Ci si portava dietro una certa mentalità clandestina. Il che era una cosa molto importante, molto giusta in quel momento, ma che, a un certo momento, poteva diventare anche un freno, perché, siccome non c’era più bisogno di nascondere che tu avevi una determinata opinione politica, tu la potevi esprimere. Noi dibattevamo sempre. Era un continuo ripetersi, ma era importante: i Cln, l’unità antifascista, dobbiamo batter i fascisti, battere i tedeschi dopo di che ognuno piglierà la sua strada. L’unità era sempre in cima ai pensieri di tutti, però c’era anche un dibattito politico che evidentemente era forte nei momenti di ristrutturazione, ad esempio nell’agosto del ’44, perché la ristrutturazione vuol dire scegliere i quadri dirigenti. I dibattito politico allora poteva anche divenire scontro.
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C’era un atteggiamento, tra i partigiani, molto favorevole all’Unione sovietica. Si guardava agli Alleati, a tutti gli Alleati, come quelli che stano vincendo la guerra contro i nazifascisti, ma debbo dire che c’era una simpatia molto particolare verso l’Unione sovietica.

GIORGIO VICCHI
Note e commenti dell’anno 2003 al Diario Partigiano

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Raramente il diario rende conto delle azioni militari più importanti; esse venivano elencate in appositi rapporti inviati periodicamente al comando
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Più omogeneo era l’orientamento politico: vecchi e giovani antifascisti in gran parte militanti o simpatizzanti del Partito Comunista d’Italia, clandestino. I venti combattenti della “Spasema” sono aumentati a circa quaranta a fine gennaio, fra questi i primi bolognesi ed emiliani che nella tarda primavera saranno oltre un centinaio.
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Il ritorno alla base di partenza in Val Mesazzo, dopo l’incursione in Cansiglio, consente di chiudere il confronto in atto da tempo sulle prospettive della guerra di liberazione; prevale la decisione, con l’accordo di tutti, di passare ad uno schieramento offensivo, ad una guerriglia di movimento in grado di mobilitare la resistenza armata in tutta la zona prealpina e capace di operare una forte pressione sui presidi nazifascisti.
Fu presa in quei giorni una decisione strategica, che segnò una svolta nel processo di crescita della resistenza armata: era finita la fase di preparazione, si usciva in campo aperto. Le conseguenze organizzative furono la ristrutturazione del distaccamento, che fu diviso in tre battaglioni con una forza di una trentina di uomini ciascheduno (G.Mazzini, C.Pisacane e G.Mameli, con chiaro riferimento al Risorgimento); la definizione dei nuovi organici di comando con modalità binaria, comandante e commissario politico e della struttura interna dei reparti; l’assegnazione delle zone di competenza; le norme di reclutamento eccetera.
Fu decisa infine una selezione dei combattenti, poiché le dure marce nella neve avevano consentito di indicare chi fosse più adatto ad altre mansioni; questa necessità è espressa nel diario con note di rigido moralismo e supponenza; in realtà gran parte della ventina di giovani rimandati in pianura diventeranno abili e coraggiosi gappisti.

Importante è l’incontro e lo scambio di esperienze con un gruppo di partigiani di Giustizia e Libertà (Partito d’Azione) che è attendato alla testata della valle del Mis in località California, di cui l’esponente è il vicentino Toni Giuriolo che cadrà qualche mese dopo combattendo sull’Appennino bolognese e che sarà decorato di medaglia d’oro.
La cronaca di questo incontro mette in luce un notevole spirito di competizione, che è un fatto positivo, e una capacità di critica (peraltro rivolta anche al proprio interno e verso lo stesso comando, come si legge chiaramente il tredici aprile) che si accompagna a settarismo e moralismo eccessivi.
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Il giudizio sul Mameli nei documenti coevi va dal severo “non è ancora un distaccamento partigiano in tutto il significato di questa parola” , alla ammirazione entusiasta di un partigiano di Giustizia e Libertà: “Erano meravigliosi…laceri, stracciati, mobili, franchi…si muovevano, provvedevano ai propri bisogni improvvisando…eravamo annichiliti di ammirazione; si sentiva di colpo al solo vederli che la guerra partgiana si fa così”.
La realtà probabilmente stava nel mezzo: non eravamo ancora dei guerriglieri capaci, ma imparavamo in fretta.
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… gli occupanti non possono tollerare che una banda di partigiani garibaldini operi nel Trentino. La pressione è continua, spie e informatori infestano la zona, il passaggio del Mameli è seguito dall’incendio delle malghe, delle baracche, delle capanne che potrebbero essere un rifugio. Il reparto è in continuo movimento, braccato, con scarso cibo, senza collegamenti.
I partigiani sono costretti a turni di guardia ventiquattro ore su ventiquattro, sporchi, bagnati e tormentati dai pidocchi. Giorni da incubo eppure il primo maggio con una povera severa cerimonia si celebra la Festa del lavoro e il commissario De Luca, che è venuto dalla Val Canzoi, comunica ad alcuni giovani bolognesi che è stata accettata la loro adesione al Partito Comunista d’Italia
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