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Paul Celan



lunedì 28 aprile 2008 legge Carla Christiany   
Carla Christiany, in lingua tedesca, e Angelo Valenza,  in traduzione, leggono la poesia di Paul Celan. Perché è tra i poeti lirici più grandi del Novecento. Durante la serata, la voce di Celan lettore di se stesso accompagnerà l’intera lettura. E, dopo un intermezzo musicale di J. S. Bach, ancora Celan live, nella seconda parte della serata, durante il dialogo tra i lettori ed il pubblico.
Leggendo Il meridiano in occasione del conferimento del Premio Georg Büchner, a Darmstadt, il 22 ottobre 1960, così Celan concludeva la lettura del suo contributo umano e intellettuale sul significato della poesia, per il poeta di Czernowitz, la «strada dell’impossibile»:
Signore e Signori, trovo qualcosa che un poco anche mi consola del fatto di essermi messo, alla Loro presenza, su questa strada impossibile, su questa strada dell’impossibile.
Trovo quello che unisce, quello che può avviare il poema all’incontro.
Trovo qualcosa che è – come la lingua – immateriale, eppure è terrestre, planetario, qualcosa di circolare, che ritorna a se stesso attraverso entrambi i poli e facendo questo interseca – è divertente! – persino i tropici: trovo… un Meridiano.



Paul Celan, Poesie

1. Da Mohn und Gedächtnis (Papavero e memoria), 1952
EIN LIED IN DER WÜSTE
Ein Kranz ward gewunden aus schwärzlichem Laub in der Gegend von Akra:
dort riß ich den Rappen herum und stach nach dem Tod mit dem Degen.
Auch trank ich aus hölzernen Schalen die Asche der Brunnen von Akra
und zog mit gefälltem Visier den Trümmern der Himmel entgegen.
Denn tot sind die Engel und blind ward der Herr in der Gegend von Akra,
und keiner ist, der mir betreue im Schlaf die zur Ruhe hier gingen.
Zuschanden gehaun ward der Mond, das Blümlein der Gegend von Akra:
so blühn, die den Dornen es gleichtun, die Hände mit rostigen Ringen.
So muß ich zum Kuß mich wohl bücken zuletzt, wenn sie beten in Akra…
O schlecht war die Brünne der Nacht, es sickert das Blut durch die Spangen!
So ward ich ihr lächelnder Bruder, der eiserne Cherub von Akra.
So sprech ich den Namen noch aus und fühl noch den Brand auf den Wangen.
UN CANTO NEL DESERTO
Un serto di fronde nerastre fu intrecciato nei pressi di Akra:/lì feci volteggiare il destriero, dando di spada alla Morte./Ed anche bevetti da ciotole piene di cenere delle fonti di Akra,/e calata la visiera mi scagliai contro i cieli in frantumi.//Giacché morti sono gli Angeli e acciecato il Signore nei pressi di Akra,/né vi è chi provveda nel sonno a quanti trovarono qui la pace./Fu annientata dai colpi la luna, piccolo fiore dei pressi di Akra:/così, somigliando le spine, fioriscono le mani dagli anelli arrugginiti.//Così alla fine io debbo chinarmi nel bacio, se essi pregano ad Akra…/Trista fu la corazza della notte, tra le sue maglie gocciola il sangue!/Così divenni per loro il sorridente fratello, il duro cherubino di Akra./Così ancora pronuncio quel nome ed ancora sento sulle guance la vampa.


MARIANNEFliederlos ist dein Haar, dein Antlitz aus Spiegelglas.
Von Auge zu Aug zieht die Wolke, wie Sodom nach Babel:
wie Blattwerk zerpflückt sie den Turm und tobt um das Schwefelgesträuch.
Dann zuckt dir ein Blitz um den Mund – jene Schlucht mit den Resten der
[Geige.
Mit schneeigen Zähnen führt einer den Bogen: O schöner tönte das Schilf!

Geliebte, auch du bist das Schilf und wir alle der Regen;
ein Wein ohnegleichen dein Leib, und wir bechern zu zehnt;
ein Kahn im Getreide dein Herz, wir rudern ihn nachtwärts;
ein Krüglein Bläue, so hüpfest du leicht über uns, und wir schlafen...
Vorm Zelt zieht die Hundertschaft auf, und wir tragen dich zechend zu Grabe.
Nun klingt auf den Fliesen der Welt der harte Taler der Träume.
MARIANNE
Non c’è lillà nella tua chioma, il tuo volto è di vetro specchiante./La nuvola migra di occhio in occhio, come Sodoma va a Babele:/trapassa la torre come fosse fogliame e infuria sul roveto sulfureo.//Poi guizza un lampo attorno alla tua bocca – quel precipizio con i resti del violino./Uno conduce con denti di neve l’archetto: oh quanto più vago risuona il canneto!//Amore, anche tu sei il canneto e noi tutti la pioggia;/un vino senza pari il tuo corpo, e a bere siamo in dieci;/una barca tra le messi il tuo cuore, noi la spingiamo remando dentro la notte;/una piccola brocca d’azzurro, così ci sovrasti danzando leggera, e noi ci si addorme…//La centuria è schierata dinanzi alla tenda, e noi bevendo ti portiamo a sepoltura./Ora tintinnando rimbalza sull’impiantito del mondo il duro tallero dei sogni.


SPÄT UND TIEFBoshaft wie goldene Rede beginnt diese Nacht.
Wir essen die Äpfel der Stummen.
Wir tuen ein Werk, das man gern seinem Stern überläßt;
wir stehen im Herbst unserer Linden als sinnendes Fahnenrot,
als brennende Gäste vom Süden.
Wir schwören bei Christus dem Neuen, den Staub zu vermählen dem Staube,
die Vögel dem wandernden Schuh,
unser Herz einer Stiege im Wasser.
Wir schwören der Welt die heiligen Schwüre des Sandes,
wir schwören sie gern,
wir schwören sie laut von den Dächern des traumlosen Schlafes
und schwenken das Weißhaar der Zeit...
Sie rufen: Ihr lästert!
Wir wissen es längst.
Wir wissen es längst, doch was tuts?
Ihr mahlt in den Mühlen des Todes das weiße Mehl der Verheißung,
ihr setzet es vor unseren Brüdern und Schwestern –
Wir schwenken das Weißhaar der Zeit.
Ihr mahnt uns: Ihr lästert!
Wir wissen es wohl,
es komme die Schuld über uns.
Es komme die Schuld über uns aller warnenden Zeichen,
es komme das gurgelnde Meer,
der geharnischte Windstoß der Umkehr,
der mitternächtige Tag,
es komme, was niemals noch war!
Es komme ein Mensch aus dem Grabe.
TARDO E PROFONDOMaligna quanto un dorato discorso comincia questa notte./Noi mangiamo i frutti di chi tace./Compiamo un’opera che volentieri si lascerebbe alla sua stella;/stiamo nell’autunno dei nostri tigli come cogitabondo rosso di bandiera,/come ardenti ospiti del meridione./Giuriamo per Cristo, il Nuovo, di accoppiare polvere a polvere,/gli uccelli alla scarpa pellegrina,/il nostro cuore ad una ripida scala nell’acqua./Noi giuriamo al mondo i sacri giuramenti della sabbia,/li giuriamo di buon grado,/li giuriamo ad alta voce dai tetti del sonno senza sogni/e agitiamo le chiome bianche del tempo…//Essi gridano: voi bestemmiate!//Lo sappiamo da gran tempo./Lo sappiamo da gran tempo, ma che importa?/Voi macinate nei mulini della morte la bianca farina della promessa,/la imbandite ai nostri fratelli e sorelle –//Noi agitiamo le chiome bianche del tempo./Ci ammonite: voi bestemmiate!/Lo sappiamo, la colpa/ricada su di noi.//Ricada su di noi la colpa di tutti i segnali ammonitori,/venga il mare gorgogliante,/l’aspra ventata del ritorno,/il giorno di mezzanotte,/venga ciò che ancora non fu mai!//Venga dal sepolcro un uomo.

2. Da Von Schwelle zu Schwelle (Di soglia in soglia), 1955
LEUCHTENSchweigenden Leibes
liegst du im Sand neben mir,
Übersternte.
..............................
Brach sich ein Strahl
herüber zu mir?
Oder war es der Stab,
den man brach über uns,
der so leuchtet?
FULGORE
Col tuo corpo silente/mi giaci accosto nella rena,/tu, coperta di stelle.// ……….... Si spiccò un raggio,/per calare sino a me?/O era il messaggio/della nostra sorte decisa,/che fulgeva così?


WO EIS ISTWo Eis ist, ist Kühle für zwei.
Für zwei: so ließ ich dich kommen.
Ein Hauch wie von Feuer war um dich –
Du kamst von der Rose her.
Ich fragte: Wie hieß man dich dort?
Du nanntest ihn mir, jenen Namen:
ein Schein wie von Asche lag drauf –
Von der Rose her kamst du.
Wo Eis ist, ist Kühle für zwei:
ich gab dir den Doppelnamen.
Du schlugst dein Aug auf darunter –
Ein Glanz lag über der Wuhne.
Nun schließ ich, so sprach ich, das meine – :
Nimm dieses Wort – mein Auge redet´s dem deinen!
Nimm es, sprich es mir nach,
sprich es mir nach, sprich es langsam,
sprich´s langsam, zögr es hinaus,
und dein Aug – halt es offen so lang noch!
DOVE È GHIACCIO
Dove è ghiaccio, li è frescura per due./Per due: così ti feci venire./Un alito come di fuoco era attorno a te –/Venivi dalla rosa.//Io domandai: com’eri chiamata laggiù?/Tu me lo dicesti, quel nome:/era cosparso d’un chiarore come di cenere –/Dalla rosa, venivi.//Dove è ghiaccio, lì è frescura per due:/io ti diedi il doppio nome./Sotto, spalancasti allora il tuo occhio –/Dove il ghiaccio s’apriva ristava alto un bagliore.//Ed ora, dissi, io chiudo il mio –:/Prendi questa parola – il mio occhio la declama al tuo!/Prendila, ripetila con me,/ripetila con me, lentamente,/ripetila con me, tu la devi trattenere/e, il tuo occhio, tenerlo aperto finché ciò dura!


AUGE DER ZEIT
Dies ist das Auge der Zeit:
es blickt scheel
unter siebenfarbener Braue.
Sein Lid wird von Feuern gewaschen,
seine Träne ist Dampf.
Der blinde Stern fliegt es an
und zerschmilzt an der heißen Wimper:
es wird warm in der Welt,
und die Toten
knospen und blühen.
OCCHIO DEL TEMPO
Ecco l’occhio del tempo:/scruta torvo/da sopracciglio di sette colori./Fuochi lavano la sua palpebra,/la sua lacrima è vapore.//La cieca stella vi si avventa a volo/e fonde a quel più scottante ciglio:/si fa caldo il mondo,/i morti/gemmano e fioriscono.


SPRICH AUCH DU
Sprich auch du,
sprich als letzter,
sag deinen Spruch.
Sprich –
Doch schneide das Nein nicht vom Ja.
Gib deinem Spruch auch den Sinn:
gib ihm den Schatten.
Gib ihm Schatten genug,
gib ihm so viel,
als du um dich verteilt weißt zwischen
Mittnacht und Mittag und Mittnacht.
Blicke umher:
sieh, wie´s lebendig wird rings –
Beim Tode! Lebendig!
Wahr spricht, wer Schatten spricht.
Nun aber schrumpft der Ort, wo du stehst:
Wohin jetzt, Schattenentblößter, wohin?
Steige. Taste empor.
Dünner wirst du, unkenntlicher, feiner!
Feiner: ein Faden,
an dem er herabwill, der Stern:
um unten zu schwimmen, unten,
wo er sich schimmern sieht: in der Dünung
wandernder Worte.
PARLA ANCHE TU
Parla anche tu,/parla per ultimo,/di’ il tuo pensiero.//Parla – Ma non dividere/il sì dal no./Da’ anche senso al tuo pensiero:/dagli ombra.//Dagli ombra che basti, tanta/quanta tu sai/attorno a te divisa fra/mezzanotte e mezzodì e mezzanotte.//Guàrdati intorno:/vedi come in giro si rivive –/Per la morte! Si rivive!/ Dice il vero, chi parla di ombre.//Ma ora si stringe il luogo dove stai:/Adesso dove andrai, spogliato dell’ombre, dove?/Sali. A tasto innàlzati./Più sottile divieni, quasi altro, più fine!/Più fine: un filo, lungo il quale/vuole scendere, la stella:/per giù nuotare, giù, dove essa/si vede brillare: nel mareggiare/di errabonde parole.


3. Da Sprachgitter (Grata di parole), 1959

SPRACHGITTER
Augenrund zwischen den Stäben.
Flimmertier Lid
rudert nach oben,
gibt einen Blick frei.
Iris, Schwimmerin, traumlos und trüb:
der Himmel, herzgrau, muß nah sein.
Schräg, in der eisernen Tülle,
der blakende Span.
Am Lichtsinn
errätst du die Seele.
(Wär ich wie du. Wärst du wie ich.
Standen wir nicht
unter einem Passat?
Wir sind Fremde.)
Die Fliesen. Darauf
dicht beieinander, die beiden
herzgrauen Lachen:
zwei
Mundvoll Schweigen.
GRATA DI PAROLE
Occhio tondo tra le sbarre.//Palpebra, sfarfallante animale,/voga verso l’alto,/ fa passare uno sguardo.//Iride, natante, opaca e senza sogni:/sarà prossimo, il cielo, grigio–cuore.//Storta, nel beccuccio di ferro,/la scheggia fumigante./Al senso che la luce prende/tu indovini l’anima.//(Fossi io come te. Tu come me./Non sottostammo forse/al medesimo vento?/Siamo estranei.)//Pavimento. Sopra,/l’una accanto all’altra, le due/pozzanghere grigio–cuore:/ due/ bocconi di silenzio.


EINE HANDDer Tisch, aus Stundenholz, mit
dem Reisgericht und dem Wein.
Es wird
geschwiegen, gegessen, getrunken.
Eine Hand, die ich küßte,
leuchtet den Mündern.
UNA MANO
La tavola, fatta di legno d’ore, con/il piatto di riso e con il vino./Si/tace, si mangia/si beve.//Una mano, che io baciai,/fa, alle bocche, luce.


EIN HOLZSTERN, blau,
aus kleinen Rauten gebaut. Heute, von
der jüngsten unserer Hände.
Das Wort, während
du Salz aus der Nacht fällst, der Blick
wieder die Windgalle sucht:
- Ein Stern, tu ihn,
tu den Stern in die Nacht.
(– In meine, in
meine.)
UNA STELLA LIGNEA, blu/costruita con piccoli rombi. Oggi, dalla/più giovane delle nostre mani.//La parola, nel mentre tu/precipiti sale dalla notte, lo sguardo/cerca di nuovo il tempestoso chiarore:// – Una stella, mettila,/metti la stella nella notte.// (– Nella mia, nella/mia.
4. Da Niemandsrose (La rosa di nessuno), 1963
ZÜRICH, ZUM STORCHEN
Für Nelly Sachs
Vom Zuviel war die Rede, vom
Zuwenig. Von Du
und Aber-Du, von
der Trübung durch Helles, von
Jüdischem, von
deinem Gott.
Da-
von.
Am Tag einer Himmelfahrt, das
Münster stand drüben, es kam
mit einigem Gold übers Wasser.
Von deinem Gott war die Rede, ich sprach
gegen ihn, ich
ließ das Herz, das ich hatte,
hoffen:
auf
sein höchstes, umröcheltes, sein
haderndes Wort –
Dein Aug sah mir zu, sah hinweg,
dein Mund
sprach sich dem Auge zu, ich hörte:
Wir
wissen ja nicht, weißt du,
wir
wissen ja nicht,
was
gilt.
ZURIGO, «ALLA CICOGNA». Per Nelly Sachs
Parlammo del Troppo, del/Troppo–poco. Di Tu/e non–Tu, del torbido/che viene dal chiaro/di quanto/è giudeo, del/tuo Dio.//Di/tutto questo./Nel giorno di un’Ascensione, il/duomo era laggiù, veniva incontro/sopra le acque, con un tocco d’oro.//Del tuo Dio si parlò, io dissi cose/contro di lui, lasciavo/al cuore ch’era in me/di sperare:/nella sua/suprema e rissosa, nella sua,/rantolante, parola.//Il tuo occhio guardò me, poi altrove,/la tua bocca/si prestò al tuo occhio, e io sentii://Noi in verità/non sappiamo, sai,/noi/non sappiamo/cosa/vale.


PSALMNiemand knetet uns wieder aus Erde und Lehm,
niemand bespricht unsren Staub.
Niemand.
Gelobt seist du, Niemand.
Dir zulieb wollen
wir blühn.
Dir
entgegen.
Ein Nichts
waren wir, sind wir, werden
wir bleiben, blühend:
die Nichts-, die
Niemandsrose.
Mit
dem Griffel seelenhell,
dem Staubfaden himmelswüst,
der Krone rot
vom Purpurwort, das wir sangen
über, o über
dem Dorn.
SALMO
Nessuno c’impasta di nuovo, da terra e fango,/nessuno insuffla la vita alla nostra polvere./Nessuno.//Che tu sia lodato, Nessuno./È per amor tuo/che vogliamo fiorire./Incontro a/te.//Noi un Nulla/fummo, siamo, reste–/remo, fiorendo:/la rosa del Nulla,/la rosa di Nessuno.//Con/(lo stimma anima–chiara,/lo stame ciel–deserto,/la corona rossa/per la parola di porpora/che noi cantammo al di sopra,/ben al di sopra/della spina.

FUGA DELLA MORTE
NEGRO latte dell’alba noi lo beviamo la sera
noi lo beviamo al meriggio come al mattino lo beviamo la notte
noi beviamo e beviamo
noi scaviamo una tomba nell’aria chi vi giace non sta stretto
Nella casa vive un uomo che gioca colle serpi che scrive
che scrive in Germania quando abbuia i tuoi capelli d’oro Margarete
egli scrive egli s’erge sulla porta e le stelle lampeggiano
egli aduna i mastini con un fischio
con un fischio fa uscire i suoi ebrei fa scavare una tomba nella terra
ci comanda e adesso suonate perché si deve ballare
Negro latte dell’alba noi ti beviamo la notte
noi ti beviamo al mattino come al meriggio ti beviamo la sera
noi beviamo e beviamo
Nella casa vive un uomo che gioca colle serpi che scrive
che scrive in Germania quando abbuia i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith noi scaviamo una tomba
[nell’aria chi vi giace non sta stretto
Egli grida puntate più fondo nel cuor della terra e voialtri cantate e suonate
egli trae dalla cintola il ferro lo brandisce i suoi occhi sono azzurri
voi puntate più fondo le zappe e voi ancora suonate perché si deve ballare
Negro latte dell’alba noi ti beviamo la notte
noi ti beviamo al meriggio come al mattino ti beviamo la sera
noi ti beviamo e beviamo
nella casa vive un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith egli gioca colle serpi
Egli grida suonate più dolce la morte la morte è un Mastro di Germania
grida cavate ai violini suono più oscuro così andrete come fumo nell’aria
così avrete nelle nubi una tomba chi vi giace non sta stretto
Negro latte dell’alba noi ti beviamo la notte
noi ti beviamo al meriggio la morte è un Mastro di Germania
noi ti beviamo la sera come al mattino noi beviamo e beviamo
la morte è un Mastro di Germania il suo occhio è azzurro
egli ti coglie col piombo ti coglie con mira precisa
nella casa vive un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete
egli aizza i mastini su di noi ci fa dono di una tromba nell’aria
egli gioca colle serpi e sogna la morte è un Mastro di Germania
i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith

5. Da Atemwende (Svolta del respiro), 1967
FADENSONNEN
über der grauschwarzen Ödnis.
Ein baum-
hoher Gedanke
greift sich den Lichtton: es sind
noch Lieder zu singen jenseits
der Menschen.

FILAMENTI DI SOLE
,/sopra lo squallore grigionero./Un pensiero ad altezza/d’albero s’appropria il tono/che è della luce: ancora/vi sono melodie da cantare/al di là degli uomini.


ERHÖRT
von den umgebetteten Funken
der Feuerduft um
den Leuchtstachel.
Alle
Bahnen sind frei.
Mehrere Erden
spiel ich dir zu im Erblinden –
die beiden
weißen behälst du, eine
in jeder Hand.
Die un-
bestatteten, ungezählt, droben,
die Kinder,
sind absprungbereit –
Dir,
Quellnächtige, war
ich nicht ähnlich:
dich, Freudige, wie
du jetzt schwebst,
pfählt der unsichtbare, zweite,
stehende Brand.
ESAUDITO/dalle traslate faville/dell’olezzante fuoco attorno/alla spina del candelabro.//Tutte/le vie sono aperte.//Terre numerose/io ti porgo, acciecando –/tu trattieni/le due bianche, una/per ogni mano.//Gli in–/sepolti, innumeri, lassù,/i bambini,/sono pronti a spiccare il salto –//A te,/Creatura di notturna fonte, non ero/io somigliante:/te, Gioiosa, così/come ora ti libri,/te puntella l’invisibile ed eretto/secondo Incendio.

6. Da Fadensonnen (Filamenti di sole), 1968
DIE FLEISSIGEN
Bodenschätze, häuslich,
die geheizte Synkope,
das nicht zu enträtselnde
Halljahr,
die vollverglasten
Spinnen-Altäre im alles-
überragenden Flachbau,
die Zwischenlaute
(noch immer?),
die Schattenpalaver,
die Ängste, eisgerecht,
flugklar,
der barock ummantelte,
spracheschluckende Duschraum,
semantisch durchleuchtet,
die unbeschriebene Wand
einer Stehzelle:
hier
leb dich
querdurch, ohne Uhr.
LE DILIGENTI/ricchezze del sottosuolo, domestiche,//la sincope riscaldata,//l’indecifrabile/anno giubilare,//gli invetrati/altari–ragno nel basso edificio/che tutto sovrasta,//le semivocali/(ancora?),/il chiacchierio di ombre,//le angosce, conformi al ghiaccio,/abili al volo,//la camera delle docce che inghiotte/il parlare, baroccamente ammantata,//semanticamente illuminata,//la parete non scritta/di una cella di costrizione/(in piedi)://qui, per traverso,//apri un varco/alla tua vita, senza orologio.


ZUR RECHTEN – wer? Die Tödin.
Und du, zur Linken, du?
Die Reise-Sicheln am außer-
himmlischen Ort
mimen sich weißgrau
zu Mondschwalben zusammen,
zu Sternmauerseglern,
ich tauche dorthin
und gieß eine Urnevoll
in dich hinunter,
hinein.
A DESTRA – chi? Madama la Morte./E tu, a sinistra, tu?//Le falci in viaggio nell’extra–/celeste luogo/unendosi bianco–grigie/mimano rondini lunari,/ rondoni stellari,//io mi tuffo laggiù/e riverso un’intera urna/dentro di te, fino in fondo.

DIE FREIGEBLASENE LEUCHTSAAT
in den unter Weltblut
stehenden Furchen.
Eine Hand mit dem Schimmer des Urlichts
wildert jenseits
der farnigen Dämme:
als hungerte noch
irgendein Magen,
als flügelte noch
irgendein zu
befruchtendes Aug.
LA SEMENTE LUCENTE che un soffio/ha scoperto nei solchi/sepolti sotto sangue universale.//Una mano con il barlume della luce originaria/s’agita al di là/delle barriere felciformi://come se qualche stomaco/ancora provasse fame,/come se ancora qua e là svolasse/un qualche fecondabile/occhio.

7. Da Lichtzwang (Luce coatta), 1970, postumo
TODTNAUBERGArnika, Augentrost, der
Trunk aus dem Brunnen mit dem
Sternwürfel drauf,
in der
Hütte,
die in das Buch
– wessen Namen nahms auf
vor dem meinen? –,
die in dies Buch
geschriebene Zeile von
einer Hoffnung, heute,
auf eines Denkenden
kommendes
Wort
im Herzen,
Waldwasen, uneingeebnet,
Orchis und Orchis, einzeln,
Krudes, später, im Fahren,
deutlich,
der uns fährt, der Mensch,
der´s mit anhört,
die halb-
beschrittenen Knüppel-
pfade im Hochmoor,
Feuchtes,
viel.
TODTNAUBERG
Arnica, eufrasia, il/sorso dalla fonte con sopra/il dado stellato,//nella,/malga,//la riga nel libro/– quali nomi accolse/prima del mio? –,/la riga, in quel libro/inscritta,/d’una speranza, oggi,/dentro il cuore,/per la parola/ventura/di un uomo di pensiero,//umidi prati silvestri, non spianati,/orchidee selvatiche, sparsamente,//più tardi, in viaggio, parole crude,/senza veli,//chi guida, l’uomo,/che anche lui ascolta,/percorsi a/mezzo, i viottoli/di tronchi sulla torbiera gonfia,//umidore,/forte.


ALLMÄHLICH CLOWNGESICHTIG
nichtsgespiegelt,
die Schminke Wahrheit blaugefrorn
im Winkelmund,
Frostpollen Puder auf dem blanken Überschädel,
rund um die dünne Fragelocke Schwarz,
die Brauen, Brauen: wachsend,
zwei Riesenfühlerkämme, zwei,
– du großgestrählte,
großgespürte Rauhnacht Immerimmer –,
schon fortgeschwungen aus der Flocke Welt,
nicht hin, nicht her.

A POCO A POCO FACCIA DA CLOWN,/specchiata nel Nulla,//il belletto Verità ghiacciato in blu/nella bocca ad angolo,//cipria di polline diaccio in cima al nudo teschio,/del nero, attorno all’esile ciocca interrogante,//i sopraccigli, sopraccigli: in crescita,/due enormi pettini, come antenne, due,/– tu, gran capelluta/e percepita notte demonica Sempresempre –,/slanciatisi via, ormai, da quel bioccolo/che è il mondo,/non qua e non là.

8. Da Schneepart (Parte di neve), 1971, postumo
DEINEM, AUCH DEINEM
fehldurchläuteten Schatten
gab ich die Chance,
ihn, auch ihn
besteinigt ich mit mir
Gradgeschattetem, Grad-
geläutetem – ein
Sechsstern,
dem du dich hinwegschwiegst,
heute
schweig dich, wohin du magst,
Zeitunterheiligtes schleudernd,
längst, auch ich, auf der Straße,
tret ich, kein Herz zu empfangen,
zu mir ins Steinig-Viele
hinaus.
ALLA TUA, ANCHE ALLA TUA/ombra mal transrisonante/io diedi una possibilità,//anch’essa io lapidai/di me, il rettamente/Ombrato, ret–/tamente Risonante – una/stella a sei punte, cui tu/il silenzio opponesti,//oggi rivolgilo dove vuoi/il tuo silenzio,//scagliando sacralità minate dal tempo,/da tanto, anch’io, in cammino,/esco, per non ricevere alcun cuore,/incontro a me stesso,/nel petroso molteplice.


BERGUNG
 allen
Abwässerglucksens
im Briefmarken-Unken-
Ruf. Cor-
respondenz.
Euphorisierte
Zeitlupenchöre behirnter
Zukunftssaurier
heizen ein Selbstherz.
Dessen
Abstoß, ich wintre
zu dir über.
RECUPERO d’ogni gorgoglio/di acque di scarico/nel grigio di malaugurio/dei francobolli. Cor–/rispondenza.//Euforici/cori al rallentatore di futuribili/sauri dotati di cervello/riscaldano un cuore a sé.//Ripulsa/di tutto questo, io ti raggiungo/al di là dell’inverno.

9. Da Zeitgehöft (Dimora del tempo), 1976, postumo
Gehässige Monde
räkeln sich geifernd
hinter dem Nichts,
die sach-
kundige Hoffnung, die halbe,
knipst sich aus.
Blaulicht jetzt, Blaulicht,
in Tüten,
Elend, in harten
Trögen flambiert,
ein Wurfsteinspiel
rettet die Stirnen,
du rollst die Altäre
zeiteinwärts.
Lune odiose/sbavando si stiracchiano/dietro al Nulla,//la ben/edotta speranza, quella smezzata,/si spegne da sé,//luce blu, adesso, luce blu/in cartocci,//miseria, flambée/dentro duri truogoli,//un gioco a lancio di pietre/risparmia le fronti//tu fai voltolare gli altari//verso l’interno del Tempo.


DER KÖNIGSWEG hinter der Scheintür,
das vom Gegen-
Zeichen umtodete
Löwenzeichen davor,
das Gestirn, kieloben,
umsumpft,
du, mit der
die Wunde auslotenden
Wimper.
LA VIA REALE dietro la falsa porta,//il segno, davanti, del leone, con attorno il mortale/contro–segno,//l’astro dalla chiglia rovesciata,/con attorno la palude,//tu, con il/ciglio che sonda/la ferita.

DIE GESENKTEN
Götterdaumen, ich hole, im Borken-
hemd,
die untersten Baumläufer ein, bald ist
heute, für immer, die
Markierungen, das
Strahlengezücht,
kommen
über die Antimaterie
getanzt, zu dir,
in die Kometen-
Schonung.

AVENDO GLI DEI/rovesciato i pollici, io, vestito/di corteccia,/raggiungo i più bassi rampichini, presto è/oggi, per sempre, le/marcature,/la masnada dei raggi,/pervengono, danzando,/oltre l’antimateria,/fino a te,/nel vivaio/delle comete.

Nota biografica di Paul Celan
Paul Celan (alias di Paul Antschel) nasce in Bucovina, a Czernowitz, il 23 novembre 1920. Frequenta il Liceul ortodox de Bāeti. Nel 1938 s’iscrive all’Università. Il padre sceglie per lui: Medicina in Francia. Viaggia da Czernowitz verso Parigi, attraversa Berlino qualche ora prima della Notte dei cristalli. A Tours, Paul è matricola di una disciplina non amata. Per gli accordi hitleriano–staliniani del 1938, Paul ritorna a Czernowitz. S’iscrive a Lettere. Legge Nietzsche, Kafka e Shakespeare. Nel giugno del 1940, l’Armata Rossa occupa Czernowitz, l’Università diventa russa. Si lega d’amicizia a Ruth Lackner, Manuel Singer, Immanuel Weissglass, Edith Horovitz. Nel 1942 perde i genitori in un campo di concentramento nazista. Dopo un periodo trascorso nei campi di lavoro in Transnistria e in Moldavia, Paul ritorna a Czernowitz. Qui conosce la poetessa Rose Ausländer e Petre Solomon. Nel 1947 lascia la Romania ed emigra a Parigi. Sosta brevemente a Vienna. Studia germanistica e filologia all’École Normale Supérieure parigina. Traduce Rimbaud, Mandel’štam, Blok, Esenin e altri poeti. Nel 1951 si sposa con l’artista Gisèle de Lestrange. Frequenta il Gruppo 47. Negli anni Cinquanta pubblica Papavero e memoria (1952), Di soglia in soglia (1955) e Grata di parole (1959). Si lega d’amicizia e traduce Emil Cioran. Dal 1959, presso l’École è lettore di tedesco.
Nell’ottobre 1960 riceve il premio Büchner. In tale occasione, pronuncia il discorso Il meridiano. Dal 1962 le condizioni di salute di Paul si aggravano. Per la prima volta, subisce un ricovero psichiatrico, altri poi seguiranno durante gli anni Sessanta. Pubblica La rosa di nessuno (1963), Svolta del respiro (1967), Filamenti di sole (1968). Avviene il celebre incontro con Martin Heidegger. Alla fine del 1968 compie un viaggio in Israele, torna distrutto dall’amarezza, dalla solitudine. Alla fine di aprile del 1970 si getta nella Senna e muore. Postume escono tre raccolte di poesia: Luce coatta (1970), Parte di neve (1971) e Dimora del tempo (1976).
Paul Celan, Poesie, Milano, Mondadori, 1999, trad. it. G. Bevilacqua.