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Lo sviluppo è libertà - Amartya Sen


lunedì 17 febbraio 2003 legge Flavio Del Bono
Che cosa dobbiamo intendere oggi per sviluppo? Il progresso economico? L’aumento dei redditi di un individuo? La crescita del prodotto nazionale lordo? L’industrializzazione di un paese? La modernizzazione di una società?
Lo sviluppo, sostiene Amartya Sen (premio Nobel 1998 per l’economia) deve essere inteso come un processo di espansione delle libertà reali di cui godono gli esseri umani.
In tale prospettiva tutte le conquiste, nella sfera privata come in quella pubblica e politica, sono soltanto mezzi per accrescere qualsiasi forma di libertà, che rimane allo stesso tempo il fine primario e il mezzo principale per conseguire lo sviluppo.
Di conseguenza la sfida dello sviluppo consiste nell’eliminare i vari tipi di “illibertà” che limitano o negano all’uomo l’opportunità e la capacità di agire secondo ragione e di costruire la vita che preferisce: tra essi vanno perciò annoverati la fame e la miseria materiale al pari della tirannia, la precarietà economica così come l’intolleranza o la repressione, il sottosviluppo non meno dell’autoritarismo delle classi dirigenti.




Amartya Sen

Lo sviluppo è libertà – Perché non c’è crescita senza democrazia

Dall’Introduzione

Le libertà non sono solo fini primari dello sviluppo, ma sono anche fra i suoi mezzi principali; così, oltre a riconoscere la basilare importanza della libertà sul piano dei valori, dobbiamo prendere atto delle fortissime connessioni empiriche che legano libertà di tipi diversi.

Le libertà politiche (diritto di parola, libere elezioni) contribuiscono a promuovere la sicurezza economica; le occasioni sociali (sotto forma di strutture scolastiche e sanitarie) agevolano la partecipazione economica; l’infrastruttura economica (sotto forma di possibilità di avviare un’attività commerciale o produttiva) può contribuire a produrre sia prosperità personale, sia risorse pubbliche da destinare ad attività sociali.

Libertà di tipo diverso possono consolidarsi reciprocamente.

Tali connessioni empiriche rafforzano le priorità sul piano dei valori. Questa concezione dell’economia e del processo di sviluppo imperniata sulla libertà è molto simile – per riprendere la distinzione medievale fra “paziente” e “agente” – a una visione orientata all’agente.

In presenza di adeguate occasioni sociali, i singoli individui possono sia plasmare
il proprio destino, sia aiutarsi reciprocamente in modo efficace.

Non è necessario vederli prima di tutto come destinatari di un programma di sviluppo intelligente; esistono anzi ragioni molto forti per riconoscere il ruolo positivo di un’iniziativa libera e realisticamente sostenibile, e perfino dell’impazienza costruttiva.



Dal Capitolo VII “Carestie e altre crisi”

Ci può essere una carestia anche senza che la produzione o la disponibilità alimentare diminuisca; un salariato può essere ridotto alla fame dalla disoccupazione, unita alla mancanza di un sistema di sicurezza sociale e delle sue reti di salvataggio (come il sussidio di disoccupazione).

Non è per niente difficile che questo accada, anzi, può addirittura esserci una grossa carestia nonostante la disponibilità alimentare generale, nell’insieme dell’economia, permanga alta o addirittura segni un “picco”.

Un caso di carestia, nonostante un picco della disponibilità alimentare, s’è verificato nel Bangladesh nel 1974, cioè nell’anno in cui ci fu la massima quantità di cibo disponibile pro capite fra il 1971 e il 1975.

All’origine della grande fame troviamo dei fenomeni di disoccupazione locale causata da inondazioni; la produzione ne risentì all’epoca del raccolto (che fu misero), cioè molti mesi dopo, più o meno a dicembre, ma a quel punto la carestia c’era già stata e anzi al momento del raccolto era finita da un pezzo.

Le inondazioni dell’estate del 1974 privarono immediatamente del loro reddito i braccianti, che persero i salari, legati al trapianto del riso e alle attività collaterali, con i quali avrebbero potuto comprarsi da mangiare.

Prima ci furono fame e panico a livello locale; poi venne una fame più diffusa, rafforzata da un mercato degli alimentari “nervoso” e da una salita repentina dei prezzi, legata agli eccessivi timori di una penuria nel futuro immediato.

Questa scarsità venne sopravvalutata, ed in una certa misura manipolata, e all’ascesa dei prezzi fece seguito, qualche tempo dopo, una correzione verso il basso, ma intanto la carestia aveva già riscosso il suo pesante tributo.

Dal Capitolo XI “Scelta sociale e comportamento individuale”

La politica dello stato ha un ruolo non solo in quanto mira a mettere in pratica le priorità derivanti da valori e principi sociali, ma anche in quanto facilità e garantisce una discussione pubblica più completa.

La portata e la qualità di questa discussione aperta possono essere favorite da un’ampia varietà di politiche pubbliche, come la libertà di stampa e l’indipendenza dei media (che non devono essere soggetti a censura), l’espansione dell’istruzione (anche femminile), lo stimolo all’indipendenza economica (soprattutto attraverso i posti di lavoro, anche per le donne) e altre trasformazioni sociali ed economiche che aiutano gli individui a essere cittadini partecipi.

Al centro di un simile approccio c’è l’idea dell’opinione pubblica come forza attiva di cambiamento, anziché oggetto passivo e docile di istruzioni o di un’assistenza elargita dall’alto.



Dal Capitolo XII “La libertà individuale come impegno sociale”

In questo libro ho cercato di esporre, analizzare e difendere un particolare approccio allo sviluppo, inteso come processo di espansione delle libertà sostanziali godute dagli esseri umani. Il punto di vista della libertà è stato usato sia nella valutazione dei processi di mutamento (al livello dell’esame dei valori), sia nell’analisi descrittiva e predittiva, dove la libertà è vista come un fattore causalmente efficace capace di produrre cambiamenti rapidi.

Ho affrontato anche le implicazioni che questo approccio ha per l’analisi politica, nonché per la comprensione di certi nessi economici, politici e sociali generali.

Esistono istituzioni sociali di vario genere – organizzazioni legate al funzionamento del mercato, apparati amministrativi, corpi legislativi, partiti politici, organismi non governativi, apparati giudiziari, media, la comunità in generale - che ontribuiscono al processo di sviluppo proprio in quanto stimolano e sorreggono le libertà individuali; l’analisi dello sviluppo esige una comprensione integrata dei ruoli di queste istituzioni e di tutte le loro interazioni.

Anche la formulazione dei valori e il nascere ed evolversi di un’etica sociale sono una parte del processo di sviluppo che richiede la nostra attenzione, insieme al funzionamento dei mercati e di altre istituzioni.

Il mio studio è un tentativo di indagare questa rete di interconnessioni e di raggiungere una migliore comprensione dello sviluppo dal punto di vista ampio di cui ho parlato.

E lo sviluppo è davvero una grandissima avventura da vivere con le possibilità offerte dalla libertà.

Da Lo sviluppo è libertà – Perché non c’è crescita senza democrazia di Amartya Sen. Traduzione di Gianni Rigamonti, Milano, Mondadori, 2000