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Lettere dalla prigionia / Comunicati - Aldo Moro / Brigate Rosse



lunedì 09 maggio 2005 leggono Giorgio Sandrolini e Alessandro Degli Esposti

Il caso Moro rimane a tutt'oggi una delle pagine più drammatiche e storiograficamente più controverse della nostra storia recente.
I diversi gradi di giudizio non sono riusciti a restituire un quadro sufficientemente chiaro di quei tragici cinquantacinque giorni - per tacere degli ostacoli che continuano a essere frapposti a chi cerca di far luce sulla vicenda.
Le lettere scritte dallo statista durante la lunga prigionia e i comunicati inviati dai brigatisti che stavano "processando” l'esponente democristiano sono gli unici documenti inconfutabili a disposizione di chi voglia farsi un'idea del clima, dei modi e del quadro storico in cui maturò e si realizzò il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro.
Comunicati retorici, ma da leggere attentamente, per tutti i segnali che mandano. Lettere già interpretate in più modi, nelle quali è evidente, oltre al valore umano, la presenza di una verità implicita, forse inconfessabile.
Tornare a riflettere su quel caso capitale attraverso la lettura diretta dei documenti di quei giorni: questo è il nostro modo di ricordare Aldo Moro, vicini alla ricorrenza del 6 maggio, e a pochi giorni dalla sentenza della Cassazione che ha archiviato un altro grande mistero d'Italia, Piazza Fontana.



Comunicato numero 1
fatto ritrovare sabato 18 marzo 1978

Giovedì 16 marzo un nucleo armato delle Brigate Rosse ha catturato e rinchiuso in un carcere del popolo ALDO MORO, presidente della Democrazia Cristiana. La sua scorta armata, composta da cinque agenti dei famigerati Corpi Speciali, è stata completamente annientata.
Chi è ALDO MORO è presto detto: dopo il suo degno compare De Gasperi, è stato fino ad oggi il gerarca più autorevole, il «teorico» e lo «stratega» indiscusso di quel regime democristiano che da trent’anni opprime il popolo italiano. Ogni tappa che ha scandito la controrivoluzione imperialista di cui la Dc è stata artefice nel nostro paese, dalle politiche sanguinarie degli anni 50, alla svolta del «centro-sinistra» fino ai giorni nostri con «l'accordo a sei» ha avuto in ALDO MORO il padrino politico e l'esecutore più fedele delle direttive impartite dalle centrali imperialiste. È inutile elencare qui il numero infinito di volte che Moro è stato presidente del Consiglio o membro del Governo in ministeri chiave, e le innumerevoli cariche che ha ricoperto nella direzione della Dc, (tutto è ampiamente documentato e sapremo valutarlo opportunamente), ci basta sottolineare come questo dimostri il ruolo di massima e diretta responsabilità da lui svolto, scopertamente o «tramando nell'ombra», nelle scelte politiche di fondo e nell'attuazione dei programmi controrivoluzionari voluti dalla borghesia imperialista.
Compagni, la crisi irreversibile che l’imperialismo sta attraversando, mentre accelera la disgregazione del suo potere e del suo dominio, innesca nello stesso tempo i meccanismi di una profonda ristrutturazione che dovrebbe ricondurre il nostro paese sotto il controllo totale delle centrali del capitale multinazionale e soggiogare definitivamente il proletariato.
La trasformazione nell'area europea dei superati Stati-nazione di stampo liberale in Stati imperialisti delle Multinazionali (Sim) è un processo in pieno svolgimento anche nel nostro paese. Il Sim, ristrutturandosi, si predispone a svolgere il ruolo di cinghia di trasmissione degli interessi economici-strategici globali dell’imperialismo, e nello stesso tempo ad essere organizzazione della controrivoluzione preventiva rivolta ad annichilire ogni «velleità» rivoluzionaria del proletariato.
Questo ambizioso progetto per potersi affermare necessita di una condizione pregiudiziale: la creazione di un personale politico-economico-militare che lo realizzi. Negli ultimi anni questo personale politico strettamente legato ai circoli imperialisti è emerso in modo egemone in tutti i partiti del cosiddetto «arco costituzionale», ma ha la sua massima concentrazione e il suo punto di riferimento principale nella Democrazia Cristiana. La Dc è così la forza centrale e strategica della gestione imperialista dello Stato. Nel quadro dell'unità strategica degli Stati Imperialisti, le maggiori potenze che stanno alla testa della catena gerarchica richiedono alla Dc di funzionare da polo politico nazionale della controrivoluzione. È sulla macchina del potere democristiano, trasformata e «rinnovata» e sul nuovo regime da essa imposto che dovrà marciare la riconversione dello Stato-nazione in anello efficiente della catena imperialista e potranno essere imposte le feroci politiche economiche e le profonde trasformazioni istituzionali in funzione apertamente repressiva richieste dai partner forti della catena: Usa, Rtf.
Questo regime, questo partito sono oggi la filiale nazionale, lugubremente efficiente, della più grande multinazionale del crimine che l’umanità abbia mai conosciuto.
Da tempo le avanguardie comuniste hanno individuato nella Dc il nemico più feroce del proletariato, la congrega più bieca di ogni manovra reazionaria. Questo oggi non basta.
Bisogna stanare dai covi democristiani, variamente mascherati, gli agenti controrivoluzionari che nella «nuova» Dc rappresentano il fulcro della ristrutturazione dello Sim, braccarli ovunque, non concedere loro tregua. Bisogna estendere e approfondire il processo al regime che in ogni parte le avanguardie combattenti hanno già saputo indicare con la loro pratica di combattimento. È questa una delle direttrici su cui è possibile far marciare il Movimento di Resistenza Proletario Offensivo, su cui sferrare l'attacco e disarticolare il progetto imperialista. Sia chiaro quindi che con la cattura di ALDO MORO, ed il processo al quale verrà sottoposto da un Tribunale del Popolo, non intendiamo «chiudere la partita» né tantomeno sbandierare un «simbolo» ma sviluppare una parola d'ordine su cui tutto il Movimento di Resistenza Offensivo si sta già misurando, renderlo più forte, più maturo, più incisivo e organizzato.
Intendiamo mobilitare la più vasta e unitaria iniziativa armata per I’ulteriore crescita della GUERRA DI CLASSE PER IL COMUNISMO.
PORTARE L'ATTACCO ALLO STATO IMPERIALISTA DELLE MULTINAZIONALI.
DISARTICOLARE LE STRUTTURE, I PROGETTI DELLA BORGHESIA IMPERIALISTA, ATTACCANDO IL PERSONALE POLITICO-ECONOMICO-MILITARE CHE NE È L'ESPRESSIONE.
UNIFICARE IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO, COSTRUENDO IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE.

16/3/78 Per il comunismo Brigate rosse


Comunicato numero 2
Fatto trovare sabato 25 marzo 1978

1. - IL PROCESSO AD ALDO MORO
Lo spettacolo fornitoci dal regime in questi giorni ci porta ad una prima considerazione. Vogliamo mettere in evidenza il ruolo che nello Sim vanno ad assumere i partiti costituzionali. A nessuno è sfuggito come il quarto governo Andreotti abbia segnato il definitivo esautoramento del parlamento da ogni potere, e come le leggi speciali appena varate siano il compimento della più completa acquiescenza dei partiti del cosiddetto «arco costituzionale» alla strategia imperialista, diretta esclusivamente dalla Dc e dal suo governo. Si è passati cioè dallo Stato come espressione dei partiti, ai partiti come puri strumenti dello Stato. Ad essi viene affidato il ruolo di attivizzare i loro apparati per le luride manifestazioni di sostegno alle manovre controrivoluzionarie, contrabbandandole come manifestazioni «popolari»; più in particolare al partito di Berlinguer e ai sindacati collaborazionisti spetta il compito (al quale sembra siano ormai completamente votati) di funzionare da apparato poliziesco antioperaio, da delatori, da spie del regime.
La cattura di Aldo Moro, al quale tutto lo schieramento borghese riconosce il maggior merito del raggiungimento di questo obiettivo, non ha fatto altro che mettere in macroscopica evidenza questa realtà.
Non solo, ma Aldo Moro viene citato (anche dopo la sua cattura!) come il naturale designato alla presidenza della Repubblica. Il perché è evidente. Nel progetto di «concentrazione» del potere, il ruolo del Capo dello Stato Imperialista diventa determinante.
Istituzionalmente il Presidente accentra già in sé, tra le altre, le funzioni di capo della Magistratura e delle Forze Armate; funzioni che sino ad ora sono state espletate in maniera più che altro simbolica e a volte persino da corrotti buffoni (vedasi Leone). Ma nello Sim il Capo dello Stato (ed il suo apparato di uomini e strutture) dovrà essere il vero gestore degli organi chiave e delle funzioni che gli competono.
Chi meglio di Aldo Moro potrebbe rappresentare come capo dello Sim gli interessi della borghesia imperialista? Chi meglio di lui potrebbe realizzare le modifiche istituzionali necessarie alla completa ristrutturazione dello Sim? La sua carriera però non comincia oggi: la sua presenza, a volte palese a volte strisciante, negli organi di direzione del regime è di lunga data. Vediamone le tappe principali, perché di questo dovrà rendere conto al Tribunale del Popolo,

1955 - Moro è ministro di Grazia e Giustizia nel governo Segni.
1957 Moro è ministro della Pubblica Istruzione nel governo Zoli, retto dal Movimento Sociale Italiano
1959-60 - Viene eletto segretario della Dc. Sono gli anni del governo Tambroni, dello scontro frontale sferrato dalla borghesia contro il Movimento Operaio. La ferma resistenza operaia viene affrontata con la più dura repressione armata: nel luglio '60 si conteranno i proletari morti, massacrati dalla polizia di Scelba.
1963 - In quest'anno parte la strategia americana di recupero della frangia di «sinistra» della borghesia italiana con l’inglobamento del Psi nel governo, nel tentativo di spaccare il Movimento Operaio. È la «svolta» del centro-sinistra e Moro se ne assumerà la gestione per tutti gli anni successivi come Presidente del Consiglio.
1964 - È Presidente del Consiglio. Emergono le manovre del SIFAR, di De Lorenzo e di Segni, che a conti fatti risulterà un'abile macchinazione ricattatoria perfettamente funzionale alla politica del suo governo. Quando la sporca trama verrà completamente allo scoperto, come un vero «padrino» che si rispetti, Moro affosserà il tutto e ricompenserà con una valanga di «omissis» i suoi autori.
1965-68 - È ininterrottamente Presidente del Consiglio.
1968-72 - In tutto questo periodo è ministro degli Esteri. La pillola del centrosinistra perde sempre più la sua efficacia narcotizzante e riprende l'offensiva del Movimento Operaio con un crescendo straordinario. La risposta dell'Imperialismo è stata quella che va sotto il nome di «strategia della tensione».
1973-74 - È sempre ministro degli Esteri.
1974-78 - Assume di nuovo la Presidenza del Consiglio e nel '76 diventa Presidente della Dc. È in questi anni che la borghesia imperialista supera le sue maggiori contraddizioni e procede speditamente alla realizzazione del suo progetto. È in questi anni che Moro diventa l'uomo di punta della borghesia, quale più alto fautore di tutta la ristrutturazione dello Sim. Su tutto questo ed altro ancora, è in corso l'interrogatorio ad Aldo Moro. Esso verte: a chiarire le politiche imperialiste e antiproletarie di cui la Dc è portatrice; a individuare con precisione le strutture internazionali e le filiazioni nazionali della controrivoluzione imperialista; a svelare il personale politico-economico-militare sulle cui gambe cammina il progetto delle multinazionali; ad accertare le dirette responsabilità di Aldo Moro per le quali, con i criteri della GIUSTIZIA PROLETARIA, verrà giudicato.

2. - IL TERRORISMO IMPERIALISTA E L'INTERNAZIONALISMO PROLETARIO
A livello militare è la Nato che pilota e dirige progetti continentali di controrivoluzione armata nei vari Sim europei. I nove paesi della Cee hanno creato L'ORGANIZZAZIONE COMUNE DI POLIZIA che è una vera e propria centrale internazionale del terrore.
Sono i paesi più forti della catena e che hanno già collaudato le tecniche più avanzate detta controrivoluzione ad assumersi il compito di trainare, istruire, dirigere le appendici militari nei paesi più deboli che non hanno ancora raggiunto i loro livelli di macabra efficienza. Si spiega così l'invasione inglese e tedesca dei super-specialisti del Sas (Special air service), delle BKA (Bunderskriminalamt) e dei servizi segreti israeliani. Gli specialisti americani invece non hanno avuto bisogno di scomodarsi, sono installati in pianta stabile in Italia dal 1945. ECCOLA QUI L’INTERNAZIONALE DEL TERRORISMO. Eccoli qui i boia imperialisti massacratori dei militanti dell'IRA, della Raf, del popolo Palestinese, dei guerriglieri comunisti dell'America Latina che sono corsi a dirigere i loro degni compari comandati da Cossiga. È una ulteriore dimostrazione della completa subordinazione dello Sim-Italia alle centrali imperialiste, ma è anche una visione chiara di come per le forze rivoluzionarie sia improrogabile far fronte alla necessità di calibrare la propria strategia in un'ottica europea, che tenga conto cioè che il mostro imperialista va combattuto nella sua dimensione continentale. Per questo riteniamo che una pratica effettiva dell'INTERNAZIONALISMO PROLETARIO debba cominciare oggi anche stabilendo tra le Organizzazioni Comuniste Combattenti che il proletariato europeo ha espresso un rapporto di profondo confronto politico, di fattiva solidarietà, e di concreta collaborazione.
Certo, faremo ogni sforzo, opereremo con ogni mezzo perché si raggiunga fra le forze che in Europa combattono per il comunismo la più vasta integrazione politica possibile. Non dubitino gli strateghi della controrivoluzione e i loro ottusi servitorelli revisionisti vecchi e nuovi, che contro l'internazionale dei terrori imperialisti sapremo costruire l'unità strategica delle forze comuniste.
Ciò detto va fatta una chiarificazione. Sin dalla sua nascita la nostra Organizzazione ha fatto proprio il principio maoista «contare sulle proprie forze e lottare con tenacia». Applicare questo principio, nonostante le enormi difficoltà, è stato per la nostra Organizzazione più che una scelta giusta una scelta naturale; il proletariato italiano possiede in sé un immenso potenziale di intelligenza rivoluzionaria, un patrimonio infinito di conoscenze tecniche e di capacità materiali che con il proprio lavoro ha saputo collettivamente accumulare una volontà e una disponibilità alla lotta che decenni di battaglie per la propria liberazione ha forgiato e reso indistruttibile. Su questo poggia tutta la costruzione della nostra Organizzazione, la crescita della sua forza ha le solide fondamenta del proletariato italiano, si avvale dell’inestimabile contributo che i suoi figli migliori e le sue avanguardie danno alla costruzione del PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE. Mentre riaffermiamo con forza le nostre posizioni sull’Internazionalismo Proletario, diciamo che la nostra Organizzazione ha imparato a combattere, ha saputo costruire ed organizzare autonomamente i livelli politico-militari adeguati ai compiti che la guerra di classe impone. Organizzare la lotta armata per il Comunismo, costruire il Partito Comunista Combattente, prepararsi anche militarmente ad essere dei soldati della rivoluzione è la strada che abbiamo scelto, ed è questo che ha reso possibile alla nostra Organizzazione di condurre nella più completa autonomia la battaglia per la cattura ed il processo ad Aldo Moro. Intensificare con l'attacco armato il processo al regime, disarticolare i centri della controrivoluzione imperialista.
Costruire l'unità del movimento rivoluzionario nel Partito Combattente. Onore ai compagni Lorenzo Jannucci e Fausto Tinelli assassinati dai sicari del regime. 25/3/1978 Per il Comunismo Brigate Rosse

Comunicato numero 3
Fatto trovare il 29 marzo 1978

L'interrogatorio, sui contenuti del quale abbiamo già detto, prosegue con la completa collaborazione del prigioniero. Le risposte che fornisce chiariscono sempre più le linee controrivoluzionarie che le centrali imperialiste stanno attirando; delineano con chiarezza i contorni e il corpo del «nuovo» regime che, nella ristrutturazione dello Stato Imperialista delle Multinazionali si sta instaurando nel nostro paese e che ha come perno la Democrazia Cristiana. Proprio sul ruolo che le centrali imperialiste hanno assegnato alla Dc, sulle strutture e gli uomini che gestiscono il progetto controrivoluzionario sulla loro interdipendenza e subordinazione agli organismi imperialisti internazionali, sui finanziamenti occulti, sui piani economici-politici-militari da attuare in Italia il prigioniero Aldo Moro ha cominciato a fornire le sue «illuminanti» risposte.
Le informazioni che abbiamo così modo di recepire, una volta verificate verranno rese note al movimento rivoluzionario che saprà farne buon uso nel prosieguo del processo al regime che con I’iniziativa delle forze combattenti si è aperto in tutto il paese. Perché proprio di questo si tratta. La cattura e il processo ad Aldo Moro non è che un momento, importante e chiarificatore, della Guerra di Classe Rivoluzionaria che le forze comuniste armate hanno assunto come linea per la costruzione di una società comunista, e che indica come obbiettivo primario l'attacco allo stato imperialista e la liquidazione dell'immondo e corrotto regime democristiano.
Aldo Moro, che oggi deve rispondere davanti ad un Tribunale del Popolo, è perfettamente consapevole di essere il più alto gerarca di questo regime, di essere il responsabile al più alto livello delle politiche antiproletarie che l'egemonia imperialista ha imposto nel nostro paese, della repressione delle forze produttive, delle condizioni di sfruttamento dei lavoratori, dell'emarginazione e miseria di intere fasce di proletariato, della disoccupazione, della controrivoluzione armata scatenata dalla Dc; e sa che su tutto questo il proletariato non ha dubbi, che si è chiarito le idee guardando lui e il suo partito nei trent'anni in cui è al potere, e che il tribunale del Popolo saprà tenerlo in debito conto.
Ma Moro è anche consapevole di non essere il solo, di essere, appunto, il più alto esponente del regime; chiama quindi gli alti gerarchi a dividere con lui le responsabilità, e rivolge agli stessi un appello che suona come un'esplicita chiamata di «correità». Ha chiesto di scrivere una lettera segreta (le manovre occulte sono la normalità per la mafia democristiana) al governo ed in particolare al capo degli sbirri Cossiga. Gli è stato concesso, ma siccome niente deve essere nascosto al popolo ed è questo il nostro costume la rendiamo pubblica.
Compagni, in questa fase storica, a questo punto della crisi la pratica della violenza rivoluzionaria è l'unica politica che abbia la possibilità reale di affrontare e risolvere la contraddizione antagonistica che oppone proletariato metropolitano e borghesia imperialista. In questa fase la lotta di classe assume per iniziativa delle Avanguardie rivoluzionarie la forma della Guerra. Proprio questo impedisce al nemico di «normalizzare la situazione» e cioè di riportare una vittoria tattica sul movimento di lotta degli ultimi dieci anni, e sui bisogni, le aspettative, le speranze che essa ha generato. Certo siamo noi a volere la guerra! Siamo anche consapevoli del fatto che la pratica della violenza rivoluzionaria spinge il nemico ad affrontarla, lo costringe a muoversi, a vivere sul terreno della guerra anzi ci proponiamo di fare emergere, di stanare la controrivoluzione imperialista dalle pieghe della società «democratica» dove in tempi migliori se ne stava comodamente nascosta. Ma detto questo, è necessario fare chiarezza su un punto: non siamo noi a «creare» la controrivoluzione. Essa è la forma stessa che assume l'imperialismo nel suo divenire: non è un «aspetto ma la sostanza», l'imperialismo è controrivoluzione. Fare emergere attraverso la pratica della Guerriglia questa fondamentale verità è il presupposto necessario della guerra di classe nelle metropoli.
In questi ultimi anni abbiamo visto snodarsi i piani della controrivoluzione; abbiamo visto le maggiori città italiane poste in stato d'assedio, lo scatenarsi dei «corpi speciali» e degli apparati militari del regime contro il proletariato e la sua avanguardia; abbiamo visto le leggi speciali, i Tribunali Speciali, i campi di concentramento abbiamo visto l'attacco feroce alla classe operaia e alle sue condizioni di vita, l'opera di sabotaggio e repressione delle lotte dei berlingueriani e l'infame compito che si sono assunti per la delazione, lo spionaggio, la schedatura poliziesca nelle fabbriche. Ma abbiamo visto anche dispiegarsi il Movimento di resistenza proletario offensivo (Mrpo). L'iniziativa proletaria non si è fermata, anzi si è estesa ed ha assunto i contenuti e le forme della Guerra di Classe Rivoluzionaria. L'interesse del proletariato, l'antagonismo degli sfruttati verso il loro oppressore, i bisogni e la volontà di lottare per il Comunismo, vivono oggi nella capacità dimostrata del Mrpo di sferrare l'attacco armato contro il nemico imperialista. Questo bisogna fare oggi. Estendere l'iniziativa amata contro centri economici-politici-militari della controrivoluzione, concentrare l'attacco sulle strutture e gli uomini che ne sono i fondamentali portatori, disarticolare a tutti i livelli i piani delle multinazionali imperialiste.
È fondamentale pure realizzare quei salti politici e organizzativi che la guerra di classe impone, costruire la direzione del Mrpo, assumersi la responsabilità di guidarlo, costruire in sostanza il Partito Comunista Combattente. Solo così è possibile avviarsi verso la vittoria strategica del proletariato. La violenza e il terrorismo dello Stato Imperialista delle Multinazionali che si abbattono quotidianamente sul proletariato dimostrano che la belva imperialista possiede sì artigli d'acciaio, ma dicono anche che è possibile colpirla a morte, che è possibile annientarla strategicamente. Come pure non incantano nessuno gli isterismi piagnucolosi di chi, intrappolato nella visione legalistica e piccolo borghese della lotta di classe, si è già arreso ed ha accettato la sconfitta finendo inesorabilmente ad essere grottesco reggicoda di ogni manovra reazionaria.
Il Mrpo è ben altra cosa e il dispiegarsi della guerra di classe Rivoluzionaria lo sta dimostrando. Portare l'attacco allo Stato Imperialista delle Multinazionali. Estendere e intensificare l'iniziativa armata contro i centri e gli uomini della controrivoluzione imperialista. Unificare il Movimento Rivoluzionario, costruendo il Partito Comunista Combattente.

29/3/1978 Per il Comunismo Brigate Rosse

Lettera a Francesco Cossiga
di mercoledì 29 marzo 1978
Caro Francesco, mentre t'indirizzo un caro saluto, sono indotto dalle difficili circostanze a svolgere dinanzi a te, avendo presenti le tue responsabilità (che io ovviamente rispetto) alcune lucide e realistiche considerazioni. Prescindo volutamente da ogni aspetto emotivo e mi attengo ai fatti. Benché non sappia nulla né del modo né di quanto accaduto dopo il mio prelevamento, è fuori discussione – mi è stato detto con tutta chiarezza – che sono considerato un prigioniero politico, sottoposto, come Presidente della Dc, ad un processo diretto ad accertare le mie trentennali responsabilità (processo contenuto in termini politici, ma che diventa sempre più stringente). In tali circostanze ti scrivo in modo molto riservato, perché tu e gli amici con alla testa il Presidente del Consiglio (informato ovviamente il Presidente della Repubblica) possiate riflettere opportunamente sul da farsi, per evitare guai peggiori. Pensare dunque sino in fondo, prima che si crei una situazione emotiva e irrazionale. Devo pensare che il grave addebito che mi viene fatto, si rivolge a me in quanto esponente qualificato della Dc nel suo insieme nella gestione della sua linea politica. In verità siamo tutti noi del gruppo dirigente che siamo chiamati in causa ed è il nostro operato collettivo che è sotto accusa e di cui devo rispondere.
Nelle circostanze sopra descritte entra in gioco, al di là di ogni considerazione umanitaria che pure non si può ignorare, la ragione di Stato. Soprattutto questa ragione di Stato nel caso mio significa, riprendendo lo spunto accennato innanzi sulla mia attuale condizione, che io mi trovo sotto un dominio pieno ed incontrollato, sottoposto ad un processo popolare che può essere opportunamente graduato, che sono in questo stato avendo tutte le conoscenze e sensibilità che derivano dalla lunga esperienza, con il rischio di essere chiamato o indotto a parlare in maniera che potrebbe essere sgradevole e pericolosa in determinate situazioni.
Inoltre la dottrina per la quale il rapimento non deve recare vantaggi, discutibile già nei casi comuni, dove il danno del rapito è estremamente probabile, non regge in circostanze politiche, dove si provocano danni sicuri e incalcolabili non solo alla persona, ma allo Stato. Il sacrificio degli innocenti in nome di un astratto principio di legalità, mentre un indiscutibile stato di necessità dovrebbe indurre a salvarli, è inammissibile. Tutti gli Stati del mondo si sono regolati in modo positivo, salvo Israele e la Germania, ma non per il caso Lorenz. E non si dica che lo Stato perde la faccia, perché non ha saputo o potuto impedire il rapimento di un'alta personalità che significa qualcosa nella vita dello Stato. Ritornando un momento indietro sul comportamento degli Stati, ricorderò gli scambi tra Breznev e Pinochet; i molteplici scambi di spie, l'espulsione dei dissidenti dal territorio sovietico.
Capisco come un fatto di questo genere, quando si delinea, pesi, ma si deve anche guardare lucidamente al peggio che può venire. Queste sono le alterne vicende di una guerriglia, che bisogna valutare con freddezza, bloccando l'emotività e riflettendo sui fatti politici.
Penso che un preventivo passo della S. Sede (o anche di altri? di chi?) potrebbe essere utile. Converrà che tenga d'intesa con il Presidente del Consiglio riservatissimi contatti con pochi qualificati capi politici, convincendo gli eventuali riluttanti. Un atteggiamento di ostilità sarebbe un'astrattezza ed un errore. Che Iddio vi illumini per il meglio, evitando che siate impantanati in un doloroso episodio, dal quale potrebbero dipendere molte cose.
I più affettuosi saluti
Aldo Moro


Lettera a Benigno Zaccagnini
di martedì 4 aprile 1978

Caro Zaccagnini, scrivo a te, intendendo rivolgermi a Piccoli, Bartolomei, Galloni, Gaspari, Fanfani, Andreotti e Cossiga, ai quali tutti vorrai leggere la lettera e con i quali vorrai assumere le responsabilità, che sono ad un tempo individuali e collettive. Parlo innanzitutto della Dc alla quale si rivolgono accuse che riguardano tutti, ma che io sono chiamato a pagare con conseguenze che non è difficile immaginare. Certo nelle decisioni sono in gioco altri partiti; ma un così tremendo problema di coscienza riguarda innanzitutto la Dc, la quale deve muoversi, qualunque cosa dicano, o dicano nell'immediato, gli altri. Parlo innanzitutto del Partito Comunista, il quale, pur nella opportunità di affermare esigenze di fermezza, non può dimenticare che il mio drammatico prelevamento è avvenuto mentre si andava alla Camera per la consacrazione del Governo che m'ero tanto adoperato a costituire.
È peraltro doveroso che, nel delineare la disgraziata situazione, io ricordi la mia estrema, reiterata e motivata riluttanza ad assumere la carica di Presidente che tu mi offrivi e che ora mi strappa alla famiglia, mentre essa ha il più grande bisogno di me. Moralmente sei tu ad essere al mio posto, dove materialmente sono io. Ed infine è doveroso aggiungere, in questo momento supremo, che se la scorta non fosse stata, per ragioni amministrative, del tutto al disotto delle esigenze della situazione, io forse non sarei qui.
Questo è tutto il passato. Il presente è che io sono sottoposto ad un difficile processo politico del quale sono prevedibili sviluppi e conseguenze. Sono un prigioniero politico che la vostra brusca decisione di chiudere un qualsiasi discorso relativo ad altre persone parimenti detenute, pone in una situazione insostenibile. Il tempo corre veloce e non ce n'è purtroppo abbastanza. Ogni momento potrebbe essere troppo tardi.
Si discute qui, non in astratto diritto (benché vi siano le norme sullo stato di necessità), ma sul piano dell'opportunità umana e politica, se non sia possibile dare con realismo alla mia questione l'unica soluzione positiva possibile, prospettando la liberazione di prigionieri di ambo le parti, attenuando la tensione nel contesto proprio di un fenomeno politico. Tener duro può apparire più appropriato, ma una qualche concessione è non solo equa, ma anche politicamente utile. Come ho ricordato in questo modo civile si comportano moltissimi Stati. Se altri non ha il coraggio di farlo, lo faccia la Dc che, nella sua sensibilità ha il pregio di indovinare come muoversi nelle situazioni più difficili. Se così non sarà, l'avrete voluto e, lo dico senza animosità, le inevitabili conseguenze ricadranno sul partito e sulle persone. Poi comincerà un altro ciclo più terribile e parimenti senza sbocco.
Tengo a precisare di dire queste cose in piena lucidità e senza avere subito alcuna coercizione della persona; tanta lucidità almeno, quanta può averne chi è da quindici giorni in una situazione eccezionale, che non può avere nessuno che lo consoli, che sa che cosa lo aspetti. Ed in verità mi sento anche un po' abbandonato da voi.
Del resto queste idee già espressi a Taviani per il caso Sossi ed a Gui a proposito di una contestata legge contro i rapimenti. Fatto il mio dovere d'informare e richiamare, mi raccolgo con Iddio, i miei cari e me stesso. Se non avessi una famiglia così bisognosa di me, sarebbe un po' diverso. Ma così ci vuole davvero coraggio per pagare per tutta la Dc avendo dato sempre con generosità. Che Iddio v'illumini e lo faccia presto, com'è necessario.

Affettuosi saluti


Appello di papa Paolo VI alle Br
diramato sabato 22 aprile 1978

Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse: restituite alla libertà, alla sua famiglia, alla vita civile l’onorevole Aldo Moro. Io non vi conosco, e non ho modo d'avere alcun contatto con voi. Per questo vi scrivo pubblicamente, profittando del margine di tempo, che rimane alla scadenza della minaccia di morte, che voi avete annunciata contro di lui, Uomo buono ed onesto, che nessuno può incolpare di qualsiasi reato, o accusare di scarso senso sociale e di mancato servizio alla giustizia e alla pacifica convivenza civile. Io non ho alcun mandato nei suoi confronti, né sono legato da alcun interesse privato verso di lui. Ma lo amo come membro della grande famiglia umana, come amico di studi, e a titolo del tutto particolare, come fratello di fede e come figlio della Chiesa di Cristo.
Ed è in questo nome supremo di Cristo, che io mi rivolgo a voi, che certamente non lo ignorate, a voi, ignoti e implacabili avversari di questo uomo degno e innocente; e vi prego in ginocchio, liberate l'onorevole Aldo Moro, semplicemente, senza condizioni, non tanto per motivo della ma umile e affettuosa intercessione, ma in virtù della sua dignità di comune fratello in umanità, e per causa, che io voglio sperare avere forza nella vostra coscienza d'un vero progresso sociale, che non deve essere macchiato di sangue innocente, né tormentato da superfluo dolore. Già troppe vittime dobbiamo piangere e deprecare per la morte di persone impegnate nel compimento d'un proprio dovere. Tutti noi dobbiamo avere timore dell'odio che degenera in vendetta, o si piega a sentimenti di avvilita disperazione. E tutti dobbiamo temere Iddio vindice dei morti senza causa e senza colpa. Uomini delle Brigate Rosse, lasciate a me, interprete di tanti vostri concittadini, la speranza che ancora nei vostri animi alberghi un vittorioso sentimento di umanità. Io ne aspetto pregando, e pur sempre amandovi, la prova.

Dal Vaticano, 21 aprile 1978


Lettera al Papa
Non recapitata

Beatissimo Padre,
nella difficilissima situazione nella quale mi trovo e memore della paterna benevolenza che la Santità Vostra mi ha tante volte dimostrato, e tra l'altro quando io ero giovane dirigente della Fuci, ardisco rivolgermi alla Santità Vostra....