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La sequenza del fiore di carta - Pier Paolo Pasolini




lunedì 10 marzo 2003 legge Daniele Di Nino
Tre sceneggiature, tutte degli anni '65 – '69.
Si tratta di tre testi, leggibili come opere autonome, integre e compiute. Ma sono anche delle scritture che desiderano mettersi in atto, e diventare un'altra struttura, cioè una continua allusione a un'opera cinematografica fatta o da farsi.
Ma si tratta anche di altrettanti palinsesti, nei quali si intravvedono Marx, il Vangelo, Rimbaud, Pascal, Paolo VI, i Fioretti di San Francesco...
C'è l'indifesa, delicata e riservata parabola della disillusione, della contraddizione, della crisi, della colpa e dell'innocenza: il limbo di Pasolini tra l'ideologia e l'abiura.
"Non pensi però, sig. Totò, che io pianga sulla fine di quello in cui credo. Sono convinto che qualcun altro verrà e prenderà la mia bandiera per portarla avanti. Io piango solamente su me stesso".


da “L’uomo bianco” (1965-1966)

[…]
18 ARENA DEL “GRAND CIRQUE”
Interno. Giorno.
L’aquila è sul suo trampolo in mezzo all’arena del “Grand Cirque de France”. Le scalinate intorno sono vuote, ma l’arena è piena di tutto ciò di cui il circo è fiero: bestie e pagliacci. Ogni bestia e ogni pagliaccio nella sua gabbia. M. Courneau guarda l’aquila, conciliante e sereno.
M. COURNEAU – Ecco, questi sono i tuoi fratelli!
Descrizioni rapide di bestie e di pagliacci dentro le loro gabbie.
M. COURNEAU – Voglio dimostrarti come essi abbiano accettato di entrare in rapporto con l’uomo bianco civile, e come esso ha costituito per essi l’unico possibile modello di vita, voilà!
Si avvicina a una gabbia, dove in un cartello è scritto COCCODRILLO DEL CONGO.
M. COURNEAU – (all’aquila) Ti prego di prestare attenzione. (al coccodrillo del Congo) Monsieur le Crocodile du Congo. (parla in francese)
Didascalia: Qual è il più grande desiderio della vostra vita?
COCCODRILLO DEL CONGO – (parla in francese)
Didascalia: Ma naturalmente, studiare a Bruxelles e ottenere il baccalaureato!
M. COURNEAU – (all’aquila, intenzionale) Il baccalaureato, hai capito?
M. Courneau si avvicina ora alla gabbia con dentro una scimmia, col cartello SCIMPANZÈ DEL RUANDA.
M. COURNEAU – Monsieur le Chimpansé du Ruanda. (parla in francese)
Didascalia: Qual è la vostra speranza?
SCIMPANZÈ DEL RUANDA – (parla in francese)
Didascalia: Andare a lavorare in una miniera a Lille, guadagnare dei soldi e aprire una sala di “coiffeur”.
Cartello: PITONE DELLE AMAZZONI.
M. COURNEAU – Et vous, Monsieur le Python?
PITONE – (parla in francese)
Didascalia: Oh, io! Andare a Parigi, nella bottega di un grande sarto, Christian Dior, Courrèges…
Cartello: JENA DEL SAHARA.
M. COURNEAU – Et vous, Madame la Hyène du Sahara?
JENA – (parla in francese)
Didascalia: Andare a Roma, e fare del giornalismo!
Cartello: LEONE D’ALGERIA… Ma il leone non c’è: la gabbia è vuota. M. Courneau ha compiuto distrattamente una gaffe.
M. COURNEAU – Ehm… ehm…
Cartello : CAMMELLO DEL GHANA.
M. COURNEAU – Et vous, monsieur le Chameau du Ghana?
CAMMELLO – (parla in francese)
Didascalia: Conoscere tutta la grande cultura europea, da Marx a Lévi-Strauss, e andare a insegnarla nella capitale del mio paese!
Cartello: PAGLIACCIO MEDITERRANEO.
M. COURNEAU – Et vous, s’il vous plaît, Monsieur le Pantin Méditerranéen?
PAGLIACCIO MEDITERRANEO – (parla in francese)
Didascalia: Ballare la Pirimpella-pirimpà, la nostra danza nazionale, davanti alla Regina d’Inghilterra!
M. Courneau si avvicina pieno di malcelata speranza all’aquila, e parla, controllandosi, con calma, con terribile calma:
M. COURNEAU – Ecco, naturalmente è chiaro che i tuoi desideri possono anche non essere così modesti. Puoi anche desiderare di venire a Parigi, a Londra, a Roma a studiare filosofia o matematiche: ma accetta il nostro mondo anche per rifiutarlo! Di’ una parola! Parla!
E l’aquila zitta.
M. COURNEAU – Parla!
E l’aquila zitta.
M. COURNEAU – (urlando come un pazzo) Parla!
E l’aquila zitta. M. Courneau è allora preso da una crisi che, evidentemente, lo trascina fuori di sé fino a renderlo momentaneamente incapace di intendere e di volere.
M. COURNEAU – Aveva ragione Hitler! Aveva ragione Hitler! Come lui bisognava fare! Con voi, razze inferiori, partigiani, zingari, pederasti, mistici! I campi di concentramento, le camere a gas, ecco quello che vi ci vuole! L’OAS, l’OAS aveva ragione! Le torture, per farvi parlare! L’OAS, l’OAS! Bisognava strapparvi le unghie, bruciarvi i testicoli con le scariche elettriche, bestie! L’OAS, l’OAS!
E urlando selvaggiamente queste parole, cade a terra, svenuto, forse colpito da infarto, smaniando, lamentandosi, rantolando. Monique lo raccoglie tra le braccia, guardando ora con disperazione lui, ora con rabbia da Medea l’aquila. Che tace. Anche Ninetto si butta sul corpo selvaggiamente sussultante del suo principale, e gli fa aria, gli da schiaffetti, impressionato e un po’ commosso. Infine, trascinato da un irresistibile moto di sentimenti, rivolto all’aquila, da uomo a uomo:
NINETTO – E ‘namo, e daje! Essi brava, fa’ ‘sto sforzo! Che, lo voi fa morì, ‘sto poraccio? Ma non te fa pena? Ammazzete, quanto sei!
E si richina sul suo principale fuori di sé. Ma ecco che, stridente e potente, si alza fuori campo una voce.
VOCE DELL’AQUILA – Volete proprio sapere quello che faccio?
I tre, fulminati, si voltano verso di lei. M. Courneau si rialza a sedere guardandola come si guarda una divinità.
L’AQUILA – Prego!
Dissolvenza.

19 SACRARIO DEL “GRAND CIRQUE”
Interno. Giorno.
L’aquila, di nuovo muta. Eppure in qualche modo, per aver parlato, meno inattaccabile. Il suo occhio ha qualcosa di umano. M. Courneau – con accanto Ninetto e forse Monique – è davanti a lei. Ma in lui c’è qualcosa di cambiato. Intanto non è più sontuosamente vestito da domatore: ma è vestito umilmente di scuro, con un colletto bianco aperto, il che gli toglie ufficialità, e gli dà un’aria raccolta – la stessa di certi preti “moderni”.
M. COURNEAU – Ho capito, tra il mondo della civiltà occidentale e il tuo mondo… il Terzo Mondo… c’è di mezzo la religione… Che io non posso concepire, ma devo farlo… E forse… forse… forse… forse… forse… forse…
E’ seduto, e ha in mano un libro. Si trova nel momento di raccoglimento che assume chi sta per leggere qualcosa di importante: e poi, come certi attori, a testa e occhi bassi, e a voce spenta, dice l’autore e il titolo di ciò che sta per leggere: Pascal, Pensées.
M. COURNEAU – (testo di Pascal)
Letta la prima frase, egli dà un’occhiata all’aquila, piena di speranza. L’aquila è là muta (ma misteriosamente meno disumana): e Ninetto, lui, si è già addormentato.
M. COURNEAU – (va avanti col testo di Pascal)
Un’altra occhiata all’aquila. Ninetto che russa.
M. COURNEAU – (legge una terza frase di Pascal)
Mentre legge, da lontano lontano comincia a echeggiare un dolce e profondo commento musicale […] Prime note sommesse – poi sempre più forti – di un brano della Passione secondo San Giovanni. M. Courneau continua a leggere, ma i suoi occhi vedono…

20 MONTI DELL’AQUILA
Esterno. Giorno.
Una immagine o due, fugaci, quasi inafferrabili, di solitudini desertiche, montane. Motivo della Passione secondo San Giovanni, che subito dilegua.

21 SACRARIO DEL “GRAND CIRQUE”
Interno. Giorno.
Svanita subito la visione delle solitudini, dei regni dell’aquila, M. Courneau è lì che continua a leggere.
M. COURNEAU – (continua la lettura di Pascal)
Ninetto dorme pacifico, sbragato su una sedia. Anche l’aquila ripone il capo sotto l’ala.
Dissolvenza.

22 SACRARIO DEL “GRAND CIRQUE”
Interno. Giorno.
L’aquila. M. Courneau davanti a lei, con un altro libro in mano. Egli si rivolge alla bestia come intimidito, come con la paura trepidante di sbagliare con lei ancora un volta.
M. COURNEAU – Ho pensato… ho pensato… che il testo di Pascal forse era troppo specialistico… (vergognandosi) un po’ noioso… vecchio… Ho qui un’altra cosa… (esibisce timidamente il nuovo libro) non è un testo religioso vero e proprio… è poesia… e perciò a suo modo religiosa… (legge il titolo del libro) Rimbaud, Une saison en enfer.
Ninetto piomba addormentato sulla sedia, e si abbandona a un dolce sonno.
M. COURNEAU – (legge versi di Rimbaud)
E sbircia l’aquila assonnata
M. COURNEAU – (legge versi di Rimbaud)
Come il giorno prima, la musica risorge, remota: e gli occhi di M. Courneau vedono…

23 MONTI DELL’AQUILA
Esterno. Giorno.
Nuove immagini di solitudini deserte e eccelse. Ma stavolta indugiano un po’ a lungo, prima di scomparire. E c’è un movimento verso di esse, come un movimento di volo… Lieve risuona il motivo della Passione secondo San Giovanni. Poi, nell’atto di essere attinte dal volo, le solitudini dei regni dell’aquila, scompaiono.

24 SACRARIO DEL “GRAND CIRQUE”
Interno. Giorno.
M. Courneau, sparita la visione, continua a leggere un attimo, poi… rialza gli occhi verso l’aquila e, come se fosse per la prima volta, la guarda. L’aquila. Ninetto, che mangia dei bruscolini. M. Courneau che “osserva” l’aquila, come rapito, come preso da una morsa interiore, da un inizio di trance. Si scuote e ricomincia a leggere…
M. COURNEAU – (legge alcune parole di Rimbaud)
Ma si interrompe subito: e ricomincia a osservare, a studiare l’aquila, con tanta attenzione che, meccanicamente, assume la sua posizione, si potrebbe dire la sua espressione. Si riscuote ancora una volta, ricomincia a leggere.
M. COURNEAU – (legge versi di Rimbaud)
Ninetto mastica bruscolini, cullato dai versi incomprensibili. Ma, di nuovo, la voce di Courneau tace. M. Courneau ora è muto, davanti all’aquila, e la osserva attentamente, in uno status di raptus. Ninetto a sua volta guarda a lungo, interrogativo, M. Courneau, che non si muove. Allora Ninetto, un po’ imbarazzato, allunga verso M. Courneau il pacchetto dei bruscolini.
NINETTO – Che, volete du’ bruscolini, messiè Courneau?
Dissolvenza.

25 SACRARIO DEL “GRAND CIRQUE”
Interno. Giorno.
Questa volta M. Courneau è ancora più rassegnato e intimidito. Agisce quasi in uno stato meccanico di inerzia e di dissociazione. Parla all’aquila (che è sempre là, di nuovo ineluttabilmente muta) con voce monotona e quasi spenta.
M. COURNEAU – Ho pensato… che un testo religioso più attuale… di carattere insieme ufficiale e autentico…
Ninetto piomba addormentato.
M. COURNEAU – Insomma, ti interesserebbe di più… (legge il titolo) Pacem in terris.
Ninetto dorme saporitamente, mentre M. Courneau legge l’enciclica.
M. COURNEAU – (legge le prime parole dell’enciclica)
Ecco le lontane, fioche note della Passione secondo san Giovanni, e gli occhi di M. Courneau vedono…

26 MONTI DELL’AQUILA
Esterno. Giorno.
Questa volta il volo è spiccato. Il punto di vista è da un elicottero che vola tra le montagne, e ora si avventa ora plana, ora scende ora sale senza fine. Musica della Passione secondo san Giovanni. Le immagini “viste da chi sta volando” sono stavolta lunghe e insistenti, come una visione che non si estingua, ma, alimentata dall’ebbrezza, si modifichi senza fine. E deserti pietrosi, nevi, cieli, immensità disabitate, si susseguono davanti agli occhi del volante, assetato di misteriose solitudini, di regni non umani. La musica del passo della Passione secondo san Giovanni ora risuona fortissima, potente, esaltante. Quando, dolcemente, le immagini dei mondi solitari e preumani si stingono, ecco M. Courneau…

27 SACRARIO DEL “GRAND CIRQUE”
Interno. Giorno.
…che guarda l’aquila esaltato. Il libro gli cade di mano: ed egli si mette appollaiato sullo schienale della sedia, nella stessa identica posizione dell’aquila, in una specie di rapita “imitatio aquilae”. Ninetto, anche stavolta, ridestato di soprassalto dal silenzio, apre gli occhi, e si trova davanti a quella insospettata immagine. Un po’ spaventato, un po’ divertito dalla straordinaria situazione, balza in piedi, strillando da svociarsi.
NINETTO – Madame Monique! Madame Monique! Venite a vede che sta a ffà vostro marito!
[…] Sopravviene Monique, che, già da tempo gelida col marito condannato all’insuccesso, ora lo osserva oggettivamente, con distacco. Mentre lei osserva M. Courneau, Ninetto snocciola le sue povere osservazioni, un po’ commosso per lo stato del suo principale, un po’ divertito:
NINETTO – Lo vedete come s’è messo?… Me sa tanto che ce vo’ er dottore… Me pare de coccio, nun se move pe’ niente… Ma che sta a ffà er fachiro? Me mette ‘na paura a me. Che, nun fate niente, voi, nun je dite niente?
Monique che ha capito tutto risponde con una sola parola:
MONIQUE – Merde!
Ma di scatto M. Courneau scende dalla sedia, e come un allucinato corre fuori dal Sacrario. Ninetto, tra pietoso e divertito, lo segue […] Sempre correndo e agitando ogni tanto le braccia come ali, M. Courneau fende la folla della stazione, verso i treni. E Ninetto, sfiatato che non gliela fa più, lo segue fedele […] Il treno accelerato corre lasciandosi indietro Roma, verso i monti. Sul tetto di un vagone, inalterabile, irriducibile, inattingibile, sta appollaiato M. Courneau […] Siamo in mezzo alle solitudini silenziose ed eccelse dei regni dell’aquila. M. Courneau viene correndo, in fondo alla vallata, ai piedi dei monti nevosi […] si ferma, si raccoglie, e agitando le braccia come ali, spicca il volo […].


da “Uccellacci e uccellini” (1965-1966)

[…]
SAN FRANCESCO – Perciò io do incarico a te, frate Ciccillo, e a te, frate Ninetto, di continuare la predicazione agli uccelli. E vi dico anche che è giusto che voi cominciate da due classi molto differenti di uccelli: dai falchi, che sono prepotenti, e dagli umili passaretti.
Frate Ciccillo e frate Ninetto guardano il santo strabiliati, quasi col pianto agli occhi. Ma san Francesco ha fretta, e subito fa l’atto di allontanarsi, congedandosi da loro.
SAN FRANCESCO – In lode del Signore.
FRATE CICCILLO E FRATE NINETTO – Amen.
Così san Francesco e gli altri fraticelli se ne vanno […]
FRATE CICCILLO – (dopo un po’) ‘Sti santi, però, ciànno certe pretese!… Te pare ‘na cosa facile parlà co’ l’uccelli…
Ninetto approfitta subito di quel momento di scoraggiamento, per rincarare la dose.
FRATE NINETTO – Hè! E’ quello che dico pure io…
FRATE CICCILLO – Statte zitto, te! (poi, riprendendo la sua amara meditazione) Che, m’ha preso pure a me per un santo?
FRATE NINETTO – Se! Co’ quella faccia che ciavete, santo!
FRATE CICCILLO – Perché, ciài da dì qualcosa su la mia faccia?
Ninetto approfitta ancora di quel momento di debolezza umana, per cercare di convincerlo alla rinuncia.
FRATE NINETTO – Che, ve siete offeso? (gli scappa un guizzo di riso negli occhietti umidi; poi si fa serio e perorante) A frate Ciccillo, perché nun famo ‘na corsa… ripijamo san Francesco e je dimo che nun semo boni, che ce mannasse qualchedun altro…
FRATE CICCILLO – Mo se nun t’azzitti, te do ‘no schiaffo…
Ma Ninetto sente la poca convinzione delle parole di frate Ciccillo, e insiste:
FRATE NINETTO – Oppure sapete che famo? Annamo al casale dei contadini de ieri, quelli che ciànno dato quella ricotta così bona… Dormimo co’ loro, magnamo co’ loro… E poi fra un mesetto ritornamo, e je dimo: “A san Francè, li uccelli ve vonno a voi!”.
Ma frate Ciccillo non lo sta più a ascoltare. Si è messo in ginocchio, si è fatto il segno della croce, e si è perduto in una breve intensa preghiera. Poi rialza gli occhi pieni di una luce nuova, e un po’ a Ninetto, un po’ a se stesso, fa:
FRATE CICCILLO – Noi non semo santi, questo no! Semo du’ pori omini umani, ma, co’ la grazia del Signore, tenemo er cervello!
[…] I due frati s’arrampicano ora su per le scoscese stradette di Assisi, di buona lena […] ed ecco lassù, in cima al monte di Assisi, disegnarsi contro il cielo purissimo la rocca.
FRATE CICCILLO – Vojo fa voto, e voi Signore dateme la forza, de no spostamme più da qui, da ‘sto punto dove ho appoggiato li ginocchi mia, infinacché nun avrò santificato tutti i falchetti de ‘sta rocca e del monno, secondo la volontà de san Francesco.
Dissolvenza.
[…] E’ venuta la piena estate […] E’ venuto l’autunno […] E’ venuto l’inverno […] E’ tornata la primavera […] Frate Ciccillo in piedi, libero delle piante rampicanti e delle erbe che l’avevano ricoperto, che stagliandosi contro il cielo, grida gioioso:
FRATE CICCILLO – Ho trovato!
[…] Ed ecco che frate Ciccillo comincia a stridere lo strido perfetto dei falchi lontani.
FRATE CICCILLO – (stride)
Stridi di falchi lontani. Ninetto guarda in ginocchio, allegro e ansioso. Per un po’ il dialogo avviene così: frate Ciccillo che stride, e i falchi lontani che rispondono. Poi… ecco il primo falco, che fila come una freccia sulle teste dei frati: una piccola freccia nera contro il cielo ardente.
FALCO – (stride)
Didascalia: Chi siete? Che volete?
FRATE CICCILLO – (stride)
Didascalia: Siamo creature di Dio, vogliamo parlare con voi, creature di Dio.
Il falco sibila come una freccia sulle teste dei due, che per parlargli quasi si prendono il torcicollo, seguendolo nei suoi giri vertiginosi.
FALCO – (stride)
Didascalia: Chi è Dio?
FRATE CICCILLO – (stride)
Didascalia: Il creatore delle creature.
FALCO – (stride)
Didascalia: E perché ci ha creati?
FRATE CICCILLO – (stride)
Didascalia: Tu perché hai creato i tuoi figli?
FALCO – (stride)
Didascalia: Allora io sono Dio.
FRATE CICCILLO – (stride)
Didascalia: Eh, esagerato!
Il falco passa e ripassa come una freccia sopra le teste dei due, che girano le teste a destra e a sinistra seguendolo.
FALCO – (stride)
Didascalia: E che vuole da me questo Dio?
FRATE CICCILLO – (stride)
Didascalia: Amore!
Dissolvenza.
[…] Sono nella piazza davanti alla chiesa di san Francesco, buonda nel dolce sole di maggio. Sul selciato, un passeretto cinguetta, fa piccoli voli, muove il capino, saltella […] Frate Ciccillo è in ginocchio, con gli occhi al cielo. Accanto a lui il fedele frate Ninetto, e, a una certa rispettosa distanza, tre o queattro vecchie.
FRATE CICCILLO – (al Signore) Speriamo che non sia dura come coi falchetti, Signore mio. Però, pure stavorta vojo fa voto de no’ spostà ‘sti pori ginocchi mia da indò l’appoggio, infinacché pure li passeretti nun saranno santificati… (fra sé) Speriamo che nun siano capoccioni… (e si batte familiarmente il pugno della destra contro il palmo della sinistra).
[…] Nella piazza di san Francesco, ci sono ora solo frate Ciccillo e frate Ninetto. Nel gran silenzio, frate Ciccillo sta facendo la prova generale del cinguettìo: e infatti egli cinguetta straordinariamente, con la grazia e la vivacità di un passeretto.
FRATE CICCILLO – (cinguetta alla perfezione)
Ninetto lo sta ad ascoltare incantato, e, imitandolo, riesce a cinguettare pure lui, abbastanza bene, tutto soddisfatto, con la felicità che gli sprizza dagli occhi.
FRATE CICCILLO – Ecco siamo pronti, rendiamo grazie al Signore…
Si fa il segno della croce, si raccoglie in preghiera. Poi, come ha fatto coi falchi, si alza e comincia cinguettando la predicazione.
FRATE CICCILLO – (predica cinguettando)
I passeri, in giro qua e là, però, sembrano non dargli retta. Pazienza. Bisogna continuare a invitarli, a richiamarli. E frate Ciccillo continua a cinguettare, con le braccia alzate, come un prete sul pulpito. Frate Ninetto lo scimmiotta, ma già con meno convinzione.
FRATE CICCILLO – (predica cinguettando)
FRATE NINETTO – Com’è nun se presenta nissuno?
FRATE CICCILLO – (con un po’ di stizza) Statte zitto! (e continua a predicare cinguettando)
Ma i passeri non gli danno retta: anzi, per colmo di disgrazia, come per una maligna determinazione diabolica, se ne volano via dalla piazza: e quei pochi che restano, frate Ciccillo non lo filano per niente. Frate Ciccillo dopo aver predicato cinguettando ancora un po’ si arrende. Una tremenda delusione, povero frate, è dipinta nel suo viso…
FRATE CICCILLO – (con un sospiro, quasi un tremito nella voce) Non rispondono… non rispondono… Mannaggia…
Il barbozzo gli trema, e quasi sta per piangere come un ragazzino.
FRATE CICCILLO – Non rispondono… Li possino ammailli…
[…] Ed ecco che il Signore gli fa presentare davanti Ninetto, il quale con un candore da far cascare le braccia gli fa:
FRATE NINETTO – A frate Ciccillo, posso giocà un pochetto a campana?
Frate Ciccillo non ha parole, e se la fila senza dire niente.
FRATE NINETTO – (un po’ offeso, giustificandosi) Un pochetto! Me so’ stufato… So’ du’ anni che nun gioco più!
FRATE CICCILLO – Gioca, gioca, fijo mio, che t’ho da dì? Tanto qua è un macello, semo daccapo a dodici…
Ed è ripreso da un tremito di pianto… Ninetto prende un sasso, e comincia a giocare: saltella su un piede solo, dando calcetti al sasso. Poi, chissà per quale ruzza che gli prende anziché limitarsi a dar calci al sasso, inventa, saltellando, ora su un piede ora su due, una specie di balletto […] E su lui che, stupidello e grazioso, saltella ballando, risuona un’altra volta la voce di frate Ciccillo:
FRATE CICCILLO – Ho trovato!
Frate Ninetto lo guarda, continuando col suo solito riso negli occhi, a saltellare ballando.
FRATE CICCILLO – Ho trovato! Ho trovato! Per Pasqua è tutto fatto! I passeri nun se parlano cinguettando, che baccalà so’ stato! Che baccalà!
Dissolvenza.
[…] E’ Pasqua. Le campane suonano festosamente nel cielo azzurro. Frate Ciccillo, questa volta, è veramente pronto alla predicazione. Si fa il segno della croce, solennemente imitato da Ninetto: e, raccolto e pio, si porta nel centro della piazza. Sta un momento concentrato, lì, come chiedendo un estremo aiuto al Signore, poi, tutt’a un botto, si tira su le gabbane del saio fino al ginocchio e comincia a saltellare: tic, tic, tic… Ninetto lo imita, come se imparasse il passo di un balletto, in principio inciampandosi, poi sempre con più grazia e disinvoltura. Frate Ciccillo continua a saltellare: tic, tic, tic… Ripete sempre lo stesso saltellino scimmiottato da Ninetto che è diventato un campione. Ed ecco, ecco che i primi passeri si avvicinanno, e cominciano a saltellare anch’essi: tic, tic, tic, tac, tac…
Didascalia (che traduce il linguaggio dei passeri): Chi siete? Che volete?
FRATE CICCILLO – (saltella)
Didascalia: Siamo servi del Signore, vogliamo portarvi la buona novella.
PASSERI – (saltellando)
Didascalia: Oh finalmente! Era tanto che l’aspettavamo!
FRATE CICCILLO – (saltella)
Didascalia: Questa è bella! Davvero?
PASSERI – (saltellando)
Didascalia: Eh sì, specialmente d’inverno, quando la neve copre tutto, e non si vede più una briciola di cibo in tutta la campagna.
FRATE CICCILLO – (saltella)
Didascalia: Un momento! Che razza di buona novella state aspettando, compari?
PASSERI – (saltellando)
Didascalia: Beh, la buona novella che ci annunci ammassi di miglio, di grano tenero, da farci diventare tutti grassi come tordi!
FRATE CICCILLO – (saltella)
Didascalia: Ahi ahi! Disgraziati! Ahi ahi, matti e orbi che non siete altro! Ahi ahi, quanta fatica dovrò durare a portare tra voi la vera buona novella!
PASSERI – (saltellando)
Didascalia: Beh? Che cosa vuole da noi questa vera buona novella?
FRATE CICCILLO – (saltella sentitamente)
Didascalia: Il digiuno!
PASSERI – (saltellando altrettando sentitamente)
Didascalia: Che? Che hai detto?
Dissolvenza.
[…] Baldanzosi, felici, col passo svelto e libero di chi ha la coscienza di aver fatto il proprio dovere, frate Ciccillo e frate Ninetto percorrono le campagne umbre, sotto il bel sole della loro più bella primavera […] Ma mentre frate Ciccillo viene avanti così pregando, e frate Ninetto gli viene appresso allegro anche lui come un cagnoletto, succede una cosa terribile. Rapida come tutte le disgrazie, che quando accadono sono irreparabili, e lasciano lì chi le soffre, a guardarsi intorno, senza sapere come capacitarsi. Un falco è lì che vola: ed ecco che si precipita verso terra, azzanna un passero, lo colpisce, lo uccide. E’ accaduto l’irreparabile; frate Ciccillo resta senza parole, senza fiato. A bocca aperta. Col dolore conficcato negli occhi come un coltello. Ninetto anche lui come terrorizzato. La cosa è stata così improvvisa e brutale che i due fraticelli non sanno che fare, che dire. Poi un sordo lamento, che a poco a poco si fa sempre più forte, esce dal petto di frate Ciccillo: e come sciolta da quel lamento misterioso e profondo che esce dai precordi, la sua faccia si anima, il barbozzo gli trema, il naso gli gocciola, gli occhi cominciano a lasciar cadere qualche lacrima. Poi frate Ciccillo non si trattiene più e comincia a piangere come un vitellino, come un ragazzino, disperatamente. Vedendo il suo maestro piangere a quel modo Ninetto si mette a piangere anche lui; poi, vedendo che piange come un ragazzino, un po’ gli scappa da ridere; e infine, vedendo che piange così disperato, piange disperatamente anche lui.
Dissolvenza.
[…] Preoccupato ma non stupito san Francesco ascolta quello che frate Ciccillo e frate Ninetto gli raccontano. Nel suo viso c’è la certezza inalterabile di chi è vicino a Dio. Frate Ciccillo e frate Ninetto gli stanno davanti disperati.
FRATE CICCILLO – Ecco, frate Francesco, noi i falchi l’avemo convinti, e mo’ i falchi come falchi l’adorano, er Signore; e pure li passeretti, l’avemo convinti, e pure ai passeretti, per conto loro, je sta bene, l’adorano, er Signore. Ma er fatto è che fra de loro… se sgrugnano… (con immenso dolore) s’ammazzano, a frate Francè… Che ce posso fà io se ce sta la classe dei falchi e la classe dei passeretti, che nun ponno annà d’accordo fra de loro? Che ce posso fa?
SAN FRANCESCO – Che ce puoi fa? Ma tutto ce puoi fa, co’ l’aiuto del Signore!
FRATE CICCILLO – Come sarebbe a dì?
SAN FRANCESCO – Sarebbe a dì che dovete insegnà a li falchi e ai passeretti tutto quello che nun hanno capito, e che voi dovevate faje capì!
FRATE CICCILLO – Come?
SAN FRANCESCO – Coraggio fratelli. Dovete ricomincià tutto daccapo…
Frate Ciccillo, e soprattutto frate Ninetto, lo guardano allibiti: ma frate Ciccillo tenta ancora debolmente di discutere.
FRATE CICCILLO – Ma i falchi so’ falchi, e i passeri so’ passeri… Nun c’è niente da fa, è la fatalità der monno…
SAN FRANCESCO – Bisogna cambiarlo, er monno, frate Ciccillo: è questo che nun avete capito! Andate, e ricominciate tutto, in lode del Signore!
[…]


“La sequenza del fiore di carta” (1967-1969)

RICCETTO – Che c’avete un cerino, per favore?
OPERAIO – Come, no? Ecco qua.
RICCETTO – Grazie. Ma a che servono ‘ste buche?
OPERAIO – Pe’ tirare avanti.
RICCETTO – Come profumate!
PASSANTE – Devo incontrarmi con la mia fidanzata.
RICCETTO – Ah, è pe’ questo? Fate bene… e i fiori?
PASSANTE – Eh… me li porta lei.
RICCETTO – Ma come, così vecchio ancora lavorate?
2° OPERAIO – E che, forse vengo a mangià a casa tua?
RICCETTO – A proposito, ciò ‘na fame, nonnetto mio!
2° OPERAIO – Eh… me pare ieri che ero come te.
DIO – Riccetto, Riccetto, ascoltami, mi senti? Mi senti? Ascolta Riccetto, è Dio che ti parla, Dio. Dio! Ancora non hai capito Riccetto? Ti sta parlando Dio. Mi ascolti adesso?
RICCETTO – No!
DIO – Eppure ti parlo chiaro. Fammi un segno, un segno solo e io capirò che vuoi ascoltarmi. Non mi senti? Sei sordo? Non hai orecchi per intendermi?
RICCETTO – (canticchia) Oh, famme montà.
CONDUCENTE – Dài, sta’ attento, sali!
RICCETTO – Lavori?
CONDUCENTE – Eh, tocca lavorà!
RICCETTO – Aaah! Io n’oo so, io non me ne intendo de ‘ste cose.
CONDUCENTE – Tu ciài ragione. Ma io ciò moije e un fijo. M’è nato tre giorni fa, ‘o sai?
DIO – Ti parlerò lo stesso Riccetto, anche se tu non mi vuoi fare alcun segno.
RICCETTO – Tanto er fijo beve er latte d’aa madre!
CONDUCENTE – Eh, ma tocca lavorà lo stesso.
RICCETTO – Mannaggia, io invece so’ senza lavoro. Mannaggia!
CONDUCENTE – Il bello del lavoro è la soddisfazione.
RICCETTO – Eh, sì.
CONDUCENTE – Quando so’ le cinque e cinque, che stacchi dal lavoro, nun c’è cosa più bella.
RICCETTO – Io staccavo alle otto!
RICCETTO – (canticchia) Donne muà, donne muà, do, do, do (rivolto a una rgazza) sei contenta, eh?
[Durante tutta la discesa del Riccetto per via Nazionale, in sovrimpressione sullo schermo compaiono immagini violente della cronaca e della storia contemporanea]
DIO – Ed ecco quello che voglio da te. Io voglio da te i tuoi frutti, i tuoi primi frutti. Quali sono questi frutti? I frutti del tuo sapere e del tuo volere. Che cosa sai, Riccetto? Che cosa vuoi, Riccetto?
RICCETTO – Eh, buon giorno, signor spazzino!
NETTURBINO – Ehi, Riccetto.
RICCETTO – M’hanno detto che state pe’ morì, è vero?
NETTURBINO – Eh, regazzì, mbè? Troppe scopate me devo fa’ ancora. Devo scopà tutta via Nazionale.
DIO – E’ vero, tu sei innocente, e chi è innocente non sa e chi non sa, non vuole ma io che sono il tuo Dio, ti ordino di sapere e di volere.
RICCETTO – (canticchia una canzone americana)
DIO – E’ contraddittorio, lo so, forse è anche insolubile, perché se tu sei innocente non puoi non esserlo, e se sei innocente non puoi avere coscienza e volontà. Di’, a chi ha parlato Cristo, il mio figlio, se non agli innocenti? E perché? Perché sapessero. Tu dirai come il fico che è presto, che è solo marzo, che non puoi dare i tuoi frutti, che li darai in settembre. Ma che discorsi sono questi. Marzo, settembre… per me, Dio, non sono che vuote parole. Se la fede fa muovere le montagne, figurarsi che importanza ha che sia marzo o settembre. Ascoltami Riccetto, ascoltami. Un solo cenno del tuo capo, uno sguardo verso il cielo mi basterebbe. Ascoltami, se non vuoi perderti. L’innocenza è una colpa, l’innocenza è una colpa, lo capisci? E gli innocenti saranno condannati, perché non hanno più il diritto di esserlo. Io non posso perdonare chi passa con lo sguardo felice dell’innocente tra le ingiustizie e le guerre, tra gli orrori e il sangue. Come te ci sono milioni di innocenti in tutto il mondo, che vogliono scomparire dalla storia piuttosto che perdere la loro innocenza. E io li devo far morire, anche se lo so che non possono far altro, io debbo maledirli come il fico, e farli morire, morire, morire.
RICCETTO – Che?
[Cade a terra, morto]