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Gianni Rodari - Lettere a Don Julio Einaudi, hidalgo editorial e ad altri queridos amigos



lunedì 20 novembre 2006 legge Sergio Ucciero
Dall’ archivio torinese della casa editrice Einaudi (fondata da Giulio nel 1933) – serie infinita di cartelle e faldoni ordinati, documentazione preziosissima - emergono schegge di corrispondenza con gli autori pubblicati. (“Pubblichiamo per schegge una nostra storia interna anche per far vedere come nascono i libri”, Roberto Cerati). Divertentissime sono le lettere di Gianni Rodari.
Non è facile arrivare alle questioni di denaro con la gente dell’editoria, che ha sempre l’aria di stupirsi quando un autore batte cassa invece che parlare di Proust. Ma nella mascherata i ruoli si ribaltano: la strategia del tapino in soggezione di fronte all’austera istituzione editoriale diventa un modo per raccontarsi e Rodari finisce per trattare i lettori delle sue lettere (Giulio Einaudi, funzionari editoriali, spesso scrittori in proprio) come se fossero piccoli lettori, bambini, da blandire e divertire, enfatizzando la propria indigenza e la propria disgrazia.
Sono gli anni sessanta e settanta, e tra il serio e il faceto riferimenti politici, manie culturali, ingerenze ecclesiastiche sono ben leggibili in filigrana… 




Caro Einaudi,

ho ricevuto le «filastrocche» e tocco il cielo con tutte e dieci le dita. Devo proprio dirle grazie dell’edizione bellissima, molto più bella di come potevo aspettarmela. Il libro rallegra piccoli e grandi solo a sfogliarlo e ispira una gran simpatia, credo di poterlo dire come se si trattasse del libro di un altro. In famiglia mi guardano e trattano con accresciuto rispetto, e per la prima volta posso chiudere la porta del mio studio (anche se ci vado a leggere un libro giallo). Insomma, ho ricevuto i calzoni lunghi: se ha dei nemici, disponga di me.
Suo
Gianni Rodari


Roma 10 aprile 1961

Sire!

Vi compiego i volantini di una manifestazione poetica in cui ho fatto propaganda ai vostri migliori libri, a Pisa, alcune domeniche fa, in un pubblico teatro, davanti a un quattro-cinquecento persone (per metà adulte) accorse al richiamo della mia fama e forse anche a quello dei cartoni animati. Mi si assicura che pubbliche letture del genere (con la precisazione, sui volantini e manifesti, dell’onorato nome dell’Editore) sono in preparazione in altre antiche e nobili città toscane ed emiliane. Sarà vero?
A recensioni, mi pare, tanto male non si va: la TV si è occupata della Maestà Vostra e di me ben due volte; una volta, a turno, il Messaggero, Il Caffè, Il Ponte, L’Espresso, per non dire di Vie Nuove, Noi Donne, Lavoro, Paese Sera, la rivista del movimento Montessori, Candido (giustamente preoccupato per il mortale colpo da noi inferto all’educazione nazionale). Carlo Levi ha promesso a degne persone che parlerà delle Filastrocche. Leggo che talune già sono state musicate a Torino: mi risulta che autorevoli canzonieri ne stanno musicando altre (adattate, s’intende) ad uso - pare, ma chissà…- nientemeno che dalla Divina. Cioè la Mina.
Un grosso intrigante mi ha chiesto versi per Modugno (chissà se lo conosce), i Fratelli Crespi mi hanno mandato degli assegni, adeguati al Corriere dei Piccoli, ma non al miliardo di Bonaventura. Che più?
Secondo me il libro meriterebbe il Premio Prato, che quest’anno è dedicato ad opere di poesia ispirate agli ideali della Resistenza. O Dio, i giudici potrebbero fingere di non apprezzare versicoli tanto dimessi, premiare versi più solenni e meno veri. Ma perché non tentare? Perché non aver fiducia nell’intelligenza dell’Uomo? I giudici sono Roberto Battaglia, Ugo Cantini, Cesare Grassi, Piero Jahier, Armando Meoni, Silvio Micheli, Arturo Carlo Temolo, Raffaello Ramat, Diego Valeri e Lemmo Vannini segretario.
L’opera deve essere edita in Italia dal 1 settembre 1958 al 31 luglio 1961.
Alla segreteria del premio, presso il Comune di Prato, Ufficio Premio Prato, debbono pervenire dieci copie del volume concorrente. Sinceramente, cosa ne pensate, Sire? Debbo concorrere? In tal caso debbo comprare altre dieci copie delle mie bellissime e famosissime, ma pur sempre costose filastroccole? Non scriverei tanti punti interrogativi se un grande esperto di premi letterari, nonché buon amico e affettuoso, Marcello Venturosi, non mi avesse detto – prima ancora che uscisse il bando – che secondo lui quel Premio nasceva per coronarmi d’alloro come una porchetta arrostita sottoterra. Egli mi incitava, anzi, a spedire per tempo le copie ai giudici: cosa di cui io in parte mi sono dimenticato e in parte vergognato. E come un ladro mi vergogno adesso; ma scopro il fascino dell’abisso, le deliziose torture della vanità. Ho perfino comprato le opere complete di Alain (tre volumi della Pleiade) per rafforzare la mia conoscenza delle passioni e per esercitarmi nell’introspezione.
Ah, Signore, qual destino il mio: non avendo fatto male a nessuno, eccomi oggetto di sarcastica invidia, da parte di tanti Giancarli Vigorelli, (dico per dire, magari non mi conosce affatto…); non essendo più ridicolo di tanti altri, eccomi celebre su Marte e Travet in patria: da anni vado chiedendo scusa al prossimo di tanta e tanto sterile fama, mi astengo dai viaggi all’estero, non rispondo alla posta. Che cosa si vuole da me? Il suicidio per eccesso di celebrità? Giammai: ho centomila altre ragioni per restare al mondo, e poi ho appena rifatto il motore della macchina, il dovere di un coscienzioso rodaggio mi trattiene.
Comprendetemi, Sire, non siate insensibile al grido di dolore eccetera eccetera.
Colgo l’occasione per augurare una bella primavera a Voi e a tutta la Reggia di Via Umberto Biancamano: tra poco sulla Prealpi fioriranno i narcisi e i mughetti, dando il cambio ai ciclamini e alle viole, ma non sarò io a coglierne. Troppo lontano da Roma, e non ho il tavolino e le sedie pieghevoli per il pic- nic.
Cordialità
Gianni Rodari

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Muy querido y distinguido hidalgo editorial señor don Julio Einaudi de Turin y Pinerol, marques de via Blancamano, mas dunque que Del Duca, ecc.
La presente, in apparenza, per rinnovare il doveroso ringraziamento alla Ditta il cui avallo mi portava testè alla gloria tripartita e ai lauri di Prato, pochi ma buoni, valevoli per una lavatrice Candy, un divano e due poltrone di cui mia moglie sentiva urgente necessità. Benché famoso agli antipodi, e rinomato tra kirghisi e kabardini del Caucaso, che cosa ero io nella repubblica delle lettere italiane se non un intruso, un clandestino, uno che l’ultimo mozzo d’equipaggio avrebbe potuto afferrare per un orecchio e gettare nell’oceano, sottovento perché le mie scarpe non gli ricadessero sul naso? Non ridete, grandi editori, e voi primi gentiluomini della Corte, belle dame d’ordine e di concetto: osservate pure al microscopio l’oggetto che sottopongo alla vostra attenzione: rivoltatelo da tutte le parti: è un cuore riconoscente.
Ma eccomi al vero scopo, al verace movente dell’epistola: che è di congratularmi con la Ditta per l’invio a Prato del mirifico e relazionifico Davico Bonino, da me attentamente osservato perché se gli dei non mi avessero assistito avrei potuto vestire i suoi panni. Dategli un’occhiata mentre circuisce il professor Raffaello Ramat, dapprima distraendolo con dotti e accademici discorsi a base di Varese e Caretti, per vibrargli poi tra capo e collo il colpo di grazia: nientemeno, che l’elogio di suo figlio, già assistente universitario a Torino, attualmente a Saarbruecken dove coltiva il vizio del sanscrito; glielo loda, glielo incensa, glielo spruzza di pepe, sale e cinnamomo, ne esalta la glottide di glottologo, si vanta suo amico e fratello di latte, fin che l’ottimo professore gli casca ai piedi, gli abbraccia le ginocchia, al giovane italianizant torinese, e lo scongiura di affidargli le missioni più pericolose. Stesso trattamento a Jahier, Micheli a sindaci e vigili urbani, borghesi e proletari, laici ed ecclesiasti: con il pifferaio di Hammelin se li tira dietro tutti, gli illustra le bellezze di Prato (ripassate in treno sulla guida Michelin), li costringe a giurare che c’è un solo Einaudi in cielo e in terra. Un encantador. Un successon. Cosa mai vista: un torinese disinvolto e dei toscani intimiditi. Scricchiolavano sinistramente nell’avello le ossa di Malaparte.
Nell’universale delirio, gli organizzatori del premio si dimenticano di preparare le corone d’alloro per i vati, i trombettieri non emisero squillo veruno. E io a pestare i piedi: o mi date un cavallo bianco, o non entro in sala.
Finalmente mi rassegno.
Tra gli applausi mi si consegna una busta vuota col mio nome. Al tasto afferro «la veritade espressa» (Ariosto). Gli altri poeti si affrettano ad aprire la busta, per mostrare l’assegno ai fotografi e cineoperatori. Io impassibile e severo. Sorpresa generale.
Le mie filastrocche sono state recitate un po’ da Meoni un po’ da Anonicelli. Ma che dico, Antonicelli! Giovanni Grisostomo, Franco Boccadoro. Un miele, una manna, una vodka all’arancio, un’orzata al tamarindo, un Cagliostro.
Tutti ipnotizzati. Se sulle teste dei giurati, in quel momento, si fosse disegnata un’aureola d’oro, se sulle scapole dei vigili fossero spuntate ali di Serafini e Cherubini, Troni e Dominazioni, nessuno se ne sarebbe meravigliato.
Una sola nota spiacevole. Il poeta e il Davico avevano già cenato a loro spese, ond’è che al pranzo ufficiale dovettero sedere in «cesso», come dice Dante, cioè in disparte, a consumare cassate, gelati, ananassi allo sciroppo ecc. Santo cielo, i giovani bisogna aiutarli, bisogna insegnargli quel che gli spetta.
In attesa del premio Nobel, un cordiale saluto, condito con una foglia d’alloro dal vostro
Gianni Rodari


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Capitale sociale ?oo.!!!.X21

Telefono 0,0017
Roma, 3257 settembre 1.961.749,3



Eccellenza,
io trasecolo – anzi, se me lo permette, esorbito. Ella mi chiede, in caratteri dattilografici di stupefacente nitidezza e perfetta marginatura, notizie dei miei raccontini: i quali, viceversa, giacciono tuttora inevasi presso codesta Santa Sede, affidati alle cure di un capitale sociale di L. 400.000.000 e di più telefoni, nonché alla lettura di Italo Giulio Bollati Calvino – persone di Sua e Mia totale fiducia, amici di diversa lunghezza, perfetto pendant di acuta bontà e cattiveria, vanto di Torino tutto e della Liguria in parte, che il mar circonda l’Alpe.

Alle loro decisioni trepidante mi attengo.
Alla loro attenzione nella mia trepidazione mi sostengo.
A coloro che sottrarranno la mia vecchiaia al Beato Cottolengo.
Della lettura campionissimi più che del pedale Costante Girardengo.

L’Eccellenza Vostra accolga in ogni caso, anche ankadmaleur, i miei più scelti e devoti ossequi.
Suo, e della Banca di Novara, aff.mo cliente
Gianni Rodari, PP/31

1 Premio Prato diviso in tre

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Roma 9 giugno

Caro Don Giulio
Ho avuto una copia dell’Osservatore Romano col benestare del Santo Padre alle nostre Favole al telefono, che il Concilio Ecumenico raccomanderà a tutti i predicatori.
Lunedì 18 il mio televisore ha presentato lodevolmente le suddette tavolette. Non so il vostro. Eventualmente vi mando una copia del mio, disegnata a mano da mia figlia.
Ora mi viene in mente che queste Favole sono senza contratto. E’ inaudito, e un tantino anche imperdonabile.
Si può rimediare?
Spero vivamente di sì. Come spero di poter ricevere presto il rimanente dell’anticipo (ho avuto 250.000 lire).
Non mi perito di dire che contavo su quel rimanente per le ferie. Comunque non mi appello al Giure ecc. ecc., ma solo all’amicizia: pensate ai miei figlioletti che chiedono pane, mare e Jugoslavia… Dimenticavo: sono stato a presentare i miei due libri Einaudi a Ferrara, per il ciclo Manifestazioni culturali della città di Ferrara (dopo Pasolini, Bassani ecc.). C’erano il prof. Ramat, il professor Varese e davvero una discreta folla. Vivo successo. Ho risposto alle domande del pubblico dalle 21 alle 24.
L’Ariosto e io, ormai, siamo culo e camicia, come si dice a Cusano Milanino.
Sempre vostro
Sempre abitante a Roma
Gianni Rodari

Sofferente di sciatica da molte settimane, = con quel che costano cortisone e B12.

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Roma 8-12-62



Caro comandante in capo, ufficiali, sottufficiali, uomini di truppa e vivandiere della casa editrice Einaudi,
istituirò il Thanksgiving Day, per ringraziare, una volta all’anno, delle belle e affettuose edizioni di cui vengo gratificato. Il 1962, poi, sarà ricordato come l’hanno d’oro in cui le strenne di Natale uscirono (per quanto riguarda il mio settore) addirittura prima della prima domenica di Avvento, cara al cuore pastorale del compagno Giovanni XXIII; e furono accompagnate da un festoso scampanio pubblicitario.
Parlando del libro, come se lo avesse scritto un altro direi che completa un trittico e chiarisce ulteriormente il caso: il Rodari, convincente riuscito e originale (nonostante y a pesar delle molteplici esperienze formali che riecheggiano quasi d’istinto) nelle «poesie per sbaglio» e in genere nei suoi versicoli, non dispone di una prosa altrettanto piena in ogni sua parte. Una prosa che non riesce a mettere la presa diretta se non raramente e con visibile fatica. La prosa, che impresa!
Per esercitarvisi finalmente un po’ sul serio egli sta riscrivendo le favole mitologiche greche, che offrono bell’e fatti intrighi, caratteri, situazioni: e le legge a sua figlia che ne è ghiotta (di storie greche, non di prose paterne, ahilui) controllando pazientemente l’effetto, per scoprire i punti dove il motore gira a folle, la frizione gratta, il cambio stride – del passeggero che il suo cammin ripiglia.
Sarebbe un lavoro magnifico, se desse da campare. L’altra settimana avevo un invito per Parigi. All’ultimo momento, invece di prendere il treno, ho preso la corriera e sono andato ad Abbadia San Salvatore, ho preso una stanza in albergo e ho fatto lo scrittore. Sorretto da un ottimo calorifero, da una cucina sana e non troppo piccante e dallo spettacolo della neve che cadeva fuori dalla finestra come in un presepio, scrivevo a macchina otto-nove ore al giorno, e così per sette giorni, e a venir via mi veniva da piangere. Di queste settimane purtroppo nella vita ne avrò poche. Il conto, per sette giorni, è stato di 20.700 lire, comprese tre telefonate a Roma. Il vino non era un gran che. La grappa, Nardini riserva, ma un po’ svaporata. In quello strano paese i minatori devono il Brandy Stravecchio Branca; ma gli abbadenghi, si sa, hanno sempre fatto repubblica.
Spero che qualche volta, durante i vostri viaggi romani, vi ricorderete di me e mi telefonerete: vorrei esporvi ordinatamente alcuni progetti. Salute e auguri a tutti, bacio le mani alle signore.
Gianni Rodari


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Roma 4-1-1963


Caro Don Giulio,



stavolta sono a bocca aperta e senza parole. La grossa Befana costruttiva, assolutamente imprevedibile, fuori di tutti gli oroscopi! Non mancherò descrivere le reazioni di mia figlia quando tornerà da Modena, dove la nonna emiliana la sta educando ai tortellini e al lambrusco. Naturalmente mi toccherà di rifare il pacco (sarà difficile: l’arte dell’imballaggio è per me tra le più misteriose).
Mia madre aveva les larmes aux yeux. Queste sono le sorprese che che uno o lo fregano (infarto) o lo fanno balzare su per le scale gridando: Caricaaaa!
Hai giurato di farti voler bene, vero? Lo volete in ginocchio, con bandiera bianca e senza l’onore delle armi il vostro
Gianni Rodari
schiacciato al suolo

Nella fretta di aprire il pacco mi sono infilzato le forbici nella mano sinistra ma il tetano non mi è venuto: sono già passate due ore, perciò sono salvo. Considero la puntura una giusta punizione degli dei perché a me idee così belle non vengono mai: segno che sono ancora più cattivo di quello che penso.

posto per le lagrime (in un riquadro)



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Si prega di citare Adorno nella risposta


Roma 11-4-1961
4-11-1964
19-64-411
(a scelta)
Caro e gentile amico,



ho ricevuto e letto con vivo interesse «Il libro degli errori, da lei pubblicato con un coraggio che onora le patriottiche tradizioni del Piemonte. Trovo in questo Rodari (a proposito, chi è?) un’autentica vena filosofica e del mio stesso parere sono alcuni ammiratori e discepoli del Teilhard de Chardin cui l’ho mostrato da lontano. Gli ambienti politici hanno subito afferrato le allusioni ai recenti fatti di Mosca e corre voce che nella federazione comunista di Avellino sia già sorto un movimento per «la via sbagliata al socialismo» .
Ottime le illustrazioni del professor Munari, ottimo il prezzo, che però – a mio modo di vedere – si sarebbe dovuto stampare a rovescio: 0002 L.
Per tornare ai nostri montoni (quelli del Rodari) ho l’impressione che il giovanotto abbia generosamente gettato in un solo libretto idee che sarebbero bastate per quattro o cinque libretti: «Le storie del professor Grammaticus», «I viaggi di Giovannino Perdigiorno», «Marco e Mirko», eccetera. Lo sciocco ragazzo se ne accorgerà più in là, quando per cavarsi un’idea dal cranio dovrà ricorrere alla trapanazione.
Perché non gli affida un «Manuale di fantastica», ovvero l’arte di inventare storie, con cinquanta ricette ad uso delle persone colte?

Si abbia, a volontà, i miei migliori saluti.
Suo
Gianni Rodari
Capitale interamente sperperato

Allegato – Nulla

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Roma, 2-2-66


Caro Editore,


oggi sono stato alla sede-covo di Mondadori, in via Sicilia, su invito di una simpatica e cara signora, Donatella Ziliotto, con la quale ho fatto conoscenza e amicizia da quando stava a Firenze, da Vallecchi e che ora, dall’Avversario in persona, dal Vecchio Arnoldo propriamente detto, è stata incaricata di preparare una collana periodica di paperbacks for teenagers. La signora Ziliotto voleva che io mi impegnassi per una collaborazione, io volevo sapere qualcosa del Grande Progetto. Il risultato del contrasto tra queste due Opposte Volontà (mi faccio prestare qualche maiuscola da Arbasino, per l’occasione) è il presente Rapporto:
Mondadri pensava a un pubblico dai dodici ai sedici anni, la Ziliotto pensa a un pubblico tra gli undici e i sedici anni (cioè, dai ragazzi agli «ye ye» con qualche puntata più sotto la linea che sopra).
L’Assalto alle Edicole comincerà in settembre-ottobre.
Uscirà un libro da 350 lire ogni settimana.
I titoli saranno raggruppati in quattro gruppi:
a) Narrativa (comprese Avventura, Giallo, Fantascienza se capiterà); narrativa « moderna», in grande prevalenza.
b) i Grandi – non però il solito David Copperfield, bensì quel tanto di Grandezza che può essere passato ai minorenni: compreso Thomas Mann; letteratura Adulta, non «adattata», ma scelta; classici e contemporanei;
c) Divulgazione Culturale (scienza, tecnica, storia ecc. Si tratterà quasi esclusivamente di traduzioni dal Patrimonio Divulgativo Anglo e Sassone).
d) Attualità – cioè sport (storia del calcio, autobiografie di campioni) cinema, canzoni (Dizionario della canzone ye ye, Vita dei Cantanti Illustri – dai Beatles in giù) carriere e professioni, reportages sull’Italia e sul mondo, viaggi, ascensioni ecc. ecc.
Questo settore è il più interessante, anche perché la signora Ziliotto è ben orientata, moderna e cripto-sinistra (ma non tanto cripto: ha scritto un bel libro sui negri, «Pelle nera»).
La signora Ziliotto mi ha detto che altri tre o quattro editori stanno preparando dei Classici per l’Infanzia da buttare nelle edicole.
Questo il Succo: un agente segreto non deve mai essere prolisso: se ti scrivessi una lettera di ventiquattro cartelle e poi ti capitasse di doverla inghiottire senza farti accorgere, come ne usciresti?
Naturalmente non ho preso nessun impegno personale. Le condizioni che fanno agli scrittori sono: il 5% sul prezzo, garantito per 40.000 copie (la tiratura di ogni titolo sarà inizialmente di 50.000); questo comporta a Conti fatti, e anche a Roma, Milano, Torino ecc., 700.000 lire garantite. Non è un gran che, ma non tutti sanno che scrivere libri si guadagna anche meno e che scrivere è faticoso.
Ho fatto il mio Dovere di Informatore? Riceverò una medaglia del Congresso? O dovrò ritirarmi a singhiozzare nell’Angolino della Spie?
Sento che è una giornata luttuosa, non mi permetterò di scherzare oltre.
Questi paperbacks saranno la nostra morte civile, la nostra Götterdämmerung. Posso ancora avere idee per un libro serio? Continuo a sperare che da grande farò lo scrittore.
Cari saluti
Gianni Rodari

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Roma 16-11-66


Caro Davico, 


io sarò a Bologna il pomeriggio o la prima sera del 3 dicembre. Partirò da Roma il primo del mese, ho degli appuntamenti a Milano. Fatemi sapere dov’è l’appuntamento, se prenotate voi la Hall del Grand Hotel ecc. Porterò qualche propostina scritta.
Il mio ufficio di segreteria mi segnala, a proposito della prossima «Torta in cielo»
a) che per detto libro, oltre a quelle contrattuali, mi occorrerebbe una ventina di copie, sul mio conto, da regalare; puoi segnalare la cosa a chi è in grado di prenderne nota in un posto sicuro e guardato a vista?
b) che per detto libro - ah! ah! - non abbiamo fatto nessun contratto .O ignari! Ma si fa così, si fa? Bisogna farne uno subito, di corsa.
E a proposito di contratti, non sarebbe il caso e l’ora di trattarmi un po’ meglio che a pesci in faccia? Il cinque per cento! Ripunto esclamativo-deplorativo: !
Fatevi l’autocritica, come io me la faccio.
Vedete se per la «Torta in cielo» potete aggiungere almeno un due o tre punti.

Tenete presente che sono assediato da editori diabolici e danarosi e che lo spirito è forte, ma la carne inferma, come dice S. Paolo (e cara, come aggiunge S.Agostino da Ippona).
Sto preparando un libro buono davvero. Un colpo, caro mio. Non perché lo farò io: lo dico come se lo facesse il mio peggior nemico (Massimo D’Azeglio) Me lo chiedono. Mi offrono sedie gestatorie d’oro e risvolti scritti da Oreste Macrì. Figaro qua, Figaro là, eccetera.
Mi sembra vostro dovere aiutarmi a tenere duro.
Faccio persino ginnastica tutte le mattine, per rafforzare le mie difese. Prendo un the di mentuccia tutte le sere (lassativo). Da domenica prossima andrò a cavallo nel bosco di Manziana. Cosa volete da me?
Basta col cinque per cento!
Vogliamo l’aumento!

Il mio maggiordomo mi fa presente che sarebbe opportuno chiedervi un rendiconto: l’ultimo risale alla Seconda Guerra Punica. Puoi trasmettere la sua istanza alle superiori gerarchie?
Levo il bicchiere, nel frattempo, alla didattica operativa, alla leale collaborazione tra i nostri due popoli e alla salute personale dell’Eccellenza Vostra!
Ciao
Gianni Rodari

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Roma 21-6-1968

Caro Fossati,


le rimando uno dei due fogliettini che mi ha gentilmente spediti: due erano veramente troppo, per me, la generosità altrui mi mette sempre in imbarazzo.
Non posso rimandarle l’assegno di mezzo milione perché se l’è tenuto un signore che stava dietro uno sportello a distribuire soldi ai visitatori (un momento di follia, senza dubbio: faceva molto caldo).
Debbo dire che altri signori, in quello steso ufficio, erano stati molto meno gentili e mi avevano fatto un sacco di storie fiorentine. Ho dovuto mostrare la mia pancera Gibbon, modello estivo, e una immagine benedetta dei Santi Apostoli Lenin e Mao, per farmi riconoscere: alla fine l’assegno è stato onorato e rispettato.
Appena fuori, sono stato aggredito da una anziana signora con tre braccia, autentico mostro psicoanalitico, che voleva i miei soldi e i miei calzini. Con santa pazienza le ho esibito il mio certificato di esenzione perpetua dal complesso di Edipo. Per rifarsi dello smacco, si è gettata su un turista egiziano e lo ha sbranato e mangiato pezzo per pezzo, tanto che un vigile ha dovuto ammonirla che, se continuava a baloccarsi sulle strisce pedonali, le avrebbe fatto la contravvenzione. Con le cinquecentomila ho comprato una partita di lecca-lecca, a cinque lire cadauno. L’ho rivenduta prima di sera con un guadagno netto di duecentocinquantamila. Come vede, cerco di far tesoro degli insegnamenti di Marcuse e di tener alto il nome della Ditta.
Circa la rateazione, avrei preferito duecentomila rate da sei lire, invece che sei da duecentomila, ma facciamo pure come ha detto lei. Dopo tutto, attacca l’asino dove vuole il padrone, provideant consules.
Cordialmente
Gianni Rodari

Poscritto: guardi che non è che io tenga apposta dei foglietti strappati per scrivere agli editori, si è strappato uscendo dalla macchina; le accludo il randellino, insieme ad un avviso pubblicitario di grande attualità.


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Roma 8-3-71

Caro Padrone 



Ho ricevuto, sì, il mio Struzzo telefonico.
Per me, entusiasmante. Oltre tutto, a 600 lire, anche i fumatori di trinciato forte potranno ora comperare le mie favole. Se non ho trasmesso prime segnali di gioia, la colpa è di una «radicolite all’arto inferiore sinistro» che mi tiene a letto, tra dolori atroci (ora per fortuna spenti) da un mese - che forse è una nevrite. Non so quando ne tirerò fuori i piedi. Mi cura un medico che si chiama Gospodinoff di cognome e Aldomir di nome. Capisco che la cosa ti sembrerà poco seria. Ma potevo mettermi nelle mani di suo fratello, che si chiama Bogio? O del terzo fratello, che si chiama Liuben? D’altra parte anche la malattia ha un nome frivolo: la radicolite, più che altro, sembrerebbe la materia prima per fare le pipe di radica; le famose cave di radicolite dei monti della Valganna, eccetera.
Per tornare allo Struzzo, grazie sul serio: mi sento talmente benvoluto e premiato dalla Casa, che se mi trovassi qualche passo più in là sul sentiero dell’arteriosclerosi mi metterei a piangere. Il coraggio di infilare il mio nome tra Lee Masters e Brecht io non l’avrei mai avuto. Avessi potuto mostrare il libro al caro Aldomir, forse mi avrebbe trovato una malattia dal nome più rispettabile. Cari saluti
Gianni Rodari