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Georges Perec, La vita. Istruzioni per l’uso


lunedì 17 novembre 2003 legge Federico Enriquez
"Caro Paolo,
Mi chiedi perchè, per la lettura al vostro circolo, ho scelto La vita. Istruzioni per l'uso, di Perec. Innanzi tutto perchè è un libro che ricordo con gioia (e spero di condividere con voi questo sentimento). Poi perchè è un libro fatto di tante, tantissime storie, grandi, meno grandi e minime. Quindi un assaggio è in sè significativo.
Ogni tanto si torna, con una persona cara, in luoghi che si erano già visitati da soli: sulle prime si è mossi da generosità (rendere partecipi altri di qualcosa), poi ci si accorge che, in questa scelta c'è anche egoismo: rivisitando il luogo se ne scoprono sempre nuovi aspetti - oltre a verificare le crepe della memoria. Lo stesso mi è capitato riprendendo in mano Perec: alcune cose le avevo dimenticate, altre poco apprezzate, altre rimosse, altre - allora – proprio non le avevo viste.
Mi accorgo che non avevo colto - o avevo immediatamente rimosso - aspetti a me molto vicini. Chi lavora in una casa editrice si occupa più di paratesti che di testi (indici di vario tipo, schemi illustrativi): bene Le Istruzioni sono una miniera di paratesti - in questo caso, ne sono certo, rigorosamente d'autore: la pianta dello stabile, di cui, nel libro, si racconta la storia, l'indice delle storie, la cronologia ecc.. Non a caso, con le pagine da leggere insieme, ti ho mandato parte di questi indici.
Nel vissuto di molte persone, come me, di origine ebraica, vi è la difficoltà di difendere l'esatta grafia e pronuncia del proprio cognome (nel mio caso Enriques vs. Enriquez). E' il problema di Cinoc, uno dei personaggi del libro; ma di lui ricordavo il mestiere (l'"ammazzaparole"), non l'origine etnica (come avevo rimosso l'origine ebraica di Perec stesso).
Torniamo al libro: è un contenitore di storie, brillanti, commoventi, strane, assurde, incomplete. E' un incitamento a guardare con attenzione, anche ai particolari minimi. I miopi, senza occhiali, perdono dei particolari. L'oculista corregge il loro difetto. Perec ci aiuta a correggere la miopia dell'anima, anzichè degli occhi. E poi il libro è un insieme di personaggi che vivono nell'attimo e di personaggi, come Bartlebooth, che hanno visioni globali: la bilancia dell'assurdo e della follia pende più dalla parte di questi ultimi: è un'"istruzione" non da poco.

Federico Enriques 




La vita  istruzioni per l’uso


Alla memoria di Raymond Queneau

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Guarda a tutt’occhi, guarda

Jules Verne, Michele Strogoff

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Le pagine 126 – 129

Valène impiegò degli anni per capire cosa cercasse esattamente Bartlebooth. La prima volta che andò a trovarlo, nel gennaio millenovecentoventicinque, Bartlebooth gli disse solo che voleva imparare a fondo l’arte dell’acquerello e che desiderava prendere una lezione al giorno per dieci anni. La frequenza e la durata di quei corsi privati fecero sussultare Valène che si trovava al settimo cielo quando aveva racimolato diciotto lezioni in un trimestre. Ma Bartlebooth pareva deciso a dedicare a quell’apprendistato il tempo che ci voleva e non aveva apparenti preoccupazioni finanziarie. Del resto, cinquant’anni dopo, Valène si diceva a volte che in fin dei conti quei dieci anni non erano poi stati così superflui, vista la completa mancanza di disposizioni naturali di cui Bartlebooth aveva subito dato prova.
Bartlebooth non solo non sapeva niente di quell’arte fragile che è l’acquerello, ma non aveva neanche mai tenuto in mano un pennello e poco di più una matita. Il primo anno, Valène incominciò quindi con l’insegnargli a disegnare e gli fece eseguire a carboncino, grafite e sanguigna delle copie di modelli con telaio quadrettato, schizzi di collocazione, studi tratteggiati con lumeggiature di gesso, disegni ombrati, esercizi di prospettiva. Poi, gli fece fare altri disegni a china o a seppia, imponendogli fastidiosi lavori pratici di calligrafia e mostrandogli come diluire più o meno le pennellate per porre valori di toni diversi e ottenere sfumature.
In capo a due anni, Bartlebooth riuscì a impadronirsi di queste tecniche preliminari. Il resto, affermò Valène, era semplicemente questione di materiale e di esperienza. Cominciarono a lavorare all’aperto, al parc Monceau, in riva alla Senna, al Bois de Boulogne inizialmente, e poi ben presto nei dintorni, fuori Parigi. Tutti i giorni alle due, l’autista di Bartlebooth – non era ancora Kléber, Fawcett, che aveva già servito Priscilla, la madre di Bartlebooth – andava a prendere Valène; il pittore trovava il suo allievo giudiziosamente equipaggiato con calzoni da golf, gambali, berretto scozzese e pullover jacquard nella grossa limousine Chenard e Walker nerobianca. Se ne andavano nella foresta di Fontainebleu, a Senlis, a Enghien, a Versailles, a Saint-Germain o nel valloncello di Chevreuse. Sistemavano fianco a fianco il seggiolino pieghevole a tre piedi detto “seggiolino Pinchart”, l’ombrellone con manico a gomito e puntale e il fragile cavalletto articolato. Con una precisione maniacale e quasi maldestra per troppa minuzia, Bartlebooth puntinava sulla sua tavolozza di frassino a fibre contrastate un foglio di carta Whatman grana sottile precedentemente inumidito sul retro, dopo aver verificato guardando in controluce il marchio di fabbrica che avrebbe lavorato sulla facciata giusta, apriva la tavolozza di zinco la cui faccia interna smaltata era stata accuratamente pulita alla fine della seduta del giorno prima e vi disponeva, con ordine rituale, tredici scodelline di colore – nero d’avorio, seppia, terra di Siena bruciata, ocra gialla, giallo indiano, giallo cromo chiaro, rosso vermiglione, lacca di robbia, verde Veronese, verde oliva, blu oltremare, blu cobalto, blu di Prussia – come pure qualche goccia di bianco di zinco di madame Maubois, si preparava acqua, spugne, matite, verificava ancora una volta che i pennelli fossero perfettamente astati, e la punta ben dritta, la pancia non troppo gonfia, i peli senza sciuffettature, e, lanciandosi, abbozzava con lievi tocchi di matita le grandi masse, l’orizzonte, i primi piani, le linee di fuga, prima di cercar di cogliere, in tutto lo splendore della loro immediatezza, dell’imprevedibilità, le metamorfosi effimere di una nuvola, la brezza che increspa la superficie di uno stagno, un crepuscolo nell’Ile-de-France, un volo di storni, la luna che s’alza su un villaggio addormentato, una strada orlata di pioppi, un cane che punta davanti a un macchione, eccetera.
Valène scuoteva quasi sempre la testa e con tre o quattro frasette – il cielo è troppo carico, non c’è equilibrio, ha fallito l’effetto, non esiste contrasto, dov'è l’atmosfera, non ci sono gradazioni, l’esecuzione è piatta, e via dicendo – sottolineate da cerchi e cancellature buttate con negligenza sull’acquerello, distruggeva senza pietà il lavoro di Bartlebooth il quale, senza dire una parola, strappava via il foglio dalla tavoletta di frassino, ne rimetteva un’altra ed era pronto a ricominciare.
All’infuori di questa pedagogia laconica, Bartlebooth e Valène non parlavano quasi. Anche se avevano esattamente la stessa età, Bartlebooth non sembrava assolutamente curioso di Valène, e Valène, pur se incuriosito dall’eccentricità del personaggio, stentava parecchio a interrogarlo direttamente. Pure, a più riprese, sulla via del ritorno, gli domandò perché si ostinasse tanto a voler imparare l’arte dell’acquerello. “E perché no?” rispondeva in genere Bartlebooth. “Perché” replicò un giorno Valène “al posto suo, la maggior parte dei miei allievi si sarebbe scoraggiata da parecchio tempo”. “Sono poi così asino?” domandò Bartlebooth. “In dieci anni, s’impara qualsiasi cosa, e lei lo farà, ma perché mai vuole impadronirsi a fondo di un’arte che, spontaneamente, le è totalmente indifferente?” “Non sono gli acquerelli che m’interessano, ma quello che voglio farne”. “E cosa vuol farne?” “Dei puzzle, naturalmente”, rispose Bartlebooth senza la minima esitazione.
Quel giorno, Valène cominciò a farsi un’idea più precisa di quanto aveva in animo Bartlebooth. Ma fu solo dopo aver conosciuto Smautf, e poi Gaspard Winckler, che fu in grado di valutare quella che era l’ambizione dell’inglese in tutta la sua estensione:
Immaginiamo un uomo la cui fortuna fosse pari solo all’indifferenza verso quello che generalmente la fortuna permette, e il cui desiderio fosse, con molto più orgoglio, cogliere, descrivere, esaurire, non la totalità del mondo – progetto che il suo stesso enunciato è sufficiente a mandare in rovina – ma un frammento costituito di quest’ultimo: di fronte all’inestricabile incoerenza del mondo, si tratterà allora di portare fino in fondo un programma, ristretto, sì, ma intero, intatto, irriducibile.
Bartlebooth, in altre parole, decise un giorno di organizzare tutta la sua vita intorno a un progetto unico la cui necessità arbitraria non avrebbe avuto uno scopo diverso da sé.
L’idea gli venne quando aveva vent’anni. Fu sulle prime un’idea vaga, una domanda che si poneva: cosa fare?, una risposta che si abbozzava: niente. Il denaro, il potere, l’arte, le donne, non interessavano Bartlebooth. Come neanche la scienza, né il gioco. Tutt’al più le cravatte e i cavalli o, se preferite, imprecisa ma palpitante sotto queste futili apparenze (anche se migliaia di persone ordinano efficacemente la loro vita intorno alle cravatte e in numero ancora superiore intorno ai cavalli della domenica), una certa idea di perfezione.
Che si sviluppò nei mesi, negli anni a seguire, articolandosi intorno a tre principi direttivi:

Il primo fu di ordine morale: non si sarebbe trattato di un’impresa o di un record, né di una cima da scalare o di un abisso marino da raggiungere. Quello che Bartlebooth avrebbe fatto non sarebbe stato spettacolare né eroico; sarebbe stato semplicemente, discretamente, un progetto, difficile certo, ma non irrealizzabile, controllato da cima a fondo e che, in compenso, avrebbe dominato, in ogni suo particolare, la vita di colui che vi si sarebbe dedicato.

Il secondo fu di ordine logico: senza alcun ricorso al caso, l’iniziativa avrebbe fatto funzionare tempo e spazio come coordinate astratte in cui si sarebbero iscritti con una ricorrenza ineluttabile degli avvenimenti identici inesorabilmente prodotti in una certa data, in un certo luogo.

Il terzo, infine, fu di ordine estetico: inutile, essendo proprio la gratuità l’unica garanzia del rigore, il progetto si sarebbe distrutto da solo nel corso stesso del suo divenire; la sua perfezione sarebbe stata circolare: una successione di avvenimenti che, concatenandosi, si sarebbe annullata: partito da zero, Bartlebooth allo zero sarebbe tornato, attraverso trasformazioni precise di oggetti finiti.
Così si organizzò in concreto un programma che possiamo in succinto enunciare così:
Per dieci anni, dal 1925 al 1935, Bartlebooth si sarebbe iniziato all’arte dell’acquerello.
Per vent’anni, dal 1935 al 1955, avrebbe viaggiato in lungo e in largo, dipingendo, in ragione di un acquerello ogni quindici giorni, cinquecento marine dello stesso formato (65 x 50, o 50 x 64 standard) raffiguranti porti di mare. Appena finita, ciascuna di quelle marine sarebbe stata spedita a un artigiano specializzato (Gaspard Winckler) che incollandola su un foglio di legno sottile l’avrebbe tagliata in un puzzle di settecentocinquanta pezzi.


Per vent’anni, dal 1955 al 1975, Bartlebooth, tornato in Francia, avrebbe ricomposto, nell’ordine, i puzzle così preparati, in ragione di nuovo, di un puzzle ogni quindici giorni. Via via che i puzzle sarebbero stati ricostruiti, le marine sarebbero state ristrutturate in modo da poterle scollare dal loro supporto, trasportare nel luogo stesso in cui – vent’anni prima – erano state dipinte, e immerse in una soluzione solvente da cui non sarebbe riemerso che un foglio di carta Whatman, vergine e intatto.
Così, non sarebbe rimasta traccia alcuna di quella operazione che, per cinquant’anni, aveva completamente mobilitato il suo autore.


La pagina 133

[...]
Il secondo oggetto era ancora più strano. Quando Grifalconi lo tirò fuori dalla cassetta imbottita, Valène credette di vedere un mazzo di coralli. Ma Grifalconi scosse la testa: nelle soffitte del castello de la Muette, aveva trovato le vestigia di un tavolo; il piano, ovale, meravigliosamente intarsiato di madreperla, era notevolmente ben conservato, ma la crociera centrale, una pesante colonna fusiforme di legno venato, si rivelò tutta tarlata; l’azione dei tarli era stata sotterranea, interna, suscitando mille canali e canalicoli pieni di legno polverizzato. Dall’esterno non traspariva niente di quel lavoro di smangiamento e Grifalconi vide ch’era impossibile conservare il piede originale il quale, quasi completamente svuotato, non poteva più reggere il peso del piano se non rinforzato dall’interno; di conseguenza, dopo aver ripulito mediante aspirazione i canali del loro contenuto polverulento, si diede a praticare delle iniezioni di un miscuglio semi liquido di piombo, allume e fibre di amianto. L’operazione riuscì ma fu subito chiaro che, pur consolidato, il piede continuava a essere troppo fragile e Grifalconi dovette decidersi a sostituirlo radicalmente. Fu allora che gli venne l’idea di sciogliere il legname residuo. Facendo così apparire l’arborescenza fantastica, la traccia precisa di quella ch’era stata la vita del tarlo in quel pezzo di legno, sovrapposizione immobile, minerale, di tutti i movimenti che avevano costituito la sua esistenza cieca, quell’ostinazione unica, quell’itinerario tenace, quella materializzazione fedele di tutto ciò che aveva mangiato e digerito, strappando alla compattezza del mondo circostante gli impercettibili elementi necessari alla propria sopravvivenza, immagine a nudo, visibile, infinitamente inquietante di quel cammino senza fine che aveva ridotto il legno più duro a un reticolo impalpabile di gallerie di polvere.


Le pagine 300 - 302

[...]
Com’era diventato Cinoc, Kleinhof? Cinoc non lo sapeva di preciso; l’unica cosa di cui era certo, è che un giorno la “f” finale era stata sostituita da quel segno particolare (ß) con cui i tedeschi scrivono la doppia “s”; in seguito, probabilmente, la “l” era caduta da sé o l’avevano cambiata in “h”: arrivando a Khinoss o Kheinhoss, e di là, forse, a Kinoch, Chinoc, Tsinoc, Cinoc, eccetera. In ogni caso, era del tutto secondario pronunciarlo in questo o quel modo.

Cinoc, che era allora sulla cinquantina, esercitava uno strano mestiere. Come diceva lui stesso, faceva l’”ammazzaparole”: lavorava all’aggiornamento dei dizionari Larousse. Ma, mentre altri redattori erano sempre alla ricerca di parole e significati nuovi, lui, per fargli posto, doveva eliminare tutte le parole e tutti i significati caduti in disuso.
Quando, nel millenovecentosessantacinque, dopo cinquantatré anni di scrupoloso servizio, andò in pensione, aveva fatto sparire centinaia e migliaia di attrezzi, tecniche, usi, costumi, motti, piatti, giochi, soprannomi, pesi e misure; aveva cancellato dalla carta geografica decine di isole, centinaia di città e di fiumi, migliaia di capoluoghi cantonali; aveva rispedito nel loro anonimato tassonomico centinaia di tipi di vacche, specie d’insetti, di uccelli e di serpenti, pesci un po’ particolari, varietà di conchiglie, piante non del tutto simili, tipi speciali di legumi e di frutti; aveva fatto svanire nella notte dei tempi legioni di geografi, missionari, entomologi, Padri della Chiesa, letterati, generali, Dei & Demoni.
Chi oggigiorno saprebbe cosa significava “vedettografo”, “sorta di telegrafo fra vedette che si comunicano”? Chi oggigiorno potrebbe immaginare che sia esistita per generazioni e generazioni forse “una mazza di legno sita in cima a un bastone per pigiare il crescione nei fossi inondati” e che questa mazza si chiamava schuèle (chu-èle)? Chi oggigiorno ricorderebbe il “velocimane”?

VELOCIMANE (s.m.)
(dal lat. velox-ocis, veloce, e manus, mano)
Apparato di locomozione, soprattutto per bambini, a forma di cavallo, montato su tre o quattro ruote, detto anche cavallo meccanico.

Dov’erano finiti gli “abuna”, metropoliti della Chiesa etiopica, le “palatine”, pellicce che le donne portavano sul collo d’inverno, così chiamate per via della principessa palatina che ne introdusse l’uso in Francia durante la minore età di Luigi XIV, e i “chandernagors”, quei sottufficiali letteralmente coperti d’oro che precedevano le sfilate nel Secondo Impero? Cos’era capitato a Léopold-Rudolph Von Schwanzenbad-Hodenthaler la cui brillantissima azione a Eisenühr aveva permesso a Zimmerwald di vincere la battaglia di Kisàszony? E Uz (Jean Pierre), 170 – 1796, poeta tedesco, autore di Poesie liriche, de L’arte di essere sempre allegri, poema didattico, e di Odi e Canzoni, eccetera? E Albert de Routisie (Basilea, 1834 – Mar Bianco, 1867). Poeta e romanziere francese. Grande ammiratore di Lomonosov, decise di andare in pellegrinaggio ad Arcangelo, la sua città natale, ma la nave naufragò poco prima di arrivare in porto. Dopo di che, la sua unica figlia ne pubblicò il romanzo incompiuto, I Cento Giorni, una scelta di poesie, Gli occhi di Melusina, e, con il titolo di Lezioni, un’ammirevole raccolta di aforismi che rimane la sua opera più compiuta. Chi saprebbe oggigiorno che Francesco Albergati Capacelli era un drammaturgo italiano nato a Bologna nel 1728, e che la porta di bronzo della cappella mortuaria di Carennac si deve al maestro fonditore Rondeau (1493 – 1543)?
Cinoc si mise a ciondolare per i lungosenna, frugando le bancarelle di libri usati, sfogliando romanzi a due soldi l’uno, saggi fuori moda, guide turistiche sorpassate, vecchi trattati di fisiologia, meccanica o morale, atlanti annosissimi in cui l’Italia appariva ancora come un mosaico di piccoli stati. Poi, prese in prestito dei libri nella biblioteca municipale del XVII arrondissement, in rue Jacques-Binjen, tirando giù dalle soffitte in-folio preziosi, manuali Roret, libri della Biblioteca delle Meraviglie, e vecchi dizionari: il Lachâtre, il Vicarius, il Bescherelle maggiore, il Larrive e Fleury, l’Enciclopedia della Conversazione redatta da una Società di Uomini di Lettere, il Graves e l’Esbigné, il Bouillet, il Dezobry e Bachelet. Infine, quando ebbe esaurito le risorse della biblioteca di quartiere, andò, fattosi ardito, a iscriversi a Sainte-Geneviève e si mise a leggere gli autori dei quali, entrando, vedeva i nomi incisi sulla facciata.
Lesse Aristotele, Plinio, Aldrovandi, sir Thomas Browne, Gesner, Ray, Linneo, Brisson, Cuvier, Bonneterre, Owen, Scoresby, Bennet, Aronnax, Olmstead, Pierre-Joseph Macquart, Eugénie Guèrin, Gastrifere, Phutatorius, Somnolentius, Trittolemo, Argalaste, Kysarchius, Egnatius, Sigonius, Bossius, Ticinensis, Baysius, Budoeus, Salmasius, Lipsius, Lazius, Isaac Casaubon, Giuseppe Scaligero, e perfino il De re vestiaria di Rubenius (1665, in –4°) dove gli fu spiegato fin nei minimi particolari cos’era la toga o veste sciolta, la clamide, l’efod, la tunica o mantello corto, la sintesi, la penula, la lacema con il suo cappuccio, il paludamentum, la pretesta, il sagum o cappa militare, e la trabea che, secondo il parere di Svetonio, era di tre specie.
Cinoc leggeva lentamente, annotava le parole rare, e a poco a poco il suo progetto prese corpo: decise di redigere un grande dizionario delle parole dimenticate, non per perpetuare il ricordo degli Akka, popolo nero nano dell’Africa centrale, o di Jean Gigoux, pittore di storia, o di Enrico Romagnesi, compositore di romanze, 1781 – 1851, né per tramandare in eterno lo scolecobroto, coleottero tetramero della famiglia dei longicorni, sottofamiglia dei cerambici, ma per salvare parole semplici che a lui continuavano a parlare.
In dieci anni ne raccolse più di ottomila, per le quali venne a iscriversi una storia oggi appena leggibile:

RIVELETTE (s.f.)
Altro nome del miriofilo o finocchio acquatico.
ARÉA (s.f.)
med. ant. Alopecia, tigna, malattia che fa cedere i peli e i capelli.
LOQUIS (s.m.)
Specie di chincaglieri di cui ci si serve per commerciare con i negri sulle coste africane. Piccoli cilindri di vetro colorato.
RONDELIN (s.m radice rond, rotundus)
Parola scherzosa usata da Chapelle per designare un uomo molto grosso:
Per vedere il bravo rondelin
Bisogno non v’è di cannocchiale
CADETTE (s.f.)
Pietra da taglio adatta alla pavimentazione.
LOSSE (s.f.)
Tecn. Attrezzo di ferro affilato e tagliente, semiconico, tagliato dall’alto in basso nel senso dell’asse e concavo all’interno. S’incastra come un embrice e serve per forare il cocchiume delle botti.
BEAUCÉANT (s.m.)
Stendardo dei Templari.
BEAU-PARTIR (s.m.)
Ipp. Bell’avvio del cavallo. La sua velocità in linea retta fino all’arresto.




La pagina 512

Aubervilliers, 263
Auckland’s Gazette and Hemisphere, 460
AUGENLICHT (Arnold), ciclsita austriaco, 361
Au pilori, 123
Aurore L’, 39
AUSTEN (Jane), romanziera inglese, 1775 – 1817, 338
Australasia, 471
Australia, 345 391 400 403
Austria, 99 163 433
Austria-Ungheria, 99
Autery, 445
AUZÈRE (Lubin e Noêl), architetti, 476
Avalon (California, U.S.A.), 347
Aveynat (ponte dell’), 361
Avignone, 154
Avvakum, 418
Avventure di Huckleberry Finn, Le, di Mark Twain, 472
Avventure di Re Babar, Le, di Jean de Brunhoff, 377
Avventure di Tom Sawyer, Le, di Mark Twain, 473
AYRTON, personaggio di Jules Verne, 34
Azincourt, 62
AZIZA, danzatrice del ventre, 493
Baatan (Filippine), 391
BABAR, personaggio di Jean e Laurent de Brunhoff, 377
Bab Fetouh (Marocco), 259
BABILÉE (Jean Gutmann, detto Jean), ballerino francese, 448
BACH (Johann Sebastian), compositore tedesco, 1685 – 1750, 111
BACHELET (Th.), lessicologo francese, 301
BACHELIER (Henri), 277
BACON (Francis), pittore irlandese, 438
Bagnols-surCèze, 150
Bagno turco, Il, di Ingres, 49
Bahamas, 403 431
Baia dell’Hudson, 208
Baignol et Farjon, marca di penne, 257
BAILLARGER (Florent), 418
Bali, 434 435
BALLARD (Florence), 114
Ballets de Paris, 448
Ballets Frère, 447
BALTARD (Victor), architetto francese, 1805 – 1874, 183
Baltico, 79
Baltistan, 418
Bamako, 285
Bamberga, 220
Banania, 71
Banca d’Hainaut, 410
B and A, cabaret di Las Vegas, 456
Bandar (Musulipatam, India), 64
Bank of Austrialia, 399
Bao Dai, 464
BARBENOIRE, agitatore politico, 366
BARBOSA-MACHADO (Diego), letterato portoghese, 1682 – 1770, 186
Barcellona, 381 403
Collegio di Santa Teresa di Gesù, 499
Bari, 477
Bar-le-Duc, 135
BARNAVAUX (Jules), 293
Barone rosso, Il, aviatore tedesco della prima guerra mondiale, 169
Baronne, La, soprannone di Berthe Danglars, 412

BARRETT, gangster americano, 367
BARRETT (Henry), 198
Barrocciaio, Il (The Carter), acquerello di Wainewright, 431
BART (Jean), marinaio francese, 1650 – 1702, 215
BARTHOLDI (Frédéric-Auguste), scultore francese, 1834 – 1904, 476
BARTLEBOOTH (James Aloysius), 400
BARTLEBOOTH (Johnathan), 400
BARTLEBOOTH (Percival), 12 18 25 28 29 31 32 35-37 41 43 44 49 50 62-65 67 70 76 77 90 105 124-129 136-138 171 183 207 208 229 233 242 256 259 260 283 343-349 355-357 378 394 398-402 414 430 431 440-443 458 498-501
BARTLEBOOTH (Priscilla, nata Sherwood), 105 126 400 430
BARTON (F.), esploratore inglese, 399
Basilea, 301 482-484

[...]



Le pagine 559-561 e la pagina 570

RIFERIMENTI CRONOLOGICI

1833
Nascita di James Sherwood.

1856
Nascita della contessa de Beaumont.
Nascita di Corinne Marcion.

1870
Nascita di Grace Twinker.
Boom delle pasticche pettorali Sherwoods’.

1871
Corinne Marcion a servizio a Parigi.

1875
Inizio della lottizzazione di rue Simon-Crubellier.

1876
Nascita di Fernand de Beaumont.

1885
Lubin Auzère finisce di costruire lo stabile,

1887
Terzo Congresso dell’Unione internazionale delle Scienze storiche.

1891
Furto del Vaso della Passione al Museo delle Antichità di Utrecht.

1892
Nascita di Marie-Thérèse Moreau.

1896
Hames Sherwood acquista il Vaso della Passione.

1898
Arresto di una rete di falsari in Argentina.

1900
Incontro di Corinne e Honoré Marcion all’Esposizione universale.
Morte di James Sherwood.
Nascita di Véra Orlovska.
Nascita di Cinoc.
Nascita di Percival Bartlebooth.

1902
Nascita di Léon Marcia.

1903
Caruso debutta al Metropolitan Opera

1904
16 giugno: Bloom’s Day.
Nascita di Albert Massy.

1909
Nascita di Marcel Appenzzell.

1910
Nascita di Gaspard Winckler.

1911
Nascita di Marguerite.
21 gennaio: arresto dei dirigenti pananarchici.

1914
26 settembre: morte di Olivier Gratiolet a Perthès-lez-Hurlus.

1916
Nascita di Hervé Nochère.

1917
Nascita di Clara Lichtenfeld.
Morte di Juste Gratiolet.
19 maggio: Augustus B. Clifford e Bernard Lehameau perdono il braccio sinistro nel bombardamento del loro Q.G.

1918
Esecuzione sommaria di tutti i maschi della famiglia Orlov; Véra Orlovska e la madre scappano prima in Crimea e poi a Vienna.

1919
Rémi Rorschash tenta, sotto vari nomi, di fare carriera nel music-hall.
Il signor Hardy apre un ristorante a Parigi e assume Henri Fresnel in qualità di cuoco.
Ottobre: Serge Valène si sistema in rue Simon-Crubellier.

1920
Nascita di Olivier Gratiolet.
Nascita di Cyrille Altamont.
Inizio dello sfruttamento dei giacimenti dell’Alto Boubandjida.

1922
Gaspard Winckler va a bottega dal signor Gouttman.

1923
8 maggio: Ferdinand Gratiolet arriva a Garua.
Léon Marcia si ammala.

1924
Henri Fresnel sposa Alice.
Albert Massy partecipa al Giro d’Italia, e poi al Tour.
Luglio: Adrien Jérome è promosso all’aggregazione di storia; destinato al liceo Pasteur, in ottobre si sistema in rue Simon-Crubellier.

[...]

1975
25 aprile: Bartlebooth viene a sapere che il cameraman incaricato di filmare la distruzione del 438° puzzle è morto.
Maggio: la Marvel House abbandona il suo progetto.
23 giugno: morte di Percival Bartlebooth.
15 agosto: morte di Serge Valène.




Le pagine 571 - 572

CENNI SULLE PRINCIPALI
STORIE RACCONTATE IN QUEST’OPERA

(Il numero rimanda al capitolo in cui la
storia appare generalmente per la prima
volta, ma non necessariamente nella sua interezza)

Storia dell’acrobata che non volle più scendere dal trapezio, 13
Storia dell’attore che simulò la propria morte, 34
Storia dell’attrice australiana, 79
Storia dell’ammiratore di Lomonosov, 60
Storia dell’americana eccentrica, 55
Storia dell’ex combattente delle Brigate internazionali, 45
Storia dell’ex veterinario innamorato di una marsigliese baffuta, 85
Storia dei vecchi portinai, 35
Storia dell’antropologo incompreso, 25
Storia dell’antiquaria e dei suoi orologi, 66
Storia dell’archeologo che credeva troppo nelle leggende, 2
Storia dell’archivista spagnolo, 80
Storia dell’aviatore argentino, 55
Storia dell’avvocato nevrastenico che abitava in Indonesia, 54

Storia del bassotto Freischutz, 59
Storia della bella italiana e del professore di chimica-fisica, 27
Storia della bella polacca, 57
Storia del gioielliere che fu assassinato tre volte, 50
Storia del botanico frustrato, 72
Storia del sellaio, di sua sorella e del cognato, 73
Storia del sellaio di Szczyrk, 60
Storia del pugile nero che non vinse mai un match, 40

Storia della cantante russa, 5
Storia del capitano che esplorò la Nuova Caledonia, 80
Storia del £direttore dei lavori” che ebbe una mano strappata, 7
Storia del capo magazziniere che raccolse le prove della sopravvivenza di Hitler, 91
Storia del chimico tedesco, 62
Storia delle cinque sorelle che fecero tutte successo, 89
Storia del clown di Varsavia, 57
Storia del conte di Gleichen, 10
Storia di una coppia di servitori che si conobbe all’Esposizione universale, 83
Storia del critico d’arte che cercò il capolavoro, 87
Storia del cuoco innamorato del teatro, 55
Storia della cuoca borgognona, 90

Storia della signora dai fagiolini, 35
Storia della signora che s’inventò delle nipoti, 89
Storia della ballerina che abortì, 88
Storia dell’arredatore costretto a demolire la cucina ch’era tutto il suo vanto, 65
Storia dell’ultima spedizione alla ricerca di Franklin, 44
Storia dei due giganti dell’industria alberghiera, 87
Storia dei due mercanti avari, 54
Storia del diplomatico svedese, 31
Storia della decana dello stabile, 20

Storia dell’esperto autodidatta, 39

Storia dell’artefice di puzzle, 8
Storia della famiglia Gratiolet, 21
Storia della cameriera che ebbe un figlio il cui padre non si conobbe mai, 83
Storia della moglie dell’artefice di puzzle, 53
Storia della donna che fece apparire il diavolo ottantatré volte, 65
Storia della donna che fondò una tipografia in Siria, 48
Storia della donna che gestì una bisca, 21
Storia dei festaioli che diedero un concerto mattutino, 92
Storia della fidanzata catturata dai barbareschi, 78
Storia della figlia del banchiere che voleva fare teatro, 55
Storia della ragazza troppo grassa e della sua torre, 40
Storia del cameriere di caffè, 61
Storia del nonno che si faceva la barba, 71
Storia dell’hamster privato del suo gioco prediletto, 81
Storia dell’alto funzionario diffidente e della moglie vendicativa, 86
Storia dell’uomo che acquistò il Vaso della Passione, 22
Storia dell’uomo che credette di scoprire la sintesi del diamante, 14
Storia dell’uomo che dipinse degli acquerelli e ne fece fare dei puzzle, 26
Storia dell’uomo che depennava parole, 60
Storia dell’uomo che saltò su una mina in Algeria, 58
Storia dell’uomo che volle fare fortuna importando pelli, 21
Storia di “Hortense”, 41

Storia del jazzista mai contento, 75
Storia della giovane coppia che acquistò una camera da letto, 98
Storia della giovane coppia che abitava nella casa dei suoceri, 30