lunedì 21 gennaio 2008 legge Nadia Urbinati | |
Walt Whitman, Leaves of Grass (Foglie d’Erba). Prima edizione 1855, rimaneggiata e accresciuta incessantemente dall’autore nelle otto edizioni che si succedettero fino al 1892, l’anno della morte di Whitman. La raccolta acquista dunque un significato filosofico pregnante: poesia come permanente creazione e metamorfosi, linguaggio dell’individuo autonomo. La terza edizione (1860) è per gli studiosi l'edizione più significativa perchè quella che Whitman ha organizzato per sottotitoli e titoli, dando alla raccolta una struttura organica. Essa é integrata con una serie di “Democratic Songs” o ballate seguite da un gruppo di liriche sottotitolato Leaves of Grass seguito due altri gruppi, Sons of Adam e di Calamus. Nell’ultimo gruppo Whitman annuncia la sua professione di fede panteista: democrazia é il nome di un modo di essere dell’individuo, della società e, infine, della natura; democrazia significa gioia della vita perchè coincide con l’esperimentare la vita.
Walt Whitman, Leaves of Grass (Foglie d’Erba)- traduzione di Ariodante Marianni. Brani scelti da Nadia Urbinati Inscriptions Epigrafi One’s Self I Sing -Canto il sé Canto il sé, la semplice singola persona, Ma aggiungo anche la parola Democratico, la parola In-Massa. La fisiologia da capo a piedi, canto, Né la fisionomia né il cervello sono degni da soli della Musa, la Forma completa é di gran lunga più degna. Canto imparzialmente la Femmina insieme al Maschio. La Vita immensa nella sua passione, impulso, e forza. Gioiosamente, per un più libero agire solo le leggi Divine. L’Uomo Moderno, io canto. 1867/1871 To Foreign Lands -Ai paesi stranieri Ho sentito che chiedete qualcosa che vi provi questo Enigma, il Nuovo Mondo. Che definisca l’America e la sua atletica Democrazia. Perciò vi mando I miei poemi perché troviate in essi Quanto vi occorre. 1860/1871 Beggining My Studies -Quando iniziai i miei studi Quando iniziai i miei studi mi piacquero molto i primi passi, La semplice realtà della coscienza, le forme, la facoltà del moto, Il piccolo insetto o l’animale, i sensi, la vista, l’amore; I primi passi, dico, mi sgomentarono e mi piacquero tanto Che a stento ho proseguito, a stento ho voluto andare oltre, E sempre mi fermo e mi attardo a cantarli in estatici canti. 1865/1871 Still Though the One I Sing Anche se l’uomo che canto Anche se l’uomo che canto (Un tutt’ unico, ma fatto di contraddizioni) io lo consacro al sentimento nazionale, Gli lascio la rivolta (oh latente diritto all’insurrezione! oh inestinguibile, indispensabile fuoco!) 1871/1871 Poets to Come -Poeti future Poeti futuri! Oratori, cantori, musicisti futuri! Non l’oggi mi può giustificare e chiarire chi sono, Ma voi, stirpe nuova, atletica, schietta, continentale, maggiore d’ogni altra conosciuta, Sorgete! Spetta a voi giustificarmi. Io scrivo solo una o due parole per indicare il futuro, Non avanzo che un attimo, per poi voltarmi e Riaffrettarmi nel buio. Io sono un vagabondo che non si ferma mai, che getta a caso uno sguardo su di voi e storna il viso, Lasciandovi il compito di analizzarlo e definirlo, Da voi aspettandovi cose più importanti. 1860/1867 Starting from Paumanok - Partendo da Paumaok 1. Partendo da Paumanok, l’isola a forma di pesce dove nacqui. Ben generato, allevato da una madre perfetta, Dopo aver vagabondato in molte terre, amante dei marciapiedi affollati. Abitante di Mannahatta, mia città, o di savane nel sud, Soldato accampato o in Marcia con zaino e fucile, minatore in California, vita rude Nella mia casa nei boschi del Dakota, mangiando carne, bevendo acqua di fonte, O appartato a pensare e a contemplare in qualche sperduto recesso, Intervalli rapidi e felici lontano dai clamori delle folle, Conoscitore del fresco, generoso, fluente Missori, del possente Niagara, Conoscitor delle mandrie di bufali nei pascoli in pianura, del toro irsuto dal forte petto, Esperto di terre, rocce, fiori del Quinto-mese, di stele, pioggia e neve, mio stupore, Avendo studiato il canto modulato del mimo-poliglotta, il volo del falco di montagna, Udito il tordo eremite, senza rivali, all’alba, dalle tuie, Solitario, cantando in Occidente, io intono il canto per un Nuovo Mondo. 2 Vittoria, unione, fede, tempo e identità, I patti indissolubili, l’opulenza e il mistero, L’eterno progresso, il cosmo, e la moderna cronaca. Questa, dunque, é la vita, Ciò che é venuto in superficie dopo tante doglie e convulsioni. Come strano! Come reale! Sotto I piedi il suolo divino, sopra la testa il sole. Guardate il globo che gira, I continenti-antenati si allontanano in gruppo, I continenti del presente e del futuro e soli, nord e sud con l’istmo in mezzo… Guardate, vasti spazi senza un’orma Cambiano come in un sogno, si riempiono rapidamente, Sfociano in loro masse innumerevoli, Ora sono coperti da quanto di meglio si conosce in fatto d’uomini, arti, istituzioni. Eccolo, proiettato nel tempo, Un uditorio per me che non ha termine. Avanzano con passo fermo e cadenzato, non si arrestano mai, Un susseguirsi di uomini, Americanos, cento milioni, Una generazione recita la sua parte e passa oltre, Un’altra recita la sua e passa oltre, Coi visi volti di lato o indietro verso di me per ascoltare, Verso di me con occhi retrospettivi. 3 Americanos! Conquistatori! Marce umanitarie! Davanti a tutti! Marce del secolo! Libertad! Masse! Per voi un programma di canti. I canti delle praterie, I canti del Mississippi dal lungo corso, fino al Golfo del Messico, I canti dell’Ohio, dell’Indiana, Iowa, Wisconsin, Minnesota, Illinois, Canti che escono dal centro del Kansas e di là equidistanti, Guizzano in fiamme palpitanti, incessanti, per tutto vivificare. 4 America, prendi le mie foglie, portale al Sud, al Nord, Da’ loro il benvenuto dovunque, perché sono tua prole, Abbracciale a Est e a Ovest, perché vorrebbero abbracciarti, E voi che le precedete, unitevi ad esse con amore, perché con amore si uniscono a voi. Ho studiato attentamente i tempi antichi, Mi sono seduto ai piedi dei grandi maestri, Che ora tornino, i grandi maestri, se questo é possibile, e studino me. Nel nome di questi Stati disprezzerei l’antichità? Ma questi sono i figli dell’antico, creati per giustificarlo. 5 Poeti, filosofi, artisti defunti, Martiri, sacerdoti, inventori, governanti da tempo scomparsi, Plasmatori di lingue in altre terre, Nazioni un tempo potenti, ora annientate, ristrette o desolate, Io non oso andar oltre se prima non ho riconosciuto, con tutto il rispetto, quanto avere lascito sparso quaggiù; L’ho esaminato attentamente, l’ho trovato ammirevole (standoci un po’ in mezzo), Penso che niente possa essere più grande, niente Meriti più di quanto esso merita, L’ho contemplato a lungo, intensamente, poi l’ho Messo da parte; Io sto al mio posto con i miei giorni, qui. Qui territori femminili e maschili, Qui eredi e ereditiere del mondo, qui la fiamma della materia, La spiritualità traduttrice, apertamente riconosciuta, La sempre protesa, la conclusione delle forme visibili, L’appagatrice, qui viene, dopo la lunga debita attesa, Sì, eccola che avanza la mia signora, l’anima. [.....] 7 Io sono un uomo semplice, credo in epoche, razze, qualità, Procedo nello spirito del popolo; Qui é ciò che canta una fede illimitata. Omnes! Omnes! Ignorino gli altri ciò che possono, Io scrivo anche il poema del male, celebro anche quella parte, Io stesso sono impastato di bene e di male, e così la mia nazione: affermo che il male in realtà non esiste (O, se esiste, esso é importante per voi, per il paese o per me quanto qualsiasi altra cosa). Anche io, seguendo molti e da altri seguito, inauguro una nuova religione, e scendo nell’arena [...] Niente é fine a se stesso, Io dico che tutto, terra e stelle del cielo hanno per fine la religione. Dico che nessun uomo é mai stato devoto la metà del dovuto, Nessuno ha mai adorato o venerato la metà del dovuto, Nessuno ha cominciato a pensare quanto divino sia egli stesso, e quanto certo é il futuro. Io dico che la vera e durevole grandezza di questi Stati dev’essere la loro religione, Altrimenti non avremo vera e durevole grandezza (Né carattere, né vita degni del nome senza la religione, Non patria, non uomo, non donna senza la religione). [....] 9 [...] Ascolta, sarò figlio – ascolta America, ascolta figlia o figlio, E’ arduo amare all’eccesso un uomo o una donna, eppure é una cosa che soddisfa, ed é grande, Ma c’’e qualcosa che é più grande, che fa che tutto coincida, Maestosa, di là dalla materia, spazza con mani assidue e a tutto provvede. 10 Sappi che unicamente per far cadere sulla terra i germi d’una più grande religione, Io canto i canti che seguono, ciascuno secondo la sua specie. Mio camerata! Perché tu condivida con me due grandezze, e una terza che cresce e le include, più risplendente, La grandezza della Democrazia e dell’Amore, e la grandezza della Religione [....] 12 Democrazia! Vicino a te una gola ora si gonfia e canta, gioiosamente Ma femme! Per i figli, dopo di noi e di noi, Per quelli che sono già qui e per quelli che verranno, Io, esultante d’esser pronto per essi, farò trillare le carole più forti e più superbe mai udite sulla terra. Comporrò canti di passione per dar loro la vita, E canti per voi criminali fuorilegge, perché vi scruto con occhi di consanguineo, e vi porto con me come ogni altra persona. Comporrò il vero poema della ricchezza, Per guadagnare al corpo e alla mente qualunque cosa aderisca e prosegua e non cada per morte; Diffonderò l’egotismo e mostrerò che é alla base di tutto, e sarò il bardo della personalità E mostrerò il maschio e la femmina perché tutti e due sono uguali, E organi e atti sessuali! Concentratevi in me, perché sono deciso a dimostrare una voce chiara e coraggiosa quanto voi siete degni, E mostrerò che nel presente non c’é imperfezione, né potrà esservi nel futuro, E mostrerò che qualunque cosa accada a chiunque può volgersi in meglio [....] 16 Sosto un momento sul mio cammino, Qui per te! Qui per l’America! Ancora esalto il presente, ancora annunzio il futuro degli Stati lieto e sublime, Quanto al passato pronunzio quel che l’aria conserva dei rossi aborigeni. I rossi aborigeni, Dai quali ereditammo, sillabati nei nomi, respiri naturali, rumori di pioggia e di venti, richiami d’uccelli e d’animali nei boschi, Okonee, Koosa, Ottawa, Monongahela, Sauk, Natchez, Chattahoochee, Kaqueta, Orinoco, Wabash, Miami, Saginaw, Chippewa, Oshkosh,Walla- Walla. Legando questi agli Stati, essi si fondono, scompaiono, caricando di nomi l’acqua e la terra. 17 Rapidi e in espansione, d’ora in poi, Elementi, razze, adattamenti, audaci, pronti e turbolenti, Un mondo di nuovo primordiale, prospettive di gloria incessante che si diramano, Una nuova razza che domini le precedenti e di gran lunga piú grane, con nuove lotte, Nuova politica, nuove letterature e religioni, nuove invenzioni e arti. Questo annuncia la mia voce – non dormirò più ma sorgerò, Voi oceani che siete stati calmi dentro di me! come vi sento, turbolenti, insondabili, preparate onde e tempeste senza conforti. [....] (1856) 1860/1881 Song of Myself - Canto di me stesso 1 Celebro me stesso, e canto me stesso, E ciò che assumo tu devi assumere Perché ogni atomo che mi appartiene appartiene anche a te. Io sto in ozio ed esorto la mia anima, Mi chino e indugio ad osservare un filo d’erba estivo. La mia lingua, ogni atomo del mio sangue, fatto da questo suolo, da questa aria, Nato qui da genitori nati qui e così i loro padri e così I padri dei padri, Io, ora, trentasette anni in perfetta salute, ora incomincio, E spero di non cessare che alla morte. Credi e scuole in sospeso, Un po’ discosto, sazio di ciò che sono, ma mai dimenticandoli, Accolgo il bene e il male, lascio che parlino a caso. Senza impedimenti, con originaria energia. […] 5 Credo in te, mia anima, l'altro che io sono non deve umiliarsi Di fronte a te né tu di fronte all’altro. Ozia con me sull'erba, libera la tua gola da ogni impedimento, Non parole, non musica non rima voglio, non convenzioni non conferenze, non discorsi, neppure i migliori, Solo la nenia mi appaga, il mormorio della tua voce a bocca chiusa. Penso a come una volta giacemmo, un trasparente mattino d'estate, E tu posavi il capo di traverso sui miei fianchi e ti voltavi verso di me dolcemente, E aperta la camicia sul mio petto, affondasti la tua lingua dentro al mio cuore nudo, E ti stendesti fino a sentire la mia barba, e ti stendesti fino a trattenermi i piedi. Rapidamente sorse e si diffuse intorno a me quella pace e quella conoscenza che va oltre ogni argomento terreno, E ora so che la mano di Dio è la promessa della mia, So che lo spirito di Dio è il fratello del mio spirito, Che tutti gli uomini venuti alla luce sono anche fratelli miei, e le donne sorelle ed amanti, E che la conchiglia della creazione è l’amore, E che sono infinite le foglie dritte o recline nei campi, E le brune formiche nelle piccole tane sotto di loro, i mucchi di sassi, il sambuco, la fitolacca, il verbasco. 6 Che cosa è l'erba? Mi chiese un bambino, portandomene a piene mani; Come potevo rispondergli? Non so meglio di lui che cosa sia. Suppongo che sia la bandiera della mia vocazione, fatta col verde tessuto della speranza. O forse é il fazzoletto del Signore, Un dono profumato e un souvenir lasciato di proposito cadere, Che porta il nome del proprietario in un angolo, sicché possiamo vederlo e domandarci di Chi può essere? O forse l'erba stessa é un bambino, il bimbo generato dalla vegetazione. O un geroglifico uniforme Che voglia dire, crescendo tanto in ampi spazi che in chiusi, Fra popoli neri e quelli bianchi, Canachi, Tuckahoe, Membri del Congresso, e gente comune, do a tutti loro lo stesso, e li accolgo tutti nello stesso modo. E ora mi sembra la bella chioma mai tagliata delle tombe. Ti userò con gentilezza, erba ricciuta, Forse traspiri dal petto di giovani uomini, Che avrei potuto amare, se li avessi conosciuti, Forse provieni dai vecchi, o dai piccoli anzitempo sottratti al grembo della madre, E ora ecco, tu sei il ventre materno. Quest’erba è troppo scura per uscire dal capo canuto delle nonne, Più scura delle barbe scolorita dei vecchi, E’ scura per venire dal roseo palato delle bocche. Oh nonostante tutto io sento il parlottio di tante lingue, E comprendo che non esce dalle bocche per niente. Vorrei poter tradurre gli accenni ai giovani morti, alle fanciulle, Gli accenni ai vecchi e alle madri, ai rampolli sottratti anzitempo al loro grembo. Che cosa pensate sia avvenuto dei giovani e dei vecchi? E che cosa pensate che sia avvenuto delle madri e dei figli? Vivono e stanno bene in qualche luogo, Il più minuto germoglio ci dimostra che davvero non vi é morte, E che se anche c’é essa conduce diritta alla vita, e non aspetta la fine per arrestarla, E che é cessata nell’istante in cui la vita è apparsa. Tutto continua e tutto si estende, niente si annienta, E il morire è diverso da ciò che tutti suppongono, e ben più fortunato. 7 Qualcuno ha mai pensato che nascere è una fortuna? Io mi affretto a informarlo, uomo o donna, che è una fortuna come morire, io lo so. Io oltrepasso la morte col morente, la nascita col neonato appena lavato, e non sono contenuto tra il mio cappello e gli stivaletti, E scruto oggetti multiformi, nessuno uguale all’altro, e tutti buoni, Buona la terra, buoni gli astri, buone ciò che sta con essi. Io non sono una terra né qualcosa che sta con la terra, Sono il compagno e l’amico della gente, che é immortale e insondabile come me, (Non sa quanto immortale, ma io lo so). Ogni specie per sé e per ciò che le appartiene; per me il mio é maschio e femmina, Sono quelli che furono ragazzi e che amano le donne, Per me é l'uomo orgoglioso e sente quanto punga l’altrui indifferenza, Per me é la ragazza l'innamorata e l'anziana zitella, sono le madri e le madri delle madri, Per me é la bocca che ha sorriso, gli occhi che hanno pianto, Sono i bambini e i genitori. Svestitevi! non siete colpevoli ai miei occhi, né vecchi né rifiutati, Se lo siete o non lo siete lo vedo anche attraverso il panno e la seta, E vado in giro, avido, tenace, instancabile, e non mi lascio mandare via. 13 Il negro regge salde le redini dei suoi quattro cavalli, la carrucola oscilla, al di sotto, tenuta da catene, Il negro che guida il lungo pesante carro della cava di pietre se ne sta alto e saldo su una gamba sulla sbarra traversa, La sua camicia azzurra fa risaltare il collo largo e l’ampio petto e scende libera sui fianchi, Il suo sguardo è calmo e autorevole, scosta la falda del suo cappello dalla fronte, Il sole cade sui suoi capelli crespi e sui baffi, sul nero delle sue membra lucide, perfette. Osservo quel gigante scolpito e lo amo, ma non mi fermo, Vado anch'io col traino. Io accarezzo la vita dovunque vada, che volga indietro o in avanti, Mi chino sulle nicchie appartate e sui subalterni, non trascuro nessuna persona e nessun oggetto, Tutto assorbendo in me a per questo mio canto. Buoi che scuotete il giogo e la catena, o vi fermate all'ombra delle foglie, che cosa esprimono i vostri occhi? Assai di più, mi sembra, di tutta la stampa che ho letto in vita mia. Nel mio vagare tutto il giorno, il mio passo talvolta spaventa l'anatra e il suo maschio, S’alzano insieme e volano lentamente in cerchio. Io credo in queste alate intenzioni, E riconosco che il rosso, il giallo e il bianco agiscono dentro di me, E ho idea che il verde e il viola e la cresta piumata siano intenzionali, E non disprezzo la tartaruga perché non é qualcos’altro, E la ghiandaia nei boschi perché non ha mai studiato la scala, eppure per me sa gorgheggia bene, E l'aspetto della puledra baia mi fa vergognare della mia scempiaggine. 16 Io sono dei giovani e dei vecchi, degli stolti e dei saggi, Incurante degli altri, riguardoso di tutti, Materno quanto paterno, bambino quanto adulto, Pieno di ciò che è volgare e di ciò che è fine, Uno della Nazione di molte nazioni, delle più piccole e delle più grandi, Uno del Sud e del Nord, un piantatore indifferente e ospitale lungo l'Oconee, Uno Yankee che da dritto per la sua strada e pronto a commerciare, le mie gambe più sciolte e più robuste salde sulla terra, Uno del Kentucky che cammina per la valle dell'Elkhorn sono, con i miei gambali di pelle di daino, uno della Louisiana o della Georgia, Un battelliere sui laghi e le baie lungo le coste, uno Hoosier, un Badger, un Buckeye, [….] Compagno degli zatterieri, dei carbonari, di chi ti tende una mano e ti invita a bere e a mangiare, Scolaro con i più semplici, insegnante con i più profondi, Un novizio agli inizi eppure esperto di mille stagioni, D’ogni casta e colore io sono, d’ogni rango e religione, Agricoltore, meccanico, artista, gentiluomo, marinaio, quacchero, Prigioniero, protettore, teppista, avvocato, medico, prete. A ogni cosa resisto molto meglio che alla mia diversità, Respiro l’aria ma ne lascio in abbondanza, E non incedo impettito, e sto al mio posto. (La tarma e le uova di pesce sono al loro posto, I soli splendenti che vedo e i soli oscuri che io non posso vedere stanno al loro posto, Il palpabile è al suo posto, e l'impalpabile è al suo posto.) 17 Questi, in realtà, sono pensieri d’ogni uomo in ogni epoca e luogo, non nascono con me, Se non sono vostri quanto miei non sono niente, o quasi niente, Se non sono l'enigma e la sua soluzione non sono niente, Se non sono vicini quanto sono distanti non sono niente. Questa è l'erba che cresce dovunque c'è l’'acqua e la terra, Questa è l'aria comune che bagna il pianeta. 18 Con musica forte io avanzo, con le mie trombe e i miei tamburi, E non suono marce solo per i vincitori, suono marce per chi gli sconfitti e gli uccisi. Vi hanno insegnato che è bene vincere le battaglie? Io dico anche che è bene soccombere, perché le battaglie si perdono col medesimo spirito con il quale si vincono. Io batto il mio tamburo per i morti, Per loro soffio nella tromba le mie musiche più forti e più allegre. Evviva coloro che sono caduti, E quelli i cui vascelli affondarono! E quelli che sono finiti in mare! E tutti i generali che hanno perso in combattimento, e tutti gli eroi sopraffatti! E gli innumerevoli eroi ignoti, uguali in tutto a quelli piú grandi! 20 Chi va là? Grossolano, bramoso, mistico, nudo, Come estraggo vigore dalla carne che mangio? Che cos’é l’uomo in fondo? Che cosa sono io? Che cosa sei tu? Tutto quello che decreto come mio dovete compensarlo con il vostro, Altrimenti ascoltarmi sarebbe tempo perduto. Io non piagnucolo quel piagnisteo sul mondo intero, Che i mesi sono vuoti, la terra pantano e immondizia. Il frignolio e il servilismo uniteli alle polverine per gli invalidi, il conformismo passi in quarta fila, Io porto il cappello come mi garba, in casa e fuori. Perché dovrei pregare? Perché dovrei venerare e seguire tante cerimonie? Avendo curiosato fra gli strati, analizzato fino al capello, ascoltato il parere dei medici e calcolato Minuziosamente, Non trovo grasso più amabile di quello che é attaccato alle mie ossa. In ciascuno ritrovo me stesso, nessuno maggiore, nessuno minore d’un solo chicco d’orzo. E il bene e il male che dico di me lo dico di loro. So d’essere sano e robusto, Verso di me perennemente fluiscono i convergenti oggetti dell’universo, Ciascuno é scritto per me, e io devo decifrare il loro Senso. So che sono immortale, So che questa mia orbita non può essere percorsa dal compasso del falegname, So che non svanirò come il cerchio tracciato nella notte dal tizzone d’un bimbo. So di essere augusto, Non mi tormento lo spirito perché rivendichi se stesso o sia capito, So che le leggi elementari non chiedono mai scusa, (Ritengo, in fin dei conti, di non comportarmi con piú orgoglio della livella con cui metto su casa). Esisto come sono, e ciò é sufficiente, E nessun altro al mondo é consapevole, io mi contento, Se ognuno e tutti sono consapevoli, sono ugualmente contento. [….] 21 Sono il poeta del Corpo e sono il poeta dell'Anima, Con me sono i piaceri del cielo e le sofferenze dell'inferno, I primi li innesto e li faccio crescere in me, le seconde le traduco in una nuova lingua. Sono il poeta della donna come dell'uomo, E affermo che è grande essere donna come é grande essere uomo, E che niente é più grande della la madre degli uomini. Io canto il canto dell'espansione o dell'orgoglio, Abiure e inchini ne abbiamo avuto abbastanza, Io mostro che la grandezza é soltanto sviluppo. Hai superato tutti gli altri? Sei il Presidente? È una cosa da nulla, anche più in là tutti possono andare, e andranno. 24 Walt Whitman, un cosmo, di Manhattan il figlio, Turbolento, carnale, sensuale, che mangia, che beve e procrea, Non un sentimentale, non uno che si sente superiore agli uomini e alle donne o se ne sta lontano da loro, immodesto. Svitate le serrature dalle porte! Le porte stesse, scardinate dagli stipiti! Chiunque umilia un altro umilia me, E quanto é detto o fatto alla fine mi torna. Attraverso di me l’afflato che urge e urge, attraverso di me la corrente e la lancetta. Io do la parola d'ordine primeva, il contrassegno della Democrazia. Per Dio! non accetterò niente di cui tutti non possano avere alle stesse condizioni. Attraverso di me le molte voci a lungo mute, Voci delle infinite generazioni di prigionieri e di schiavi, Voci degli ammalati e disperati e dei ladri e dei nani, Voci dei cicli di preparazione e aggregamento, E dei fili che uniscono le stele, e degli uteri e della Ssostanza paterna, E dei diritti di quelli che gli altri sottomettono, Dei deformi, dei futili, degli insulsi, dei disprezzati, degli sciocchi, Nebbia nell’aria, stercorari che rotolano la loro pallina. Attraverso di me le voci proibite, Voci di sesso e di lussuria, voci velate cui rimuovo il velo, Voci indecenti che schiarisco e trasfiguro. Io non mi premo le mie dita sulla bocca. Uso delicatezza tanto per le viscere come per la testa e il cuore, Il coito per me non è più osceno della morte. Io credo nella carne e nei suoi appetiti, La vista, il tatto, l’udito, sono miracoli, ogni mia parte e frammento è un miracolo. Divino io sono, dentro e fuori, e santifico ogni cosa che tocco o da cui sono toccato, L'odore di queste ascelle è un aroma più soave delle preghiere, E questa testa vale più delle chiese, e delle bibbie, più di tutti I credi. Se adorerò una cosa più che un'altra sarà l'estensione del mio corpo, o ciascuna parte di esso, Sarai tu, traslucida forma di me! Voi, recessi ombrosi e sporgenze! Tu, saldo vomere del maschio! Sarete voi, qualsiasi cosa rivolta a coltivare me! Tu, ricco mio sangue! Il tuo latteo ruscello, pallida spremuta di vita! Petto che ti preme su altri petti, sarai tu! Mio cervello, saranno le tue occulte circonvoluzioni! Radici dell’umido calamo odoroso! timido beccaccino di palude! nido che proteggi il duplice uovo! sarete voi! Sarai tu, fieno arruffato misto di testa, barba, muscoli! Gocciolante linfa d’acero, fibra di maschio grano, sarete voi! Voi, miei generosi soli! Voi, vapori illuminanti e adombranti il mio volto! Ruscelletti e rugiade di sudore, sarete voi! Venti che mi strusciate coi vostri salsi titillanti genitali! Sarete voi, ampi campi muscolosi, rami di viva quercia, fannullone amoroso sui miei sinuosi sentieri! Mani che ho stretto, volti che ho baciato, mortale che mai abbia toccato, sarete voi! Sono pazzo di me, vi sono in me tante cose e tutte voluttuose, Ogni momento e qualunque cosa accada mi fa trasalire di gioia, Non saprei dire come si flettono le mie caviglie, né dove ha origine il mio flebile desiderio, Né la causa dell’amicizia che emano, né di quella che accolgo. Se salgo le scale alla mia porta, mi fermo a pensare se ciò accade davvero, Una campanula alla mia finestra mi soddisfa più che la metafisica dei libri. Guardate l'alba! La poca luce sbiadisce le ombre diafane e immense, L'aria sa di buono al mio palato. Sollevamenti del mondo che muove con balzi innocenti in silenziose ascese, trasudanti freschezze, Obliquamente guizzanti in alto e in basso. Qualcosa che non vedo spinge in alto punte libidinose, Mari di succo splendente inondano i cieli. La terra accanto al cielo con cui stava, la conclusione quotidiana della loro unione, La sfida lanciata da oriente in quel momento sopra la mia testa. Il beffardo sberleffo. Considera dunque se sarai il padrone! 1855/1881 Children of Adam - Figlio di Adamo As Adam Early in the Morning. – Come Adamo presto al mattino. Come Adamo di prima mattina, Usciva all’aperto ristorato dal sonno, Guardate dove passo, ascoltate la voce, avvicinatevi, Toccatemi, posate la palma della mano sul mio corpo mentre passo, Non abbiate paura del mio corpo. 1861/1867 Calamus -Calamo To a Stranger. -A uno sconosciuto. Sconosciuto che passi! Tu non sai con che desiderio ti guardo, Devi essere colui che io cercavo, o colei che cercavo (mi arriva come un sogno), Sicuramente ho vissuto con te in qualche luogo una vita di gioia, Tutto ritorna, fluido, affettuoso, casto, maturo, mentre passiamo veloci uno vicino all’altro, Sei cresciuto con me, con me sei stato ragazzo o ragazza, Ho mangiato e dormito con te, il tuo corpo non è più solo tuo né ha lasciato che il mio restasse mio soltanto, Mi dai il piacere dei tuoi occhi, del tuo volto, della tua carne, passando, in cambio prendi la mia barba, il mio petto, le mie mani, Non devo parlarti, devo pensare a te quando siedo in solo nella notte, Devo aspettare, perché t’incontrerò di nuovo, non ho dubbi, Devo vedere come non perderti più. 1860/1867 This Moment Yearing and Thoughtful In questo momento in cui siedo pensoso e solitario In questo momento, in cui siedo pensoso e solitario, struggendomi, So che alti uomini, in altre terre, sono pensosi e si struggono, E che potrei vederli, alzando gli occhi, in Germania, in Italia, in Francia, Spagna O piú lontano, in Cina, in Russia, in Giappone, parlando altri dialetti, E so che se potessi conoscere quegli uomini saprei attaccarmi ad essi come gli uomini delle mie parti, E so che ci ameremmo e saremmo fratelli, So che sarei felice insieme a loro. 1860/1881 I Hear It War Charged Against Me -Sento che me si accusa Sento che mi si accusa di voler sovvertire le istituzioni, In verità io non sono né a favore né contro le istituzioni, (Come può essere? Che cosa ho in comune con esse? O con il loro sovvertimento?) Io vorrei solo fondare a Mannhatta e in ogni città di questi Stati, costieri o dell’interno, E nei campi, nei boschi, e su ogni nave piccola o grande che solchi le acque, Senza edifici e regole, senza amministratori, senza nessun dibattito, L’istituzione del caro amore dei camerati. 1860/1867 A Song of the Rolling Earth - Un canto della terra che gira […] 2 Chiunque tu sia! Impulsi e riflessione sono per te specialmente, Per te il divino vascello naviga il mare divino. Chiunque tu sia! Tu sei colui o colei per cui la terra é solida e liquida. Sei colui o colei per cui il sole e la luna sono sospesi in cielo, Perché nessuno più di te é il presente e il passato, Nessuno più di te é l’immortalità. Ciascun uomo per sé, ciascuna donna per sé, é parola del presente e del passato, e la vera parola dell’immortalità, Nessuno può acquistare per un altro – nessuno, Nessuno può crescere per un altro – nessuno. Il canto é per il cantante, e torna a lui soprattutto, L’insegnamento é per l’omicida, e torna a lui soprattutto, Il furto é per il ladro, e torna a lui soprattutto, L’amore é per l’amante, e torna a lui soprattutto, Il dono é per il donatore, e torna a lui soprattutto – non può fallire, Il discorso é per l’oratore, la recita per l;attore o per L’attrice, non per il pubblico, E nessun uomo concepisce grandezza e bontá alcuna, tranne la propria, o l’indicazione della propria. […] 1856/1861 Reconciliation - Riconciliazione Parola che superi ogni altra, bella come il cielo; E’ bello che la Guerra con tutte le sue carneficine debba col tempo completamente scomparire, Che le mani delle sorelle Notte e Morte lavino silenziose ancora e sempre questo sudicio mondo; Perché é morto il mio nemico, é morto un uomo divino come me, E io lo guardo,giace pallido e immoto nella bara – mi avvicino, Mi curvo e sfioro con le labbra il suo pallido viso nella bara 1865-6/1881 For You O democracy. -Per te democrazia. Vieni, renderò il continente indissolubile, creerò la più splendida razza su cui il sole abbia mai brillato, creerò divine terre magnetiche, con l’amore dei compagni, con il diuturno amore dei compagni. Pianterà la fratellanza, folta come gli alberi lungo i fiumi dell’America, e lungo le sponde dei grandi laghi, e su tutte le praterie, renderò inseparabili le città con le braccia l’una al collo dell’altra, con l’amore dei compagni, con il virile amore dei compagni. Per te questi da parte mia, democrazia, per servirti, mia donna! Per te, per te faccio vibrare questi canti. |
I testi di tutte le letture fatte dall'associazione ogni lunedì sera dal 2001 al 2013, prima presso l'Arci Villone di via Bastia, poi al Circolo Pavese di via del Pratello. A Bologna. Su ideazione di Paolo Bollini e Isa Speroni.