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Etica – Teatro dei prodigi e delle miserie-L’attore creativo-Il Performer - Konstantin S. Stanislavskij-Jerzy Grotowski






lunedì 18 ottobre 2004 leggono Paolo Billi e Brunella Torresin
“Non si può entrare in teatro con le scarpe sporche”, un titolo chiave, proveniente da Stanislavskij (Mosca 1863 – 1938). Il significato del teatro. “Ordine, disciplina, etica, ecc., non ci servono soltanto per la causa comune, ma fondamentalmente per gli obiettivi artistici della nostra produzione. La prima condizione per ottenere la pre-disposizione al lavoro è l'osservanza della massima ama l'arte in te stesso e non te stesso nell'arte".
Le parole del fondatore Stanislavskij sono anche quelle che sostanziano il teatro di Paolo Billi, il suo metodo, applicato nei lavori laboratoriali del quartiere Pilastro, per nove anni (a fare memoria della Uno bianca), e nei lavori coi ragazzi carcerati del Pratello.
Il testo di Teatro dei prodigi e delle miserie, scritto insieme a Brunella Torresin, raccoglie alcune scritture dei ragazzi dell'Istituto Penale Minorile, realizzate nel corso di uno specifico Laboratorio di scrittura. Questo lavoro consente di vedere la stratificazione, in diverse fasi, del lavoro di laboratorio teatrale.
Ma cosa sia il lavoro del teatro proposto da Paolo Billi si può infine vedere in filigrana attraverso la lettura di alcune pagine di uno degli ultimi scritti di Jerzy Grotowski, Maestro del teatro del Novecento, del quale Paolo Billi è stato allievo.


Konstantin S. Stanislavskij ETICA

Immaginate di essere venuti nel teatro per recitare una parte importante. Lo spettacolo comincia fra mezz'ora. Nella vita privata avete molte preoccupazioni e dispiaceri. a casa vostra è successo qualcosa. C'è stato un ladro. Poco fa vi ha rubato il cappotto e il vestito nuovo. In questo momento avete ancora un'altra preoccupazione: appena entrato nel camerino vi siete accorto di aver lasciato a casa la chiave dello scrittoio dove tenete i soldi. E domani c'è la scadenza dell'affitto! E poi c'è ancora una lettera da casa - vostro padre è malato. Questo vi angustia molto: prima di tutto perché lo amate molto, e poi perché vi verrebbe a mancare l'aiuto materiale se gli capitasse qualcosa - la vostra paga nel teatro è scarsa...
Ma la cosa più spiacevole sono i rapporti cattivi che hanno con voi i vostri colleghi e la direzione del teatro. I vostri colleghi non perdono occasione per prendersi gioco di voi e si permettono di farvi scherzi spiacevoli durante la rappresentazione: sia che omettano di proposito una battuta, sia che cambino inaspettatamente l'arrangiamento, sia che, durante la recita, vi sussurrino qualcosa di offensivo o di indecente.. E per di più siete timido, e diventate insicuro...
Ora vi presenterò un quadro diverso: rimangono le circostanze della vostra vita privata, cioè le seccature familiari, la malattia di vostro padre, e il resto; ma nel teatro vi aspetta qualcosa di completamente diverso: tutti i membri della famiglia degli attori credono in quello che si dice nel mio libro La mia vita nell'arte. Là si dice che noi attori siamo persone fortunate; perché nell'intero mondo smisurato, il destino ci ha concesso alcune centinaia di metri cubi: il nostro teatro, in cui possiamo crearci la nostra propria vita artistica, speciale, magnifica, che trascorre per la maggior parte in una atmosfera creativa, nei sogni e nella loro realizzazione scenica, nel lavoro artistico collettivo, in comunione costante col genio di Shakespeare, Gogol, Molière e altri!
Non basta questo a farne un meraviglioso angolo di mondo?
E' chiaro, quindi, quale di queste due varianti ci piace... Non ci sono chiari, invece, i mezzi per la sua realizzazione.
Sono molto semplici. Proteggete il vostro teatro da tutto ciò che è male, e appariranno da sé le condizioni favorevoli al lavoro e alla sensibilità scenica che ne ha bisogno.
E non si può entrare nel teatro con le scarpe sporche. Scollate via polvere e sporco prima di entrare. Entrando lasciate fuori le soprascarpe e tutte le piccole preoccupazioni, i litigi, le seccature che vi rendono la vita difficile e vi distraggono dall'arte. Schiaritevi la gola prima di entrare nel teatro. Dopo che siete entrati non potete più sputare in ogni angolo. Ma gli attori, nella stragrande maggioranza dei casi, trasportano da tutte le parti nel teatro ogni possibile meschinità, pettegolezzi, intrighi, calunnie, invidia, egoismo meschino. Il risultato è, non un tempio dell'arte, ma una sputacchiera, una pattumiera, un mondezzaio....
Bene. Supponiamo che sia impossibile liberarsi del tutto dalle meschinità quotidiane della vita. Ma sicuramente è possibile dimenticarle per un certo periodo di tempo, lasciarsi distrarre da qualcosa di interessante. Bisogna voler questo, risolutamente e consapevolmente...
Se questo è superiore alle vostre forze, allora, per favore, tornate a vivere tra le discordie domestiche, ma da soli, e senza rompere l'anima agli altri!...
Ognuno vorrebbe dividere con gli altri le sue preoccupazioni, sgravarsi l'animo!...
Una volta per tutte bisogna capire che è maleducazione lavare i panni sporchi davanti a tutti, che in questo modo si mettono in mostra la mancanza di controllo, la mancanza di rispetto verso chi ci sta vicino, l'egoismo, l'indisciplina e le cattive abitudini... Una volta per tutte bisogna lasciare da parte l'autocommiserazione e il disprezzo di sé...
Pensate un po' di più agli altri e un po' di meno a voi stessi. Prendetevi cura dell'atmosfera comune e del lavoro comune. E allora starete bene anche voi...
Chi è più libero? Chi si rinchiude nella sua indipendenza, o chi, dimentico di sé, si preoccupa per la libertà degli altri?...
Tutti i membri della famiglia del teatro si debbono adoperare affinché voi stiate bene all'interno dei muri del teatro. Allora si crea un'atmosfera in cui si superano i malumori e si dimenticano le piccole preoccupazioni della vita quotidiana. In tali condizioni il lavoro vi riuscirà facile.
Questa disponibilità al lavoro, questa condizione d'animo elevata, io la chiamo, con parole mie, "pre-disposizione al lavoro". Bisognerebbe sempre arrivare nel teatro con questo stato d'animo. Ordine, disciplina, etica, ecc., non ci servono soltanto per la causa comune, ma fondamentalmente per gli obbiettivi artistici della nostra produzione. La prima condizione per ottenere la "pre-disposizione al lavoro" è l'osservanza della massima "ama l'arte in te stesso e non te stesso nell'arte".

(Kostantin S. Stanislavskij, L'attore creativo, a cura di Fabrizio Cruciani e Clelia Falletti, Firenze, La Casa Usher 1980, pp. 161-164)



TEATRO DEI PRODIGI E DELLE MISERIE
(Carcere Minorile del Pratello, 2003)
Drammaturgia di Paolo Billi e Brunella Torresin

liberamente ispirato alla Tempesta di W. Shakespeare

PERSONAGGI

Duca nuovo signore dell’Isola Halit
Anna figlia di Duca Anita

Lena factotum di Duca Laura

Re boss rivale di Duca Fan
Ferdinando figlio di Re e innamorato di Anna Hamid

Baron consigliere di Re e amico di Duca Cristina
Conte figlioccio di Baron Nelson

Cavallo fratello di Re, amico di Fante Halid
Fante fratello di Duca, amico di Cavallo Nikolaj

Tristan senzadimora, al servizio di Re Ernesto
Robinson senzadimora, al servizio di Re Jodi

Tosh capo indigeno dell’Isola, guardiano del tempio
Andrea

Spirtò indigeno, guardiano del tempio Lin
Ragna indigeno, guardiano del tempio Fuad
Bertin indigeno, guardiano del tempio Wan
Fiore indigeno, guardiano del tempio Federica

Prodigio Primo visione Salvatore
un estraneo Alfonso
un estraneo Salvatore

SCENA 1
Sopra le teste del pubblico sono tirate delle vele bianche. Buio.
Squarci di luce. Si odono rumori di tempesta.
Nell’oscurità si rincorrono le voci, mentre si riavvolgono le vele, sopra le teste del pubblico.

Presto!
Via di là!
Tu! Va via! Di là!
Svelti, svelti!
Togliete le vele .
Voialtri state fermi!
State giù.
Calmatevi!
Silenzio!
Non provate ad alzar la testa!
Pregate il Cielo …
Tu non hai la faccia di uno che morirà annegato,…
Io direi impiccato!
Ti venga un cancro alla gola!
Bestia, bestia urlante!
Andiamo al largo!…
Virate ….
Ci sfracelliamo…
La costa!
Avrei preferito morire all’ asciutto!
Mio Signore…
…Se domani rivedrò il sole…
Cambio vita...
Diventerò onesto!
E finirò in galera!
Bastardo, sta' zitto!
Pensa a quanto puzzi !
Mio Signore Misericordioso...
Con quale nome invocarti!

SCENA 2
Appare lontana e sospesa Anna. Sospeso, più lontano il Duca.
Canto di Anna.

ANNA
Dimmi perché tutto questo soffrire!
Ho visto affondare una nave piena di uomini!
Ho sentito gridare chi stava affogando!
Quanti cadaveri ho visto galleggiare!
DUCA
Tranquilla…
Nessuno ha sofferto alcun male!
Asciuga gli occhi…
Tranquilla.
Il naufragio ... era solo uno spettacolo...

SCENA 3
Sull’impalcata, alle funi degli orologi.

TOSH
Un’isola in cui le ombre sono specchi,
un’isola dove gli specchi non esistono.
RAGNA
Un’isola antica, disabitata, deserta.
TOSH
Un tempio al centro
Teatro del mondo.
Ai lati dell’altare i due grandi quadranti senza ore
E lungo le pareti figure miracolate
Goffe marionette sbalordite
Dallo stupore
RAGNA
E al centro, sospeso, un coccodrillo
In catene impagliato.
TOSH
Questa è la storia di tempeste e di naufragi…
La tempesta di chi riceve grazia
La tempesta di chi perde memoria
La tempesta di chi è infettato d’amore
La tempesta degli inganni.
SPIRT0’
Qui le farfalle feriscono…
BERTIN
I sassi sfamano…
SPIRT0’
I cuori di cera battono forti…
FIORE
Gli angeli sono dipinti da chi li ha visti.
BERTIN
Il fuoco vola capovolto…

TOSH
Questo orologio ogni sera si ricarica e rintocca
dietro le sbarre.
RAGNA
E nessuno venga a dirmi
che i coccodrilli non vivono se non nel Nilo
poiché Dio può far apparire coccodrilli a suo piacimento.

SCENA 4
Lena canta nascosta.
A fatica sale un giovane sul bordo della chiesa.

FERDINANDO
Piango la morte di mio padre
preso dalle onde.
Ho sentito un canto sopra l’acqua
e finì il mio tormento.
Una voce cantava:
tuo padre è giù nel fondo,
le sue ossa son coralli,
i suoi occhi sono perle.
Le onde del mare suonano
a morto le campane per lui.

Il giovane si alza, guarda il fondo davanti e se ne va.
Sbuca Lena da un arco e rivolgendosi al pubblico.

LENA
Io posso spiegare cosa avete visto.
Il giovane, qui davanti ai vostri occhi, piange la morte del padre,
che ha visto scomparire nella tempesta.
Poco lontano da qui, il padre, a sua volta, versa lacrime per il figlio,
che crede morto.
Vaga e non sa darsi pace.
I naufraghi sono dispersi qua e là.
Ognuno crede esser l’unico sopravvissuto!


SCENA 5

RE, CONTE, BARON, FANTE e CAVALLO si ritrovano qua e là.
CONTE porta sulla spalle BARON e insieme cantano.

CONTE
Son morto e non so chi sono!
CAVALLO
Stà zitto, morto e bastardo!
FANTE
Chi parla? Ho perso tutto!
BARON
Lo so che siete vivi,
CONTE
…ma io sono morto.
CAVALLO
Tu non vedi bene…
RE
Sta’ zitto! Dov’è mio figlio?
CAVALLO
…non so dove sono!
CONTE
Chi mi ha messo così?
CAVALLO
Ho i calzini e le mutande asciutte!!
FANTE
Se vengo giù, ti stacco le orecchie!
BARON
Siamo vivi e ciò vale…
CONTE
…più di quanto si è perso.
BARON
Pensate bene… in realtà i naufragi sono molto frequenti.
Ma il prodigio del nostro salvataggio è un fatto raro!
RE
Silenzio, prego…
FANTE
Fatelo tacere!
CAVALLO
Non smetterà tanto presto.
BARON
Lo ripeto sulla nave c’era un marinaio che mi dava speranza….
FANTE
Questo ha sempre parlato troppo!
CAVALLO
Io non lo sopporto!
BARON
Non è un miracolo che ci troviamo qui…
CONTE
…su questa bella isola…
BARON
…ha l’aria un po’ deserta…
CONTE
…forse è disabitata…
BARON
…ma non manca di nulla.
CONTE
Grazie a me!
CAVALLO
Spera di vivere…
BARON
I nostri vestiti non hanno uno strappo!
Puliti, come appena indossati.
CONTE
Questo è un altro prodigio!
RE
Le vostre parole mi fanno vomitare.
Ho perduto mio figlio, l’ho perduto per sempre.
E parlate di abiti e di miracoli.

Canzone di RE

Mare,
non lasciarmi perso.
Voglio che tu porti me.
Come puoi prendermi sotto…
Porto con me la luce del mare
Porto con me l’acqua tranquilla
Porto con me una forza
Porto con me la tua aria

Ho perduto mio figlio…

RE si tuffa sotto…

SCENA 6
Compaiono lontani ANNA e DUCA

ANNA
Non so quante volte hai cominciato a dirmi chi sono,
ma ti sei sempre fermato…
DUCA
L'ora è giunta. Sta attenta.
Riesci a ricordare qualcosa prima del nostro arrivo in questa isola?
ANNA
Certo che posso.
DUCA
E cosa ricordi?
ANNA
Qualcosa di simile a un sogno…
…è un ricordo molto lontano.
DUCA
Riesci a ricordare come sei giunta qui?
ANNA
No, questo non lo ricordo.
ANNA
Perché siamo qui?
DUCA
Io affidai gli affari a mio fratello, tuo zio… Ma mi ascolti?
ANNA
Con tutta me stessa.
DUCA
Tuo zio ricambiò la mia fiducia tradendomi.
Ci fecero salire su una nave marcia, abbandonata anche dai topi.
Io ti presi tra le braccia. Tu dormivi.
La corrente ci condusse a questa isola.
Ora la sorte ha fatto naufragare i miei nemici su quest’isola.

SCENA 7
CONTE appare da una botola e seduto dentro:

CONTE
Stavo giocando con i sassolini e ho trovato un libro,
che era nell’acqua del mare.
Io sono andato a prenderlo, ed era un libro di religione.
In una pagina ho visto che c’erano tutte le piante .
Volto pagina e c’era anche la terra, come fanno le case sulla terra.
Volto pagina e c’erano gli animali, le mucche, i maiali, i cavalli, le capre.
Quegli animali, io li ho messi sulla terra, così potevano mangiare gli alberi e si nutrivano.
Apro un’altra pagina e c’era il mare.
Ogni volta che cambio pagina ci sono le cose più belle.
Non sapevo che dalla Luna usciva il Sole…
SCENA 8
LENA scende dall’impalcatura della colonna centrale.
Il DUCA si avvicina dal fondo.

LENA
Salve Duca.
DUCA
Lena, i naufraghi sono tutti salvi?
LENA
Tutti.
DUCA
Brava. Ho ancora bisogno di te. A che punto è il giorno?
LENA
La metà è passata.
DUCA
Avremo da fare fino alle sei.
LENA
Ancora lavoro!
DUCA
Come? Tu brontoli? Che vuoi?
LENA
La mia libertà!
DUCA
Prima del tempo stabilito? Mai.
Sta’ zitta!
LENA
Ti prego, ricordati… io ti ho sempre ben servito…
Tu hai promesso di scalarmi un anno!
DUCA
Se mai ti provi a brontolare ancora
Spacco una quercia e ti imprigiono
a urlare per altri dodici anni.
LENA
Perdono...
DUCA
Fra due giorni sarai libera.
Va’ a far girar la testa al giovane, che piange…

SCENA 9
Il DUCA si aggira cercando TOSH, che sta nascosto sull’impalcata.

DUCA
Tosh, dove sei?
Ti muovi? E allora?
TOSH
Che ti venga il male addosso!
DUCA
Per questo augurio, stanotte,
Avrai crampi e fitte nei fianchi da toglierti il fiato.
TOSH
Quest'isola è mia.
Tu me l'hai presa con l’inganno.
Sei arrivato senza nulla.
Mi sembravi conosciuto:
la tua fronte mi sembrava come una tazza dove mangiavo da piccolo, una tazza storta.
I tuoi occhi mi sembravano come gli occhi di un serpente che quando ero piccolo mi ha morso.
Il tuo fisico: grande, come una montagna, e pieno di grotte.
La tua bocca mi sembrava un forno a legna.
Quando ero piccolo vedevo sempre mia madre che ci faceva il pane.
I tuoi capelli somigliavano molto alle ortiche e mia madre mi dava le mazzate sempre con quelle.
Ti gridai : “Ehi amico come sei così bello grande e forte?”
Ti ho aiutato e tu mi hai ricompensato … rubandomi tutto.
Sono ridotto a tuo schiavo.

SCENA 10
Lontano si vede Ferdinando vorticare con Lena, che poi scompare.

DUCA (indicando Ferdinando)
Anna, cosa vedi?
ANNA
Chi è? E’ bello… sicuramente è uno spirito.
DUCA
No, mia cara, mangia e dorme e ha sensi come noi.
E’ uno dei naufraghi. Ha perso i compagni e ora si aggira alla loro ricerca.
ANNA
Io lo direi un dio. Non ho mai visto nulla di così bello.
FERDINANDO
Sei un miracolo, o una fanciulla?
ANNA
Miracolo no! …sono una fanciulla.
DUCA
Chi saresti, tu?
FERDINANDO
Non lo so più, da quando ho visto mio padre scomparire tra le onde…
ANNA
Ma allora…. Era tutto vero!
DUCA
Non mentire!
ANNA
Perchè mio padre lo tratta così.
E’ il terzo uomo che vedo in tutta la mia vita.
E il primo che mi abbia fatto sospirare!
FERDINANDO
(tra sé) Splendida… Sono già innamorato di te…
E’ mia… Ti porterò via di qui...
DUCA
(tra sé) Uhm, troppo facile. Devo rallentare questo amore fulminante.
Tu sei sbarcato su quest’isola da clandestino.
Ti legherò una catena al collo e i piedi.
Berrai acqua di mare, e mangerai molluschi e radici secche
e lavorerai!

SCENA 11
Sbuca Lena che balla sola.
LENA
Ne mancano tre, anzi due, e avrete conosciuto tutti i naufraghi.
TOSH appare alla colonna centrale, nascondendosi sotto una cerata.
TRISTAN e ROBINSON si aggirano spersi.
TOSH
Ecco uno sbirro del Duca che viene a tormentarmi di nuovo…
TRISTAN
Ecco che arriva un’ altra tempesta
non c'è un riparo per la mia testa.
E quella nuvolaccia nera, laggiù,
sembra una botte di vino o rum
Cosa c’è qui, è un pesce morto?
O forse un uomo molto più corto?
Marcio, molle, lercio, impuro
La tua pelle per un tamburo
Se vado, in Inghilterra,
là nella mia terra
con questo mostro qua
divento un babbà!
Sirene, angeli, uova di struzzo
Mi riparo sotto al merluzzo!
(si stende a terra sotto la cerata di Tosh)
ROBINSON
“Non tornerò più sul mare,
Morirò qui sulla terra ferma…”
TOSH
Chi mi tocca?
Non mi tocca!!
ROBINSON
Misericordia! Questo è un mostro!
Gli faccio assaggiare la bottiglia…
Avanti, girati - apri la bocca –
qui c'è qualcosa che davvero ti tocca.
Apri 'sta bocca . Fidati di me
Sono tuo amico, dai bevi con me…
dai bevi con me…
TRISTAN
La voce io la conosco...
ma no, è morto giù affogato!
Questo è un fantasma.
Robinson! Se tu sei Robinson, io sono Venerdì…
ROBINSON
Se tu sei Venerdì, vieni fuori!
TRISTAN
Se io sono Venerdì… tu sei morto affogato!!
TOSH (mettendo fuori la testa)
Queste sono degli sbirri…buoni!
TRISTAN
Indigeno stupido!
TOSH
Vi mostrerò tutta l’isola… pescherò per voi...
ROBINSON
E’ un indigeno patetico.
Noi siamo padroni di quest’isola!!!
TOSH
Ascoltate…sull’isola, c’è uno che si fa chiamare il Duca; mi ha sottratto la mia isola.
Se volete diventare i signori dell’isola, dovete vendicarmi.
Vi consegnerò il Duca addormentato,
così potrai ficcargli un chiodo nella tempia,
schiacciargli il cranio con un ceppo,
aprigli il ventre con un palo,
con un’accetta tagliargli il collo,
con un coltello squarciargli la gola.
E poi sposarti la figlia.
ROBINSON
Ucciderò quest’uomo.
TOSH
…Viva i miei nuovi signori! Morte al vecchio!
Libertà! Libertà!
Escono, infilandosi sotto il pavimento di legno.
LENA
Tosh non perde occasione per attentare alla vita del Duca per essere libero.
Anch’io sarò libera: così ha promesso il Duca.
Non perdiamo tempo. Ecco i due giovani innamorati.
[...]



Jerzy Grotowski, il Performer

Il Performer, con la maiuscola, è uomo d’azione. Non è l’uomo che fa la parte di un altro. E’ il danzatore, il prete, il guerriero: è al di fuori dei generi artistici. Il rituale è performance, un’azione compiuta, un atto. Il rituale degenerato è spettacolo. Non voglio scoprire qualcosa di nuovo, ma qualcosa di dimenticato. Una cosa talmente vecchia che tutte le distinzioni tra generi artistici non sono più valide.
Io sono teacher of Performer. Parlo al singolare. Teacher è qualcuno attraverso il quale passa l’insegnamento; l’insegnamento deve essere ricevuto, ma la maniera per l’apprendista di riscoprirlo, di ricordarsi, è personale. Il teacher, come ha conosciuto l’insegnamento? Con l’iniziazione o con il furto.
Il Performer è uno stato dell’essere. L’uomo di conoscenza lo si può pensare in rapporto a Castaneda, se si ama il suo colore romantico. Preferisco pensare a Pierre de Combas. O persino a Don Giovanni descritto da Nietzsche; un ribelle che deve conquistare la conoscenza – anche se non è maledetto dagli altri, si sente diverso, come un outsider. Nella tradizione indù si parla dei vratias (le orde ribelli). Un vratia è qualcuno che è sul cammino per conquistare la conoscenza. L’uomo di conoscenza risponde del doing, del fare e non di idee o di teorie. Cosa fa per l’apprendista il vero teacher? Dice: fa’ questo. L’apprendista lotta per comprendere, per ridurre lo sconosciuto a conosciuto, per evitare di farlo. Per il fatto stesso di voler capire, oppone resistenza. Può capire solo se fa. Fa o non fa. La conoscenza è questione di fare.



Il pericolo e la chance

Se utilizzo il termine di guerriero, si pensa di nuovo a Castaneda, ma anche tutte le Scritture parlano del guerriero. Lo si trova tanto nella tradizione indù che in quella africana. E’ qualcuno che è cosciente della sua propria mortalità. Se occorre affrontare i cadaveri, li affronta, ma se non occorre uccidere, non uccide. Presso gli indiani del Nuovo Mondo, si dice del guerriero che tra due battaglie ha il cuore tenero, come una giovinetta. Per conquistare la conoscenza egli lotta, perché la pulsazione della vita diventa più forte, più articolata nei momenti di grande intensità. Intensità provocata. La vita diventa allora ritmica. Il Performer sa legare l’impulso corporeo alla sonorità (il flusso della vita si deve articolare in forme). I testimoni entrano allora in stati intensi perché, dicono, hanno sentito una presenza. E questo, grazie al Performer – che è un pinte fra il testimone e qualcosa. In questo senso, il Performer è pontifex, facitore di ponti.
L’essenza: etimologicamente si tratta dell’essere, dell’esserità. L’essenza mi interessa perché non ha niente di sociologico. E’ ciò che non si è ricevuto dagli altri, quel che non viene dall’esterno, che non si è imparato. Per esempio, la coscienza (nel senso di the conscience) è qualcosa che appartiene all’essenza, e che è del tutto differente dal codice morale, che appartiene alla società. Se infrangi il codice morale, ti senti colpevole, ed è la società che parla in te. Ma se fai un atto contro coscienza, senti rimorso – questo è fra te e te, e non fra te e la società. Poiché quasi tutto quello che possediamo è sociologico, l’essenza sembra poca cosa, ma è tua. Negli anni ’50, in Sudan, c’erano dei giovani guerrieri nei villaggi Kau. Nel guerriero, in organicità piena, il corpo e l’essenza possono entrare in osmosi, e pare impossibile dissociarli. Ma questo non è uno stato permanente, dura solo un breve periodo. E’, secondo l’espressione di Zeami, il fiore della giovinezza. Invece, con l’età, si può passare dal corpo-e-essenza al corpo dell’essenza. Ciò avviene in seguito ad una difficile evoluzione, evoluzione personale che, in qualche modo, è il compito di ciascuno. La domanda-chiave è: qual è il tuo processo? Gli sei fedele oppure lotti contro il tuo processo? Il processo è come il destino di ciascuno, il proprio destino che si sviluppa (o: che semplicemente si svolge) nel tempo. Allora: qual è la qualità della tua sottomissione al tuo proprio destino? Si può captare il processo, se ciò che si fa è in rapporto con noi stessi, se non si odia ciò che si fa. Il processo è legato all’essenza e, virtualmente, conduce al corpo dell’essenza. Quando il guerriero è nel breve tempo dell’osmosi corpo-e-essenza, deve captare il suo processo. Quando ci adattiamo al processo, il corpo diventa non-resistente, quasi trasparente. Tutto è leggero, tutto è evidente. Nel Performer il performing può diventare molto prossimo al processo.

L’Io-Io

Si può leggere nei testi antichi: Noi siamo due. L’uccello che becca e l’uccello che guarda. Uno morirà, uno vivrà. Ebbri d’essere nel tempo, preoccupati di beccare, ci dimentichiamo di far vivere la parte di noi stessi che guarda. C’è allora il pericolo di esistere solo nel tempo e in nessun modo fuori del tempo. Sentirsi guardato dall’altra parte di sé, quella che è come fuori dal tempo, dà l’altra dimensione. Esiste un Io-Io. Il secondo Io è quasi virtuale; non è, dentro di noi, lo sguardo degli altri, né il giudizio: è come uno sguardo immobile, presenza silenziosa, come il sole che illumina le cose – e basta. Il processo di ciascuno può compiersi solo nel contesto di questa immobile presenza. Io-Io: nell’esperienza la coppia non appare come separata, ma piena, unica.
Nella via del Performer, si percepisce l’essenza quando essa è in osmosi con il corpo, poi si lavora il processo sviluppando l’Io-Io. Lo sguardo del teacher può a volte funzionare come lo specchio del legame Io-Io (questo legame non essendo ancora tracciato). Quando il collegamento Io-Io è tracciato, il teacher può sparire e il Performer continuare verso il corpo dell’essenza. E’ ciò che si può riconoscere nella foto di Gurdjieff vecchio seduto su una panchina a Parigi. Dall’immagine del giovane guerriero Kau a quella di Gurdjieff – è il cammino dal corpo-essenza al corpo dell’essenza.
L’Io-Io non vuol dire essere tagliato in due, ma essere doppio. Si tratta di essere passivo nell’agire e attivo nello sguardo (al contrario delle abitudini). Passivo vuol dire essere ricettivo. Attivo essere presente. Per nutrire la vita di Io-Io, il Performer deve sviluppare non un organismo-massa, organismo dei muscoli, atletico, ma un organismo-canale attraverso cui le forze circolano.
Il Performer deve lavorare in una struttura precisa. Facendo degli sforzi, poiché la persistenza, e il rispetto dei dettagli, sono la norma che permette di rendere presente l’Io-Io. Le cose da fare devono essere esatte. Don’t improvise, please! Bisogna trovare delle azioni semplici, ma avendo cura che siano padroneggiate e che ciò duri. Altrimenti non si tratta del semplice, ma del banale.
[...]

(Centro di Lavoro di Jerzy Grotowski, a cura del Centro per la sperimentazione e la Ricerca Teatrale, Pontedera , s.d., pp. 17-22)