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La materia della mente - Gerald M. Edelman


lunedì 13 maggio 2002 legge Vincenzo Fano
Gerald M. Edelman, premio Nobel per la biologia, ha elaborato una teoria completa e originalissima del pensiero cosciente in termini neurobiologici.
Anche se la sua proposta è senz'altro ardita o in parte falsa; resta il fatto che egli per primo è riuscito a ricomprendere la mente all'interno delle scienze naturali, senza snaturarne le peculiarità. La mente non viene ridotta alla materia, ma spiegata in termini materiali.
Tale spiegazione non impedisce l'efficacia della coscienza e preserva l'unicità di ogni mente individuale, nonché la sua infinita creatività. Edelman delinea un nuovo tipo di paradigma scientifico, basato sul concetto di selezione naturale e sull'accettazione dell'esperienza soggettiva come elemento della scienza.

Gerald M. Edelman, Sulla materia della mente

E’ giunto il momento di una nuova concezione del mentale, di un modello neuroscientifico della mente. Quello che qui si propone è nuovo perché si basa, senza tentennamenti, sulla fisica e sulla biologia. […] La prima premessa che pongo è che la coscienza è comparsa come risultato della selezione naturale. L’esistenza e il funzionamento della mente dipendono dalla coscienza. Un concetto collegato a questo è che la coscienza è efficace e, in alcuni ambienti, aumenta l’adattamento. […] La coscienza primaria si raggiunge grazie alla connessione rientrante tra una memoria di associazioni valore-categoria e le categorizzazioni percettive in corso, le quali procedono in molte modalità sensoriali allo stesso tempo; […] La coscienza primaria si limita al presente ricordato; essa è necessaria affinché compaia la coscienza di ordine superiore. […] La coscienza di ordine superiore nasce con l’inizio evolutivo delle capacità semantiche e fiorisce con l’acquisizione del linguaggio e del riferimento simbolico. […] Le aree della parola che mediano la categorizzazione e la memoria per il linguaggio interagiscono con le aree concettuali cerebrali di più antica evoluzione. […] Ciò dà origine a una sintassi, quando i medesimi centri concettuali categorizzano gli eventi di ordinamento che si verificano nel corso degli atti verbali. Quando comincia a formarsi una sintassi e si acquisisce un lessico sufficientemente ampio, i centri concettuali del cervello trattano i simboli, i riferimenti ai simboli e le immagini mentali che essi evocano come se fossero parte di un mondo “indipendente”, da sottoporre a ulteriori categorizzazioni. […] In questo modo emergono i concetti del sé, del passato e del futuro. […] La teoria della coscienza suppone che per edificare una scienza della mente siano sufficienti i principi della fisica e dell’evoluzione, integrati dalle ipotesi della TSGN (teoria della selezione dei gruppi neuronali). Si ricordi, comunque, che non è possibile formulare una teoria scientifica anche di una sola mente reale – non più di quanto sia possibile un resoconto scientifico di tutti gli eventi storici del mondo. Per essere scientifica la TSGN estesa deve supporre che l’esperienza dei qualia sia condivisa dal soggetto umano e dall’osservatore scientifico umano che studia tale soggetto. […] L’analogia fra calcolatore e cervello cade in difetto per molte ragioni. Il cervello si forma secondo principi che ne garantiscono la varietà e anche la degenerazione; a differenza di un calcolatore, non ha una memoria replicativa; ha una storia ed è guidato da valori; forma categorie in base a criteri interni e a vincoli che agiscono su molte scale diverse, non mediante un programma costruito secondo una sintassi. Il mondo con il quale il cervello interagisce non è univocamente formato da categorie classiche. […] L’oggettivismo fallisce.


(Edelman G. M., La materia della mente, Milano, Adelphi 1993, cap. 14)

Edelman, Gerald Maurice (New York, 1929). Biochimico statunitense. […] In collaborazione con Poulik, elaborò negli anni Sessanta una teoria del funzionamento del cervello: esattamente come il sistema immunitario deve utilizzare le risorse del caso per fare fronte alla miriade di organismi potenzialmente invasivi, il cervello deve fare fronte a una miriade di segnali di ingresso con un numero limitato di componenti fondamentali (neuroni). In tal modo, il cervello non viene più considerato come una struttura biologicamente fissa, in attesa di segnali da elaborare, e assume invece i connotati di una struttura fluida, in grado di modificare se stessa in senso ottimale rispetto alla variabilità e al tipo di messaggi che è chiamato ad elaborare. Sulla base di queste teorie, Edelman individua una caratteristica sostanzialmente nuova degli organismi biologici: in base ad essa, il successo evolutivo costituito dalla complessità organizzativa, non è dettato semplicemente dal maggior numero di funzioni che l'organivo diventa in tal modo in grado di svolgere, ma anche dalla moltiplicazione delle funzioni alle quali esso risulta potenzialmente in grado di fare fronte, utilizzando a proprio vantaggio gli "errori di lettura" del programma iniziale. Il contributo di Edelman alle neuroscienze si è poi esteso alla progettazione di macchine di tipo nuovo, chiamate automi cognitivi, in grado di fornire performances non basate sulla logica dei calcolatori, ma su una logica rapportabile a quella che regola lo svolgimento delle funzioni cerebrali. Al di là del loro interesse pratico, questi automi costituiscono un banco di prova della teoria della selezione del gruppo neurale, e non è azzardato ritenere che queste ricerche apriranno prospettive nuove e potenzialmente rivoluzionarie nella comprensione dell'intelligenza e delle funzioni cerebrali. […] Premio Nobel per la medicina e la fisiologia (1972). (Da Dragoni-Bergia-Gottardi, Dizionario degli scienziati e dei tecnici, Zanichelli 1999)


Dibattito:

Enzo Fano ci ha letto una pagina frammentata del biologo statunitense Gerald Maurice Edelman, tratta da “La materia della mente”. Edelman vinse il premio Nobel nel 1972 per la sua teoria sul sistema immunitario. La pubblicazione da cui sono tratte queste parole era destinata ad un grande pubblico, tuttavia lo stile di Edelman non si adatta ad essere quello di un divulgatore ed è per questo che Enzo Fano ci dà alcune delucidazioni. Edelman è un ottimo pensatore e il suo merito è stato quello di imprimere una svolta di ordine concettuale alla ricerca, benché i risultati del suo lavoro siano già superati. 
Edelman applica dapprima alla teoria sul sistema immunitario il ragionamento “per popolazioni” di Darwin. Significa che Edelman concepisce il funzionamento dell’apparato immunitario e del cervello come selettivo. La formazione del cervello non sarebbe di tipo istruttivo, secondo la metafora della tavoletta di cera di memoria aristotelica. Gli schemi sarebbero già pronti nel cervello e nel corso dello sviluppo dell’individuo dovrebbero venire confermati e rafforzati oppure scartati, a seconda dell’esperienza. Edelman chiama questi pattern gruppi neuronali. Il gruppo neuronale selezionato è detto connessione rientrante. 
Questo modello si oppone a quello funzionalistico che ha dominato dagli anni Trenta fino quasi ai giorni nostri. Il progetto dei funzionalisti era quello di creare una macchina con un’intelligenza artificiale che potesse costituire una teoria del funzionamento della mente. Il risultato è stato la creazione dei calcolatori, ma nessuna teoria valida. Il modello funzionalistico trascura due aspetti: la componente biologica e quella soggettiva. Edelman invece li vuole recuperare tutti e due. Ma questo è possibile spostando i parametri di oggettività che sono stati in vigore finora. Per Edelman pur non essendo possibile formulare la teoria anche di una sola mente reale, è indispensabile studiare i qualia per studiare la coscienza. I qualia sono le esperienze, i sentimenti, le sensazioni di ciascuno. 
Il punto di vista di Darwin influisce sia sulla concezione evolutiva della specie umana di Edelman, sia sulla concezione dello sviluppo individuale. A livello di storia individuale -ontogenesi- è la selezione dei gruppi neuronali a formare la coscienza in maniera dinamica e questo è uno scarto concettuale inconcepibile per Darwin. A livello di storia della specie –filogenesi- significa che la coscienza è un fatto evolutivo, prodotto di una selezione naturale. La coscienza è efficace, serve a dare più possibilità di sopravvivere. Presupposto della coscienza superiore, o secondaria, è la coscienza primaria, che si limita al presente. I cani per esempio hanno una coscienza primaria. Ma tra l’una e l’altra si apre un abisso. La coscienza superiore nasce con le capacità semantiche. Il linguaggio è il salto evolutivo. 
Una giovane lettrice si chiede se è vero che rimovendo una parte di cervello, l’ippocampo, si tolga l’emotività. Edelman sostiene che il cervello funziona in maniera olistica e, poiché le connessioni tra i neuroni sono in numero incommensurabile, è possibile che esso possa sopperire ad eventuali mancanze creando connessioni nuove. 
Cosa c’è che non va nel modello funzionalistico? Si chiede Roberto Bigoni. 
La profezia del matematico Turing non si è avverata. L’idea cardine della teoria funzionalista è la sintassi. Per Chomsky è dalla sintassi che nasce la semantica, per Edelman è il contrario: è la semantica che produce una sintassi. Questo formalismo esclude l’esperienza soggettiva, i qualia appunto. Ecco quindi che il metodo sperimentale che elimina il soggetto va ampliato. Questo proprio per questi motivi non è un modello riduzionista. Edelman nega che un fatto della storia del soggetto sia riconducibile a un evento neuronale. Ciononostante, è innegabile che la nostra vita psichica sia legata alla materia. La soggettività per Edelman è fondamentale, la sua teoria infatti si può chiamare senza riserve una teoria della naturalizzazione della mente.
Paolo Bollini dice che col linguaggio comincia l’attribuzione di senso. Ricorda un saggio di Simmel del 1908, in cui viene spiegata la percezione come una produzione infinita di schemi, quindi un processo dinamico. Inoltre una tradizione psicanalitica ungherese si è occupata di analizzare le categorie dinamiche della geometria non euclidea, alla cui origine ha trovato la percezione di oggetti quotidiani, come la superficie convessa delle campane. Rimane il dubbio:
che cosa ha fatto fallire l’intuizione del biologo americano? 
Il cervello, spiega Fano, si è scoperto che si forma in maniera istruttiva, è il DNA che lo prescrive. Ma questo non sminuisce il fatto che Edelman abbia proposto per primo un modello sperimentalmente falsificabile e che abbia tuttavia valorizzato l’elemento soggettivo.
A questo proposito Teresa Cacciari rileva il valore che Edelman dona all’individuo, rendendolo misteriosamente unico. La coscienza nasce nel linguaggio e, malgrado la sua utilità evolutiva, può essere fonte di dolore. Forse l’antidoto è ancora nel linguaggio,nelle sue forme della poesia, della musica, delle filosofia. Dalla strategia evolutiva infatti è scaturita anche un’enorme ricchezza, nota Fano. Più si allarga la forbice tra lo stimolo e la risposta, e più si hanno capacità di adattamento. In quello spazio sta la differenza tra uomo e animale e quel divario, la razionalità, è ciò che rende l’uomo anche capace di terribili efferatezze, dice Eros Drusiani. 
Alla fine si domanda Dragoni, a parte l’applicazione di un metodo nuovo, questa rivalutazione dell’unicità individuale non rischia di essere l’ennesima proiezione psicologica dell’uomo ?