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Principia mathematica - Isaac Newton



lunedì 14 maggio 2007 legge Carlo Bertoni
La rivoluzione scientifica è alla base di molte concezioni ormai intrinseche alla società moderna, e Principia Mathematica Philosophiae Naturalis di Newton è il libro di quella rivoluzione. Non il primo, ma quello che più esplicitamente si rifà ai nuovi paradigmi, tanto è vero che certamente non segue i percorsi mentali delle scoperte dell'autore, ma è stato costruito a posteriori proprio per soddisfare i criteri filosofici e metodologici emersi e sviluppati nei decenni precedenti.
Dipaneremo all'interno del volume il percorso con cui Newton presenta una delle sue grandi scoperte, la legge di gravitazione universale, attraverso deduzioni logiche e confronto con i dati astronomici, esplicitando anche i criteri filosofici che guidano i diversi passi e che, per la maggior parte, sono ancora alla base del procedere della scienza.


INDICE

Prefazione dell'autore
Definizioni
Assiomi o leggi del movimento
LIBRO PRIMO: IL MOTO DEI CORPI
[…]
LIBRO SECONDO: IL MOTO DEI CORPI
[…]
LIBRO TERZO: IL SISTEMA DEL MONDO
Regole del filosofare
I fenomeni
Le proposizioni
Il moto dei nodi della luna
SCOLIO GENERALE
ASSIOMI O LEGGI DEL MOVIMENTO
LEGGE I
Ciascun corpo persevera nel proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, salvo che sia costretto a mutare quello stato da forze impresse.
I proiettili perseverano nei propri moti salvo che siano rallentati dalla resistenza dell'aria, e sono spinti verso il basso dalla forza di gravità. Un cerchio, le cui parti, a causa della coesione, di continuo si deviano l’un l'altra dal movimento rettilineo, non cessa di ruotare, salvo che venga rallentato dalla resistenza dell'aria. I corpi più grandi dei pianeti e delle comete conservano più a lungo i propri moti sia progressivi che circolari effettuati in spazi meno resistenti.
LEGGE II
Il cambiamento di moto è proporzionale alla forza motrice impressa, ed avviene lungo la linea retta secondo la quale la forza è stata impressa.
Posto che una qualche forza generi un movimento qualsiasi, una forza doppia ne produrrà uno doppio, e una tripla uno triplo, sia che sia stata impressa di colpo e in una sola volta, sia gradatamente ed in tempi successivi. E questo moto (poiché è sempre determinato lungo lo stesso piano della forza generatrice) se è concorde e se il corpo era già mosso, viene aggiunto al moto di quello; sottratto se contrario, oppure aggiunto solo obliquamente se obliquo e si compone con esso secondo la determinazione di entrambi,
LEGGE III
Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria: ossia, le azioni di due corpi sono sempre uguali fra loro e dirette verso partì opposte.
Qualunque cosa pressi o tiri un'altra cosa, è pressata e tirata da essa nella stessa misura. Se qualcuno preme una pietra col dito, anche il suo dito viene premuto dalla pietra. Se un cavallo tira una pietra legata ad una fune, anche il cavallo è tirato ugualmente (se così posso dire) verso la pietra: infatti la fune distesa tra le due parti, per lo stesso tentativo di allentarsi, spingerà il cavallo verso la pietra e la pietra verso il cavallo; e di tanto impedirà l'avanzare dell'uno di quanto promuoverà l'avanzare dell'altro. Se un qualche corpo, urtando in un altro corpo, in qualche modo avrà mutato con la sua forza il moto dell'altro, a sua volta, a causa della forza contraria, subirà un medesimo mutamento del proprio moto in senso opposto (ciò a causa della eguaglianza della mutua pressione). A queste azioni corrispondono uguali mutamenti, non di velocità ma di moto: sempre che sui corpi non agisca nessun altro impedimento. I mutamenti delle velocità, infatti, effettuati allo stesso modo in direzioni contrarie, in quanto i moti sono modificati in uguale misura, sono inversamente proporzionali ai corpi. Questa legge si verifica anche nelle attrazioni, come sarà provato nel prossimo scolio.
COROLLARIO I
Un corpo spinto da forze congiunte, descriverà la diagonale di un parallelogramma nello stesso tempo nel quale descriverebbe separatamente i lati.
Un corpo, a causa della sola forza M impressa sul luogo A, viene trasportato in un dato tempo con moto uniforme da A in B; e per effetto della sola forza N impressa sul medesimo luogo, viene trasportato da A in C: descriverà il parallelogramma ABCD e quel corpo sarà trasportato da entrambe le forze lungo la diagonale da A a D nel medesimo tempo.

RICERCA DELLE FORZE CENTRIPETE [dal libro primo, sezione II]
PROPOSIZIONE I TEOREMA I
Le aree che i corpi ruotanti descrivono, condotti i raggi verso il centro immobile delle forze, giacciono sugli stessi piani e sono proporzionali ai tempi.
Il tempo sia diviso in parti uguali e durante la prima parte di tempo il corpo, per la forza insita, descriva la retta AB. Durante la seconda parte di tempo, se nulla lo impedisse, proseguirebbe rettilineamente (per la prima legge) verso c, descrivendo la linea Bc, uguale alla AB; sicché, condotti i raggi AS, BS, cS verso il centro, le aree ASB, BSc risulterebbero uguali. Ma allorché il corpo giunge in B, la forza centripeta agisca con un impulso unico ma grande, e faccia sì che il corpo devii dalla retta Bc e prosegua lungo la retta BC. Si conduca cC, parallela alla BS, che incontra BC in C; una volta completata la seconda parte di tempo, il corpo (per il corol. i delle leggi) sarà trovato in C, sullo stesso piano del triangolo ASB. Si congiunga SC: il triangolo SBC, a causa delle parallele SB, Cc, sarà uguale al triangolo SBc, e perciò stesso, anche al triangolo SAB. Per lo stesso argomento, se la forza centripeta agisce successivamente su C, D, E, ecc.. facendo sì che il corpo descriva nelle singole particelle di tempo le rette CD, DE, EF, ecc., tutte queste giaceranno sul medesimo piano; e il triangolo SCD sarà uguale al triangolo SBC, SDE a SCD, ed SEF a SDE. Dunque, in tempi uguali descriverà aree uguali su un piano immobile: e. componendo, le somme delle aree qualsiasi SADS, SAFS staranno fra loro come i tempi impiegati a descriverle. Si aumenti, ora, il numero dei triangoli e se ne diminuisca all'infinito l'ampiezza: il loro perimetro ADF (per il corol. 4 del lemma III] sarà una linea curva; perciò la forza centripeta per effetto della quale il corpo è deviato costantemente dalla tangente a questa curva, agisce continuamente, e le qualsiasi aree descritte SADS, SAFS, sempre proporzionali ai tempi impiegati per descriverle, saranno anche in questo caso proporzionali agli stessi tempi C.V.D.
Corol. i. La velocità di un corpo attratto in uno spazio privo di resistenza verso un centro immobile, è inversamente proporzionale alla perpendicolare condotta da quel centro sulla tangente rettilinea all'orbita. Infatti, la velocità nei luoghi A, B, C, D, E è proporzionale alle basi AB.

PROPOSIZIONE II TEOREMA II
Ogni corpo che si muove lungo una qualche linea curva descritta su un piano, e, con il raggio condotto verso un punto o immobile o che si muove di moto rettilineo uniforme, descrive intorno a quel punto aree proporzionali ai tempi, è spinto da una forza centripeta che tende al medesimo punto.
PROPOSIZIONE III TEOREMA III
Ogni corpo che, con il raggio condotto verso il centro di un altro corpo comunque mosso, descrive intorno a quel centro aree proporzionali ai tempi, è spinto da una forza composta dalla forza centripeta che tende verso quel secondo corpo, e da tutta la forza acceleratrice dalla quale il secondo corpo è spinto.


PROPOSIZIONE IV TEOREMA IV
Le forze centripete dei corpi, che descrivono cerchi diversi con moto uniforme, tendono ai centri dei medesimi cerchi, e stanno fra loro come i quadrati degli archi descritti in tempi uguali divisi per i raggi dei cerchi.
Corol. 1. Poiché quegli archi stanno come le velocità dei corpi, le forze centripete staranno nella ragione composta dei quadrati delle velocità direttamente, e nella ragione semplice dei raggi inversamente.
Corol. 2. E poiché i tempi periodici stanno nella ragione composta dei raggi, direttamente, e della velocità inversamente, le forze centripete stanno nella ragione composta dei raggi direttamente e dei quadrati dei tempi periodici, inversamente.
Corol. 6. Se i tempi periodici sono in ragione della potenza 3/2 dei raggi e, per conseguenza, le velocità sono inversamente proporzionali alla radice quadrata dei raggi, le forze centripete saranno inversamente proporzionali ai quadrati dei raggi: e viceversa.

REGOLE DEL FILOSOFARE (dal libro terzo)
REGOLA I
Delle cose naturali non devono essere ammesse cause più numerose di quelle che sono vere e bastano a spiegare i fenomeni.
Come dicono i filosofi: La natura non fa nulla invano, e inutilmente viene fatto con molte cose ciò che può essere fatto con poche. La natura, infatti, è semplice e non sovrabbonda in cause superflue delle cose.
REGOLA II
Perciò, finché può essere fatto, le medesime cause vanno assegnate ad effetti naturali dello stesso genere
Come alla respirazione nell'uomo e nell'animale, alla caduta delle pietre in Europa e in America; alla luce nel fuoco domestico e nel Sole: alla riflessione della luce sulla terra e sui pianeti.
REGOLA III
Le qualità dei corpi che non possono essere aumentate e diminuite, e quelle che appartengono a tutti i corpi sui quali è possibile impiantare esperimenti, devono essere ritenute qualità dì tutti i corpi.
Infatti, le qualità dei corpi non si conoscono altrimenti che per mezzo di esperimenti, e perciò devono essere giudicate generali tutte quelle che, in generale, concordano con gli esperimenti: e quelle che non possono essere diminuite non possono essere nemmeno sottratte. Certamente, contro il progresso continuo degli esperimenti non devono essere inventati sconsideratamente dei sogni, né ci si deve allontanare dall'analogia della natura, dato che essa suole essere semplice e sempre conforme a sé. L'estensione dei corpi non si conosce altrimenti che per mezzo dei sensi, né è percepita in tutti; ma in quanto spetta a tutte le cose sensibili, allora viene affermata di tutte le cose. Abbiamo sperimentato che molti corpi sono duri. Ora, la durezza del tutto nasce dalla durezza delle parti, quindi a buon diritto, concludiamo che non soltanto sono dure le particelle indivise di quei corpi che vengono percepiti ma anche di tutti gli altri. Concludiamo che tutti i corpi sono impenetrabili non con la ragione, ma col senso. Gli oggetti che maneggiamo vengono riscontrati impenetrabili, ne concludiamo che l'impenetrabilità è una proprietà dei corpi in generale. Che i corpi siano mobili, e che per effetto di forze qualsiasi (che chiamiamo forze d'inerzia) perseverino nel moto o nella quiete, ricaviamo da queste proprietà dei corpi osservabili. L'estensione, la durezza, l'impenetrabilità, la mobilità e la forza d'inerzia del tutto nasce dall'estensione, dalla durezza, dalla impenetrabilità, dalla mobilità e dalle forze d'inerzia delle parti: di qui concludiamo che tutte le minime parti di tutti i corpi sono estese e dure, impenetrabili, mobili, o dotate di forze d'inerzia. E questo è il fondamento dell'intera filosofia. Abbiamo, inoltre, imparato dai fenomeni che le parti divise dei corpi, e contigue le une alle altre, possono essere separate fra loro, e che le parti non divise possono essere divise con la ragione in parti minori, come è evidente dalla matematica. In verità è incerto se quelle parti distinte e non ancora divise possano essere divise per mezzo delle forze della natura ed essere mutuamente separate. Ma se da anche un solo esperimento risultasse che, rompendo un corpo duro e solido, una qualunque particella non divisa subisce una divisione, concluderemmo, in forza di questa regola, che non soltanto sono separabili le parti divise, ma che anche quelle non divise possono essere divise all'infinito.
Infine, se, in generale, per mezzo di esperimenti e di osservazioni astronomiche, risultasse che tutti i corpi che girano intorno alla Terra sono pesanti, e ciò in relazione alla quantità di materia in ciascuno dì essi, che la Luna è pesante verso la Terra in relazione alla propria quantità di materia, e il nostro mare, a sua volta, è pesante verso la Luna, e che tutti i pianeti sono pesanti l'uno rispetto all'altro, e che la pesantezza delle comete verso il Sole è identica, allora si dovrà dire che per questa regola tutti i corpi gravitano vicendevolmente l'uno verso l'altro. Infatti l'argomento tratto dai fenomeni circa la gravità universale sarà più forte di quello circa l'impenetrabilità dei corpi, sulla quale non abbiamo nessun esperimento e nessuna osservazione fatta direttamente sui corpi celesti. Tuttavia, non affermo affatto che la gravità sia essenziale ai corpi. Con forza insita intendo la sola forza di inerzia. Questa è immutabile. La gravità allontanandosi dalla Terra, diminuisce.
REGOLA IV
Nella filosofia sperimentale, le proposizioni ricavate per induzione dai fenomeni, devono, nonostante le ipotesi contrarie, essere considerate vere o rigorosamente o quanto più possibile, finché non interverranno altri fenomeni, mediante i quali o sono rese più esatte o vengono assoggettate ad eccezioni.
Questo deve essere fatto affinché l’argomento dell’induzione non sia eliminato mediante ipotesi.

I FENOMENI (dal libro terzo)
FENOMENO I
I pianeti che ruotano intorno a Giove descrivono, con i raggi condotti verso il centro di Giove, aree proporzionali ai tempi, e i loro tempi periodici, supposte le stelle fisse in quiete, sono in ragione della potenza 3/2 delle distanze dal centro dello stesso.
Risulta dalle osservazioni astronomiche. Le orbite di questi pianeti non differiscono sensibilmente da cerchi concentrici a Giove, e i loro moti lungo questi cerchi vengono trovati uniformi. Gli astronomi concordano sul fatto che i tempi periodici sono in ragione della potenza 3/2 dei semidiametri delle orbite; la medesima cosa risulta chiara dalla tabella alla pagina seguente.







FENOMENO II
I pianeti che ruotano intorno a Saturno descrivono, con i raggi condotti verso Saturno, aree proporzionali ai tempi, e i loro tempi periodici, supposte le stelle fisse in quiete, sono in ragione della potenza 3/2 delle distanze dal centro dello stesso.
FENOMENO IV
I tempi periodici dei cinque pianeti principali, e quelli del Sole intorno alla Terra oppure della Terra intorno al Sole, supposte le stelle fisse in quiete, sono in ragione della potenza 3/2 delle distanze medie dal Sole.
Questa relazione, scoperta da Keplero, è accettata da tutti. Infatti, sia che il Sole ruoti intorno alla Terra, sia che la Terra ruoti intorno al Sole, i tempi periodici e le dimensioni delle orbite sono identici. E, per la verità, tutti gli astronomi sono d'accordo sulla misura dei tempi periodici. Keplero e Boulliau, sulla base di osservazioni determinarono con grande precisione le grandezze delle orbite; e anche le distanze medie, che corrispondono ai tempi periodici, non differiscono sensibilmente dalle distanze che essi trovarono, e sono tra quelle il più possibile intermedie, come è possibile riscontrare nella tabella alla pagina seguente.
FENOMENO V
I pianeti primari, condotti i raggi verso la Terra, non descrivono affatto aree proporzionali ai tempi; ma condotti i raggi verso il Sole, descrivono aree proporzionali ai tempi.
Rispetto alla Terra, infatti, ora vanno avanti, ora restano stazionari, ora sono perfino retrogradi; ma rispetto al Sole vanno sempre avanti e ciò con moto quasi uniforme, che tuttavia è un po' più celere nei perielii e un po' più lento negli afelii, così che la descrizione delle aree diventa uguale. La proposizione è notissima agli astronomi, e viene dimostrata particolarmente in Giove mediante le eclissi dei Satelliti.
FENOMENO VI
La Luna descrive, con il raggio condotto verso il centro della Terra, un'area proporzionale ai tempi.
Risulta dal moto apparente della Luna confrontato col diametro apparente della stessa. Il moto della Luna inoltre viene alquanto perturbato dalla forza del Sole, ma in questi fenomeni non considero le insensibili piccolezze delle deviazioni.

LE PROPOSIZIONI
PROPOSIZIONE I TEOREMA I
Le forze per effetto delle quali i pianeti che ruotano intorno a Giove sono continuamente ritratti dai moti rettilinei, e sono trattenuti nelle proprie orbite, tendono al centro di Giove e sono inversamente proporzionali ai quadrati delle distanze dei luoghi dal medesimo centro.
La prima parte della proposizione è manifesta sulla base del primo fenomeno e della proposizione seconda e terza del primo libro; la seconda parte sulla base del primo fenomeno e del sesto corollario della quarta proposizione del medesimo libro.
La medesima cosa vale per i pianeti che accompagnano Saturno, in base al secondo fenomeno.
PROPOSIZIONE II TEOREMA II
Le forze per effetto delle quali i pianeti primari sono continuamente ritratti dai moti rettilinei, e sono trattenuti nelle proprie orbite, tendono al Sole, e sono inversamente proporzionali ai quadrati delle distanze dal centro dello stesso.
La prima parte della proposizione è manifesta sulla base del quinto fenomeno e della seconda proposizione del primo libro; la seconda parte sulla base del quarto fenomeno e della quarta proposizione del medesimo libro. […]
PROPOSIZIONE III TEOREMA III
La forza per effetto della quale la Luna è trattenuta nella propria orbita, tende verso la Terra, ed è inversamente proporzionale al quadrato della distanza dei luoghi dal centro della stessa.
PROPOSIZIONE IV TEOREMA IV
La Luna gravità verso la Terra, ed è continuamente ritratta dal moto rettilineo e trattenuta nella sua orbita dalla forza di gravità.
La distanza media della Luna dalla Terra è […] di sessanta semidiametri nelle sizigie; supponiamo che il periodo della Luna, rispetto alle stelle fisse, venga completato in 27 giorni, 7 ore, 43 minuti primi, come è stato stabilito dagli astronomi; e che la circonferenza della Terra sia di 123249600 piedi parigini, come è stato stabilito dai misuratori francesi: ora, se si suppone che la Luna venga privata di tutto il suo moto e venga lasciata cadere, sotto la spinta di tutta quella forza, per effetto della quale (per il corol. della prop. III) viene mantenuta nella propria orbita, cadrà verso la Terra, e, cadendo, descriverà nello spazio di un minuto primo, piedi parigini. Ciò si ricava dal calcolo eseguito sia sulla base della proposizione XXXVI del libro primo, sia (il che è lo stesso) sulla base del nono corollario della proposizione quarta del medesimo libro. [..]Ora, poiché quella forza, accostandosi alla Terra, aumenta in proporzione inversa al quadrato della distanza, e perciò sulla superficie della Terra diventa maggiore di 60 x 60 volte che sulla Luna, un corpo, cadendo con quella forza nelle nostre regioni, nello spazio di un minuto primo dovrebbe descrivere piedi parigini e nello spazio di un minuto secondo piedi […]. E di fatto i gravi cadono sulla Terra con quella medesima forza. […] Perciò, la forza per effetto della quale la Luna, se fosse vicino alla superficie della Terra, viene trattenuta nella propria orbita, diventerebbe uguale alla forza di gravità presso di noi; pertanto (per le regole I e II) è quella stessa forza che noi siamo soliti chiamare gravità. […]
PROPOSIZIONE V TEOREMA V
I pianeti che ruotano intorno a Giove gravitano verso Giove, quelli intorno a Saturno verso Saturno e quelli intorno al Sole verso il Sole, e dalla forza della propria gravità sono sempre ritratti dai moti rettilinei e sono trattenuti entro orbite curvilinee.
Poiché le rivoluzioni dei pianeti gioviani, intorno a Giove, di quelli che ruotano intorno a Saturno, intorno a Saturno, e di Mercurio e Venere e dei restanti pianeti che ruotano intorno al Sole, intorno al Sole, sono fenomeni del medesimo genere della rivoluzione della Luna intorno alla Terra: per tal motivo (per la regola II) dipendono da cause del medesimo genere; soprattutto in quanto fu dimostrato che le forze dalle quali quelle rivoluzioni dipendono tendono verso i centri di Giove, di Saturno e del Sole, e allontanandosi da Giove, da Saturno e dal Sole, decrescono secondo la proporzione e la legge in base alla quale la forza di gravità decresce nell'allontanarsi dalla Terra.
Corol. 1. La gravità, dunque, è dì tutti i pianeti. Nessuno, infatti, mette in dubbio che Venere, Mercurio e gli altri pianeti siano corpi dello stesso genere dì Giove e Saturno. E, poiché ogni attrazione, per la terza legge del moto, è mutua, Giove graviterà verso tutti i propri satelliti, Saturno verso i propri, la Terra verso la Luna, e il Sole verso tutti i pianeti primari.
Corol. 2. La gravità, che appartiene a ciascun pianeta, è
inversamente proporzionale al quadrato delle distanze dei luoghi dal centro dello stesso.

PROPOSIZIONE VI TEOREMA VI
Tutti i corpi gravitano verso i singoli pianeti, ed i loro pesi su un qualunque medesimo pianeta, ad uguali distanze dal centro del pianeta, sono proporzionali alla quantità di materia contenuta in ciascuno di essi.
La caduta di tutti i gravi sulla Terra (tenuto conto dell'ineguale ritardo che nasce dalla scarsissima resistenza dell'aria) avviene in tempi uguali, come già altri osservarono; ed è possibile notare con grande precisione l'uguaglianza di tali tempi nei pendoli[…]
PROPOSIZIONE VII TEOREMA VII
La gravità appartiene a tutti i corpi, ed è proporzionale alla Quantità di materia in ciascuno.
PROPOSIZIONE XIII TEOREMA XIII
I pianeti sono mossi lungo ellissi che hanno un fuoco nel centro del Sole, e, con i raggi condotti a quel centro, descrivono aree proporzionali ai tempi.
[…]
SCOLIO GENERALE
Fin qui ho spiegato i fenomeni del cielo e del nostro mare mediante la forza di gravità, ma non ho mai fissato la causa della gravità. Questa forza nasce interamente da qualche causa, che penetra fino al centro del Sole e dei pianeti, senza diminuzione della capacità, e opera non in relazione alla quantità delle superfici delle particelle sulle quali agisce (come sogliono le cause meccaniche) ma in relazione alla quantità di materia solida . La sua azione si estende per ogni dove ad immense distanze, sempre decrescendo in proporzione inversa al quadrato delle distanze. La gravità verso il Sole è composta della gravità verso le singole particelle del Sole, e allontanandosi dal Sole decresce rigorosamente in ragione inversa del quadrato delle distanze fino all'orbita di Saturno, come è manifesto dalla quiete degli afelii dei pianeti, e fino agli ultimi afelii delle comete, posto che quegli afelii siano in quiete. In verità non sono ancora riuscito a dedurre dai fenomeni la ragione di queste proprietà della gravità, e non invento ipotesi. Qualunque cosa, infatti, non deducibile dai fenomeni va chiamata ipotesi; e nella filosofia sperimentale non trovano posto le ipotesi sia metafisiche, sia fisiche, sia delle qualità occulte, sia meccaniche. In questa filosofia le proposizioni vengono dedotte dai fenomeni e sono rese generali per induzione. In tal modo divennero note l'impenetrabilità, la mobilità e l'impulso dei corpi, le leggi del moto e la gravità. Ed è sufficiente che la gravità esista di fatto, agisca secondo le leggi da noi esposte, e spieghi tutti i movimenti dei corpi celesti e del nostro mare.