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Mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto


lunedì 10 gennaio 2005 legge Giovanni Barba
Il mosaico di Otranto (1163) ha sempre affascinato ricercatori e studiosi. Per la sua bellezza imponente e si direbbe sterminata, oltre che per la sua misteriosa complessità.
Le figure del pavimento sono centinaia. Alcune scene sono decifrabili (il diluvio, Giona, la cacciata, Caino e Abele). Altre sono più complesse (il volo di Alessandro, il leone quadricorpore, il cerchio dell’unicorno, la “PASCA”). Altre decisamente “incomprensibili”, specialmente nel loro accostamento.
Molti hanno cercato di darne una spiegazione convincente in una tensione interpretativa che dura ormai da centocinquanta anni. Ma si tratta di singoli frammenti, visioni parziali. Qual è invece l’idea madre rappresentata nel mosaico?, l’idea che tutto spiega? Misteriosa, in particolare, è sempre rimasta l’area del transetto: quella serie di sedici tondi conosciuta come “la corona”. Il mistero di Otranto è racchiuso lì, e si dispiega tutt’intorno.
In questa serata della Bottega dell’Elefante, che inaugura il ciclo di letture del 2005, viene presentata da Giovanni Barba, per la prima volta, una “nuova lettura del mosaico”.
Si tratta di una lettura “a palinsesto”, perché sotto l’arte del pavimento si leggono in filigrana altri testi che in quel XII secolo orientavano la sensibilità degli uomini - ma vi si leggono anche i termini di un confronto drammatico di culture in quella eterna terra di confine che è il Salento.

Il Viaggio di Seth a Otranto
Una nuova lettura del mosaico della cattedrale


Il presbitero Pantaleone tra il 1163 ed il 1166 realizza il mosaico.
Quale messaggio è stato fissato sul pavimento della cattedrale di Otranto?


Partiamo da dove era arrivato Willemsen (2000)

“La riproduzione della Regina di Saba presenta un particolare degno di nota: il suo piede sinistro è senza scarpa. Nella mano destra regge un oggetto che nei colori presenta analogia con i suoi orecchini. In III Re 10,2 e 10-2 viene riferito dei ricchi tesori che lei portò con sé per il re. Si potrebbe così essere indotti a formulare l’ipotesi, certamente singolare, che forse la consegna della scarpa adornata di gioielli avrebbe la funzione di richiamare alla memoria i preziosi doni offerti da Salomone dalla Regina di Saba. O, come è anche possibile, con essa si intendeva accennare ad una determinata leggenda (la cui trasposizione iconografica è comunque molto infrequente), mettendo al contempo ancora una volta in risalto la così vasta scienza del re? In questa leggenda, che si basa su un versetto del Corano, si tratta originariamente del conflitto tra due maghi. Il saggio re è venuto a sapere che la regina, figlia di un demonio, ha le caviglie villose degli spiriti malvagi. Per averne la prova, le tende una trappola: la riceve in un palazzo di vetro, sotto il quale scorre un fiume. La regina credendo di dover attraversare un corso d’acqua, tira su le vesti, rivelando al re il particolare di cui questi voleva accertarsi. La leggenda fu più tardi messa in relazione con il re Salomone e con la regina di Saba. Quest’ultima, scambiando il pavimento rivestito di lastre di cristallo per il corso d'acqua che fluisce sotto di esse, solleva le sue vesti per poterlo guadare, mettendo in questo modo allo scoperto i suoi piedi rivestiti di membrana interdigitale. In fine, la regina entra con questo suo difetto anche nella leggenda del Sacro Legno. Nel suo viaggio per recarsi da re Salomone, lei giunge ad un corso d’acqua, ma quando le viene gettato un asse che le serva da passerella, la Regina, come in una profetica visione, riconosce che da quell’albero, proveniente dall’albero della conoscenza, verrà un giorno costruita la Croce di Cristo; preferisce perciò, guadare a piedi il fiume, denudando le sue deformi estremità, le quali verranno poi guarite in maniera miracolosa. Per quanto concerne il tipo di deformazione, ora si tratta di un piede d’oca, ora di un piede caprino, ora di un piede d’asino. L’iconografia cristiana non ha recepito quasi affatto il motivo dei piedi deformi; si tramanda un solo esempio nella plastica monumentale; quello sul disegno della porta monumentale (ora distrutta) della chiesa di San Benignio a Digione, nel quale la regina è rappresentata con i piedi d'oca”.

(Willemsen, L’enigma di Otranto, Il mosaico pavimentale del presbitero Pantaleone nella Cattedrale, Congedo 2000, p.167.)


Ecco un nuovo passo avanti (15 agosto 2004)

Il Viaggio di Seth in Paradiso

Arturo Graf: “Io mi contenterò di dar qui la sostanza di un racconto latino, il quale è certamente anteriore alla fine del secolo XIII, e in cui la leggenda appare in tutta la sua pienezza. Questa, nella forma che in esso consegue, ottenne straordinario favore e si diffuse in tutta Europa, dall’Irlanda e dalla Svezia alla Spagna, dalla Cornovaglia alla Grecia, dando luogo a traduzioni e rimaneggiamenti innumerevoli.
Adamo ha vissuto 932 anni nella valle d’Ebron, nella terra d’esilio. Egli è stanco di estirpare i rovi dal suolo, stanco del male e dei mali che vede crescere nel mondo, fra la sua posterità, stanco di vivere. Chiama a sé il figliuolo Seth, e lo manda al cherubino che con la spada fiammeggiante sta a custodia dell’albero della vita, per avere da lui la certezza dell’olio della misericordia che Dio promise al peccatore il giorno stesso in cui fu commesso il peccato. “Va’ – dic’egli al figliuolo – tu conoscerai il cammino dalle impronte che noi vi lasciammo, tua madre ed io, venendo in questa valle, e sulle quali non è più cresciuta l’erba”. Seth s’avvia, giunge alla porta del Paradiso. Il cherubino saputa la ragione del suo venire, lo invita a mettere il capo dentro alla porta, e a gettar gli occhi sul giardino: tre volte pronunzia l’invito ed altrettante Seth vi si conforma. La prima volta questi contempla la vaghezza del Paradiso, vede le piante e i fiori, il fonte lucidissimo da cui nascono i quattro fiumi, e sopra esso un’arbore ramosa, ma nuda di frondi e di corteccia. La seconda, scorge un gran serpente avvolto al tronco della pianta. La terza, vede l’albore elevata sino al cielo, e sulla cima un bambino appena nato, e, da basso, le radici, penetrate sin nello inferno, ove gli si annunzia la venuta del Redentore, e, nell’accomiatarlo, gli porge tre granella del pomo fatale onde mangiarono i suoi genitori, ingiungendogli di porli sotto la lingua di Adamo, quando, di là a tre dì, questi sia morto. Seth se ne torna, e Adamo, udite da lui le parole dell’angelo, ride per la prima volta in sua vita, e muore. Seth gli pone sotto la lingua i tre semi, e sotterra il padre nella valle d’Ebron, e dai tre semi nascono tre virgulti, di cedro il primo, di cipresso il secondo, di pino il terzo, i quali così rimangono, senza mai crescere oltre l’altezza di un cubito, e senza mai perdere il verde, sino al tempo di Mosè. Questi, giunto col suo popolo, dopo l’uscita dall’Egitto, nella valle d’Ebron, conosce essere nelle tre verghe alcun che di miracoloso, le toglie di terra, sana con esse coloro che erano morsi dai serpenti, e con esse fa scaturire l’acqua dal sasso; poi, conscio della morte vicina, le ripianta alle radici del monte Tabor, o dell’Oreb, ed entrato, ivi presso, in una fossa, rende l’anima a Dio. Mille anni stanno le verghe in quel luogo, sino a che Davide, per avvertimento del cielo, le viene a levare, e le porta a Gerusalemme, dove, poste dentro una cisterna, metton radice, e si uniscono in un’unica pianta, cui Davide, per trent’anni di seguito, cinge, ogni anno, di un cerchio d’argento. Davide sa già, per rivelazione divina, che della pianta si farà la croce, per la cui virtù cancellerassi il peccato. E la pianta cresce lo spazio di trent’anni; e sotto di essa piange Davide i suoi peccati, e sotto di essa compone il salterio; poi muore. Salomone gli succede, e dà opera a compiere il Tempio. Un giorno gli artefici, abbisognando di una trave, recidono l’albero miracoloso; ma poi, per quanto si argomentino, non riescono ad adattare il legno ov’era bisogno, e Salomone, chiamato a veder tal miracolo, ordina che il legno sia posto nel Tempio, e da tutti onorato. Una donna per nome Massimilla vi si pone sopra a sedere, e incontamente le sue vesti prendono fuoco, ed ella grida: “Signore mio, e Dio mio Gesù”; udite le quali parole, gli Ebrei, come bestemmiatrice, la trascinano fuori della città, e la lapidano, facendo di lei la prima martire; poi tolgono la trave dal Tempio, e la gettano nella probativa piscina che, per nuovo miracolo, acquista virtù di sanare gl’infermi. Sdegnati, gli Ebrei tolgon la trave dalla piscina, e la gettano, a mo’ di ponte, sul Siloe, perché sia calcata dai piedi dei passanti. Viene a Gerusalemme la regina di Saba, e ricusa di passare sulla trave, sapendo a che sia serbata, e profetizza il Messia. Venuto il tempio della passione, gli artefici fanno con essa la croce su cui è confitto Cristo.

(Arturo Graf, Miti leggende e superstizioni del medio evo, B. Mondadori 2002. L’edizione originale in due volumi è del 1893.)

Documenti

La croce

La croce non poteva essere esplicitamente disegnata dal 427 d.c., quando Teodosio II ne vietò la riproduzione sui pavimenti.

Da Mussafia: “non un albero danna l’umanità ed un altro la libera; ma su quello stesso albero, che fu strumento di peccato, deve operarsi la redenzione”.

(Mussafia A., Sulla leggenda del legno della croce, in “Rendiconti delle tornate della classe filos. – storica dell’Imperiale Accademia delle Scienze Austriaca, 1869, vol. 63)



Il Fisiologo

Nel XII sec. era molto diffuso il Fisiologo: un “bestiario” del II sec. di scuola alessandrina. Sono convinto che Pantaleone ne abbia fatto un uso molto più largo di quanto sinora pensato.
(I testi che seguono sono tratti dalla versione greca pubblicata da Adelphi, 2002, a cura di Francesco Zambon).


L’icneumone
(L’incarnazione)
Esiste un animale detto icneumone, acerrimo nemico del drago. Quando trova un drago feroce, come dice il Fisiologo, va a spalmarsi di fango, e protegge le proprie narici con la coda, finché non abbia ucciso il drago. Così anche il nostro Salvatore si è coperto della sostanza terrestre, finché non ebbe ucciso il drago Faraone, che siede nel fiume dell’Egitto, cioè il demonio. Poiché se Cristo fosse stato privo di corpo, come avrebbe potuto uccidere il drago? Quest’ultimo gli avrebbe obiettato: - Tu sei Dio e Salvatore, e io non posso resisterti. - Ma il più grande di tutti si è umiliato per salvare tutti.


Il cervo trafitto
(Il sacrificio)

Dice Davide: - Come il cervo anela alle fonti d’acqua, così la mia anima anela a te, o Dio - (Salmi, 42.2). Il Fisiologo ha detto del cervo che è acerrimo nemico del drago. Se il drago sfugge al cervo e si nasconde nelle crepe del terreno, il cervo va a empiere le cavità del suo ventre d’acqua di fonte e la vomita nelle crepe del terreno, e ne trae fuori il drago, e lo schiaccia e lo uccide. Così anche il Signore nostro ha ucciso il grande drago per mezzo delle acque celesti di virtuosa sapienza, come dice il Teologo, che Egli aveva: non può il drago sopportare l’acqua, né il demonio la parola celeste. Il Signore è venuto a dare la caccia al grande drago: allora il demonio si è nascosto nelle parti più profonde della terra, quasi in una grande crepa, e il Signore ha versato dal proprio petto il sangue e l’acqua, ci ha liberato dal drago mediante il lavacro di rigenerazione, e ha distrutto in noi ogni nascosta influenza diabolica. Se anche tu hai senno nel tuo cuore, chiama i Vangeli ed essi ti diranno: - Non commetterai adulterio, non fornicherai, non ruberai - (Matt., 19.18; Marco, 10,19): se avrai gustato di queste acque spirituali, vomiterai ogni malvagità.


L’unicorno

Il Salmo dice: - E sarà innalzato come quello dell’unicorno il mio corno – (Salmi, 91.11). Il Fisiologo ha detto dell’unicorno che ha questa natura: è un piccolo animale, simile al capretto, ma ferocissimo. Non può avvicinarglisi il cacciatore a causa della sua forza straordinaria; ha un solo corno in mezzo alla testa. E allora come gli si dà la caccia? Espongono davanti ad esso una vergine immacolata, e l’anima balza nel seno della vergine, ed essa lo allatta, e lo conduce al palazzo del re. L’unicorno è immagine del Salvatore: infatti – ha suscitato un corno nella casa di Davide padre nostro – (Luca, 1,69), ed è divenuto per noi corno di salvezza. Non hanno potuto aver dominio su di Lui gli angeli e le potenze, ma ha preso dimora nel ventre della vera e immacolata Vergine Maria, - e il Verbo si è fatto carne, e ha preso dimora fra di noi – (Giov., 1.14).

L’albero peridexion

In India esiste un albero chiamato peridexion: il suo frutto è dolcissimo e soavissimo. Le colombe vi si dilettano e si nutrono del frutto di quest’albero (in esso infatti nidificano), ma c’è il drago che insidia la colomba. Il drago teme tuttavia quest’albero e la sua ombra, in cui dimorano colombe, e non può avvicinarsi alla colomba né all’ombra dell’albero. Quando l’ombra dell’albero è proiettata verso occidente, il drago fugge ad oriente, quando invece è proiettata verso oriente, esso fugge ad occidente. Ma se la colomba si smarrisce nelle tenebre lontano dall'albero, il drago la trova e la uccide. L’albero è un’immagine del Padre di tutte le cose, come ha detto Gabriele a Maria: - Lo Spirito Santo verrà sopra di te, e la potenza dell’altissimo ti coprirà con la sua ombra. La Sapienza è un albero di vita per tutti coloro che rimangono accanto ad essa, che darà frutto nella sua stagione, - e - noi ci rifugeremo all’ombra delle Tue ali. - E l’ombra di san Pietro ha allontanato la morte perniciosa dagli uomini. Se dunque anche noi rimaniamo accanto alla Sapienza e mangiamo i frutti dello Spirito, che sono delizia, pace, moderazione, pazienza, non ci si avvicina il demonio malvagio; ma se invece ci smarriamo nelle opere delle tenebre, che sono lussuria, adulterio, idolatria, passioni, cattivi desideri e cupidigia, il demonio sorprendendoci lontani dall’albero della vita ci cattura senza difficoltà. Perciò anche l’Apostolo, sapendo che l’albero della croce distrugge la potenza del demonio, gridava: - Che mai io mi glorifichi se non nella croce del Signore, mediante la quale il mondo è crocifisso per me, e io per il mondo.”

L’albero peridexion potrebbe aver ispirato Pantaleone nella rappresentazione dell’albero della navata centrale. Quest’albero è uno dei tre di Mosè descritti nel Viaggio, nello stesso tempo è un percorso di salvezza (dall’ingresso verso il Bema). La descrizione del Fisiologo, e la particolare forma dei rami (avvolgenti quelli più in basso a definire un’area precisa), aiutano ad identificare per la prima volta il Nartece. Le figure del Nartece non possono stare vicine al tronco essendo allegorie dei peccati (i rami corti fungono da distanziatori dal tronco). Nello stesso tempo catecumeni e penitenti (confinati nel Nartece) dispongono, anche loro, potenzialmente, del percorso di salvezza.



L’elefante
(Il Cristo o la croce)

Esiste nei monti un animale detto elefante. In questo animale non c’è brama di congiungimento carnale: quando vuol generare dei figli, si reca in oriente, vicino al paradiso. Ivi si trova un albero detto mandragora: vi vanno dunque la femmina ed il maschio, e la femmina coglie per prima il frutto dell’albero, e ne porge anche al maschio e lo alletta, finché anche questi ne prenda, e dopo aver mangiato, il maschio si avvicina alla femmina e si congiunge con essa, ed essa subito concepisce nel ventre. Quando giunge l’epoca in cui deve partorire, se ne va in uno stagno d’acqua e vi entra finché l’acqua non le giunga alle mammelle, e poi in tal modo partorisce il suo figlio sull’acqua, e quest’ultimo sale sulle sue ginocchia e le succhia il seno. Mentre partorisce, l’elefante la protegge dal serpente, poiché il serpente è nemico dell’elefante, e quando l’elefante lo trova, lo calpesta e lo uccide. La natura dell’elefante è questa: se cade, non è capace di rialzarsi, perché non ha giunture nelle ginocchia. E in che modo cade? Quando vuol dormire, si appoggia ad un albero e si addormenta. I cacciatori, che conoscono la natura dell’elefante, vanno a segare parzialmente l’albero. L’animale viene così ad appoggiarvisi e cade insieme all’albero, e comincia a mandare alti barriti, e lo sente un altro elefante e viene a soccorrerlo, ma non è in grado di sollevarlo; si mettono quindi a barrire entrambi, e vengono altri dodici elefanti, e neanche questi riescono a sollevare quello caduto; allora si mettono tutti a barrire: dopo di tutti, viene un piccolo elefante, pone sotto di esso la sua proboscide e lo solleva. La natura del piccolo elefante è questa: se ardi i suoi peli o le sue ossa in un luogo, ivi non penetra alcuno spirito malvagio, né alcun drago, né alcun altro male.” L’elefante e la sua femmina sono dunque immagini di Adamo ed Eva: quando erano nelle delizie del paradiso prima della trasgressione, non conoscevano l’unione carnale e non pensavano all’accoppiamento. Ma quando la donna ha mangiato il frutto dell’albero, cioè della spirituale mandragora, e ne ha dato anche all’uomo, allora Adamo ha conosciuto la donna, e ha generato Caino sopra le acque malefiche, come ha detto Davide: - Salvami, o Dio, perché le acque sono penetrate fino all’anima mia. E’ dunque venuto il grande elefante, cioè la Legge, e non è stato in grado di sollevarlo; poi sono venuti i dodici elefanti, cioè la schiera dei profeti, e neanche loro sono stati capaci di risollevare l’uomo caduto; dopo di tutti, è venuto il santo elefante spirituale e ha sollevato l’uomo da terra. Il più grande di tutti è divenuto lo schiavo di tutti: ha umiliato se stesso, assumendo la forma di uno schiavo, per salvare tutti. Bene il Fisiologo ha detto dell’elefante.

L’elefantino potrebbe rappresentare, in sintesi, l’intero significato del mosaico. Si spiegherebbe in questo modo la sua collocazione proprio all’ingresso della chiesa, in una zona non ancora delimitata dal Nartece: serviva ad anticipare al visitatore il contenuto dell’intera opera? .

Il castoro

Esiste un animale detto castoro, assai docile e mansueto, e i suoi organi sessuali sono utili come medicinale. Quando è inseguito dai cacciatori e si rende conto di esser preso, si tronca gli organi sessuali e li getta al cacciatore; se poi s’imbatte in un altro cacciatore e ne viene inseguito, il castoro si getta a terra supino e gli si mostra, e in tal modo il cacciatore, rendendosi conto che è privo degli organi sessuali, se ne allontana. Anche tu dunque, o fedele, rendi al cacciatore ciò che gli appartiene. Il cacciatore è il demonio, e ciò che gli appartiene, lussuria, adulterio, omicidio: estirpa da te queste cose e dalle al demonio, e il demonio cacciatore ti lascerà, così che anche tu possa dire: - L’anima nostra, come un uccellino, è scappata al laccio dei cacciatori.- Bene dunque il Fisiologo ha detto del castoro.

(Il castoro è stato soppresso durante i restauri del 1875).

Riassumendo

In questa serata si è voluto proporre una nuova lettura del mosaico con la presentazione di due novità.
La prima: è mia convinzione che ad Otranto un catechismo scritto è stato tradotto in un catechismo figurato: si tratta del Viaggio di Seth in Paradiso. Derivano da questa scelta i tre grandi alberi (navata centrale e navatelle del transetto). Il piccolo albero del transetto rappresenta l’unificazione dei tre nella cisterna di Davide. Da quest’albero si farà la croce: quell’alberello è la croce (legno del peccato = legno della salvezza) – così si supera il divieto di rappresentazione esplicita del 427 d.c..
Contestualmente si “nobilita” il sepolcreto dei vescovi: l’albero di Davide, ovvero la Croce, viene disegnato proprio sopra la botola del sepolcreto, ricostruendo in questo modo le stesse condizioni della Cappella di Adamo a Gerusalemme e, quindi, la stessa valenza simbolica (secondo una leggenda medievale il sangue di Cristo crocifisso, scorrendo lungo il legno, bagna il cranio di Adamo ivi sepolto – in questo caso le ossa dei vescovi di Otranto).
Nell’area del transetto Pantaleone ha fatto ricorso in modo molto esplicito al Fisiologo (incarnazione, sacrificio). Anche l’unicorno potrebbe rappresentare l’incarnazione (il Verbo si è fatto carne) - anche se ad Otranto davanti alla bestia non c’è una vergine, ma un monaco. Questa figura appare personalizzata e non si può escludere che si tratti del ritratto dell’autore (come sostenuto da Gianfreda).
E’ molto probabile che le quattro bestie al fianco dell’albero di Davide rappresentino quattro regioni del mondo e sono state utilizzate per collocare la “croce” al centro del mondo (Adamo è sepolto al centro del mondo; Cristo è crocifisso al centro del mondo).
La regina di Saba e Salomone, punti di partenza di questa ricerca, sono componenti essenziali del Viaggio di Seth. Ancora misteriose rimangono le figure del GRISS e della sirena. Mentre la PASCA altro non sarebbe che la Pasqua, posta in una zona di passaggio (transizione) tra il Bema e l’Iconostasi.
La seconda novità è rappresentata da una nuova lettura dello spazio nella cattedrale di Otranto secondo le scansioni liturgiche alto-medievali (e non quelle dettate dal concilio di Trento), e suoi riflessi sul mosaico. Con una nuova ipotesi circa l’originale collocazione dell’iconostasi (perché, altrimenti, in prossimità del santuario c’è una porzione di pavimento senza mosaico?), e la scoperta del Nartece, che ancora oggi ospita le allegorie dei peccati e l’anticristo. (Un recente lavoro di Laura Pasquini attribuisce al leone quadricorpore la valenza dell’anticristo. Questa interpretazione, che si discosta da altre precedenti, si sposa perfettamente con la scoperta del Nartece).

In conclusione, Pantaleone ha preso a riferimento almeno tre testi: 1) le Sacre Scritture, 2) Il Fisiologo, 3) Il Viaggio di Seth in Paradiso. L’elaborazione di questi testi e il suo talento hanno portato alla realizzazione di un mosaico unico nel suo genere, ma che, paradossalmente, anticipa un’iconografia medievale di massa. Qualche secolo dopo Otranto, il Viaggio, filtrato da Jacopo da Varazze, viene rappresentato a Bari, a Roma, ad Arezzo. Migliaia di crocifissi ancora oggi visibili portano alla loro base dipinto un cranio: è sempre quello di Adamo. Otranto ha celato questo messaggio per tanti secoli: forse perché non ci si aspettava, insieme a tanta imponenza, una risposta così semplice.

Riferimenti bibliografici

Willemsen C. A., L’enigma di Otranto, Il mosaico pavimentale del presbitero Pantaleone nella Cattedrale, Lecce, Congedo 2000

Graf A., Miti leggende e superstizioni del medio evo, Milano, B. Mondadori 2002 (ed. orig, in due volumi 1893)

Mussafia A., Sulla leggenda del legno della croce, in “Rendiconti delle tornate della classe filos. – storica dell’Imperiale Accademia delle Scienze Austriaca, 1869, vol. 63

Il Fisiologo, a c. di F. Zambon, Milano, Adelphi 2002


vedi il sito: 
http://www.mosaicodiotranto.net/