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Il mediometraggio -Il filo di luce - Michele Fasano



martedì 06 giugno 2006 legge Michele Fasano
Un’intera comunità sikhsi è sistemata silenziosamente, da anni, in una corte abbandonata, fra Cremona e Reggio Emilia. Vengono dal Punjab. Questa cascina era stata abitata, fino ad allora, da nostri contadini.
Lavoratori indefessi e fidati, con una sensibilità particolare per l’allevamento, essi sono un tipo di dipendente ideale per gli allevatori che producono il latte che viene trasformato in parmigiano.
Sono molto religiosi ed hanno costruito i loro templi. Almeno cinque, il più grande a Novellara, in provincia di Reggio Emilia. I templi sono anche luoghi di socialità allargata, in cui vengono risolti problemi di ogni tipo: sono scuola di inserimento sociale, ma anche ufficio di collocamento, luogo di mutuo soccorso ed asilo nido.
Oggi i sikh, lungo il fiume Po, sono almeno 30.000, inquel di Cremona, Brescia, Reggio Emilia, Parma, Mantova, Verona.
Michele Fasano, giovane regista, produttore (Sattva film), ha girato diciotto mediometraggi; ha uno sguardo fatto di sensibilità e intelligenza superiore.


Indiani sikh in Pianura Padana


Da una quindicina d’anni a questa parte, lungo il fiume Po, simbolo dell’identità culturale dell’Italia del nord, nelle campagne, si sta insediando silenziosamente un numero assai cospicuo d’indiani provenienti dal Punjab, regione divisa tra India e Pakistan. Il Punjab, la terra dei cinque fiumi, è assai simile al paesaggio della Pianura Padana, soprattutto a quello tra Cremona e Reggio Emilia. A tratti non sembra possibile distinguere i paesaggi in cui essi ormai vivono, da quelli che si possono osservare nelle fotografie che ti mostrano.

Il tutto è accaduto in modo silenzioso ed invisibile. Solo da poco tempo gli italiani si rendono conto del fenomeno perché i figli di questi discreti nuovi ospiti cominciano ad andare a scuola, i loro gruppi familiari accedono ai servizi sociali, si aprono negozi per i prodotti di consumo tipicamente indiani e nelle città tutto questo è sembrato uno sbocciare improvviso. In realtà tutto è cominciato già molti anni fa. Come siano arrivati fin qui non è certo, ma pare che la catena migratoria sia iniziata con il Circo Togni, che voleva solo lavoranti sikh o hindu per la pulitura delle bestie. Il vecchio Togni d’origine Sinti, un Rom d’origine indiana, assumeva indiani per la stagione e poi li sistemava nelle stalle della bassa in quel di Brescia. Lavoratori indefessi e fidati, con una sensibilità particolare per l’allevamento, essi sono un tipo di dipendente ideale per gli allevatori che producono il latte che viene trasformato in parmigiano. In molti casi sono indiani i casari che producono il parmigiano. La loro pazienza con gli animali è frutto di una cultura d’allevamento secolare. Prendono paghe da € 2000 al mese, casa in cascina gratis, spese comprese, hanno spesso un pezzo di terra dove coltivare l’orto, ricco di piante e spezie introvabili in Italia necessarie alla loro dieta vegetariana; per le necessità familiari possono fare libero uso del latte che le donne sanno trasformare in formaggio o yogourt.

La maggior parte di questi indiani sono di religione sikh. Il sikhismo è una religione che sintetizza la tradizione induista con alcuni aspetti specifici della mistica islamica, in particolare con il sufismo che considera le diverse religioni vie di pari dignità verso la conquista personale di una Verità sottostante a tutte. Questo tratto sufi è molto forte nel carattere e nella cultura di queste persone. In Europa pare stiano bene, in Asia invece sono spesso stati perseguitati per il loro tentativo culturale di sintetizzare le due tradizioni, l’islamica e l’induista. Sono molto religiosi ed hanno costruito i loro templi. Almeno cinque, il più grande a Novellara, in provincia di Reggio Emilia. I templi sono anche luoghi di socialità allargata, in cui vengono risolti problemi di ogni tipo: sono scuola di inserimento sociale, ma anche ufficio di collocamento, luogo di mutuo soccorso ed asilo nido. Oggi i sikh, lungo il fiume Po, sono almeno 30.000, in quel di Cremona, Brescia, Reggio Emilia, Parma, Mantova, Verona.


Nota di intenzioni per il film
“Filo di Luce. Appunti per un film sul senso del luogo”


“Nel pensiero politico prevalentemente individualistico ed utilitaristico del mondo industriale occidentale, “autorealizzazione”, “autoespressione”, “autointeresse” sono termini usati in modo da supporre una grande e fondamentale incompatibilità d’interessi dei singoli individui. Contraria a questa tendenza ce n’è un’altra fondata sull’ipotesi che la realizzazione di sé non possa procedere senza condividere con gli altri la gioia e il dolore o, più essenzialmente, senza lo sviluppo dell’ego limitato del bambino nella struttura globale di un sé che comprenda tutti gli esseri umani. Il movimento ecologico – come altri movimenti filosofici in precedenza – muove in questa direzione ed esige uno sviluppo tale da portare ad una profonda identificazione degli uomini con la vita nel suo insieme” (Arne Naess)


Il tema del film riguarda il rapporto tra culture immigrate e paesaggio che le accoglie: quello della Valle del fiume Po in particolare. La frase su riportata di Arne Naess, norvegese, uno dei leader del movimento ecologico mondiale, esprime il punto di vista dal quale esso potrebbe essere affrontato. Secondo questa linea di pensiero, il pieno sviluppo psicogenetico dell’essere umano si compie nella promozione del Sé Individuale e del Sé Sociale, ma anche del Sé Naturale. Per sviluppo del Sé Naturale, s’intende la presa di coscienza d’essere parte di un tutto naturale più ampio che comprende esseri umani e non umani, insieme al suolo, alle acque, al cielo... Tale presa di coscienza, però, va assunta in un’esperienza diretta e personale della “natura selvaggia”, per cogliere l’interconnessione e l’interdipendenza delle specie e degli elementi all’interno di un processo vitale unico e delimitato. Dunque, la salvaguardia d’aree di “natura selvaggia” significa non solo proteggere le singole specie, ma l’intero sistema vivente che le interconnette; significa, inoltre, garantire agli esseri umani la possibilità ed il diritto di esperire tale processo vitale in modo non mediato, per il compimento della piena maturazione del proprio sviluppo psichico. Da tale esperienza deriva un’etica nuova, aperta all’altro semplicemente perché la coscienza di Sé si allarga all’intero sistema vivente. Il “bosco” diviene modello di democrazia ed interdipendenza, l’ambiente naturale viene riconosciuto come interconnessione di infiniti “paesaggi culturali” sia umani che non umani, che gli esseri modellano con il loro lavoro del vivere, trasformandolo, delimitandolo e creando le condizioni stesse della vita per tutti. Prendere coscienza di Sé come parte di un contesto “naturale”, oltre che sociale e personale, significa acquisire il “Senso del Luogo”: l’ambiente naturale si carica di significati e sentimenti personali profondi e diviene perciò un vero e proprio “luogo”. “Il senso del luogo” è l’idea tematica, è la lente attraverso la quale si proverà a leggere la presenza di migranti indiani in Pianura Padana. Il film, dunque, intende vedere la persona immigrata come un essere umano alla ricerca del “proprio” luogo e del completamento della propria maturazione; un viaggiatore con una memoria psicogenetica che ha trovato risposta in parte nei paesaggi naturali della propria terra d’origine ed in parte nei nuovi paesaggi incontrati presso di noi, umani e non umani.

Il film intende porsi alcune domande, che non hanno alcuna pretesa, a questo punto, se non quella di avviare una ricerca che si svilupperà e che muterà in cammino:

- Per il fatto che la Natura può essere contattata più spesso, in modo diretto, in momenti significativi, questi nuovi amici di varia origine, non ci portano da lontano, custodito nel loro cuore, un sentimento d’universalità, forse inconscio, magari inibito da un complesso d’inferiorità, che vede nella natura un “soggetto con cui dialogare”, piuttosto che un “oggetto da sottomettere” ai bisogni della specie umana?

- In che modo essi vivono il senso del luogo di provenienza?

- Quali valori viventi si conservano in loro ereditati da quell’esperienza?

- In che modo essi vivono il senso del luogo che li accoglie?

- Vivono un disagio una volta giunti qui?

- Vivono, invece, in modo felice quest’aspetto della loro vita?

- Quali domande in proposito essi pongono ai nativi del luogo?

- Come viviamo noi il “senso del luogo”?

- Quale potenziale nuova etica propongono questi nuovi amici abituati all’idea di dialogare con la natura?

- Viviamo noi un contatto con la Natura, alla portata di tutti, che si possa offrire ad un’esperienza diretta, facile, nel quotidiano, come un diritto?

- Quali conseguenze ha questo tipo di relazione sul nostro modo di pensare?
Bologna, 10 settembre 2001


Filo di Luce. Appunti per un film sul senso del luogo
56', digitale, colore, stereo, 2004

Regia: Michele Fasano; interpreti: Ramandeep Kaur, Guru Joga Singh, Fiorenzo Cauzzi, Jagdeep Singh, Rajinder Mavi, Mewa Singh, Suki Kaur, Mawi Ajmer Singh, Prem Kaur, Jaspal Singh, Himmat Singh, Verinder Kaur, Gurpreet Singh, Harpreet Kaur, Darshan Singh, Gurmeet Kaur, Jagirpal Singh, Harjeet Kaur, Harmanpal Singh, Amitpal Singh; Fotografia: Michele Fasano; Seconda camera: Sabrina Pogliani; Montaggio: Michele Fasano; Post-produzione del suono: Studio Arkì; Musica: Daniele Furlati; Locations: Luigi Ghisleri; Intermediazione culturale: Prem Lal Raina; Consulenza scientifica: Maria José Compiani (sociologa), Saverio Marchignoli (indologo); Produzione: Sattva Films Production and School





Raman è una bambina di dieci anni, indiana, di religione Sikh, arrivata in Italia quando ne aveva quattro al seguito di sua madre. Non ricorda nulla del Punjab, la terra d'origine del padre, emigrato in Pianura Padana sei anni prima della moglie, per lavorare come mungitore in cascina là dove una volta vivevano i contadini italiani ormai estinti. Raman è felice di vivere in campagna perché, come lei dice, le piacciono i "paesaggi silenziosi". Racconta, però, che dopo una vacanza in Punjab, dove aveva ripreso contatto con la terra del padre, è ritornata in Italia piena di domande... dando avvio ad un confronto tra la sua terra di origine e quella che la ospita e sente sua. Si reca, quindi, dal guru del tempio sikh di Vescovato in provincia di Cremona per cercare qualche risposta a tali quesiti. Dai racconti del guru emergono principi di rispetto per le altre culture, per le altre religioni e per la biodiversità della natura. La bambina scopre così, che già in precedenza, da sola, aveva fatto propri quei pensieri, senza saperlo, nell'ascolto silenzioso del paesaggio sonoro della campagna, come lei dice "quando le macchine si fermano", sullo sfondo del fiume Po e della campagna tra Cremona e Reggio Emilia.

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Michele Fasano si è laureato in Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo (DAMS) con una tesi in Estetica su La poetica di Andrej Tarkovskij presso l’Università di Bologna. È stato allievo di sceneggiatura e regia con Tonino Guerra, Suso Cecchi D’Amico, Fernando Solanas, Abbas Kiarostami. Regista e produttore indipendente ha realizzato diversi film.

Dal 1998 promuove il Seminario d’Ideazione e Realizzazione di un Film, nell’ambito del quale ha prodotto diversi film, corti e medio metraggi, sui temi dell’intercultura e dell’immigrazione sceneggiati dai suoi allievi, poi pubblicati in in un cofanetto intitolato “Storie fuori Porta”.

Nel 2005 fonda la SATTVA FILMS Production and School, una società a responsabilità limitata che intende sviluppare l’esperienza di produzione, creazione e formazione cinematografica pregressa ed allargare il proprio raggio d’azione a livello internazionale ed in particolare verso il Mediterraneo e l’India. Progetti in corso di realizzazione sono:

- Seminario d’Ideazione e Realizzazione di un Film, sesta edizione, Bologna, 2005/2006

- L’Albero della Vita (digitale, colore, 2006)
Il film documentario svolgerà una lettura finalmente unitaria dei contenuti sapienziali del pavimento musivo della Cattedrale d’Otranto, esposti nella loro complessità di lettura fino a giungere alle radici più profonde della sua verità, in esso esposta nuda sia delle contingenti ragioni del Potere, sia da quelle della Religione.

- “Ti ricordi di Adil ?”
Partnership tra Sattva Films srl (Italia), Ouarzazate Films Production srl (Marrakech-Marocco) e partenrs europei per la produzione del secondo lungometraggio di Mohammed Zineddaine. Il film narra di due amici ventenni che, alle prese con i loro sogni d’avventura, stretti tra miseria e migrazione, fondamentalismo religioso e criminalità, riscoprono la freschezza della loro più autentica radice culturale.