logo dell'associazione

logo dell'associazione

Diario clinico di S. Ferenczi





domenica 10 febbraio 2013 legge   Maria Cecilia Bertolani
Per il ciclo
Saggio chi legge
alla libreria Coop Zanichelli
Il testo di partenza:
Sandor Ferenczi (1932). Diario clinico. Milano: Cortina, 1988.
Partendo dagli appunti privati dello psicoanalista Sandor Ferenczi, ossia dal suo Diario clinico, esploreremo la concezione che egli ebbe del trauma e delle possibili vie di cura. Emergerà anche quell'indissolubile intreccio tra vita privata, clinica e ricerca che ha fruttato alla psicoanalisi contemporanea alcune delle principali innovazioni teoriche e cliniche.


Sandor Ferenczi
1. [La paziente ha un] “improvviso ricordo degli eventi del secondo anno di vita, impulso al suicidio, probabilmente anche senso del morire (…). L'enorme sofferenza, lo stato di impotenza, l'assenza di speranza in qualsiasi aiuto esterno spingono alla morte; tuttavia dopo la perdita o l'abbandono del pensiero cosciente, si risvegliano gli istinti vitali organizzatori 'orpha', che sostituiscono alla morte la follia” (Diario clinico, p. 55, corsivi miei).
2. “(...) Viene abbandonata qualsiasi speranza di aiuto o di attenuazione del trauma. Si può dire che la morte, che è già presente, non viene più temuta (...) L'individuo rinuncia a qualsiasi aspettativa di aiuto esterno e interviene un ultimo, disperato tentativo di adattamento, analogo a quello messo in atto dall'animale che si finge morto. La persona si scinde in un essere psichico, puramente conoscitivo, che osserva gli avvenimenti dal di fuori e in un corpo totalmente insensibile. Fintanto che l'essere psichico è suscettibile di sentimenti, volge tutto il suo interesse verso il solo sentimento sopravvissuto a tutto il processo, vale a dire quello dell'aggressore. È come se la psiche, la cui unica funzione è quella di ridurre le tensioni emotive ed di evitare i dolori, al momento della morte della propria persona volgesse automaticamente la sua funzione lenitrice del dolore sulle pene, sulle tensioni e sulle passioni dell'aggressore, l'unica persona a provare qualcosa, identificandosi cioè con esse. La scomparsa della propria persona, quando altre rimangono ancora sulla scena, sarebbe così la radice più profonda del masochismo, peraltro così enigmatico, la radice del sacrificio di sé a favore di altre persone (…). Se le cose stanno così, nessun atto masochistico né alcuna emozione di questo tipo sono possibili senza la morte temporanea della propria persona. Non provo perciò neanche il dolore che mi è inflitto, perché non esisto” (Diario clinico, pp. 177-178).
3. Comincia così “un adattamento alla situazione apparentemente insopportabile. Essere ipnotizzata e violentata divenne una forma di vita” (Diario clinico, p. 56).
4. [Scissione della persona in due parti] L'una è “un essere sofferente in modo puramente psichico nell'inconscio, il bambino propriamente detto, di cui l'Io cosciente non sa nulla (…) L'analista può venire in contatto con questa parte del puro affetto rimosso solo con un grande sforzo e seguendo regole di comportamento del tutto speciali. Questa parte si comporta come un bambino svenuto che non sa nulla di sé, che geme appena, e che bisogna scuotere mentalmente, a volte anche fisicamente”.
“Un essere singolare per cui conta la conservazione della vita coûte que coûte (orpha). Questo frammento svolge il ruolo di angelo custode, produce allucinazioni di appagamento di desiderio e fantasmi di consolazione, anestetizza la coscienza e la sensibilità contro sensazioni che diventerebbero intollerabili. (...) Dopo il secondo shock abbiamo a che fare con una terza parte senz'anima della personalità, cioè con il corpo privato dell'anima, una mutilazione affatto percepita oppure osservata dal di fuori, come un qualcosa accaduto ad altri” (Diario clinico, p. 56).
5. [La follia erompe “come la lava” in un'eruzione vulcanica e, dopo di essa] “il completo 'incenerimento', una sorta di assenza di vita. Tuttavia la vita fisica, soggetta al respirare e al pulsare, richiamò in causa orpha -che nella disperazione era anch'esso diventato amico della morte- il quale riuscì, quasi per miracolo, a rimettere in piedi questo essere, ancorché scomposto fino all'atomo; arrivò, cioè, a creare una sorta di anima artificiale per il corpo costretto a vivere” (Diario clinico, p. 57).
6. “I bambini si sentono indifesi fisicamente e moralmente, la loro personalità è ancora troppo debole per poter protestare, sia pure solo mentalmente; la forza prepotente e l' autorità degli adulti li ammutolisce, spesso toglie loro la facoltà di pensare. Ma questa stessa paura, quando raggiunge il culmine, li costringe automaticamente a sottomettersi alla volontà dell’aggressore, a indovinarne tutti i desideri, a obbedirgli ciecamente, a identificarsi completamente con lui. Con l’identificazione, o meglio con l’introiezione dell’aggressore, quest’ultimo scompare come realtà esterna e diventa intrapsichico” (Confusione di lingue tra gli adulti e il bambino, p. 96).
7. “A questo proposito si può parlare tranquillamente, in contrasto con la regressione che ci è famigliare, di progressione traumatica (patologica) ovvero precocità. Vien fatto di pensare ai frutti beccati dagli uccelli, che maturano più rapidamente o diventano più dolci, e così pure al precoce maturare dei frutti bacati. In seguito a uno shock, una persona può maturare improvvisamente in una sua parte non solo a livello emozionale, ma anche intellettuale. Cito il caso tipico del 'sogno del poppante saggio', da me messo in evidenza molti anni fa, dove un neonato o un bambino molto piccolo comincia improvvisamente a parlare e ammaestra saggiamente l’intera famiglia. La paura degli adulti privi di inibizioni, e perciò, sotto un certo punto di vista, pazzi, fa per così dire del bambino uno psichiatra; per diventare tale e difendersi dai pericoli rappresentati dalle persone prive di autocontrollo, egli deve sapersi innanzitutto identificare completamente con esse. È certamente incredibile quanto noi abbiamo effettivamente da imparare dai nostri bambini saggi: i nevrotici.” (Confusione delle lingue tra gli adulti e il bambino, p. 98-99).
8. “il terrorismo della sofferenza. I bambini sono costretti ad appianare ogni tipo di conflitto famigliare e portano sulle loro fragili spalle il peso di tutti gli altri membri della famiglia. Naturalmente non lo fanno per puro altruismo, ma per poter nuovamente godere della tranquillità perduta e della tenerezza che ne deriva. Una madre che si lamenta continuamente delle proprie sofferenze può trasformare la figlia in una infermiera, vale a dire in un autentico sostituto della madre, senza tener in alcun conto i veri interessi della figlia” (Confusione delle lingue tra gli adulti e il bambino, p. 99)

Per ampliare: bibliografia e sitografiaAntonelli G. (1997). Il mare di Ferenczi: la storia, il pensiero, la tecnica di un maestro della psicoanalisi. Roma: Di Renzo.
Borgogno F. (a cura di) (1999 a). La partecipazione affettiva dell’analista. Il contributo di Sandor Ferenczi al pensiero psicoanalitico contemporaneo. Milano: Franco Angeli.
Borgogno F. (1999). La psicoanalisi come percorso. Torino: Bollati Boringhieri.
Borgogno F. (a cura di) (2004). Ferenczi oggi. Torino: Bollati Boringhieri.
Borgogno F. (2005). Ferenczi e il trauma: una piccola mappa introduttiva. Testo presentato al 44° Congresso IPA, 29-31 Luglio, Rio de Janeiro, disponibile anche all'indirizzo:
http://www.indepsi.cl/ferenczi/articulos/borgogno3_ita.htm

Carloni G. (1984). Tatto, contatto, tattica, in “Rivista di Psicoanalisi”, 30, pp. 191-205.
Carloni G. (1997). Sandor Ferenczi e la scuola ungherese, in Semi A. (a cura di). Trattato di psicoanalisi, vol. 1. Milano: Cortina.
Carloni G. (1998). Lo stile materno, in G. Carloni (2005), pp. 173-186.
Carloni G. (2005). La meravigliosa avventura della psicoanalisi. Rimini: Guaraldi.
Ferenczi S. (1932). Confusione di lingue tra gli adulti e il bambino, in Opere, 4. Milano: Cortina, 2002.